#192
Continuo...
Stiles si stiracchia, ancora avvolto dalle lenzuola, mentre la persona al suo fianco ancora russa rumorosamente. Non riesce mai a dormire bene, quando è lì. Non solo per il russare, ma anche perché non ha il suo cuscino, non ha il profumo del suo appartamento e tutte quelle vetrate gli mettono un po' di ansia. Si mette a sedere al centro del letto, guardandosi intorno e afferrando i boxer finiti la sera prima sul bordo. Li indossa, poi si avvia verso il bagno, per darsi una rinfrescata.
Quando si chiude la porta alle spalle, appoggia le mani al lavandino, fissando il proprio riflesso nello specchio. Ha gli occhi stanchi, i capelli sembrano impazziti e ha un succhiotto viola sul lato destro del collo. Ogni volta gli dice di non volere segni e, puntualmente, si ritrova con qualche regalino del genere. Per di più in bella vista.
"Stiles, dove sei?" si sente chiamare, oltre la porta.
"Bagno!" risponde. "Mi hai fatto un succhiotto enorme! Ti avevo detto di stare attento! A lavoro mi faranno storie!" borbotta, sentendo in risposta solo un verso non ben identificato. Fa una doccia veloce, poi raggiunge l'altro in cucina.
"Ciao, splendore" si sente salutare, poi afferrare un polso. Robbie, seduto allo agabello, lo intrappola tra le sue gambe, per poi baciargli le labbra a stampo.
"Ciao, stronzo. Guarda qui!" dice, inclinando il collo.
L'altro, in risposta, gli sfiora il segno violaceo con la punta del naso. "Ti dona, però, piccolo."
Stiles si scosta, afferrando la sua tazza e versandosi del caffè.
"Caffè?" gli chiede Robbie. "Hai intenzione di farti venire un infarto?"
"Oggi sarà dura" risponde. "In centrale abbiamo tre interrogatori e poi ho un processo a cui testimoniare."
Robbie annuisce, bevendo dalla sua tazza e afferrando il giornale. "Io houno shooting tra due ore, non so a che ora finisco. Torni qui a dormire?"
Stiles gli passa di fianco, baciandogli una spalla nuda. "Penso di no, ho da fare le pulizie a casa, dato che mi hai sequestrato per tre giorni."
"Sì, dimmi quanto ti è dispiaciuto, Stilinski! Magari mentre urli come stanotte!"
Stiles alza gli occhi al cielo e non risponde, mentre torna in camera per rivestirsi.
Alle due del pomeriggio, Stiles ha finito solo il primo interrogatorio, ha ancora da fare il secondo e tarderà per il processo. si sta avviando verso la stanza dove lo aspetta la persona da interrogare, quando blocca la sua collega Ketty.
"Katty, scusami, mi hai lasciato il fascicolo nella stanza?" le chiede. "Non so nulla di questo tizio."
Lei annuisce. "Sì. Praticamente è un pentito. Ha raccontato centinaia di reati suoi e di altri, la polizia lo sta interrogando già da tre giorni e non ha ancora finito. Trovi tutto nel fascicolo, ma sappi che è qui perché litiga con chiunque lo interroghi e che gli è stata promessa l'assoluzione totale dalla procura, se ci dice chi ha ammazzato tutta la sua famiglia."
Stiles la guarda interrogativo. "Ci ha detto dei suoi reati e non ci dice chi gli ha fatto un torto? E perché?"
"Questo non lo sappiamo. Non ne vuole assolutamente parlare e non gli interessa l'assoluzione e la scorta. Preferisce tutti gli ergastoli che potrebbero dargli. Quando hai finito, richiudilo in cella."
"Dove l'avete messo?"
Katty alza gli occhi al cielo. "Ultima sala, quella senza specchio e telecamere, come piace a te."
Stiles la ringrazia, poi prende due bottiglie d'acqua al distributore e si avvia. Apre la porta, senza salutare. Un uomo è seduto davanti a lui, gli dà le spalle. Indossa una giacca e siede composto, con schiena diritta. Dev'essere sul serio un pezzo grosso. Stiles gli passa di fianco, per metterglisi di fronte e gli appoggia vicino la bottiglietta d'acqua.
"La ringrazio" dice l'uomo e Stiles alza gli occhi di scatto su di lui.
Derek Hale siede lì, diritto, le braccia appoggiate al tavolo, in una posa sicura e rilassata. Stiles si ritrova ad ingoiare un'imprecazione, prima di ricomporsi e sedersi, aprendo il corposo fascicolo che ha davanti.
"Derek Hale, trent'anni. Primo reato a diciannove anni, spaccio di stupefacenti nel liceo di Beacon Hills. E da lì la lista sembra essere diventata infinita. Vedo che le sue confessioni sono ferme a quattro anni fa, quando ha ucciso lei stesso un suo collaboratore, Vincent Fray. Per quale motivo l'ha fatto, signor Hale? E cos'è successo da quel momento in poi?"
Derek, che sembra non provare alcuna emozione nell'essersi trovato Stiles lì, in qualità di agente, comincia a raccontare.
"Vincent era un fidato collaboratore, ma aveva preso una decisione in maniera del tutto autonoma, disubbidendo ai miei ordini."
Stiles non riesce a sostenere il suo sguardo, sa a cosa si riferisce.
"Può raccontarmi i dettagli?"
Derek annuisce e Stiles ascolta il racconto di una parte fondamentale della sua vita, ma dall'altro punto di vista.
Derek, dopo l'ultima volta che si erano visti nello scantinato, aveva ordinato di cancellare tutti i debiti del padre di Stiles, come promesso, solo che Vincent, nonostante avesse acconsentito, non era d'accordo. Due giorni dopo, infatti, la macchina del padre di Stiles era stata ritrovata nella riserva poco lontana dalla città, in fiamme. Lì di fianco, disegnato su un foglio con il sangue, il simbolo della famiglia Hale.
Stiles, fino a quel momento, sapeva solo che Derek fosse andato da suo padre, che gli avesse consegnato una nuova auto e un risarcimento per i danni al garage. Che Noah non avrebbe voluto accettare, per non ricadere ancora nel circolo vizioso di ulteriori debiti. Derek gli aveva assicurato che non sarebbero più stati infastiditi.
"Quella sera stessa, dopo aver parlato con il signor Stilisnki e avergli dato la mia parola, sono tornato a casa, trovando Vincent ad aspettarmi. Gli ho sparato un colpo diritto in testa."
Stiles si sente trasalire, ma anni di accademia e di lavoro, per fortuna, gli hanno insegnato a celare le emozioni.
"Non poteva solo allontanarlo?" chiede.
"No" risponde freddo Derek. "Aveva minacciato di far del male al figlio dell'uomo, perché convinto che fosse a causa sua il mio cambio di rotta. Non glielo potevo permettere."
"Perché?" chiede Stiles. Non avrebbe voluto, ma sa che il protocollo prevede quella domanda.
"Perché aveva ragione. Avevo avuto una relazione con il ragazzo e ne ero ancora innamorato, nonostante fosse finita due anni prima."
Derek risponde mantenendo lo stesso tono neutro e calmo, senza smettere di guardare Stiles che, però, questa volta non riesce a sostenere il suo sguardo. Abbassa gli occhi sul fascicolo, sfogliando qualche pagina.
"E poi cosa è successo?" chiede.
"Da quel giorno ho cercato di porre rimedio ai miei errori. Ho ripagato le famiglie che erano indebitate con me, ho restituito loro tutto cuò che gli avevo preso a causa dei debiti e pagato nel caso non potessi farlo. Ho impiegato quattro anni per uscire dai mercati illegali di stupefacenti e di armi, concentrandomi invece sulle attività legali che servivano inizialmente solo per riciclare il danaro. Ho ricominciato d'accapo, licenziando chiunque fosse corrotto e creando organi dirigenziali nuovi e giovani. Ho ucciso ancora, perché i nemici continuavo ad averli, non lo nego, ma erano di ostacolo al mio obiettivo."
"Qual era il suo obiettivo, signor Hale?"
"Essere una persona onesta. So che mi dirà che potevo affidarmi alle forze dell'ordine già anni fa, ma chi non è nel mio mondo non può capire quanto sia complicato uscirne. Sono qui, ora, perché ho fatto tutto quello che dovevo, ho eliminato chiunque potesse interferire e sono pronto a confessare ogni cosa e ad assumermi le responsabilità dei miei crimini."
Stiles questa volta sostiene il suo sguardo. Derek è fiero, è deciso, determinato, ma c'è ancora qualcosa che a Stiles allora non torna.
"Mi è stato detto che non vuole confessare chi ha sterminato la sua famiglia, quando aveva diciotto anni. Quindi perché è qui, a raccontarci dei suoi crimini e quelli altrui, se non vuole che puniamo chi le ha fatto più male di tutti?"
Per la prima volta, Stiles vede lo sguardo di Derek vacillare. Di istinto, chiude il fascicolo, ci appoggia le mani sopra e guarda Derek.
"Tutti i miei interrogatori, tranne casi pericolosi, sono senza telecamere e microfoni. Quello che mi risponderai, non sarà registrato o trascritto nel verbale. Perché non vuoi accusare Kate?"
Derek lo guarda con occhi sconvolti.
"Come sai di Kate?" chiede, sporgendosi.
Stiles sbuffa una risata.
"Stavi con lei, l'hai lasciata perché volevi stare con me. Mi ha spintonato non so quante volte, una volta mi ha anche tirato i capelli. E la sua famiglia non era propriamente raccomandabile. Era una supposizione che mi hai confermato tu ora e il fatto che lei sia sparita dopo la tragedia della tua famiglia."
Derek accenna un sorriso, alzando un angolo delle labbra. "Sei bravo."
Stiles sorride di rimando. "Allora?" chiede.
"La famiglia di Kate è grande, ancora troppo forte. Non è da sola, ha troppe persone a proteggerla e accusare lei metterebbe in pericolo me e tutte le persone che ho cercato di mettere al sicuro in questi quattro anni. Non solo sono potenti, ma lei è pazza. Non basterebbe assegnarmi una scorta e darmi l'immunità le renderebbe solo più facile concludere la sua opera. La sua ultima minaccia risale a due anni fa, ma non credo si sia arresa."
Stiles non risponde, ma cerca di riflettere e fare il punto della situazione. Non può lasciare impunita quella donna e nemmeno la sua famiglia, ma come incastrarli?
"Okay, risponde. Lascia che ci pensi e cerchiamo di trovare una soluzione per non chiuderti in cella buttando le chiavi e non rischiare di mettere in pericolo troppe persone."
"Stiles" Derek fa il suo nome esattamente come anni prima, lo stesso tono esasperato. "Credi non ci stia pensando da anni?"
Stiles si alza.
"Tu sì, io no. Faccio un tentativo. Mi segua, signor Hale, la riporto in cella."
Stiles lascia Derek in cella, senza guardarlo oltre, poi corre al processo. Deve testimoniare per aver assistito ad una rapina. Per fortuna, tutto si risolve in fretta e può tornare a casa per lavarsi da dosso lo stresso della giornata. Si concede un bagno rilassante, cena con calma, poi si lascia cadere sul divano, facendo zapping.
Risponde a qualche messaggio di Robbie, che ha finito da poco il suo shooting, poi Scorre tutti e novecento canali, prima di sbuffare di frustrazione e infilarsi le scarpe, senza nemmeno indossare qualcosa di più adatto di una tuta.
Guida per dieci minuti e mette piede in centrale che è quasi mezzanotte.
"Stiles? Il tuo turno non comincia tra nove ore?" gli chiede Jordan, all'ingresso.
"Lo sai che sono uno stakanovista, Parrish. "Chi c'è di là?" chiede.
"C'erano George e Laila, ma sono usciti per una rapina. Ci sono solo io, gli altri sono in ferie."
"In cella?"
Jordan prende un foglio, scorrendo l'elenco dei detenuti.
"Solo quell'Hale, oggi è stata una giornata tranquilla, come tutte le altre. Qui dentro non succede mai nulla."
Stiles ride. Sì, è una cittadina tranquilla, per fortuna. "Oggi ho interrogato Hale, ma mi sono venute in mente altre domande da fargli" dice.
Jordan inarca un sopracciglio. "E non c'entra nulla col fatto che sia un gran pezzo d'uomo?"
Stiles si allunga oltre la scrivania, dandogli un pugno sulla spalla. "Mi dai le chiavi?"
Jordan alza gli occhi al cielo. "Mi devi un enorme favore. Chiudi bene la porta, che non voglio sentire i tuoi gemiti."
Stiles nemmeno risponde.
Si avvia verso il fondo del corridoio, prendendo poi le scale che portano alle tre celle. Solo una è chiusa, anche il piccolo sportello sulla porta in ferro lo è. Infila piano la chiave nella serratura e la fa scattare, aprendo piano la porta.
All'interno, Derek è seduto sul minuscolo letto addossato alla parete, senza giacca, la camicia arrotolata fino ai gomiti ed è appoggiato contro il muro. Il volto alzato, gli occhi chiusi e il suo collo esposto. Stiles sente l'acquolina.
"Ho detto che non ho fame" dice l'uomo, senza muoversi. Stiles si chiude la porta alle spalle, girando la chiave.
"E io non ti ho portato una pizza, ma una soluzione."
Derek apre gli occhi, guardandolo.
"Cosa ci fai qui?"
Stiles lo raggiunge, mettendoglisi di fronte, braccia incrociate.
"Ho ancora le minacce di Kate conservate. Sono passati tanti anni e non ho prove sia stata lei, ma dubito non si ricordi di me. Farò io da esca, magari riesco anche ad infiltrarmi in famiglia, verrà colta in flagrante e la arresteremo. La sua famiglia non potrà accusare te, perché noi non siamo legati e tu intanto sarai già sotto scorta."
Derek si alza di scatto.
"Sei idiota, vero?" sbotta. "Cosa ti fa pensare che io possa accettare di metterti in pericolo?"
"Non devi accettare. Sono un agente, è il mio lavoro."
"Non hai registrato nulla, non hai prove che sia stata lei."
Stiles ghigna. "Infatti non la arresteremo per averti sterminato la famiglia, ma per tutto il resto. E se siamo fortunati, distruggerò tutto il loro impero di merda. Che la famiglia Argent non sia tra le migliori famiglie del mondo è risaputo, ho solo bisogno di fondi per una operazione sotto copertura."
Stiles vede Derek chiudere gli occhi, sembra una bestia feroce che cerca di calmarsi.
"E quando lei e tutta la sua famiglia saranno innocui, tu potrai confessare e fare il suo nome, aggiungendo omicidi alla lista già sicuramente lunga. Lei avrà numerosi ergastoli e tu, come promesso, la tua immunità. L'unica pecca è che fino a quando non sarà conclusa l'operazione, tu sarai in carcere. Su questo non posso farci nulla" conclude Stiles.
"Non la conosci, non conosci quella famiglia. Infiltrarti è un suicidio per te e chiunque parteciperà a questa follia."
Derek si siede di nuovo, visivamente stanco. Stiles si inginocchia davanti a lui, mettendogli le mani sul viso, spingendolo a guardarlo.
"A prescindere da tutto, è il mio lavoro, Derek, devo almeno provarci. E sono bravo, così come lo è tutto il dipartimento."
Derek lo fissa, Stiles si sente trapassato da parte a parte da quegli occhi verdi che conosce così bene. Un verde trasparente, ma allo stesso tempo profondo.
"Sei diventato grande, ragazzino, mh?" chiede Retorico, facendo sorridere Stiles.
"E tu sei tornato ad essere te stesso, ragazzone?" chiede Stiles.
Derek abbassa lo sguardo. "Ci sto provando, c'è tanto lavoro da fare, ma voglio riuscirci."
E Stiles non ce la fa più, si sporge e appoggia le labbra su quelle dell'uomo che ha di fronte. Bacia le sue labbra, ma bacia anche tutti i suoi peccati, perdonandolo e fidandosi di lui. E' solo uno sfiorarsi, senza nemmeno chiudere gli occhi, fissi in quelli di Derek che si sono alzati di scatto a quel contatto.
"Sono fiero di te" gli dice, "e questa storia finirà bene, okay?"
Derek non risponde, ma si sporge e approfondisce quel contatto, prendendone il comando. Stiles si sente sollevare e si siede a cavalcioni sulle sue gambe, baciandolo ora famelico. Derek gli stringe le braccia intorno alla vita, possessivo, forte, come avesse paura di vederlo sparire e Stiles lo sa perché stringe Derek allo stesso modo, con la stessa paura. Oscilla il bacino, sentendo l'uomo gemergli nella bocca.
"Stiles, siamo in una cella di un-un dipartimento di polizia..." sussurra con le labbra contro il suo collo. Stiles si inarca, sentendo quella calda leccata che arriva fino al suo orecchio.
"Siamo-siamo soli" geme. "C'è solo Jordan a fare la guardia..."
"Avevi previsto già tutto?" chiede Derek, fermando il bacio.
Stiles gli sorride furbo. "Io no, ma lui sì...non che mi dispiaccia" dice, allungandosi a mordere la mandibola di Derek.
Derek che gli appoggia le mani sul sedere, stringendoselo contro.
"E cosa non ti dispiacerebbe fare?" chiede Derek.
Stiles gli appoggia le mani sul petto, sbottonandogli poi piano la camicia.
"Quello che non hai voluto fare quando avevo sedici anni" risponde. "Voglio fare l'amore con te, Der."
Derek riprende il bacio, meno furioso, ma non meno passionale.
"Ripetilo" ordina.
"Voglio far-AH!" geme, quando Derek gli infila le mani sotto la maglietta, stringendogli i capezzoli.
"Dicevi?" chiede, sfilandogliela e cominciando a ricoprirlo di baci.
"Voglio fare l'amore con te" riesce a rispondere Stiles. Derek lo bacia ancora, poi lo aiuta a mettersi in piedi, di fronte a lui che si appoggia di nuovo alla parete, guardandolo.
"Spogliati" ordina, seduto con la camicia aperta, le gambe leggermente divaricate. Stiles si sente andare a fuoco sotto quello sguardo.
"Mi dai ordini?" chiede.
Derek si sporge, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. "Secondo me non ti dispiace. Obbedisci?"
Anni prima, nonostante la passione che c'era tra loro, non si sono mai spinti oltre lunghe sessione di baci. Stiles era troppo piccolo, a detta di Derek e non avevano alcuna fretta. Ma, a quanto pare, Derek sa bene cosa gli piace, sa come rivolgersi per fargli andare in tilt il cervello.
Stiles, quindi, annuisce, portando le mani alla vita, spingendo in giù la tuta, già visibile un accenno di erezione.
"Ehi, fermo. Mi devi rispondere a voce, ragazzino" lo blocca Derek.
Stiles freme, ma si blocca.
"Sì, obbedisco..." dice.
"Vuoi chiamarmi in qualche modo, Stiles?"
Stiles si abbassa la tuta, scalciando via le scarpe e rimanendo in boxer, di fronte allo sguardo liquido di piacere di Derek.
"Obbedisco, Daddy" dice.
Derek si alza, girandogli intorno, come un felino affamato, fermandosi poi alle sue spalle. Stiles sente il suo fiato sul collo, le braccia forti che lo cingono da dietro.
"Anche io voglio fare l'amore con te, bimbo" dice, con voce roca. "E mi dispiace debba essere in questo posto, ma non credo di poter aspettare oltre."
Stiles si sente voltare, e Derek è lì, gli sembra quasi irreale
. si alza sulle punte, per raggiungere di nuovo le sue labbra.
"Se è con te, va bene qualsiasi posto" confessa, scivolando poi sulle ginocchia, le mani incrociate dietro la schiena.
Derek gli passa il pollice sul labbro inferiore, Stiles glielo lecca, poi lo sente umido lungo il collo. Derek si allontana giusto per i pochi secondi utili per slacciarsi la cintura e i pantaloni eleganti, un evidente rigonfiamento gli gonfia i boxer neri.
"Ho sempre sognato un tuo pompino, con queste bellissime labbra carnose."
Derek tira fuori il suo membro eretto e Stiles non può fare a meno di sentire l'acquolina in bocca. Derek è enorme.
"Stupito, bimbo?"
"Non mi aspettavo nulla di diverso da te, Daddy. Voglio assaggiarti."
Derek gli passa la punta sulle labbra umide, senza spingersi in lui.
"Stai con qualcuno, bimbo?" chiede, inaspettatamente.
Stiles lo guarda, con sguardo sincero.
"Ho una relazione aperta con un ragazzo. Considerala già terminata, gli parlo domattina."
"Bene. Apri bene la bocca."
Un'ora dopo, sono entrambi sdraiati, nudi e sudati su quel lettino minuscolo. Stiles è spalmato si Derek che gli accarezza piano i capelli dietro la nuca, le gambe intrecciate tra loro.
"Stai bene?" chiede.
Stiles risponde con un mormorio di assenso, strofinando il naso nella piega del suo collo e facendolo sorridere.
"Sto bene anche io, bimbo. Credo di non essere mai stato meglio. E mi fido di te, fai quello che devi."
Stiles alza un po' la testa, per poter guardare quei meravigliosi occhi. Gli lascia un bacio a fior di labbra, prima di sorridergli.
"E io sono fiero di te, non smetterò mai di dirtelo. Sono così felice di riavere il mio lupo scorbutico e buono."
Tre anni dopo
Stiles chiude il forno, dopo averci messo dentro una teglia di biscotti, poi si avvia verso il divano. Ha un mal di testa atroce e voglia di guardare qualcosa di leggero. Spegne le luci nel corridoio, ma un rumore lo blocca, poi si rende conto che è solo la porta dell'ascensore e continua a camminare.
dlin dlon!
Il campanello gli fa fare dietrofront, forse sono le guardie della scorta che vanno a salutarlo per il cambio turno. Sono ormai tre mesi che quella è diventata la sua vita, ma va bene così, è vivo e ha portato a termine la sua missione.
Apre la porta e non riesce a frenare le lacrime che scorrono veloci. Derek lo afferra subito, prendendolo in braccio e stringendolo come non ha mai fatto prima. Entrano in casa così, senza che l'uomo veda nemmeno dove sta mettendo i piedi.
"Sei qui!" urla Stiles, singhiozzando e allontanadosi di poco per guardarlo negli occhi. "Sei davvero qui!" e gli bacia tutto il viso. Anche Derek sta piangendo mentre ride.
"Sorpresa!" dice, tra le risate, continuando a reggerlo. "Non ti ho fatto comunicare che sarei uscito e la scorta mi ha portato qui."
"come è possibile? Noi non abbiamo legami, come diavolo li hai convinti?"
Derek gli bacia finalmente le labbra, tra sorrisi e lacrime, poi lo lascia mettere i piedi sul pavimento.
Gli bacia la fronte, poi si allontana di un passo.
Stiles lo vede infilare una mano nei pantaloni, poi...
"So che ora ti chiami Mitch, ma tra le mura di questa casa sussurrerò sempre il tuo nome. Quindi, Stiles, vuoi farmi l'onore di diventare mio marito, il signor Lee?"
Stiles non sa più come controllare le lacrime, le risate, la felicità. Si inginocchia di fronte a Derek, stringendogli le braccia intorno al collo.
"Tra le mura di questa casa, della nostra casa, sarò sempre il signor Hale."
Eggià, alla fine l'ho continuata. Se lo meritavano davvero un lieto fine, come sempre.
Blu.
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