Fuga in silenzio (Parte 2)

Tepore.
Il piatto fumante sotto il naso e il rumore del brodo che ribolliva senza sosta. Il silenzio rendeva tutto quasi surreale, come se non fosse davvero lì. Poi d'un tratto sentì bussare.
È lui, ne sono certa. Avrei dovuto scappare subito, farlo senza guardarmi indietro. Potevo, davvero, ma non riesco nemmeno ad alzarmi. Sono stanca, affamata, voglio solo rilassarmi e godermi questo cibo confortante. Venga pure, non m'importa. Aspetterà che finisca di mangiare e solo dopo andrò con lui. Non che abbia molta scelta, comunque.

L'anziana signora prima la guardò immergere il cucchiaio nel brodo e quando lei iniziò a mangiarne, si recò alla porta. L'aprì lentamente, rivelando l'altro ospite che le aveva appena raggiunte.

Diego lanciò subito lo sguardo oltre la donna e la vide. Valentina sembrava tranquilla, rilassata, quasi come se fosse a casa. Si sentì sollevato nel constatare che stava bene e che aveva avuto abbastanza sale in zucca da fermarsi.
La padrona di casa si fece da parte, Diego la ringraziò e si diresse dalla ragazza. Prese una delle sedie in legno con la seduta impagliata e la scostò dal tavolo per sedersi.
Quando si accomodò, Valentina alzò lo sguardo dal piatto e si ritrovò puntati addosso gli occhi neri e brillanti di Diego. Il suo cuore perse un battito. La gola le si strinse e tossì appena per il brodo andato di traverso.

La signora Giuseppina ne portò un piatto anche per lui, che la ringraziò con un sorriso, uno di quelli che si rivolge a un familiare a cui vuoi bene, un sorriso che non lasciò alcun dubbio a Valentina: Diego conosceva bene la donna e questo lo dimostrava. Ma ciò che la lasciò imbambolata furono proprio i suoi denti perfetti e bianchi, in contrasto con la pelle scura il cui colorito diveniva più caldo sotto la gentile illuminazione presente nella stanza.

Quando Diego tornò a guardarla, non fece in tempo a distogliere lo sguardo e venne beccata a fissarlo. Che stupida. Ecco, brava, ora penserà che ti piace. Si può essere più cretina? Perché ha smesso di sorridere? Mi fissa, perché mi fissa? Dio, che caldo! Troppo per del brodo fumante. Ora cosa dirà? Che vuole da me? Devo smetterla di farmi queste domande stupide, tanto non m'importa. Infilò le mani giunte in preghiera tra le gambe e ritirò appena la teste nelle spalle. Di punto in bianco non sentiva neanche più la fame.

«Allora?» chiese col suo forte accento dopo aver letteralmente divorato metà piatto. D'altronde non aveva mangiato tanto in quei giorni.

Il ricordo di lui sotto la doccia s'intrufolò prepotente nella sua mente. Deve mangiare abbastanza e bene per tenere su quel corpo scolpito. Si allenerà pure tanto. Ma che dico? Stupida, stupida! Si concentrò sul proprio piatto quasi vuoto per troncare il tran tran di pensieri che si era scatenato.

Diego sollevò appena l'angolo della bocca in un sorriso malizioso, consapevole dell'attrazione di lei nei suoi confronti e soddisfatto. Buttò giù gli ultimi cucchiai rimasti e continuò: «Perché hai deciso di fermarti?»

Il fatto che lui sapesse benissimo quale fosse la risposta a quella domanda, la infastidì, ma quando la sollecitò con un cenno del capo, Valentina rispose ugualmente: «Ho camminato per un quarto d'ora in mezzo al nulla, tra le campagne al buio, senza sapere dove fossi diretta. Dove sarei mai potuta andare? Mi avrebbero trovata tra chissà quanto a vagare senza cibo né acqua, semmai ci fossero riusciti. Chi vorrebbe mai vivere o perdersi in un posto come questo?»

«Vorresti forse dire che non ti sta piacendo questa piccola vacanza lontano dalla confusione della città?»

«Vacanza?» sbuffò un sorriso.

Diego incrociò le braccia e la guardò in silenzio, prima di riprendere:  «Te l'ho già detto, se provi a pensarla in questo modo, vedrai che il tempo scorrerà più veloce e tornerai alla tua vita lussuosa prima di rendertene conto.»

Ancora una volta il tono che aveva usato la infastidiva. Quel velo di disprezzo per ciò che era, per come viveva la sua vita, era difficile da equivocare. Ma chi ti credi di essere per giudicarmi? Avrebbe proprio voluto rispondere per le rime, ma un livido accennato sul collo di Diego la fece bloccare. Sentì il sangue ribollire nelle vene e tornò a mettere su la sua maschera di donna altezzosa. «Perché, vuoi dire che tu non avresti di meglio da fare, che farmi da balia per tutto il tempo?» gli occhi ricaddero di nuovo sul livido.
Diego provò a intercettare i suoi pensieri e credette quasi di esserci riuscito, quando lei si mise in piedi e continuò: «Inizio a salire in macchina», disse dirigendosi verso la porta, senza avere alcuna idea che in realtà Diego aveva fatto lo stesso percorso a piedi.

Anche lui si alzò dalla sedia e prima di raggiungerla, si avvicinò alla signora Giuseppina e le rivolse un altro bel sorriso mentre cullava le mani della vecchietta con le sue. «Grazie signò. Chiste so pe 'o disturbo¹», lasciò delle banconote fra le sue mani, ma la donna scosse il capo e gliele restituì, poi gli carezzò la guancia e sorrise a sua volta.

«'A Maronna t'accumpagna²» lo salutò.

Valentina restò poco sorpresa; i due dimostravano palesemente di conoscersi da tempo e chissà che non fossero anche imparentati in qualche modo. Aveva da subito notato gli sguardi affettuosi che l'anziana donna aveva rivolto a lui, per non parlare di come Diego si fosse subito messo a proprio agio. In ogni caso, quale che fosse il loro rapporto, lei non vedeva l'ora di tornare indietro, quantomeno perché almeno il posto in cui la tenevano le era diventato familiare.
Uscì dal casolare e si guardò in giro, ma per quel poco che riusciva a vedere, non riscontrò la presenza di una macchina, né di una moto.

«Cosa cerchi?» Diego la raggiunse e le puntò la luce del cellulare in faccia. Quando lei rispose con uno sguardo truce, aggiunse: «Non potevi essere andata lontano» fece spallucce.

Era la verità, ma non sopportava il fatto che sembrava quasi deriderla, per questo non aggiunse altro e s'incamminò per il sentiero che l'aveva dapprima portata lì. Dietro di sé, Diego si teneva a un passo di distanza e faceva luce col suo cellulare. Però... pensò mentre la guardava camminare. Le cose si facevano complesse e ignorare quella voce nella sua testa che continuava a spingerlo verso di lei, stava diventando sempre più difficile. Per la prima volta non sapeva come comportarsi. C'aggia fa' cu te? Strinse il labbro tra i denti quando, per colpa di un sasso, Valentina fece oscillare di più i fianchi per non cadere. Ma guardarla solo non gli bastava più.

Le cicale che cantavano riempivano il silenzio tutt'intorno, interrotte solo dalla moderna suoneria del cellulare di Diego, che tornava a squillare. Se lo portò all'orecchio e rispose: «Oh?»
Valentina si ritrovò di nuovo al buio e si fermò di botto, così lui le andò a sbattere addosso. «Ma che...» appoggiò il cellulare sulla spalla.

«Hai tolto la torcia e non ho visto più nulla. Cosa avrei dovuto fare, camminare senza sapere dove mettevo i piedi?»

Diego fece un grosso respiro e riprese la telefonata con Salvatore, che finalmente riuscì ad aggiornarlo sulla situazione. Quando mise giù, afferrò Valentina per un braccio: «Stamme a sentì³, dobbiamo muoverci o la situazione diventerà molto spiacevole per entrambi.»

Valentina non riuscì a cogliere il vero significato di quelle parole, ma le bastò vedere la mutata espressione sul viso di Diego per rendersi conto che non stava affatto scherzando. Non ebbe neanche il tempo di ragionarci su, che lui, dopo averla presa per il polso, la trascinò con sé a passo svelto. Nell'altra sua mano teneva ben saldo il cellulare per far luce alla strada davanti a loro.

~

Più si avvicinavano alla casa di Arturo, più il sentiero si faceva chiaro e familiare; persino l'agitazione che le aveva messo addosso sfumava a ogni passo. Anche lui sembrava più rilassato di quanto non lo fosse appena partito.

Arrivati nei pressi dell'abitazione, Diego s'imbattè in un esagitato Salvatore.
«Ma che cazz', sarracì!» lo afferrò per la giacca. Diego non fece una piega, mentre Valentina si allontanò di un passo, spaventata da quell'avventato gesto. «Overo⁴ mi vuoi vedere morto?»

Diego si liberò dalla sua stretta e lo ridarguì: «Totò 'e sta calmo!⁵ Ti ho detto che penso io a tutto. Se tieni così paura è meglio che ti levi da mezzo.»

«Ah si?» prese al volo le sue cose e tornò ad affrontarlo: «Allora è meglio ca mme ne vaco. Statte bbuono, sarracì⁶.» Salvatore salì nella sua auto e sfrecciò via.

«Almeno uno di noi è libero di andarsene via», mugugnò Valentina mentre si accingeva a rientrare in casa.

«Ringrazia tuo padre, se la tua vacanza sta durando più del previsto», sbottò Diego, stanco di trovarsi tra più fuochi. Sarebbe dovuto essere un semplice rapimento, chiuso nel giro di qualche giorno, un affare grosso tra le mani e una vita più semplice, invece il tutto si stava trasformando in un incubo. Arturo non riusciva a tenere Virzillo sotto controllo, la figlia del tizio era tutto fuorché una ragazza intimidita, e gli affari stavano per diventare vantaggiosi solo ed esclusivamente per Di Domenico. E come se non bastasse, fra di loro si stava sviluppando un'attrazione pericolosa.

Valentina si fermò sull'uscio e si voltò a guardarlo. «Che significa?»

Diego si fece più vicino. «Hai capito bene.» Ora li separavano solo pochi centimetri e lui continuava a guardarla negli occhi.

È davvero colpa di mio padre se sono ancora qui? Possibile che non gli faccia né caldo né freddo sapere che mi tengono prigioniera in un posto così lontano da casa? Valentina, che si era sempre sentita sola fino a quel momento, per la prima volta dopo giorni provò un po' di conforto nel sapere che, nonostante tutto, nessuno di loro le aveva torto un capello. Per essere cattiva gente, hanno reagito abbastanza bene alla mia fuga. Ed è venuto lui stesso a prendermi.

«Non provare più a scappare, oppure dovrò chiuderti a chiave nella tua stanza.» Diego serrò i pugni, per nulla contento di dover essere duro ancora una volta. Per quanto fosse fastidioso essere stato fregato da una tipa come lei, il fatto stesso che l'aveva sfidato lo eccitava. So che non è da me che sei scappata, pensò arrogante. «Dico sul serio. Stavi per metterci tutti nei guai. Arturo non l'avrebbe presa bene.»

«Parlate sempre di questo Arturo, ma cosa vuole da mio padre? Noi siamo gente per bene, non abbiamo nulla a che fare con quelli come voi.» Subito dopo aver pronunciato quell'ultima frase, Valentina deglutì rumorosamente. Era arrabbiata, ma allo stesso tempo offenderlo in quel modo le parve sbagliato. Poi il livido sul suo collo catturò di nuovo la sua attenzione. Già, dovrei ricordarmi più spesso che ha una donna dalla quale tornare, così magari la smetto di sentirmi in colpa dopo averlo offeso. Che stupida.

Diego notò il suo viso cambiare espressione per la seconda volta, dopo aver guardato il suo collo, così si voltò appena per guardare il proprio riflesso nel finestrino della Jeep. Un piccolo segno rossiccio cominciava a sfumare in un viola melanzana, proprio nel punto in cui era fisso lo sguardo di Valentina. Sollevò la mano e massaggiò la zona. «Non sai tutto di lui.»

«E invece di te sì? Pensi che diffiderei di mio padre per credere a te? Chi ti credi di essere?» gli abbaiò contro.

«Sono solo uno che non ti ha detto neanche una bugia da quando siamo qui, e non ero tenuto a farlo. Come non sono tenuto a restare qui impalato a farmi insultare da te.»

Valentina restò in silenzio per qualche istante. Come faceva a trovare sempre le parole opportune per farla sentire in colpa, nonostante pensasse, in principio, di essere nel giusto? Solo lui riusciva a zittirla con tanta facilità. Mi fa sentire così sciocca. Non si capacitava di come fosse tanto attratta anche dalle più piccole cose. Quale che fosse la verità che si celava dietro le sue parole, lei gli credeva, inspiegabilmente si fidava di lui. Più volte in quei giorni si era chiesta perché suo padre ci mettesse tanto a riscattarla; qualunque fosse il prezzo da pagare, non avrebbe dovuto esitare.

«E mo' a che stai pensando?» attese una risposta, ma questa non arrivò; anzi, Valentina fece spallucce e si diresse nella sua stanza, tormentata dai pensieri e con l'orgoglio sotto i piedi.

● ○ ●

Erano ormai trascorse ore da quando avevano fatto rientro ed era appena passata la mezzanotte. Valentina si rigirava nel letto presa dall'agitazione. Come può comportarsi così? Va, viene, fa i comodi suoi, ci prova e poi si tira indietro. Avrebbe dovuto porsi delle domande su suo padre e invece l'unica cosa a cui riusciva a pensare era lui e solo lui: Diego. Dov'era stato? Perché ci aveva provato con lei, se aveva già un'altra ad attenderlo? Non riusciva a darsi pace, così si mise in piedi e rimuginò ancora sul livido che gli si stava formando sul collo. Solo dopo averci riflettuto per qualche istante, decise di uscire dalla stanza. Ho bisogno di un po' d'acqua.

Appena la porta si aprì, Diego, che se ne stava stravaccato sul divano, scattò in piedi e la guardò mentre si dirigeva verso il frigo.
Valentina provò a camminare con disinvoltura, ma gli occhi di lui addosso sembravano bruciarla. Prese una bottiglietta d'acqua e ne bevve la metà, assetata. Ciò che però fece senza neanche rendersene conto, fu provocarlo con movimenti maliziosi. Lo sto facendo davvero? Si rassegnó presto all'idea di non poterne fare a meno. Come un incantatore di serpenti, lo richiamò a sé e Diego non si fece attendere; in un batter d'occhio se lo ritrovò alle spalle, che allungava un braccio per prendere anche lui una bottiglietta dal frigo, toccando inevitabilmente la sua schiena col proprio torace sodo. Il suo buon profumo le riempì le narici e socchiuse gli occhi, inalandolo con maggiore lentezza.

Diego, delicato, avvicinò le labbra al suo orecchio e le sussurrò: «Stevo pensanno a te⁷», la voce profonda e calda di lui l'avvolse e sentì le gambe divenire molli.

Valentina si sentì tutta un fremito; il suo corpo rispondeva alla vicinanza di Diego finanche col più piccolo muscolo. La mano di lui lasciò la bottiglietta e con entrambe le braccia le avvolse la vita, per tuffare il viso tra i suoi capelli dal profumo fruttato. «Me faje sanghe⁸», le sussurrò ancora, prima di posare le labbra sul suo collo e lasciare baci delicati.

Valentina si fece trasportare dal piacere che provò e lasciò scivolare la mano dietro la nuca di Diego, come una supplica a non fermarsi. E così fu; continuò a baciarla lungo il collo e la spalla, mentre una mano s'infiló sotto la maglia a palpeggiare i suoi seni. «L'addore ca tieni me fa' asci' pazzo» fece un altro respiro profondo e un brivido le percorse il corpo da testa a piedi. Chiuse lo sportello del frigo e la rigirò tra le sue braccia. Voleva assaggiare quelle sue labbra carnose, non ne poteva più di aspettare, ma Valentina sembrò essersi appena svegliata da un sogno e lo respinse.
Quel segno sul collo di Diego proprio non riusciva a ignorarlo. Avrebbe voluto lasciarsi andare, questa volta con tutta sé stessa, ma non seppe far finta di nulla, come invece sembrava riuscirci lui.

Diego fece penzolare le braccia lungo i fianchi. «Pecché?⁹» riprese fiato.

Valentina si rimise a posto la maglia. «Perché? Certo, sarai abituato a fare come ti pare. Tu sei libero di andare e venire, vai con chi vuoi e poi fai finta di nulla. E ora vorresti cosa

«Niente che non voglia pure tu. Poi di che parli? Andare da chi?» le sollevò il mento per guardarla negli occhi, ma lei si scostò ancora una volta.

«Guarda che non sono stupida, so di Annamaria», vomitó le parole tutte insieme e abbassò lo sguardo sulla macchia violacea.
Diego sbuffò un sorriso e si grattò la nuca, reazione che la lasciò contrariata.

«Un altro regalo di Salvatore – alzò gli occhi al cielo e posò le mani sui fianchi – Annamaria non c'entra nulla in questa storia. E questo – indicò il livido – di sicuro non è opera sua.»

«Già, e perché dovrei crederti?»

Neanche si rende conto di quanto sia ancora più bella quando si arrabbia. Non riuscì a spegnere il sorriso sulle sue labbra, che la confondeva e innervosiva allo stesso tempo.

«Si può sapere cosa diavolo hai da sorridere?»

Diego scosse la testa e rispose: «Niente, è solo che... Insomma, sembri gelosa.»

Valentina incrociò le braccia. Ma cosa dice? «Che cosa ridicola da pensare. Come se non sapessi che ti avvicini a me solo perché sei costretto a stare qui più della metà del tuo tempo libero.»

«Quindi non pensi più che io vada a svagarmi con Annamaria? Non ci ho messo poi tanto a convincerti», la provocò.

«Vaffanculo.»

Riuscì a trattenersi un solo istante, prima di avvicinarsi di nuovo a lei, così vicino da sentire il suo respiro divenire più veloce. «Io penzo sempe a te¹⁰» la sua fronte toccò quella di Valentina e le loro labbra si ritrovarono separate solo dai tiepidi respiri. «Dimmi che è lo stesso anche per te», chiuse gli occhi in attesa della sua risposta, che però non arrivò come se l'aspettava.
Valentina gli afferrò il viso tra le mani e lo baciò.

La passione trovò subito il modo d'intrufolarsi fra di loro, con tutta la foga del momento. Diego divorò le sue labbra e la sollevò per sederla sul tavolo; il centrotavola e i giornali che Salvatore gli aveva procurato per il videomessaggio che avrebbero dovuto registrare per Davide Virzillo, caddero sul pavimento. Nel silenzio della casa tutto sembrava più amplificato; i respiri profondi di Valentina lo mandavano fuori di testa, così come aveva fatto un accenno di gemito quando le aveva infilato una mano nei pantaloncini. Si staccò da lei solo per sfilarsi la maglia e gettarla su una sedia.

Alla vista del suo corpo scolpito, a Valentina sembrò di vivere un sogno a occhi aperti. Come farò a fermarmi?

Ma Valentina non sapeva che non ce ne sarebbe stato bisogno; perché solo qualche minuto dopo, una macchina sterzò sulla ghiaia antistante la casa, interrompendo ogni cosa ancora una volta.

«Cazzo! Presto, torna nella tua stanza, veloce. Se Arturo ci trova così siamo entrambi fottuti.»

Valentina si ricompose in fretta e furia e corse via, chiudendosi la porta alle spalle. Aveva il fiatone, sia per l'eccitazione ancora viva, che per la corsa appena fatta. Si portò le mani alla testa e cercò di riprendersi. Chi cazzo è questo Arturo e cosa vuole da tutti noi? Perché mai dovrebbe incazzarsi se io e Diego facciamo sesso? Almeno un milione di domande le vorticarono in testa. Si portò le mani sul petto e sperò che Diego si fosse rimesso in sesto in tempo. In fondo gli importava di lui, nonostante non avessero iniziato col piede giusto.

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NOTE:
¹Grazie signora. Questi sono per il disturbo
²"Che la Madonna ti accompagni" (è una tipica espressione napoletana che si usa per salutare i propri cari quando escono di casa per affrontare la loro giornata)
³Stammi a sentire
⁴Overo
⁵Totò (con le "o" chiuse, è diminutivo di Totore, Salvatore), devi stare calmo.
⁶Allora è meglio che me ne vado. Stammi bene, sarracino.
⁷Stavo pensando a te
⁸"Mi fai sangue": espressione napoletana per descrivere un momento di massima eccitazione verso una persona che si desidera ardentemente
⁹Perché?
¹⁰Io penso sempre a te

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