Intrecci

Il sesto piano dello stabile era immerso nella penombra, le tapparelle abbassate fino al pavimento. Le luci erano spente dall'ingresso fino alla camera da letto, nella quale un'unica lucetta dava quel poco di luminosità che serviva giusto a non inciampare nel mobilio dell'appartamento.

Teresa metteva con cautela un piede davanti all'altro e si dirigeva verso il lustro. Si fermò sulla soglia della camera e fece vagare lo sguardo qua e là. La stanza era vuota. Ma dov'è? Si chiese, giusto l'attimo prima che un braccio le avvolgesse la vita e il respiro caldo di Davide sul proprio collo le provocasse i brividi.

«Ce ne hai messo di tempo, Caruso» le lasciò un bacio tra il collo e la spalla e la strinse più forte a sé.

Teresa sentì le gambe farsi molli e le ginocchia sul punto di cedere. Un mugolio di piacere lasciò le sue labbra, che sentì di dover umettare. Dovette ricorrere a tutta la sua forza di volontà per allontanare la passione già pronta ad avvolgerli e trascinarli con sé. «Fermati» sussurrò in un soffio. Ma Davide la fece ruotare nella sua direzione e la immobilizzò spalle al muro.
Una mano scivolò sotto la sua gonna stretta, per finire decisa fra le sue cosce e farle liberare un gemito. «Davide...»

«Caruso, non puoi dirmi di no, non adesso» la ragguagliò con sguardo deciso, poi s'impossessò delle sue labbra.

«No...» tornò a ripetere e lui tirò la testa indietro per guardarla in viso. La penombra rendeva tutto così intimo e segreto. I respiri, più corti, si univano per la poca distanza tra loro.
Allo sguardo perplesso di lui, continuò: «Non sono venuta per questo.»

Davide fece scorrere le dita lungo lo scollo della sua camicetta, che metteva in risalto il seno piccolo e sodo. «Non mi sembri così sicura» aggiunse quando lei non riuscì a resistere al suo tocco e gli andò incontro, seppur non intenzionalmente. Era il modo in cui il suo corpo reagiva ogni volta in sua presenza.

Raccolse la sua decisione e finalmente si liberò da quella situazione che la poneva in svantaggio. Si divincolò e andò ad accendere la luce. «Perché è così buio qui?»
Quando si voltò e finalmente poté incrociare lo sguardo di lui, restò impalata.
«Sai, dovresti essere più chiaro con le persone, forse potrebbero capirti meglio.»

Davide pose pollice e medio sugli occhi per riprendersi dal fastidio che gli aveva provocato quella luce tutta insieme. «Se sei venuta per questo, puoi anche andare via.»

Teresa sbuffò un sorriso: «Sei serio?» a gran passo si avvicinò a lui. «Se sono qui è solo perché non penso che tu sia un farabutto, come invece ti stai mostrando alle persone a cui tieni.»

Davide evitò il suo sguardo e sorrise nervoso. «Teresa Caruso, torna dal tuo fidanzatino, dammi retta. Lascia stare le cose da grandi.» Si allontanò per versarsi sa bere dalla bottiglia di grappa, già a metà.

Teresa lo seguì e gli sottrasse la bottiglia dalla mano, per poi essere fulminata con un solo sguardo. «Ascoltami, Davide Virzillo, non mi farò trattare come una pezza da piedi, sappilo. Neanche nel sesso te l'ho mai permesso. Non arriverò mai a tanto.»

«Io faccio quello che voglio» le posò una mano sul collo, ma fu sorpreso dalla reazione impassibile di lei. L'unico pensiero che gli attraversava la mente in quel momento era divorare quelle sue labbra carnose, ma si trattenne. Deglutì a fatica. «Signore... Io sono il signor Virzillo.»

Teresa lo guardava fiera, irremovibile, e accennò un sorriso. «Con la barba che stai lasciando crescere? Il puzzo dell'alcol e quegli occhi da anima perduta?»

Davide la lasciò all'istante e se ne allontanò ancora una volta. «Vattene» sprofondò con le terga nel divano.

«Me ne andrò appena ti sarai andato a radere e a fare una doccia. Quando il signor Davide Virzillo sarà tornato, io andrò via.» Si chinò in avanti e il suo viso finì a pochi centimetri da quello di Davide. «Puoi imbrogliare chiunque, ma non me. Sono l'unica persona a cui hai mostrato il tuo vero volto. So che non avresti fatto mai del male a tua figlia; ma lo hai fatto e ora non ti dai pace per questo.»

Davide serrò la mascella, ma non si mosse di un millimetro. Fissò i suoi occhi in quelli di Teresa e vi si perse.
«Voglio che tu te ne vada» ribadì.

Teresa raddrizzò la schiena e sistemò la borsa sulla spalla. «D'accordo.» Scosse appena il capo, poi girò i tacchi, senza ulteriore indugio, e lasciò l'appartamento.
Questa volta non ti lascerò fare di me ciò che vuoi. L'ascensore la portò a piano terra e in un attimo fu fuori dallo stabile, decisa e risentita.

● ○ ●

Diego rientrava dalla giornata trascorsa con Valentina e si sentiva pieno di speranza. Finalmente le aveva confessato ciò che provava e lei aveva fatto lo stesso. Ripensò al loro bacio e sentì una gran voglia di tornare indietro. Scalò le marce per fermarsi al semaforo e con le dita sfiorò l'elastico per i capelli di Valentina. Un sorriso si disegnò sul suo volto all'istante.

Appena saliti in auto, gli occhi di Valentina si erano posati sulla leva del cambio. Era stato allora che si era accorta dell'elastico che credeva di aver perso durante loro piccola gita fuori porta. Era proprio lì, sotto i suoi occhi. Lo sfilò e lo sventolò davanti alla faccia di Diego.

Lui aveva accennato un sorriso, per poi aggiungere: «Avevo intenzione di restituirtelo.»

Valentina si era fatta più vicina e con la punta del naso gli aveva sfiorato la guancia. «Quindi non volevi tenerlo custodito come una reliquia?» lo aveva preso in giro trattenendo una risata.

Diego subito aveva accostato e, prima ancora di rispondere, l'aveva baciata. «Te voglio assaje¹.»

«Anch'io, assaje.»

Per la prima volta sentiva una parola in napoletano uscire dalla bocca di Valentina e, pensando di non poterla desiderare di più, dovette ricredersi. L'aveva baciata ancora, mentre la mano scendeva lungo la sua schiena e trovava il tessuto rigido dei jeans a bloccargli il passaggio.
Sconfitto nell'intenzione, aveva incrociato lo sguardo di Valentina e lei gli aveva sorriso dolcemente. «Viene cc಻ l'aveva stretta tra le braccia. «Avremo tutto il tempo per questo. Ora voglio solo stare un altro poco qui con te, così abbracciati.»

Valentina l'aveva baciato di nuovo, prima di posare la testa sul suo petto e lasciarsi coccolare.

Il semaforo, nel frattempo, era diventato verde e le auto in coda avevano cominciato a suonare i clacson. Diego tornò con i piedi per terra e ingranó la prima, liberando l'incrocio dalla sua presenza statica.
Girò ancora un po' per le strade sempre trafficate della città, tornando con la mente ai momenti trascorsi con Valentina.

Era ancora vivido il ricordo del loro primo incontro e sorrideva ogni volta che pensava a quanto tutto fosse cambiato da allora.
Uno scontro accidentale, trasformato da Arturo in un incontro studiato.
La convivenza forzata con lei era stata l'esperienza più assurda che avesse mai vissuto, ma anche quella che gli aveva regalato più emozioni. Nun veco l'ora e sta cu te³, le aveva sussurrato e lei aveva stretto il suo viso tra le mani e l'aveva baciato. Un bacio sentito fin dentro le ossa.

Solo quando fu quasi fuori casa di Salvatore, per lasciare l'auto e riprendere lo scooter, Diego si rese conto che un SUV lo stava seguendo. Da quanto tempo, non poteva immaginarlo, dal momento che si era lasciato distrarre dai pensieri.
Svoltò repentino per accertarsi che fosse davvero lui quello che stava seguendo e, solo dopo averne avuto la conferma, lo condusse in uno dei vicoli.

Fermò l'auto. C'era il mercato e la gente entrava e usciva dalla stradina, rendendo il posto un po' più sicuro. I battiti del suo cuore accelerarono. Il SUV sembrava uno di quelli che riusciva sempre a procurarsi Arturo. Temette che Salvatore non fosse riuscito a trattenerlo e che, alla fine, lo avesse colto con le mani nel sacco. Questo stava a significare che la situazione sarebbe degenerata in fretta, di lì a poco.

Le gente in strada rendeva tutto così "normale", senza sapere che una "bomba" stava per esplodere in mezzo a loro.

Come si sarebbe giustificato? Lo avrebbe fatto? Ma soprattutto: come avrebbe risolto la questione? Fare a botte o discuterne civilmente?
Diego tirò fuori la croce che teneva sempre appesa al collo e la baciò, prima di rimetterla nella maglia e uscire dall'auto con cautela.
Prese un grosso respiro e attese un po', poi chiuse la portiera e si pose davanti al veicolo.

I vetri del SUV erano oscurati, impedendogli di vedere chi vi fosse all'interno, ma non devette vagare troppo con i pensieri, perché poco dopo aver preso la sua posizione, dall'auto che aveva di fronte uscì Enrico.

Il sollievo comunque durò ancora meno, perché anche se non era Arturo quello davanti ai suoi occhi, Diego sapeva bene che Enrico era lì come suo portavoce e osservatore.

«Saglie⁴» Enrico fece un cenno in direzione del SUV.

Diego non distolse mai lo sguardo. Esitò per qualche istante, poi con cautela si avvicinò a lui. «Addo' jamme?⁵»

«A fa' nu giro⁶» Enrico abbozzò un sorriso, indossò di nuovo gli occhiali da sole che aveva calato e salì in auto.

Diego si guardò in giro e strinse nel pugno l'elastico di Valentina, prima di infilarlo in tasca e seguire Enrico nel SUV.

● ○ ●

Maria entrava nell'appartamento che ormai, da due anni, conosceva quanto la sua stessa casa. Aveva portato con sé la borsa con tutto ciò che le occorreva e l'aveva posta all'ingresso, quando un rumore di vetri sotto le scarpe l'aveva presa alla sprovvista.

Di solito la casa era piuttosto in ordine e pulirla era un vero gioco da ragazzi per lei, che ne aveva pulite di case fino ad allora. Tant'è che erano anni che Diego la pregava di riposarsi e di smetterla di fare un lavoro tanto stancante, perché ormai lui poteva sostenere entrambi con i suoi guadagni.
Ma Maria si rifiutava di accettare i soldi di Arturo e, anzi, era lei a pregare il figlio di trovarsi un impiego serio, che le desse una tranquillità tale da non dover tremare ogni volta che lui usciva di casa per andare chissà dove.

Ulteriore stranezza era il buio pesto, nonostante fuori fosse ancora alto il sole. Fece qualche altro passo e sentì un altro rumore.
«C'è qualcuno?» abbassò la testa nelle spalle e con cautela si sporse dallo stipite della porta. «Ma voi state qua?» Maria corse verso l'uomo che faticava a rimettersi in piedi e con enorme sforzo lo aiutò a raggiungere la camera da letto.

«Signora Maria, non sapevo oggi venisse», mugugnò lui con la bocca impastata dall'alcol.

«Eh... È giovedì oggi» rispose con tono ovvio. «Ma che vi è successo? Un uomo tutto d'un pezzo come voi...» gli aggiustò i cuscini sotto la schiena per tenerlo col busto sollevato, poi lo aiutò a portare anche i piedi sul letto.

«È complicato... Mia figlia...» pose una mano a coprire gli occhi. «Può spegnere la luce grande, per favore? Ho un terribile mal di testa.»

Maria non se lo lasciò ripetere e fece come le aveva chiesto, per poi tornare al suo capezzale: «Mo'⁷ riposatevi, vi porto un bicchiere d'acqua e un caffè, così vi sentite meglio» fece per andare via, ma l'uomo la trattenne per il braccio.

«Maria, non ne faccia parola con nessuno» la pregò con lo sguardo.

Maria rilassò le spalle, dopo un primo momento di tensione, e rispose: «Ho visto vostra figlia mentre venivo, è davvero una bella ragazza. Sembrava un po' giù di morale. Sono sicura che anche per lei la discussione sia stata difficile.»

Lui scosse appena la testa, ma dovette fermarsi, perché la stanza gli sembrò girare come una trottola. «Lei...» stava per risponderle che quella non era sua figlia, ma le parole di Maria gli risuonarono nella testa e ci ripensò.

«Non vi affaticate, signor Virzillo. Vedrete che le cose si sistemeranno» lo rincuorò. «Io ora mi metto a lavoro, voi riposate.»

Davide Virzillo annuì con difficoltà, poi si voltò di lato per cercare di dormire un po'. La testa sembrava essere in procinto di scoppiare e i pensieri si accavallavano rendendo difficile isolare le cose importanti da quelle superficiali.

Maria si chiuse la porta alle spalle e fece il segno della croce. «Dio mio, aiuta quest'uomo, ti prego» scosse il capo incredula. «Non si è mai fatto vedere in queste condizioni. Spero non sia nulla di grave.»
Mise sa parte ogni ragionamento e si concentrò sul lavoro, per portarlo a termine il prima possibile e tornare a casa da suo figlio, che dopo la conversazione con l'uomo non vedeva l'ora di rivedere.

Negli ultimi giorni fra lei e Diego le cose erano state strane. Non sembrava quasi più lo stesso ragazzo di qualche settimana prima. Di nuovo si chiedeva cosa gli fosse accaduto nel tempo che era stato lontano da casa.
Fu in quell'attimo che decise che non avrebbe più fatto finta di nulla; avrebbe affrontato suo figlio e si sarebbe liberato di lei solo a verità svelata.
Farò così, è deciso. Prese lo straccio e, convinta di quanto aveva appena deciso, cominciò dal principio.

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NOTE:

¹"Ti voglio tanto", anche se in italiano non esprime bene il concetto del "te voglio assaje" in napoletano, che si riferisce più a un desiderio profondo, carnale.
²Vieni qui
³Non vedo l'ora di stare con te
⁴Sali
⁵Dove andiamo?
⁶A fare un giro
⁷Ora

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