Un giorno all'ora X (Parte 2)

Valentina aveva trascorso l'intera mattinata chiusa in camera sua evitando l'incontro, anche casuale, con i suoi genitori. Si era stesa sul letto, aveva indossato le cuffie e premuto il tasto che avviava la sua playlist, composta da vari generi musicali che partivano da Adele e finivano con Beyoncè. Amava soprattutto la musica sulla quale si poteva ballare il tango, ma in quel momento la evitava, così come stava facendo con i continui messaggi e le chiamate di Miguel.

All'ennesima vibrazione partita, sbuffò forte e ripose il cellulare a testa in giù sul copriletto.
Aveva anche messaggiato con Teresa, ma con la limitazione delle dita non riusciva a dare sfogo a tutta la frustrazione che l'aveva attanagliata dalla discussione avuta con i suoi. Era delusa, arrabbiata, non riusciva a darsi pace.
Riprese il cellulare e inviò un nuovo messaggio a Teresa.

"Nel tardo pomeriggio passa a casa dei miei nonni. Vieni a prendermi lì, ho bisogno di uscire. NON MI LASCIARE DA SOLA CON LORO!!!!" aveva scritto con un tono che non ammetteva rifiuti.

"Va bene", fu la semplice e rassegnata risposta di Teresa.

Il messaggio della sua migliore amica aveva avuto un effetto calmante e lei, in parte, riuscì a darsi pace per una situazione che purtroppo sapeva di non poter cambiare. O almeno fu quello che pensò al momento.

● ○ ●

Erano dai suoi nonni, Paola e Antonio, da circa mezz'ora e presto sarebbe arrivata anche zia Brì, la sorella di suo padre. Non un ospite per la quale impazzire di gioia, almeno non secondo Valentina.
Zia Brì, all'anagrafe Gabriella, era la cocca di casa Virzillo, quella da cui prendere esempio per ogni cosa; ma l'unica per la quale Valentina sentiva di volerla ringraziare, quel giorno, era che zia Brì attirava l'attenzione di tutti, egocentrica com'era, così avrebbe potuto tranquillamente lasciar scivolare nel dimenticatoio la questione dell'Argentina ed evitare imbarazzanti battibecchi davanti a tutta la famiglia.

«Allora, tesoro – la incalzò nonna Paola – come va l'università?» le sorrise, in attesa di una sua risposta.

Valentina sorrise a sua volta. «Tutto bene» rispose semplicemente e tornò ad abbassare la testa sul display del suo cellulare.

«Valentina.» La richiamò suo padre con tono deciso. Lo infastidiva quel suo modo superficiale che usava con gli altri, soprattutto quando lo faceva con i suoi nonni con i quali, nonostante non abitassero lontani, si vedeva solo al pranzo della domenica.

«Lasciala stare Davide, alla sua età avrà mille impegni» Paola lo rassicurò con dolcezza e sorrise ancora a Valentina, che di risposta addolcì lo sguardo e venne assalita dai sensi di colpa.

Non voleva essere scortese e, nonostante il tempo che trascorreva con loro ormai fosse poco, voleva un gran bene ai suoi nonni; ma Miguel non la smetteva di mandarle messaggi, anche se lei gli aveva detto che avrebbero parlato della cosa quella sera stessa, di persona.
Cèline, invece, se ne stava in disparte e si limitò a lanciarle un'occhiataccia. Valentina fece spallucce e tornò a quello che stava facendo, quando suonò il citofono e corsero tutti alla porta, in attesa di sua zia.
Gabriella Virzillo varcò la soglia di casa e fu subito una festa.

~

Per fortuna il pranzo era stato piacevole e Brì aveva intrattenuto tutti con il racconto del suo ultimo viaggio ad Atene con il nuovo fidanzato, argomento di un piccolo battibecco.
Come diceva nonna Paola, l'età avanzava e il fatto che non fosse sposata le dava sempre tanti pensieri. Voleva che anche Gabriella, come Davide, si trovasse un brav'uomo di buona famiglia che le desse una stabilità. Però Gabriella proprio non ne voleva sapere di accasarsi. Certo era interessata a trovare l'uomo giusto, ma cercarlo non era una delle sue priorità. Però aveva rassicurato tutti che Ferdinando poteva essere quello giusto.
Inutile dire che nessuno le credeva.
Anche la cocca della famiglia aveva dei difetti e Valentina li vedeva chiaramente.
Abbozzò un sorriso quando sua zia, all'ennesimo rimprovero di nonna Paola, le fece un occhiolino complice.

«Mica sei fidanzata, tu?» Ed eccola la domanda che Valentina temeva più di tutte.

Céline sbuffò un sorriso, mentre Davide si schiarì la voce e intervenne: «Valentina è impegnata con l'università, non ha tempo per queste cose. Arriverà il momento giusto anche per questo».

Valentina lo guardò seria e strinse nel pugno la forchetta per il dolce. Le parole che suo padre aveva scelto non erano a caso. Lei sapeva bene che le aveva usate per rimarcare la sua irremovibile posizione. Così mandò giù il boccone amaro e finse un sorriso.

«Meglio per te – disse Gabriella a sua nipote – altrimenti guarda come diventi.» Indicò gli altri e scoppiò in una risata divertita, contagiando anche Valentina che non riuscì più a trattenersi.

~

Dopo un'altra mezz'ora di racconti e risate genuine, Valentina si era finalmente liberata da quella posizione pesante e stava scendendo per raggiungere Teresa in strada.

«Finalmente una faccia amica!» l'abbracciò così forte, che questa si sentì mancare il fiato. «Scusami se non ti ho lasciato scelta» le sorrise.

Teresa riuscì a smarcarsi e rispose: «Ma figurati! Ci sei sempre stata per me».
Raggiunsero il lungomare e presero posto ai tavolini di un bar. Ordinarono due tè ghiacciati e si rinfrescarono, in quella calda serata di metà Settembre. «Allora?» la spronò l'amica. «Lo sapevamo entrambe quale sarebbe stata la reazione di tuo padre, ma è giusto che tu abbia fatto un tentativo.» Teresa le carezzò il braccio e le rivolse uno sguardo dispiaciuto.

Valentina annuì rassegnata. «Sembrava così comprensivo al telefono. Non mi aspettavo una reazione tanto dura, anche se maman mi aveva avvisata che non l'avrebbe presa bene.» Prese un altro sorso di tè, che le andò di traverso quando arrivò un altro messaggio di Miguel.

Teresa le sfilò il cellulare dalla mano e lo mise a faccia in giù sul tavolino. «Ascoltami. Lascia perdere Miguel, sta diventando troppo insistente. Sai che non vedevo di buon occhio la vostra relazione, così come sai che non mi piaceva l'idea che andassi a vivere con lui in Argentina», sospirò quando la vide intristirsi. «Però rispettavo la tua scelta. Ma vuoi la sincera verità? Sono contenta che tuo padre si sia opposto con fermezza» ammise senza mezzi termini, distratta per un attimo dal proprio cellulare.

«Lo avevo capito, quando non hai più risposto ai miei messaggi» rispose Valentina prendendo un altro sorso del suo tè.

«Ora cos'hai intenzione di fare?» chiese preoccupata l'amica.

Valentina fece un grosso respiro e alzò per un attimo gli occhi al cielo. «Dovrò rassegnarmi a vivere una vita che non voglio. Il signor Virzillo, come lo chiami tu da sempre, non vede l'ora di lasciare le scartoffie nelle mie mani. Sarò questo: la segretaria di mio padre.»

Teresa le carezzò la spalla. «Non sei obbligata. Puoi fare anche qui ciò che ami e forse ora, dopo aver lanciato quella bomba, tuo padre sarà più morbido su certe questioni.» Le rivolse uno sguardo malizioso e aggiunse: «Non lo è sempre?»

Valentina si limitò a ragionarci su, senza aggiungere altro sull'argomento.
Voleva essere felice, una felicità che non poteva comprare con i soldi di papà, ma temeva che ci sarebbero state troppe dure discussioni, lunghi periodi senza rivolgersi la parola, e che alla fine se ne sarebbe andata comunque.

«Offro io» Teresa afferrò per prima lo scontrino che aveva lasciato il cameriere e si diresse alla cassa, lasciandola impalata. Ne approfittò per controllare il cellulare e trovò un messaggio di suo padre.

"Ti lascio la macchina, porta tua madre a casa, io ho un imprevisto di lavoro. Non fare tardi."

«Ottimo» sussurrò tra sé.

«Che succede?» chiese Teresa, ritornando al tavolino.

Valentina si mise in piedi e prese la sua borsetta. «Devo riportare maman a casa. Tanto comunque sarei dovuta andare a prepararmi per salutare Lito per l'ultima volta. Perché sicuro non vorrà mai più vedermi.»

«Salutare... Ora così si dice?» sogghignò divertita Teresa, mentre si portava i lunghi capelli biondi da un lato. Valentina le sorrise maliziosa e lei aggiunse: «Andiamo, ti faccio compagnia fino al palazzo».

Le due tirarono dritto per quella strada, discutendo ancora sul da farsi, quando Valentina andò a sbattere col suo braccio contro quello di un ragazzo alto dai capelli e gli occhi neri come ossidiana. I suoi lineamenti duri, in contrasto con una bocca carnosa, rapirono la sua attenzione per quell'attimo di meraviglia. Battè più veloce gli occhi e si voltò di nuovo verso la sua amica, continuando a discutere animatamente. Solo dopo aver terminato la sua frase si voltò indietro, ma il ragazzo dalla pelle colorata da un'abbronzatura di fine estate non c'era più.

~

Finalmente giunsero al portone del palazzo dove abitavano i suoi nonni. Davide Virzillo aveva appena varcato la soglia e controllava l'ora sul suo Rolex. Suo padre era un dannato cliché vivente.

«Signor Virzillo...» Teresa accennò un sorriso imbarazzato.

Davide sorrise a sua volta, poi la guardò dalla testa ai piedi. «Teresa, non ci vediamo da un po', tutto bene?» Fece guizzare la mascella.
La ragazza abbassò lo sguardo, poi annuì appena.
Valentina si avvicinò a suo padre con la mano aperta per chiedergli le chiavi e lui gliele porse. Poi tornò a guardare Teresa e aggiunse: «Ti faccio tanti auguri per il fidanzamento ufficiale».

«La ringrazio» rispose, e lui le lasciò per entrare in una Lexus nera, dai vetri oscurati.

«Ancora t'imbarazzi in sua presenza?» Valentina scoppiò in una grossa risata.

«Sei l'unica a non rendersi conto di quanto lui sia affascinante. Avevamo tutte una cotta per tuo padre al liceo» ammise, seguendo con lo sguardo la macchina che si allontanava.

«Oh io lo so, non preoccuparti. Solo che in questo momento non mi va di pensare a lui con affetto.» Le fece una linguaccia e bussò al citofono.

Teresa scosse appena il capo e le diede un colpetto al braccio. «Io torno a casa a piedi, tanto sono due passi.»

«Sicura di non volere un passaggio?»

«Tienimi solo aggiornata su quello che succede.»
Si salutarono e si divisero.

● ○ ●

Teresa camminava a gran passo.
Si allontanò di qualche metro e si infilò in una delle strade vicino a Piazza Sannazzaro. Entrò in un palazzo nei pressi di casa sua, facendo attenzione a non essere vista, e salì in ascensore fino al sesto e ultimo piano.
Quando le porte dell'ascensore si aprirono, si ritrovò davanti lui.
Teresa deglutì sonoramente. Non sapeva come, ma sapeva esattamente quando.
Era stato il ventisette Settembre di cinque anni prima, il giorno del compleanno della sua amica Valentina.
I loro sguardi si erano incrociati come mai prima. La mano di Teresa teneva la bottiglia che lui aveva provato a prendere per primo, mentre la sua l'avvolgeva. Quel suo profumo intenso di agrumi, con note floreali e muschiate le aveva anestetizzato i sensi.

«Avevamo detto di non vederci più» cominciò lui con sguardo serio, ma che trasudava desiderio.

Teresa se ne stava immobile all'ingresso dell'appartamento. «Lo so» rispose semplicemente.

«Allora perché quel messaggio? Cosa vuoi da me?» le girò intorno, senza staccarle mai gli occhi di dosso.

La sua presenza opprimente le stava facendo perdere anche quel briciolo di coraggio che era riuscita a racimolare per raggiungerlo. Richiamò a sé tutta la decisione possibile e rispose: «Per una volta lasciale fare qualcosa che vuole davvero.»

«Cosa ti fa credere di avere il potere di dirmi come fare il mio dovere?» la smise di girare e si fermò alle sue spalle.

Teresa sentì i suoi battiti accelerare e il respiro farsi più veloce. Chiuse gli occhi e deglutì ancora. «Per favore» lo pregò.

«Credi che basti questo?» Ora il suo petto sfiorava la sua schiena e lei ebbe un sussulto.

«Per favore, signor Virzillo.» Iniziò a tremare quando lui fece scorrere le mani lungo i suoi fianchi.

«Ancora non l'hai capito? Io faccio quello che voglio, signorina Caruso.»
Il suo cognome, pronunciato così lentamente, le fece salire un brivido.
«Non hai ancora risposto alla mia domanda. Cosa vuoi da me?»
Ora le stava davanti e torreggiava su di lei con il suo metro e novanta.

Teresa raccolse il suo coraggio e finalmente lo guardò negli occhi. «Voglio lei, signor Virzillo. Un'ultima volta ancora.»

Lui si sfilò la cravatta. «Ne sei sicura?»
Quando lei annuì convinta, fece girare la cravatta intorno ai suoi polsi e li legò stretti tra di loro. «Dì le paroline magiche, Teresa.»

Teresa si umettò le labbra e lo accontentò: «Voglio essere sua, signor Virzillo.»

L'intensità che lei aveva impresso a quella frase fu un invito che non poté rifiutare.

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