L'incontro

Diego faceva tamburellare nervoso le dita sul volante, mentre finiva un'altra sigaretta, consumata in pochissimi minuti. L'avvicinarsi alla casa lo agitava sempre di più e il coraggio di guardare Valentina negli occhi cominciava a venire meno.

La macchina che frenó nel terreno interruppe il silenzio assordante calato fra di loro. Scesero dall'auto e Diego spinse la borsa di lei attraverso la finestra della sua stanza, poiché in casa ci sarebbe stato Salvatore ad attenderli e il borsone lo avrebbe insospettito.
«Appena entriamo, vai subito in camera tua» l'avvertì.

Valentina, che aveva notato il suo repentino cambio d'umore, lo guardò di sbieco. «Sembra quasi che qui il problema sia io» borbottò, e senza neanche concedergli un attimo per rispondere, lo lasciò sull'uscio e fece come le aveva detto.

«Ma addo' cazzo stive¹?» Salvatore raggiunse Diego con grandi falcate, dopo aver rivolto a lei una semplice occhiata. Valentina sbattè la porta e i due si voltarono a guardare in quella direzione.
«Cher'è², se n'è scappata un'altra volta? Chesta³ sta dando un sacco di problemi.»
Diego lo ignorò e andò a prendersi un bicchiere d'acqua. «Secondo me stai facendo troppe stronzate. Quella ti metterà nei guai», divenne un crescendo di nervosismo e continuò: «Eh ma ti farò vedere come finalmente ragionerai...»

Diego si voltò di scatto, intenzionato ad andare fino in fondo a quella frase rimasta in sospeso fra di loro, ma purtroppo non ne ebbe il tempo. L'auto di Enrico, che accompagnava Arturo, si era parcheggiata proprio accanto alla sua. «Ne riparliamo dopo» avvertì Salvatore, che di tutta risposta lo mandò a quel paese con un gesto della mano.

Il tempo sembrò rallentare. La porta si aprì lentamente e in quella breve frazione di secondi, Diego pensò ad altri cento modi per impedire ad Arturo di sfiorare Valentina anche solo con il pensiero. Purtroppo però, nessuno di questi gli avrebbe assicurato di uscirne illeso, così dovette attendere e adeguarsi alla situazione che di lì a poco si sarebbe venuta a creare.

Arturo fece il suo ingresso, petto in fuori e sguardo fiero. «Eccoci qua» esordì. «Manca la persona più importante, o sbaglio?»

«Sta riposando nella sua stanza» rispose subito Diego, battendo Salvatore sul tempo, il quale non sembrava preparato a fornire spiegazioni plausibili.

Arturo abbozzò un sorriso beffardo. «Certo che per essere una che non fa niente tutto il giorno, sta guagliona⁴ riposa un po' troppo» scherzò con Enrico.

Salvatore guardò subito Diego, consapevole che stesse mentendo, e sperò che non lo facesse per il motivo che immaginava. Peccato che Arturo fosse stato puntuale, perché avrebbe di sicuro voluto fargli tante domande.

Quest'ultimo si arrotolò le maniche della camicia sopra i gomiti e si rivolse a Diego: «Allora? Me la porti?»

Diego esitò per qualche istante, ma non poté fare diversamente, così andò in camera di Valentina e lasciò la porta socchiusa. Si guardarono negli occhi, in silenzio, poi lui disse: «Arturo vuole presentarsi.»

Valentina incrociò le braccia. Per giorni si era chiesta chi fosse il tizio che era stato così sciocco da farla rapire e soprattutto il perché. Era venuta a conoscenza del fatto che non era stata avanzata alcuna richiesta di riscatto, né tantomeno avevano minacciata la sua vita.
Ora solo Diego e la porta la separavano dalle sue risposte e non aveva intenzione di lasciar andare la possibilità di conoscerle. «Ecco, bene. Ora gli faccio capire con chi ha a che fare.» Sfiorò con la spalla il braccio di Diego, mentre si spostava verso la porta e lui le afferrò la mano. «Stai attenta» riuscì a dire, prima che si liberasse dalla sua presa e uscisse dalla stanza.

«Quindi sei tu Arturo?» chiese, e con passo deciso si fece più vicina. «Ci sei anche tu?» si rivolse a Enrico, che la salutò con un movimento del capo e un accenno di sorriso sulle labbra.

Valentina aveva ovviamente già conosciuto dei ragazzi in vita sua, con cui si era frequentata o aveva intrattenuto solo rapporti di amicizia, e si poteva dire che della maggior parte di loro non si era fatta un'opinione negativa; purtroppo però alcune sue amiche non avevano avuto la sua stessa fortuna e certi pensieri avevano scelto il momento peggiore per presentarsi nella sua testa.
Si trovava in una villetta in mezzo al nulla, al cospetto di quattro uomini che neanche conosceva e che per giunta la tenevano lì contro la sua volontà. Era partita decisa e avrebbe voluto affrontare quel pezzo di sterco a muso duro, ma ora iniziava a pensare che forse non era quello il piede con cui cominciare un'interlocuzione. E se reagisse nel modo sbagliato? Se mi facesse del male? Deglutì con difficoltà e nello stesso istante si lasciò scappare un'occhiata in direzione di Diego.
Lui se ne stava immobile con le mani dietro la schiena, impassibile e con gli occhi puntati su di lei.

Salvatore intercettò quello scambio e si frappose tra i due. «Finalmente questa storia finirà – intervenne sollevato – e torneremo alle nostre vite di sempre. Quasi tutti» aggiunse sottovoce.

Arturo si avvicinò a Valentina e le tese la mano con fare risoluto. «Arturo Di Domenico» si presentò. Un sorriso malizioso si disegnò sulle sue labbra.

Infine Valentina aveva deciso di mostrarsi remissiva, così strinse la sua mano e si presentò a sua volta, anche se a quanto pareva non sembrava ce ne fosse bisogno, visto tutto quello che quegli uomini già sapevano di lei. Poi l'imbarazzo, nell'immobilità di quel momento, la riportò con i piedi per terra. «Ora, visto che siamo tutti qui e io di solito sono molto diretta, posso sapere per quale motivo avete architettato tutto questo teatrino?»

Non aveva alcuna idea di quanto i suoi modi stuzzicassero ancora di più l'interesse di Arturo, che la osservava tra il divertito e il soddisfatto. «Mi farà piacere raccontarti tutto» fece un cenno a Enrico. «Però preferisco farlo appena staremo più tranquilli.»

Enrico si rivolse a Diego e Salvatore: «Venite con me o mi seguite con l'altra macchina?»

Diego strinse i pugni, dalle dita già a lungo torturate. Vedere Arturo così vicino a Valentina gli aveva messo addosso una grossa agitazione; temeva che lasciarli soli lo avrebbe fatto addirittura impazzire. Esitò più che poté, mentre Salvatore già raccattava tutte le sue cose per andare via.
«Ti seguiamo con la nostra» aggiornò Enrico e trascinò Diego per il gomito.

«Ma... ma come? Resteremo soli?» chiese con voce spezzata Valentina, che nel frattempo seguiva Diego con sguardo perso.

«Jammuncenne⁵» Salvatore spronò ancora una volta il suo amico che provava a opporre resistenza, ma senza dare troppo nell'occhio.

Quando tutti furono fuori, Arturo fece segno a Valentina di accomodarsi. «Volevi delle risposte?»
I primi bottoni aperti della camicia mettevano in mostra il tatuaggio che ricopriva parte del suo petto sodo: una riproduzione della mitologica Medusa, e Valentina si sentì improvvisamente pietrificata, proprio come narrava la leggenda.
«Avanti, fammi tutte le domande che vuoi. T'o giuro⁶ che sarò estremamente sincero, anche al costo di sembrarti un po' crudo.»

«Magari – si schiarì la voce – potresti iniziare col dirmi perché; perché mi hai fatta rapire?»

Arturo annuì. «Ok», fece un grosso respiro e rispose: «Tuo padre sta per chiudere un affare in cui volevo entrare anch'io, ma non ha voluto. Mi sembrava la spinta giusta, tutto qui.»

Valentina restò senza parole per la tranquillità con cui lui le aveva appena risposto, quasi come se fosse qualcosa che faceva ogni giorno senza problemi. «E ora ha accettato, perciò sei qui? Finalmente tornerò a casa?»

«La cosa è un po' più complicata di così.» Sorrise beffardo e quando lei lo guardò interrogativa, continuò: «Abbiamo trovato un punto d'incontro, ma l'ultima parola sarrà⁷ la tua.»

«Non capisco» battè più volte le ciglia.

Lui annuì ancora. «Davide Virzillo mi concederà di corteggiare sua figlia, a patto che io lasci perdere i suoi affari.» Le cedette la parola con un gesto della mano.

Valentina scattò in piedi e si diresse verso la finestra che dava sulla parte anteriore della casa. Diego e gli altri erano andati via e si sentì come se nel pavimento si stesse per aprire una voragine per inghiottirla, cosa che avrebbe preferito in quel momento.
Non era possibile che suo padre avesse accettato una proposta tanto assurda. Gli parlerò e sistemeremo ogni cosa.

A causa della valanga di pensieri che si susseguirono nella testa si alienò e quando Arturo la raggiunse sobbalzò come un sonnambulo appena ridestato.
«Non essere tanto sconvolta – si fece scivolare una ciocca di capelli tra le dita – in fondo non mi pare di essere tanto brutto, o sbaglio?»

Valentina deglutì a fatica. Davvero quello sconosciuto credeva di riuscire a conquistarla in quel modo? No, suo padre forse non aveva capito bene la sua richiesta, non c'era altra spiegazione. Devo fare tutto il possibile per tornare a casa e parlare con papà. Nel frattempo devo stare attenta a non indispettirlo. Chissà di cosa sarebbe capace.
Si diede un tono e tornò a indossare la maschera di sicurezza che sfoggiava nei momenti in cui si sentiva più vulnerabile. «No, non lo sei – mise qualche metro fra di loro – ma certo non puoi pretendere che io cada ai tuoi piedi solo perché hai un bell'aspetto. D'altronde non ti conosco.»
Arturo aveva un sorriso malizioso che non perdeva quasi mai, ma era molto diverso da quello di Diego.
Diego. Lui sapeva tutto, per questo aveva paura che ci scoprissero. Che pezzo di merda! E io che... I battiti del suo cuore aumentarono d'intensità, così come i respiri. Dovette fare uno sforzo disumano per non lasciare che le lacrime si riversassero dai suoi occhi, che ora bruciavano come investiti da una manciata di sabbia.

«Tutto bene?» Arturo fece per riavvicinarsi, ma lei pose una mano in avanti per stopparlo.

«È solo stanchezza. Vorrei andare a riposare e poi tornare a casa il prima possibile, per favore.»

«Te l'ho detto, sarai tu a decidere come e quando, ma soprattutto per quanto. Ti prometto che sarò sempre gentile.»

Valentina annuì rassegnata. «Allora lasciami andare a riposare. Ho bisogno di metabolizzare il tutto, per poi prendere la giusta decisione.»
Entrò nella camera da letto e chiuse la porta alle sue spalle, come aveva fatto ogni benedetta volta nella sua vita quando c'era troppa confusione nella sua testa. Si rese conto di quanto potessero cambiare le situazioni a distanza di poche ore e di quanto, anche se in pochissimo tempo, Diego era riuscito dove tutti avevano fallito: incideva sul suo umore. Se Diego le sorrideva, le sue giornate sembravano illuminarsi; se lui era assente, in qualunque senso, lei diveniva scontrosa; ma le giornate migliori erano state quelle nelle quali lui l'aveva mangiata con gli occhi. Una passione tale da farti mancare il fiato.

Maledizione Valentina, smettila di fare la stupida! Ti ha usata fin dal principio. «Cosa ti aspettavi da uno che era costretto a stare chiuso qui con te?» In modo compulsivo cominciò a mettere in ordine la stanza e a preparare le valigie. Non sarebbe rimasta un giorno in più in quella casa, né con Arturo, né con nessun altro.
Era arrivato il momento di tornare con i piedi per terra.

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NOTE:

¹Ma dove cazzo eri?
²Che c'è,
³Questa
⁴questa ragazza
⁵Andiamocene
⁶Te lo giuro
⁷sarà

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