L'ora X
Dopo un'ora di tentativi andati a vuoto, Miguel rispose alla sua telefonata. «Finalmente!» esclamò Valentina con tono risentito. «Dove diamine eri finito? Ti sto aspettando da almeno dieci minuti fuori alla scuola di ballo.»
Miguel sbuffò un sorriso e la fece interrogare. «Ho aspettato settimane una tua decisione, cosa saranno dieci minuti d'attesa?» la punzecchiò.
Valentina drizzò le spalle, presa alla sprovvista da una risposta tanto pungente che faceva fatica ad associare all'uomo che aveva conosciuto negli ultimi mesi. Mai, neanche una volta, Miguel era stato viperino nei suoi confronti, oppure che avesse espresso con tono dispregiativo una qualche frase diretta a lei. «Quindi lo stai facendo per dispetto a farmi aspettare?»
Lui sorrise ancora, ma non teneramente; si poteva quasi dire che la deridesse, piuttosto. «Ma quale dispetto – rispose – sono solo impegnato con le valigie. Visto che hai deciso di ignorare le mie chiamate e i miei messaggi, ho pensato che non t'importasse di sapere che ho anticipato la partenza.»
Valentina si guardò in giro, sentendosi improvvisamente sciocca. «Quindi non verrai neanche a salutarmi?»
«Vale, dai, non siamo due ragazzini. Tu hai preso la tua decisione, io la mia.»
Ancora una volta si sentì sciocca e odiò il fatto di non avere l'ultima parola. Miguel l'aveva proprio fregata. Quindi optò per un atteggiamento disinvolto e si schiarì la voce. «Credevo che almeno ci vedessimo un'ultima volta, ma va bene. Ti auguro il meglio, buona vita.» Chiuse così la telefonata, senza dargli modo di aggiungere altro. Non esisteva al mondo che qualcuno la lasciasse senza parole. «Chi si crede di essere?» disse fra sé. Guardò il contatto di Miguel sul display e, dopo aver richiamato alla memoria i bei momenti passati con lui, lo selezionò e digitò su 'elimina'. Subito dopo chiamò Teresa.
«Allora?» chiese senza esitare, l'amica.
Valentina sbuffò. «Gli uomini sono diventati di un permaloso... Solo perché non ho risposto alle sue tremila telefonate e messaggi, dopo che lo avevo rassicurato sul fatto che ci saremmo visti stasera, ha deciso di partire prima e appendermi.»
Teresa scoppiò in una grossa risata, per poi scusarsi. «Senti Vale, lascialo perdere. Miguel è, come dire... È un po' prima donna, ecco.»
«Sì, ma credevo ci fosse qualcosa di reale fra di noi, invece mi ha snobbata come nulla. Lui ha snobbato me. Cioè, capito?» Valentina si allontanò dalla scuola di ballo e salì in auto.
«Beh, su certe cose vi somigliate molto» Teresa accennò una risata.
«Ok, ora basta parlare di lui. Piuttosto, stasera ti vedi con Simone?»
«Sì, siamo a casa dei suoi, ma rientro presto. Devo studiare.»
«Allora vorrà dire che berrò qualcosa da sola», la informò con voce triste.
Teresa rise. «Che stronza che sei a farmi sentire in colpa.»
Anche Valentina rise, poi aggiunse: «Tranquilla, troverò il modo di divertirmi lo stesso.»
Si salutarono e chiusero la telefonata.
Valentina si allontanò dalla zona, per recarsi in uno dei suoi lounge bar preferiti, nei dintorni dello Stadio Diego Armando Maradona, a Fuorigrotta.
● ○ ●
Diego aveva trascorso tutta la serata a casa di Arturo. Quest'ultimo aveva insistito affinché ripetesse più volte l'intero piano, per essere sicuro che non gli sfuggisse alcun dettaglio.
Arturo era anche riuscito a passargli le informazioni necessarie sulle tappe fisse della domenica della famiglia Virzillo, un po' troppo abitudinaria, secondo il suo modo di vedere. Fortunatamente per lui però, era quello che gli occorreva perché le cose fossero più facili per il suo piano ben studiato.
«Allora, sei pronto?»
Diego prese un grosso respiro e annuì convinto, anche se continuava a pensare che c'erano diversi modi per raggiungere un certo obiettivo, e quello scelto non era il suo preferito.
Arturo fece un cenno col capo in direzione del cellulare che Diego teneva sul tavolo. «Vedi che ti ho mandato la fotografia d'a guagliona¹.»
Quando lo prese e aprì la conversazione, fu colto dalla meraviglia. Il volto sorridente di Valentina, avvolta in un vestito blu aderente, lo fece bloccare per un istante. Quella ragazza, la figlia di Davide Virzillo, era la stessa con cui si era scontrato qualche ora prima. Quella che lo aveva completamente ignorato, cosa che non accadeva così spesso.
«Uè, allora?» Arturo lo strattonò appena per la camicia. «È bella, eh?» gli sorrise quando sollevò lo sguardo dal cellulare.
«Sì, è bellella²», si limitò a rispondere. Guardò di nuovo la foto, poi ripose il cellulare in tasca. «Allora vaco³» lo aggiornò e, dopo un suo segno d'assenso, uscì da casa di Arturo.
○ ● ○
Diego aveva seguito l'auto di Valentina, da casa sua fino a dove aveva parcheggiato. L'aveva vista scendere e raggiungere quella che sembrava l'entrata di un'attività non meglio specificata.
L'aveva osservata starsene lì in attesa, a guardare di continuo il suo piccolo Casio argento.
Si chiese cosa o chi stesse aspettando, poi la vide tirare fuori il cellulare da una borsetta bianca minuscola che portava a tracolla, abbinata a un paio di sneakers dello stesso colore, che risaltavano grazie allo stacco di pelle dorata tra queste ultime e il suo jeans skinny color cielo. Ma era la maglia ad aver attirato maggiormente la sua attenzione. Un leggero strato di raso rosa cipria, quasi fosse fatto di sola aria, le avvolgeva il busto e restava appeso alle sue spalle con dei laccetti quasi invisibili.
Quando Valentina si portò di nuovo il cellulare all'orecchio, un lembo della maglia si sollevò, lasciando intravedere le curve morbide del suo corpo.
Diego, di tutta risposta, distolse lo sguardo, quasi a voler evitare qualunque tipo di apprezzamento non necessario, né agli altri, né e soprattutto a se stesso.
I fari di un'auto illuminarono l'abitacolo di quella che gli aveva prestato Arturo, e solo allora si accorse che, inaspettatamente, Valentina se ne stava andando.
In fretta e furia mise in moto la vettura e la seguì, nel traffico che in città brulicava come ogni giorno.
Dopo un po' di strada, Valentina parcheggiò e si diresse in un lounge bar molto chic, anche troppo per i gusti di Diego. Il solo pensiero di dover entrare lì dentro, in mezzo a tutti quei coglioni figli di papà, gli stava già facendo venire l'orticaria. Sbuffò e scese dall'auto svogliatamente.
Sentì un improvviso bisogno di fumare, ma desistette, così come aveva fatto per tutto il pomeriggio. Si era ripulito più volte e aveva mangiato un pacchetto intero di caramelle balsamiche alla menta, perché Arturo lo aveva informato che Valentina odiava i fumatori e approcciarsi a lei sarebbe stato difficile se lo avesse visto fumare.
Si era chiesto come facesse a sapere tutte quelle cose, ma non aveva avuto il tempo, né la voglia, di chiederglielo.
Aveva semplicemente accettato quel piccolo sacrificio e sperato che la giornata terminasse il più rapidamente possibile, così da poter tornare all'unico vizio che avesse mai avuto.
Si sistemò la camicia ed entrò nel locale.
La ritrovò subito. Valentina aveva preso posto a un tavolo non molto lontano dall'entrata, nella saletta separata dal lato ristorante. Aveva subito fatto cenno al cameriere, che l'aveva raggiunta sorridente.
Diego prese posto al bancone in vetro e ordinò un cocktail analcolico, senza perdere d'occhio Valentina.
Quando il cameriere si avvicinò a lui, lo richiamò con un cenno. «La ragazza che hai appena lasciato – iniziò – qualunque cosa ha ordinato e ordinerà, mettila sul mio conto.»
Il ragazzo, senza far polemica, annuì però confuso. «V-va bene» aggiunse.
Quando fu pronto l'ordine, lo andò a consegnare e la informò delle intenzioni di Diego.
Valentina alzò di colpo lo sguardo nella sua direzione. Sembrò l'attimo più lungo che Diego avesse mai vissuto in vita sua, poi sollevò il suo bicchiere e accennò un sorriso.
Un po' confusa, anche Valentina sollevò il bicchiere. «Ma che intenzioni ha?» disse tra i denti, mentre ancora si sforzava di sorridere e sembrare naturale.
«Credo ci stia provando» disse il cameriere dopo averla sentita. Lei si voltò a guardarlo. «Sì, insomma, a me così sembra. Mi sembra anche un bel tipo, se posso dirti la mia. Credo tu conosca i miei gusti, ormai» le sorrise.
«Fabio, sei sempre il solito. Vedi un bel ragazzo e per te è subito colpo di fulmine.»
«Visto? Hai detto 'bel ragazzo', quindi lo ammetti?» ripulì il tavolino accanto a lei.
Valentina tornò a sorridere, ma questa volta fu un sorriso sincero. Fabio le fece l'occhiolino e riprese a servire anche gli altri tavoli.
Diego, che nel frattempo li aveva osservati per tutto il tempo, si chiese cosa ci facesse lei da sola in quel posto, seppure bello e alla moda. La ragazza con cui l'aveva vista passeggiare quel tardo pomeriggio non era con lei e nemmeno era stata rimpiazzata da qualcun altro. Valentina se ne stava seduta al tavolo da sola, a bere cocktail e a guardare il cellulare facendo delle facce buffe. Sembrava molto presa da ciò che stava facendo e Diego ne approfittò per avvicinarsi.
«Ciao» la salutò, e quando incrociò il suo sguardo continuò: «Posso sedermi?»
Valentina esitò per un istante e lui proseguì: «D'accordo, allora ti offro questo drink – passò una mano sul bicchiere – e qualunque cosa ordinerai dopo. Ci siamo scontrati nel pomeriggio sul lungomare e volevo scusarmi.»
«Davvero?» chiese lei, fingendo di non ricordarsi dell'accaduto. In realtà lo aveva riconosciuto all'istante, perché due occhi scuri come i suoi non li aveva mai visti. Per non parlare di quella sua bocca sagomata.
Diego sbuffò un sorriso. «Va bene. Ci si vede in giro, allora.» Girò i tacchi e uscì dal bar senza aggiungere altro, mentre Valentina restò impalata a fissare la porta che si era appena chiusa.
~
Diego si era seduto in macchina e aspettava che anche lei uscisse dal bar. L'avrebbe attesa anche tutta la notte, perché Arturo non ammetteva fallimenti nel suo piano.
Una volta che Valentina avesse raggiunto la sua auto, lui l'avrebbe incappucciata, legata e portata via, stordita dal sonnifero che aveva lasciato cadere poco prima nel suo bicchiere.
«Bella è bella, ma è proprio una stronza», disse al telefono con Arturo. «Hai fatto preparare la casa? Non deve mancare nulla, visto che starò anche io lì per almeno quindici giorni.»
«Nun te preoccupà⁴ – lo rassicurò – è tutto a posto. Devi solo prelevarla.»
Diego scorse Valentina uscire dal bar. «A proposito di prelevarla, devo andare» mise giù e uscì dall'auto. Strinse un sacchetto nero di stoffa tra le mani e si avvicinò a lei furtivamente.
Valentina si sentiva stanca, stordita; voleva solo salire in macchina e riposare un momento, prima di mettere in moto e tornare a casa. Sperava bastasse affinché si riprendesse, ma non ne era tanto certa. Chiamerò Teresa, pensò. La sua amica di sicuro non l'avrebbe lasciata lì, come invece aveva fatto Miguel. Quello stronzo ingrato, pensò ancora. Per uno strano caso, anche parlare le risultava difficile e sentiva le braccia e le gambe pesanti. Cosa mi sta succedendo? La domanda le rimbombò nella testa, facendo sdoppiare anche la sua vista. Le luci dei locali e delle macchine creavano scie luminose danzanti nell'aria. Si sentiva sempre più stordita e non riusciva a essere padrona dei suoi movimenti. Si guardò le mani, che in quel momento le sembravano appartenere a qualcun'altro, e ne fu ipnotizzata.
Poi un rumore richiamò la sua attenzione.
La portiera dell'auto si era aperta e il ragazzo del bar, quello dello scontro di quel pomeriggio, era proprio lì. Sì, ok, sto proprio sognando. Sorrise come una sciocca e allungò una mano verso di lui.
«Ma che cazzo...» sbottò Diego. L'afferrò giusto in tempo, perché Valentina si era letteralmente lasciata cadere fuori dal veicolo, tra le sue braccia. «Ma che m'ha rato Arturo⁵?» Senza dare nell'occhio, se la caricò in auto e partì spedito. Subito dopo chiamò Arturo per farlo una chiavica⁶.
◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇◇
NOTE:
¹della ragazza
²è carina
³vado
⁴Non ti preoccupare
⁵Ma che mi ha dato Arturo?
⁶Fogna (traduzione letterale); in napoletano si usa per dire di qualcuno che vuoi ridarguire, in italiano più comune:" Fare una merda qualcuno", cantargliene quattro.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top