Pensieri, ipotesi e realtà.

Diego era partito a tutta velocità. Si era voltato indietro solo una volta e dopo aver visto Valentina chiudersi nella sua stanza aveva capito che era il momento giusto per allontanarsi; ma la distanza che stava mettendo fra di loro non era abbastanza, né il suo allontanamento duraturo.
Inoltre Arturo era pericolosamente vicino e temeva che vedersi di persona aumentasse le probabilità che si accorgesse della sua attrazione nei confronti della bella Virzillo.
Queste e altre preoccupazioni gli affollavano la mente, intervallate dal ricordo degli attimi condivisi con lei e di quelli che immaginava di vivere.
Scosse la testa, chiusa nel casco, e diede un colpo all'acceleratore.

Gli ci volle solo mezz'ora per raggiungere la casa dove si era appoggiato Arturo per qualche giorno, una villetta indipendente con un grande giardino e piscina interrata. Parcheggiò lo scooter e suonò al citofono. Fu Enrico ad aprirgli.

«Oh, sarracì – lo salutò con un cenno del capo – comme sta 'a cumpagna mia?¹» sorrise.

Diego si sforzò di sorridere a sua volta, cercando di ignorare il fatto che Valentina sembrasse apprezzare la compagnia di Enrico, cosa che gli provocava un certo fastidio. «Sta meglio 'e nuje²» rispose infine.

«Ah, questo è certo.» Gli posò una mano sulla spalle e indicò il corridoio che avevano davanti: «Arturo è nella stanza in fondo» gli assestò un buffetto e lo lasciò procedere da solo.

Arrivato alla porta, Diego bussò delicato. Qualunque cosa stesse facendo lì dentro, sapeva quanto Arturo odiasse essere disturbato, anche se era stato lui stesso a convocarlo poco tempo prima.
Ancora una volta non dovette attendere molto, prima di avere una risposta.
Arturo gli aprì a torso nudo, mentre si sbracciava per infilare la camicia. Dietro di lui, girata di spalle e in procinto di indossare un soprabito, una ragazza dai lunghi capelli e dall'incredibile somiglianza con Valentina. Ma che cazz... A Diego sembrò tutto così assurdo. Arturo davvero era impazzito? Stavolta era ingiustificabile. Fece un cenno in direzione della ragazza e si affrettò ad aggiungere: «Che vuol dire?»

Arturo abbassò lo sguardo per un istante, poi sorrise divertito. «Diciamo che mi avrebbe fatto più piacere se non l'avessi vista, ma come sempre sei stato fin troppo puntuale.» La ragazza si fece più vicina e dopo avergli dato un ultimo bacio, lasciò la stanza e anche la casa. «Se non puoi ancora avere l'originale...» lasciò la frase volutamente incompiuta, ma semplice da capire.

«Artù, chesta è ossessione³» disse tra i denti.

Arturo si risentì. «Oh, embè⁴?»

Diego controllò la sua reazione e ricominciò: «Tu lo sai che io sarò sempre sincero con te, quindi non mi chiedere di fare finta di non aver visto – indicò il vuoto dietro di sé – te la chiavi⁵ perché mentre lo fai immagini di chiavarti⁵ Valentina? E ti sembra una cosa normale?»

«Non puoi capire – si allontanò frustrato – con te le donne ci vengono volentieri, con me chiavano solo perché sperano di restarmi affianco e fare la bella vita. Una come Valentina Virzillo manco mi guarderebbe – tornò da lui e lo afferrò per le spalle – ma io 'a voglio, Diè.»

Io 'a voglio, ripeté quelle parole nella sua testa. Secca, veloce, pungente, era quella la frase che lo stava atterrando più di tutte. Arturo voleva Valentina al punto tale da cercarla nelle altre solo per prendersi la sua vittoria su di lei, anche se immaginaria. Non era una cosa sana, anzi, descriveva un desiderio malato, retto su basi futili, eppure Diego lo compativa. Lui stesso, nei momenti più complicati della sua vita, aveva cercato un po' di Annamaria nelle sue compagne, ma con scarsi risultati. Poi, con il tempo, aveva imparato a farne a meno, perché le sue spalle erano diventate più larghe e robuste, capaci di sopportare pesi più grossi.
Si sedette sulla poltroncina che c'era in camera e si passò una mano tra i capelli. Ancora una volta ripensò a quelle parole e capì che il problema era un altro. Sapere quanto Arturo desiderasse Valentina lo irritava. Non sarebbe dovuto accadere, ma era così. Immaginare le mani del suo amico sfiorare il corpo di Valentina lo rendeva irrequieto.
La gamba iniziò a fare su e giù e capì che sarebbe stato meglio cambiare discorso. «Perché mi hai fatto venire qua?»

Arturo rilassò le spalle e si accomodò sul letto, abbassò la testa per abbottonare i polsini e rispose: «Non incontrerò più di persona Davide Virzillo – alzò finalmente lo sguardo e lo posò su di lui – per questo, lo farai tu al posto mio.»

«Che?» Diego scattò in piedi, le braccia lungo i fianchi e la fronte increspata, leggermente flesso verso il suo amico. «Avevi detto...»

«Lo so cos'avevo detto! – lo interruppe – Ma 'o fatto è che nun pozzo rischià che 'o piano s'arricetta⁶.» Non era mai stata sua intenzione circuirlo, ma Arturo aveva messo il suo obiettivo al di sopra di tutto, anche della loro amicizia. Mai avrebbe dimenticato quella volta in cui, dopo aver rubato l'incasso della giornata a uno dei piccoli spacciatori di zona, Diego l'aveva soccorso con lo scooter e aveva evitato che si beccasse una pallottola.
Quel giorno quel quindicenne scapestrato, che cercava solo un modo per fuggire dal dolore della perdita di suo padre, era diventato il suo migliore amico. Ora però erano adulti e non era più così semplice portare avanti certi "lavoretti". In città vigevano nuove leggi, legali e non, e le strade erano molto più controllate. Gli unici che riuscivano a fare quello che volevano erano quelli coi soldi, i veri soldi, e Arturo voleva entrare in quella cerchia ristretta con tutto se stesso.
Si avvicinò cauto a Diego: «Senti, è solo una precauzione. Se a Virzillo verrebbe l'idea di farmi delle domande su sua figlia, io non saprei cosa rispondergli e potrebbe avere dei dubbi sul fatto che lei sia davvero in mano mia. Inoltre, mettere un filtro è sempre la scelta migliore: non può minacciarmi, ferirmi o peggio, uccidermi.» Lo scosse appena e accennò un sorriso. «Ja⁷, mancano solo dieci giorni alla scadenza che ci ha imposto Morimoto.»

Diego ci riflettè per un lungo momento e, anche se sapeva che alla fine non gli avrebbe detto di no, perché era davvero una cosa da niente quella che gli chiedeva, se la prese con calma. Fu solo quando vide che Arturo cominciava a innervosirsi per la disponibilità ancora non data, che alla fine cedette.
«Vabbuò, però farò solo da messaggero.»

Artuto gli fece un grosso sorriso soddisfatto e lo abbracciò. «Grazie Diè» aggiunse, riconoscente.

● ○ ●

Céline cominciava a porsi delle domande. Era da giorni che non vedeva, né sentiva Valentina, e non era da lei. Sapeva quanto sua figlia fosse arrabbiata, ma non pensava che sarebbe sparita dalla circolazione in quel modo. Come se non bastasse, pure Davide sembrava sparito. Riprese il cellulare e dopo aver trovato spento per l'ennesima volta il cellulare di Valentina, chiamò di nuovo anche Davide.
Neanche uno squillo e sentì la suoneria del suo cellulare entrare dalla porta d'ingresso. Céline mise giù e a passo svelto si diresse da lui. Era confusa, arrabbiata, irrequieta. Sollevò la mano e gli tirò un ceffone in piena guancia. «Connard!⁸», lo insultò. Era dal pomeriggio del giorno prima che non lo vedeva, neanche si era degnato di chiamare per avvisare che non avrebbe dormito a casa. Non che Céline non fosse abituata a tali situazioni, ma almeno l'aveva sempre chiamata o inviato un messaggio; questa volta invece era semplicemente sparito.
Dal canto suo, Davide non reagì, prese un grosso respiro e la guardò negli occhi.
«Dove sei stato?» chiese con l'accento più marcato. Nonostante vivesse da anni nel Belpaese, ancora faceva fatica a parlare in italiano quando era arrabbiata.

Davide infilò le mani nelle tasche dei pantaloni. «Finiamola, Céline. Sai bene dove sono stato, dove vado quando non torno a casa. Esattamente come io so perché la tua ora di pilates non dura mai solo sessanta minuti.»

Lei incrociò le braccia davanti al petto e sollevò il mento, fissando i suoi occhi in quelli di Davide. «Non vuol dire che non devi più avvisare.»

«Mi dispiace, me ne sono dimenticato.»

Céline fece un cenno d'assenso. «Che non accada più.» Aggiustò il suo chignon e prima che cambiasse stanza gli chiese: «Hai sentito Valentina?»

«Mi aveva accennato di una piccola vacanza con un gruppo di amici», mentì.

«Ed è partita senza dire nulla?»

«Sarà ancora arrabbiata perché non le abbiamo permesso di trasferirsi in Argentina con quel ballerino», fece spallucce e riuscì a evitare altre domande con la solita maestria.
Raggiunse la camera da letto, pensando che finalmente avrebbe potuto riposare per qualche ora. Si levò la giacca e la sistemò ai piedi del letto. Ripensò alle parole di Di Domenico, a Valentina di cui non aveva notizie e alla notte trascorsa con Teresa. Aveva scaricato con lei tutta la frustrazione, portandola al culmine più volte. L'amica di sua figlia lo aveva stancato fino a farlo crollare senza più energie ed era esattamente per quello che l'aveva contattata. Voleva fare, non pensare, mentre ora gli toccava riprendere in mano la situazione, ma non prima di aver dormito per almeno un paio d'ore.

● ○ ●

Diego aveva lasciato la momentanea abitazione di Arturo ed era quasi arrivato a destinazione, di nuovo da Valentina.
Durante il viaggio aveva cercato di tenere sotto controllo l'impazienza di rivederla, ma il suo corpo si era rifiutato di rilassarsi e ora che era arrivato a destinazione si sentiva ancora più agitato.
Salvatore lo attendeva fuori dalla casa per farsi dare il cambio.
«Tutt'appost?⁹» con tre lunghe falcate gli fu subito vicino e alla risposta positiva dell'amico fece un cenno d'assenso. «Vai pure, Arturo sta aspettanno¹⁰.» Si strinsero la mano e quando Salvatore lasciò quella di Diego, quest'ultimo si ritrovò qualcosa tra le mani. Abbassò lo sguardo e dopo averlo osservato se lo infilò veloce in tasca. Quando guardò davanti a sé, l'amico era già andato via. Si passò una mano tra i capelli ed entrò in casa, giusto in tempo per beccare Valentina entrare in bagno, ma troppo tardi perché lei si accorgesse del suo ritorno, o almeno così credeva.

Ci volle quasi un'ora prima che lei uscisse da quella porta e Diego desiderò che non lo avesse fatto, perché Valentina indossava solo un'ampia camicia e una cintura larga in pelle con chiusura stringata che le segnava il punto vita. A piedi scalzi, con unghie smaltate di un colore nude, camminò nella sua direzione, fino a superarlo per raggiungere il frigo. Diego era rimasto in silenzio a guardarla mentre gli passava sotto il naso e con passo deciso si avvicinava al frigo. Ne tirò fuori una lattina di cola zero, la aprì e ne fece un bel sorso, molto lentamente, mentre una goccia scappata dalle sue labbra scendeva lungo il mento, giù fino al collo, per poi finire nell'apertura della camicia.
Lo aveva fatto apposta oppure no, Diego sentì che non sarebbe riuscito a resistere a tale tentazione ancora a lungo.
Diede una sistemata al cavallo dei pantaloni diventato stretto, senza dare troppo nell'occhio, e provò a distrarsi accendendo la tv. Nun ce penzà, nun ce penzà, nun ce penz๹... continuò a ripetersi nella testa, mentre girava i canali in cerca di qualcosa d'interessante.

Tempo sprecato, perché Valentina non prese bene questo suo ignorarla e si andò a sedere proprio accanto a lui, tirò i piedi sul divano e piegò le gambe lisce e carnose, che andarono a sfiorare quelle di Diego. Ma neanche questo sortì l'effetto sperato, così posò una mano sul divano e si diede lo slancio per recuperare il telecomando che lui aveva nell'altra mano. In quella posizione, gattoni davanti a lui, di certo non avrebbe potuto ignorarla o fare finta di non vederla. Dai, fammi vedere come sei realmente, pensò, in realtà quasi come se fosse un desiderio. Spinse il sedere in fuori e lentamente tornò al suo posto dopo aver recuperato il telecomando. Quando il suo viso raggiunse l'altezza di quello di Diego, si guardarono negli occhi e lui portò in fuori il mento. Senza rendersene conto, la mano di lui si era posata dietro la sua coscia, quasi a tenerla per paura che perdesse l'equilibrio e cadesse. Iniziò a sentire il battito accelerare e il respiro farsi corto. Ancora una volta la situazione si era invertita e non riusciva più a capire se era lei a provocare lui o viceversa. L'unica cosa che non poteva negare era che lui l'attraeva. Cosa faccio adesso? Perché non riesco a tornare seduta al mio posto?

Come se le avesse letto nella mente, Diego ritirò la mano così lento che quasi sembrò farle una carezza e si mise in piedi. Piccerè, so' sicuro¹² che questo gioco non lo vuoi fare veramente con me, pensò. «Puoi guardare quello che vuoi, io vado a fare una doccia.» Se ne andò prima che lei potesse dire qualunque cosa.

«Maledizione!» spense la tv e battè il telecomando sul sofà. «Ti ho visto, sai?» si mise in piedi e si avvicinò alla porta del bagno: «Sei uno spacciatore!», gridò.
Diego aprì all'istante. Indossava solo i jeans e il suo petto nudo attirò l'attenzione di Valentina, che distratta non riuscì a gestire la sua reazione. Si umettò le labbra e fece correre lo sguardo lungo i lineamenti dei suoi pettorali e delle spalle larghe e muscolose al punto giusto. Il suo viso acquisì subito una colorazione più accesa.

«Hai visto cosa?» l'espressione seria sul volto di Diego, in attesa della risposta.

Valentina si umettò di nuovo le labbra, improvvisamente meno sicura, e deglutì. «Quel tizio, quell'Arturo, è lui il tuo fornitore? Quello che ti ha dato la merda che mi hai fatto ingerire quando mi hai rapita?» chiese tutto d'un fiato.

Diego avrebbe tanto voluto dirle che lui certa merda nemmeno la toccava, che se si era fatto delle canne in vita sua era già tanto, ma come avrebbe poi spiegato ciò che aveva fatto la sera del suo rapimento? Non c'erano scuse per quello che aveva architettato Arturo, il modo in cui aveva deciso di agire. Non sono come Arturo. Strinse i pugni, nel tentativo di ignorare quella voglia che sentiva di urlarglielo. «Quello che credi di aver visto e quello che è sono due cose diverse.»

«Allora dimmi, cosa vi siete scambiati tu e il tuo amico quando vi siete salutati?»

«Non sono fatti tuoi.» Le diede le spalle e fece per tornare in bagno, ma Valentina gli posò una mano sul braccio costringendolo a voltarsi. Lui puntò all'istante lo sguardo su quelle sue dita affusolate, adornate da sottilissimi fili dorati. «Ma che faje?¹³»

«Voglio una risposta!» usò un tono deciso.

«E io non te la voglio dare», si fece pericolosamente vicino, mentre Valentina ancora teneva la mano sul suo braccio, ma senza per questo provare in alcun modo a tenerlo a distanza. «E mo'?¹⁴»

«Vaffanculo», rispose tra i denti.

Diego le afferrò il polso. «Dillo nata vota¹⁵ e vedi che succede.»

«Va-ffan-cu-lo.» Valentina dovette fingere un tono arrabbiato, perché in realtà tutto ciò che sentiva era eccitazione. Diego non era solo un bel ragazzo, aveva anche quell'alone di mistero che fa amare e odiare al tempo stesso il fatto di essere all'oscuro di tutto. I suoi occhi neri erano così profondi, intensi, che ogni volta la colpivano come lame dritti al cuore. Sì, il cuore, perché proprio quello aveva cominciato a battere all'impazzata. Non farlo, pensò, ma per la prima volta non sapeva se valesse per lui o per se stessa. Guardò le sue labbra e attese per un lungo momento che dicesse qualcosa, qualunque cosa che interrompesse i suoi pensieri.

Diego fece guizzare la mascella: «Non sfidarmi», aggiunse.

Lo farò, invece. «Perché, altrimenti?»

Era palese che lui lottasse contro una qualche forza invisibile. I suoi muscoli erano tesi, lo sguardo fisso su di lei e la mascella serrata. Poi in un secondo prese una decisione, la più incasinata che potesse prendere: attirò Valentina verso di sé e la baciò. Divorò le sue labbra come se fosse a digiuno da mesi, con il desiderio che cresceva di più ogni attimo che trascorrevano insieme. E lei partecipò con altrettanta foga, senza starci troppo a pensare.
Era quello che Diego desiderava da giorni, o almeno una parte di ciò che desiderava. Com'era potuto accadere? Arturo, il piano, il padre di lei, Paola... Tutto, ma proprio tutto sparì in quel momento, mentre le sue mani scivolavano lungo il corpo sinuoso di Valentina, che invece era impegnata a infilare una mano nella tasca dei suoi jeans.
Quando la sentì pericolosamente vicina alla sua erezione, l'afferrò e interruppe il loro bacio appassionato. «Che staje facenno?¹⁶»

Valentina ne tirò fuori un biglietto, soddisfatta di esserci riuscita, anche se aveva sacrificato un momento davvero memorabile. Diego sapeva baciare molto bene e con le sue carezze sensuali l'aveva fatta bagnare tra le cosce, ma lei voleva avere delle risposte a tutti i costi e niente avrebbe potuto impedirglielo.
Indietreggiò mentre lo dispiegava e contemporaneamente guardava lui, che seppur contrariato, non aveva avuto reazioni particolari.
Quando finalmente aprì il biglietto, fu quasi felice di scoprire che non vi era alcun tipo di sostanza all'interno, ma solo una frase scritta a mano. La lesse: «Fai attenzione o Arturo lo capirà – guardò Diego – cosa significa?»

«Volevi una risposta, prima? Ora ne hai addirittura la prova. Io e Salvatore non ci siamo scambiati della droga», le dedicò un finto applauso. «Complimenti per la recitazione, sembrava quasi che ti stesse piacendo», sorrise ancora e questa volta davvero tornò alla sua doccia.

Valentina sospirò. «Cazzo!» appallottolò il biglietto e lo lanciò contro la porta. La sensazione di vittoria era scemata in fretta e aveva lasciato il posto a una grossa insoddisfazione. Non solo non aveva avuto le risposte che voleva, aveva anche interrotto il bacio più incredibile della sua vita. Maledizione, sbuffò.
Ben presto dentro di sé si fece concreta la consapevolezza che il ricordo di quello che era appena accaduto fra di loro l'avrebbe tormentata per tutta la notte.

◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇

NOTE:

¹come sta la mia amica?
²Se la passa meglio di noi
³Arturo, questa è ossessione
⁴Oh, allora?
⁵te la scopi/scoparti
⁶Ma il fatto è che non posso rischiare che il piano vada a monte
⁷Dai
⁸Stronzo!
⁹Tutto bene?
¹⁰sta aspettando
¹¹Non ci pensare (x3)
¹²Piccola, sono sicuro
¹³Ma che fai?
¹⁴E ora?
¹⁵Dillo un'altra volta
¹⁶Che stai facendo?

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