Davide Virzillo
Davide faceva avanti e indietro nella stanza. Non riusciva a credere a quanto avesse appena sentito.
Arturo Di Domenico aveva completamente perso la testa, se pensava che avrebbe diviso con lui l'affare dell'anno.
Tutto ciò di cui era a conoscenza, erano poco più che dicerie sul suo conto, non credeva potessero avere un effettivo fondamento. Già due anni prima, il ragazzo aveva cercato di avvicinarlo per discutere di 'lavoro' e lui lo aveva respinto.
Ora, invece, aveva addirittura rintracciato i suoi stessi contatti.
Approfittò della momentanea assenza dell'interprete e lo guardò ancora una volta. Quel suo sorrisetto fastidioso lo fece alterare ancora di più. «Lui non capisce che diciamo – disse riferendosi a Morimoto – ma io sì. Mi stai chiedendo di cederti l'affare, così da potermi tenere senza problemi i miei guadagni?» scoppiò in una risata stizzita. «Ma già so' e' mie¹!»
Arturo sostenne il suo sguardo e, con molta lentezza e serio in volto, si mise in piedi. «Ma non saranno cchiù sul' e tuoi²» gli mostrò una foto sul cellulare. «Arriverà e ti chiederà di condividere.»
Il sorriso sulla bocca di Davide si spense all'istante. «Mi state minacciando? Voi due insieme non siete mai riusciti a svoltare e ora venite da me a prendervi quello che mi sono guadagnato faticando?» spostò via il cellulare e si allontanò dal tavolo.
«Forse non hai capito. Posso anche aver cominciato da poco, ma se uno nasce nel deserto e all'improvviso vede l'acqua, l'assaggia, poi non vuole più farsela mancare.» Tornò a sorridere.
«I rischi li corro io e il guadagno resta mio!» lo affrontò.
Doi Morimoto si schiarì la voce, per nulla intenzionato ad attendere che il fuoco tra i due divenisse inarrestabile. Entrambi sembravano avere poca miccia e le bombe erano già pronte a esplodere.
Gli rivolsero lo sguardo e tentarono di darsi un contegno.
Quando gli uomini di Morimoto posarono la mano sulle pistole, tutti e due si sedettero senza fare obiezione.
Doi Morimoto non era uno con cui conveniva scherzare, Davide lo sapeva bene. Chi glielo aveva presentato era stato un amico di vecchia data; uno di quelli che frequentano certi ambienti e personaggi ambigui. Più volte gli aveva proposto incontri interessanti, ma Davide si era sempre rifiutato. L'unico giro in cui si era lasciato coinvolgere, erano le corse d'auto clandestine. Lui stesso forniva ad alcuni piloti le auto e dava loro anche ordinaria e straordinaria assistenza. Il tutto veniva svolto in un'officina che di regolare aveva solo gli attrezzi.
Nessuno sapeva ciò che faceva, quando il velo della notte scendeva sulla città e riusciva a spostarsi senza problemi. Nessuno, fino a quel momento.
Pose di nuovo l'attenzione su Arturo e lo colse a guardarlo col suo solito sorrisetto.
«Possiamo continuare a parlarne tutto il tempo che vuoi, ma non cambio idea.» Scrisse qualcosa su un foglietto e lo passò al signor Morimoto; questi, dopo averlo letto, fece scattare lo sguardo nella sua direzione e, con un accenno di sorriso, si alzò per andare via.
Si mise in piedi sotto lo sguardo interrogativo di Arturo, che chiese spiegazioni a Davide.
«Gli ho offerto più di quanto chiedeva» rispose con un mezzo sorriso. «Dubito che tu riesca a raggiungere quella cifra.» Lo salutò divertito e seguì l'uomo verso l'uscita.
Arturo strinse i pugni e ingoiò il suo orgoglio, ma al contempo giurò che Davide Virzillo avrebbe pagato per la sua spavalderia.
● ○ ●
L'indomani era arrivato puntuale.
Era domenica e, come ogni altra volta, Davide, Céline e Valentina avrebbero fatto colazione in balcone, per poi pranzare più tardi con il resto della famiglia.
Davide aveva dormito solo quattro ore e il sole che filtrava dalle tende gli dava un terribile fastidio agli occhi.
Céline si era già alzata e probabilmente aveva già fatto i suoi esercizi mattutini, perché quando si rigirò su se stesso, il lato sul quale dormiva lei era vuoto e le lenzuola sistemate. Allargò le braccia e si stiracchiò, compiacendosi di come aveva terminato l'incontro solo qualche ora prima. In cinquantacinque anni nulla gli aveva regalato più soddisfazione, nel campo degli affari.
Scese giù dal letto e, dopo una doccia veloce, si vestì e raggiunse i due più grandi amori della sua vita.
Céline sorseggiava il suo caffè e apprezzava il chiacchiericcio che scorreva lungo le strade sempre indaffarate della città; mentre Valentina con una mano teneva un cornetto all'albicocca e con l'altra spulciava tra i profili instagram delle sue influencer preferite.
«È sempre bello essere svegliato dalle dolci voci dei miei tesori» ironizzò. Diede un bacio sul capo di Céline, che gli rivolse un dolce sorriso, poi si avvicinò a Valentina che si mise in piedi e gli buttò le braccia al collo.
«Buongiorno papi» lo salutò con esuberanza e lo sguardo pieno d'amore. «Hai dormito bene?» chiese. Inviò un messaggio a Miguel e ripose il cellulare.
Davide le sorrise. «Sì, certo.» Si preparò il suo solito caffè senza zucchero e prese un biscotto al cioccolato, poi si sedette. Quando notò che Valentina lo stava ancora guardando, si schiarì la voce e le domandò cosa le passasse per la testa.
Anche Céline partecipò alla conversazione. Dalla sua espressione sembrava turbata.
«Sì, Valentinà, ripeti a tuo padre quello che hai detto a me.» Si mise comoda a braccia conserte. «Sono sicura che la sua risposta non sarà diversa dalla mia.»
«Ma che succede?» chiese confuso.
Valentina lo aggiornò. «Papi, ti ricordi della telefonata di ieri sera?»
«Sì, per la vacanza?» sorseggiò il suo caffè.
A quella risposta, Céline rilassò le braccia e scosse appena la testa. «Ma quale vacanza?» accennò un sorriso. «Tua figlia vuole trasferirsi in Argentina con un tizio che conosce da due mesi!» esclamò furente.
Davide corrugò la fronte e ripose la tazzina sul proprio piattino. «Non ho capito – si rivolse a sua figlia – credevo avessi degli esami da dare e una laurea da prendere. E poi chi è questo qui? Due mesi non sono nulla per decidere di partire con un uomo.» Il tono della sua voce diveniva man mano più duro, così come l'espressione sul suo volto.
«Papà, lo sai che questa vita non fa per me, lo hai sempre saputo. Eppure mi fai pressioni affinché io finisca un corso di studi che tu hai scelto al posto mio. Ora ti chiedo solo di darmi la possibilità di fare ciò che amo.»
«Valentina, il tuo problema è che ami troppe cose e non porti mai a termine nulla. Ho dovuto decidere io per te, perché altrimenti non avresti combinato nulla nella vita.»
Le parole di suo padre la colpirono, perché inaspettate. Non gli aveva mai parlato in quel modo così severo. I suoi occhi si fecero liquidi e Davide sentì una stretta allo stomaco. «Mi dispiace – corresse il tiro – però devi ammetterlo. La danza classica, poi quella moderna, il corso d'arte, quello di ginnastica. Lettere moderne, poi la patente nautica. Le tue passioni sono infinite e abbiamo sempre cercato di accontentarti, ma quello che mi chiedi è impossibile.» Iniziò a venire fuori anche il suo accento napoletano, come ogni volta che s'innervosiva.
Valentina tirò su per il naso e si sforzò di non far cadere nemmeno una lacrima. «La danza classica ho dovuto mollarla a causa del mio corpo. Ero diventata troppo formosa.» Fu l'unica cosa per la quale riuscì a giustificarsi. «Io...» esitò per un istante, poi continuò: «Io ho bisogno di tenermi occupata. Tiene a bada la mia ansia.»
«Ma quale ansia, Valentinà. Tu sei solo viziata, e la colpa è nostra» intervenne Céline, che ancora era infastidita per la discussione in atto. «Ma cosa credevi ti dicesse tuo padre? In Argentina con quel Miguel? Ha quindici anni più di te e fa il maestro di tango per vivere. Che vita potresti mai fare con lui?»
Lo sdegno sul viso di sua madre la fece ammutolire. La vita di Miguel era esattamente quella che avrebbe voluto anche per sé: vivere della propria passione.
«Va bene, basta. Non c'è bisogno di essere ancora più duri. Valentina ha capito.» Davide tornò a rilassarsi. «Sono sicuro che ti stancherai presto anche di questa situazione e troverai un altro passatempo.»
Valentina battè la mano aperta sul tavolo, prese il cellulare e filò a gran passo in camera sua, confermando il suo appellativo di 'principessa capricciosa'.
«Mon Dieu³, ma come ti è saltato in mente di dirle di sì ieri sera?»
«Lina, tesoro, ero alla riunione e la linea era disturbata. Ho capito solo la metà delle cose che ha detto» si giustificò e fece l'ultimo sorso di caffè, ormai freddo.
Céline lo guardò di sbieco e gli rubò l'ultimo biscotto al cioccolato, prima di rientrare in casa.
Davide Virzillo, grande imprenditore, aveva appena avuto la peggio in una discussione con le uniche due persone che erano sempre riuscite a fregarlo.
L'amore era il suo punto debole.
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NOTE:
¹Ma già sono i miei
²Ma non saranno più solo i tuoi
³Mio Dio
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