Ritorno a casa
Il cielo era già scuro, il tramonto era passato da un pezzo e le luci della città vibravano complici, in una notte che avrebbe segnato un cambio di passo radicale nella sua vita.
Arturo stesso si era proposto di accompagnarla a casa, e Valentina aveva accettato. D'altronde quale altra scelta avrebbe avuto? Non aveva un mezzo per spostarsi, né un cellulare per chiamare un taxi o qualcun'altro, ammesso che avesse voluto farlo. Aveva avanzato una sola richiesta: portarla a casa della sua migliore amica Teresa. Non era ancora pronta a rivedere suo padre, non con la rabbia che in quel momento pervadeva ogni parte di sé.
Osservò con ritrovato entusiasmo i luoghi a lei familiari e trovò finalmente quel poco di pace di cui aveva tanto bisogno, il giusto per affrontare tutte le domande che di sicuro Teresa le avrebbe fatto.
Restò meravigliata nel constatare che Arturo stava rispettando il suo silenzio e la sua decisione, anzi sembrava quasi compiaciuto. Arrivati sotto al palazzo della sua amica, lui le restituì il cellulare, con gentilezza.
«È davvero il mio!» esclamò sorpresa.
«Non era ovvio? Perché mai avrei dovuto cambiartelo? Solo...»
«Ecco, lo sapevo. Ci doveva per forza essere un ma» sorrise, ma per nulla divertita.
Arturo fece spallucce e continuò: «Tu mi piaci, davvero, e io sono un tipo geloso, ma ovviamente tu che ne potevi mai sapere? Quindi ho cancellato tutti i contatti, eccetto i tuoi cari, e salvato solo il mio numero. Quello che verrà da questo momento in poi, sarai solo tu a deciderlo.»
Valentina annuì rassegnata. «Ti sei assicurato di cancellare il mio passato. Prevedibile.»
«Ah sì?» Arturo si fece più vicino e le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Spero che la tua opinione su di me migliori, col tempo.»
«Staremo a vedere.»
«Staremo a vedere» ripeté lui, per poi baciarle il dorso della mano. «Ci sentiamo, cara.»
Cara? Sentì un brivido di fastidio lungo la schiena. A questo punto meglio "principessa". Finse un sorriso e scese dall'auto in un batter d'occhio. Di corsa attraversò la strada e si schiantó contro il citofono di Teresa. E dai! Impaziente bussò ancora.
«Chi è?» rispose infastidita l'amica.
Valentina rivolse un sorriso di circostanza ad Arturo che ancora era lì ad osservarla, poi esclamò: «Apri o aspetti che mi rapiscano di nuovo?»
«Oh mio Dio, Vale!» Teresa aprì all'istante e Valentina sparì all'interno del palazzo, dietro il grande portone di legno.
Salì i quattro scalini prima dell'ascensore, poi premette il tasto col numero tre e si fece portare fin sul pianerottolo dove si trovava l'appartamento della sua amica.
Appena la vide uscire dall'ascensore, Teresa le buttò le braccia al collo e la strinse forte. «Ma dove sei stata?»
«I tuoi sono sempre all'estero?»
«Tornano la prossima settimana», la scrutó, poi la invitò ad entrare. «Dobbiamo assolutamente parlare.»
Valentina le sorrise e la seguì in casa, pronta a raccontarle ogni cosa.
* * *
Teresa prese un sorso del suo tè e, dopo averci ragionato su per qualche secondo, disse: «Lo sai che sarò sempre dalla tua parte, ma penso che evitare tuo padre non sia la cosa migliore, anzi, dovresti chiedergli spiegazioni. Magari c'è qualcos'altro di cui non sei a conoscenza.»
Valentina ascoltò scuotendo la testa per tutto il tempo, poi rispose: «Non esiste giustificazione che tenga, per lasciare tua figlia in mano a certa gente.»
«Hai ragione, ma stai credendo a degli estranei senza sentire la sua versione», concluse.
Valentina incrociò le braccia e fece il muso lungo. Veniva sempre vista come quella capricciosa della situazione, ma ora sapeva che i suoi non erano capricci. Suo padre mancava di onestà, questo era certo. «Senti, io so solo che ora come ora non ho voglia di fare alcuna discussione in merito, né con i miei, né tantomeno con te. Sono esausta, delusa, e voglio solo riposare. Posso restare qui almeno stanotte?»
Teresa posò le tazze nel lavello della cucina e rispose con tono ovvio: «C'è bisogno di chiederlo?» si avvicinò e l'abbracciò. «Puoi stare qui tutto il tempo che vuoi, ma promettimi che considererai l'idea di chiamare tua madre domattina per tranquillizzarla.» Valentina annuì e si lasciò coccolare. «Ora però voglio sapere di più su questo Diego. Sei stata vaga, ma ho capito che c'è qualcosa che non mi stai dicendo.»
Valentina si mise in piedi e si avvicinò alla finestra. Il via vai di gente riempiva le strade della città di rumori e suoni familiari, mentre la notte avanzava con la speranza che portasse un po' di pace e riposo sano. Chissà cosa starà facendo... Gli occhi divennero liquidi e buttò giù con difficoltà il groppo che le stringeva la gola. «È solo un altro stronzo. La cosa peggiore è che ho scelto il più stronzo di tutti per essere meno attenta. Mi sono fatta fregare come una sciocca.»
«Sei andata a letto con il tuo rapitore?» chiese Teresa con occhi sbarrati. La fece voltare verso di sé e la sorprese ad asciugarsi le lacrime. «Cavoli...» l'abbracciò di nuovo.
«Io credo...» deglutì ancora e spazzò via un'altra lacrima «Credo di essermi innamorata di lui.»
«Porca miseria, Vale. Che casino!»
«Lo so.»
«Come farai a... Insomma, come farai con tuo padre, questo Arturo... E lui? Hai provato a parlare con lui?»
«Teresa, ti prego, ho già la testa che mi scoppia. Lo so, è un casino! E poi, io e Diego non abbiamo più niente da dirci.»
Entrambe si lasciarono cadere sul divano, sconvolte e dubbiose. Qualunque cosa fosse successa nei giorni a seguire, non prometteva nulla di buono. Troppi sentimenti in ballo e pochi di essi positivi, nulla che avrebbe fatto sperare a una risoluzione breve e pacifica.
Ancora una volta si abbracciarono, mentre Teresa cercava di consolare Valentina e quest'ultima provava a ritagliarsi un momento per riposare.
● ○ ●
La notte le era sembrata infinita. Aveva dormito appena un'ora, mentre per il resto del tempo aveva guardato la tv, si era affacciata dal balcone e si era persa tra i pensieri guardando la gente ritirarsi a casa*. Era inutile negarlo: Diego occupava la quasi totalità dei suoi pensieri.
Forse aveva ragione Teresa, avrebbe dovuto chiarirsi con Diego, lasciare che le spiegasse cos'era successo; perché lui sembrava non riuscire a toglierle gli occhi di dosso un attimo prima e quello dopo l'aveva ignorata.
Ripensò al momento in cui lui era piombato durante la cena con Arturo. Sembrava infastidito, oppure sono io che come al solito mi illudo? Si mise in piedi e rovistò nel borsone, tirandone fuori i jeans rosa e una canotta grigio ghiaccio. Comunque sia, è inutile pensarci ora.
«Sicura che non vuoi che venga con te?» Teresa si avvicinò e le posò una mano sul braccio, dolce come al solito.
Valentina le sorrise e scosse appena il capo. «È una cosa che devo fare da sola, anche se non sarà piacevole, ma grazie per avermelo chiesto ancora.»
«D'accordo. Allora ti faccio compagnia fin sotto casa, poi vado dal relatore.»
Uscirono di casa e fecero insieme il tratto di strada che divideva le loro abitazioni. Per tutto il tempo Teresa lottò contro la voglia di farle altre domande. In fondo le bastava guardarla in faccia per capire quanto fosse delusa e triste, ma non le era chiaro per chi lo fosse di più, se per suo padre o per il misterioso Diego. Una cosa però era certa, quest'ultimo aveva lasciato un segno dentro la sua migliore amica.
● ○ ●
Erano dieci minuti che Valentina se ne stava immobile davanti alla porta di casa. Aveva già provato più volte a bussare, e ogni volta ci aveva ripensato l'attimo prima. Non so se ce la faccio, pensò prima di iniziare a fare avanti e indietro sul pianerottolo. Intrecciò le dita delle mani e le torturò in un continuo tirare e stringere. Cercò di riordinare i pensieri per mettere insieme un discorso diretto, incontrovertibile. Era ferita, delusa, arrabbiata, e nulla avrebbe potuto cambiare la sua posizione.
«D'accordo» sussurrò. Tornò davanti alla porta e alzò lentamente l'indice per bussare al campanello, ma proprio in quel momento essa si aprì.
«Valentina?» Davide Virzillo sbarrò gli occhi, come se avesse appena visto un fantasma.
«Già. Sembri sorpreso, papà», abbozzò un sorrisetto nervoso.
«Valentinà!» Céline corse verso la porta e, spostato il marito dall'ingresso, si precipitò ad abbracciare sua figlia. «Oh merci, mon Dieu...¹» prese il suo viso fra le mani e una lacrima scese libera dai suoi occhi.
Céline non era una donna che esternava con facilità i propri sentimenti, anzi, era sempre stata una mamma rigida, se non per qualche eccezione. Ora però, Valentina riusciva a cogliere la genuinità delle sue emozioni. L'abbracciò ancora e si lasciò andare a quella dimostrazione d'affetto di cui aveva tanto sentito il bisogno negli ultimi giorni.
«Entriamo, sù» Céline la prese sottobraccio e insieme entrarono in casa, passando davanti a un ingessato Davide, che era rimasto lì tutto il tempo senza riuscire a dire nulla.
Anche lui le seguì, facendo attenzione a restare qualche passo indietro.
«Dove sei stata?» chiese Céline mentre riempiva due bicchieri d'acqua.
Valentina ne prese un sorso e appoggiò il bicchiere sul tavolo. I suoi occhi carichi di rancore si posarono su Davide, prima ancora di pronunciare anche solo una sillaba. «Non te l'ha detto?» si mise in piedi «Il mio caro papà mi ha venduta!» strinse i pugni e ricacciò indietro le lacrime.
Céline chinò il capo, con i sensi di colpa che le impedivano di parlare; poi la rabbia prese il sopravvento: «Sono stata l'ultima a saperlo e non da tuo padre. Se solo l'avessi saputo...» si avvicinò ancora a lei per carezzarla. «Ma ora è tutto risolto, no?»
Valentina sbuffò un sorriso: «Risolto?» Finse una risata, poi si rivolse a suo padre: «Non gliel'hai detto?»
«Detto cosa?» fece guizzare lo sguardo in direzione di Davide.
Alla scena muta di suo padre, Valentina rise ancora e sbottò: «Ha ritenuto essenziale tenersi i suoi affari, ma non sua figlia! In pratica mi ha dato in pasto a un tizio idiota. Gli ha concesso la possibilità di corteggiarmi a patto che lasci stare i suoi affari.»
«Valentina, non sai cosa stai dicendo...» Davide provò a calmarla.
«Che significa tutto questo?» lo incalzò Céline. «Senza perdere né l'orgoglio, né l'onore? E che onore ci sarebbe in tutto questo?» lo vessò con le sue stesse parole.
«Céline non ti ci mettere pure tu!» provò a difendersi nell'unico modo che conosceva: respingendo le accuse e attaccando.
Valentina riprese il suo borsone: «Sai papà, nonostante le discussioni e gli ultimi litigi, credevo davvero che fossi il padre migliore al mondo.» Con quelle ultime parole lasciò andare ogni discorso superfluo o giustificazione assurda per dare solo voce ai sentimenti che provava. Lasciò entrambi senza parole, si diresse in camera sua e si accertò che la porta fosse ben chiusa, a chiave.
Céline, quasi senza più forze, si sedette sulla sedia, con lo sguardo perso nel vuoto e la bocca serrata.
«Céline...» Davide cercò di riconnettersi con lei, ma questa non gli rivolse neanche uno sguardo. «E va bene, credo che starò via per qualche giorno, almeno finché non vi sarete calmate un po'.»
Come ridestata da un sonno, lei lo guardò adirata: «E pensi che possa semplicemente passare? Credi ci dimenticheremo di come stai distruggendo questa famiglia?»
«Ti avverto, non dire cose di cui potresti pentirti.»
«No, tu – si mise in piedi – tu non avresti dovuto fare qualcosa di cui sicuro ti pentirai!» Puntò il dito sul suo petto. «E ora vai pure, scappa dalla tua amante! Tanto solo quello sai fare» riempì le sue parole con tutto il rancore che sentiva dentro.
«Ti pentirai di queste parole, Céline. Non sai quanto ti sbagli», scosse il capo. «Da quanti anni mi conosci, eh? Ho mai fatto qualcosa di discutibile senza una ragione valida?» le afferrò il polso e si liberò dalla pressione del suo dito.
«Hai ceduto la mano di nostra figlia, cos'altro c'è da spiegare? Per te contano solo gli affari» fece per voltargli le spalle, ma lui tornò ad afferrarle il polso.
«Lei può rifiutarlo e lo farà, ne sono certo.»
«Non avresti dovuto permetterlo. Non sarebbe stato meglio perdere dei soldi, invece che l'amore di tua figlia?»
Davide scosse ancora il capo e la lasciò libera. «Non puoi capire.» Prese le sue cose e si diresse verso la porta: «Sarà meglio che vada.»
Andò via senza voltarsi indietro, lasciando sua moglie senza risposte, né spiegazioni.
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NOTE:
*A Napoli usiamo dire "ritirarsi a casa" per intendere il momento in cui si ritorna a casa dopo un'uscita/una serata fuori.
¹Grazie, Dio mio
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