Primi passi

Valentina riaprì lentamente gli occhi, subito colpiti dalle flebili luci dell'alba. Man mano che essi si abituavano a tale chiarore, si rese conto di non trovarsi più nella sua stanza. Si sollevò di botto con la schiena e questo le fece sentire una fitta alla testa.

«Uè piano» Diego la raggiunse e l'aiutò a rimettersi giù. «Hai preso una bella botta alla testa, piano.»

«Dove sono?» chiese nel tentativo di ignorare il buon profumo di lui che le aveva invaso le narici. Si portò le mani alla testa e si liberò della fascia che lui vi aveva stretto. Nonostante il momento inopportuno, si sentì in imbarazzo. Chissà che capelli di merda mi sono venuti. Per non parlare del trucco ormai sparito del tutto.
Cercò di darsi una sistemata, approfittando del fatto che Diego fosse di spalle.

«Sei nella mia camera – pose le mani avanti – e prima che tu dica qualunque stupidaggine, sappi che ho solo pensato che magari una stanza con finestre più grandi potesse essere utile per farti prendere un po' d'aria.»

Valentina si limitò a sospirare. «La verità è che non pensavo a nulla e ora come ora, potresti farmi qualunque cosa non sentirei niente. Credo di essere diventata apatica.»

«Non pensi che sarebbe meglio evitare di dire cose del genere a uno che ti ha rapita?» sollevò un sopracciglio.

Valentina annuì appena e si rigirò sul fianco, con lo sguardo rivolto verso la finestra. Aveva ragione, ma ormai la stronzata l'aveva detta e rimangiarsela l'avrebbe soltanto fatta sembrare ancora più sciocca. Trattenne a stento una lacrima  che le rigò il viso, poi tuffò la faccia nel cuscino. «Perché non sei sincero per una volta? Dimmi che cosa sta succedendo e perché mio padre mi lascia ancora qui.» Si girò verso di lui e lo guardò supplicante.

A quella richiesta così diretta, Diego si lasciò quasi andare, ma per l'ennesima volta il suo cellulare cominciò a suonare. Senza interrompere lo scambio di sguardi, sollevò il telefono e se lo portò all'orecchio:
«Artù? – sospirò – Vabbuò¹.» Mise giù e continuarono a guardarsi in silenzio ancora per un po', poi si decise a parlare: «Devo fare una commissione. Sta arrivando Salvatore.»

Valentina reagì a malo modo, ma solo dentro di sé. L'idea di restare da sola con quel tizio fuori di testa le faceva venire la nausea. Quell'Arturo continuava a chiamare e a mandare Diego avanti e indietro, mentre lei già immaginava di usarlo per vendicarsi di suo padre che l'aveva lasciata lì.
Davide Virzillo non avrebbe mai permesso a sua figlia di frequentare un uomo come Diego. Se solo fosse venuto a saperlo, forse si sarebbe affrettato a recuperarla. Prima avrebbe messo in atto il suo piano, prima sarebbe tornata a casa; questa era la sua unica certezza.
Si mise in piedi e lo raggiunse. «Non può andarci il tuo amico a fare questa commissione?»

Quando Diego si voltò, se la trovò a un passo di distanza. I capelli le ricadevano liberi e leggermente ondulati ai lati del viso, lungo il petto. La bocca di lei, che aveva ritrovato il suo colore rosa acceso, si schiuse lenta e non riuscì a evitare di seguirla rapito.

Valentina si umettò le labbra e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi fece scendere la mano lungo il collo, con un gesto all'apparenza naturale, ma in realtà studiato, che aveva già collaudato con altri uomini. Si muoveva con lentezza, schiuse ancora le labbra e diede più intensità allo sguardo; i suoi occhi incollati sul viso di lui, che sembrava ipnotizzato. In quel momento capì che non sarebbe stato poi così difficile farlo capitolare.

«No» rispose secco. «Che differenza fa chi ci sta qua con te?»
Quando lui fece quell'unico passo che li divideva e si avvicinò, Valentina ne fu sorpresa. Nessuno lo faceva mai e questo la spiazzò, perché ora era di nuovo lui ad avere il controllo della situazione.
Pensò velocemente. Cosa avrebbe potuto fare per riappropriarsi della posizione di vantaggio? Ci sono! Gli posò una mano sul petto, ma la reazione che ebbe non fu quella che si aspettava. In effetti, Diego non sembrava per nulla in difficoltà, anzi reggeva bene il suo sguardo. Sentì il petto di lui gonfiarsi e svuotarsi più intensamente sotto la sua mano e per un attimo perse la concentrazione. Cosa fa il mio corpo? Perché all'improvviso sento un calore salire rapido verso la gola? Ritirò la mano come se si fosse appena scottata e subito dopo si accorse di un accenno di sorriso sulle labbra di Diego. Fu solo allora che capì che anche lui sapeva giocare allo stesso gioco. Col cavolo che ti lascerò vincere!
Si diede un tono e fece un passo indietro.
«Pensavo solo che a questo punto si sarebbe potuto trattenere Enrico» concluse, soddisfatta di aver ottenuto come reazione un sopracciglio sollevato.

Diego indossò il suo giubbotto e sfilò una sigaretta dal pacchetto; l'accese e fece un tiro, per poi soffiare fuori il fumo dall'angolo della bocca, tutto senza toglierle mai gli occhi di dosso. Cosa credi di fare, principessina del cazzo? Socchiuse gli occhi per studiarla e fece un altro tiro di sigaretta. È meglio che non provi più a toccarmi, pensò dopo aver constatato ancora una volta che non gli era indifferente. Un altro tiro e la sigaretta era quasi finita. «Comunque Enrico aveva degli impegni, come me. Tu statte cu' Salvatore e faje 'a brava.²»

Valentina incrociò le braccia e si sedette sul letto.
Salvatore intanto era già tornato. Con tutto il casino che faceva per ogni cosa, era difficile non accorgersi del suo arrivo. Qualcosa cadde a terra producendo un grosso rumore e Valentina alzò i suoi grandi occhi blu al cielo, mentre a Diego scappò un sorriso.
«Almeno posso restare qui?» gli chiese.

«Ntz, ci stanno le finestre. Mi dispiace, ma devi tornare nella tua stanza, perlomeno finché non torno.»

Valentina sbuffò e irritata rispose: «Dove cazzo vuoi che vada? Siamo in mezzo al nulla! Questo posto mi mette i brividi anche di giorno, non solo la notte.»

«Ah, si? Buono a sapersi. Alla minima stronzata ti faccio dormire in mezzo alle terre.» Quando gli rivolse uno sguardo truce, Diego fece spallucce e spense la sigaretta nel posacenere che teneva poggiato sul davanzale della finestra. «Ma continuo a non fidarmi, quindi – fece un cenno col capo – ti porto in camera tua.» Si avvicinò e attese che lei si mettesse in piedi, ma non prima di aver sbuffato con forza. Ignorò la mano che le aveva teso e si diresse verso la porta.
Diego la seguì con lo sguardo e non poté evitare di squadrarla dalla testa ai piedi. La notte con Paola decisamente non era servita a nulla. Non era a lei che pensava quando si ritrovava da solo nella sua stanza, non era lei che lo stuzzicava con il suo caratterino piccato e, di certo, non era il corpo di Paola che ora gli faceva sentire così caldo. Dopo un attimo di immobilismo, seguì la scia floreale che lei aveva lasciato dietro di sé e la raggiunse alla porta della sua stanza.

Valentina posò una mano sulla maniglia e l'aprì, ma prima di entrarvi, si voltò e lo colse con lo sguardo basso. Lo sapevo che mi avrebbe guardato il culo, pensò soddisfatta. «Ti piace?» chiese senza ombra di vergogna. Ancora una volta aveva deciso di provocarlo, senza neanche sapere in che guaio si stesse cacciando; o meglio, in che guaio stesse cacciando entrambi.

Diego si fece più vicino e posò una mano sulla porta dietro di lei, che fu costretta a poggiarvisi con la schiena, intrappolando il suo stesso braccio, la quale mano teneva stretta la maniglia. Lui avvicinò le labbra al suo orecchio e rispose: «Assaje.³»

Stupido cuore. Valentina sentì le gambe divenire molli, che quasi non riuscivano più a reggerla. Il respiro caldo di Diego le aveva fatto venire la pelle d'oca e la sua voce così gutturale le aveva provocato una stretta tra le cosce. E ora erano vicini, troppo vicini. Il fiato corto, gli occhi socchiusi che cercavano di catturare ogni piccolo dettaglio dei loro volti, le labbra turgide che desideravano toccarsi.
La mano di Valentina strinse con più forza la maniglia, come a chiedere aiuto per riuscire a trattenere quel desiderio che sentì stringerla in vita e trascinarla con sé, mentre Diego teneva più teso il braccio con il quale riusciva a mantenere, anche se piccola, quella distanza di sicurezza che se superata avrebbe dato vita a un grosso problema. Più volte si umettò le labbra, come assetato, e ogni volta lei le guardava e faceva lo stesso.

«Diego!» lo chiamò Salvatore dal piccolo cucinino esterno, raffreddando così il momento. La sua voce riportò entrambi con i piedi per terra e Valentina ne approfittò per sparire dietro la porta della sua stanza e lasciare Diego con un pugno di mosche.
Era di nuovo con la schiena schiacciata contro il legno intarsiato della porta, ma stavolta era sola. Si portò le mani al petto e cercò di regolare la respirazione. Che diavolo mi succede? Si mise una mano sulla fronte e scosse la testa, incapace di trovare una risposta che le sembrasse almeno un po' sensata. Devo concentrarmi e seguire il piano, concluse, solo così tornerò a casa.
Finalmente stava riprendendo il controllo e avrebbe ricominciato a studiare il suo piano nei dettagli, ma non prima di aver fatto un bel riposino. Stanca, si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi.

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NOTE:
¹Va bene
²Tu resta con Salvatore e fai la brava
³Tanto, tantissimo; indica una quantità indefinita

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