Arturo Di Domenico

Arturo Di Domenico non era il tipo delle seconde occasioni, né dei trattati di pace.
Gli piaceva fare le cose in grande e la pazienza non era il suo forte.
Era giovane, forse troppo per certi affari, ma questo non lo aveva mai fermato. Voleva guadagnarsi il suo posto tra i grandi e cercava alleati forti per farlo. E Davide Virzillo lo era. Nessuno più di lui sapeva muoversi nel settore delle auto sportive e le corse clandestine fruttavano il doppio di quello che guadagnava col suo lavoro onesto.
Quello era il mondo nel quale voleva muoversi e non avrebbe mollato la presa.

Si diresse a gran passo nell'ufficio del suo centro scommesse e chiuse la porta con un tonfo.
Si sedette alla scrivania e rovistò senza un vero scopo tra le carte sparse davanti a sé. Poi con un gesto di stizza ne fece volare alcune sul pavimento.
La mascella squadrata e contratta e le ciocche di capelli che gli cadevano davanti agli occhi evidenziavano l'espressione rabbiosa sul suo volto.
Il pensiero che Davide Virzillo aveva avuto l'ultima parola, e che per di più lo aveva fatto passare per un fesso, non gli dava tregua.

Quando sentì bussare alla porta, si diede un tono e lasciò entrare il suo fidato tirapiedi.
«Finalmente!» esclamò soddisfatto. «Dov'eri? Te steve cercanno¹.»

Diego si tirò dietro una sedia e si sedette di fronte a lui. «Sei così impegnato con quella cosa che hai dimenticato di avermi mandato a riscuotere il nostro credito?»

Arturo annuì. «Hai ragione – si distese sulla poltrona – chillu cazzo e Virzillo²!»

Diego lo osservò con attenzione. Erano anni che lui e Arturo si conoscevano. Gli era sempre stato fedele, nonostante il caratteraccio di lui allontanasse chiunque.
Erano cresciuti entrambi nel Rione Sanità³, ma non erano stati subito amici, perché Arturo aveva qualche anno in più; sette, per l'esattezza. Fu durante l'adolescenza, quando il papà di Diego venne a mancare, che il ragazzo si trovò a frequentare gli stessi ambienti di Arturo: scommesse clandestine, corse in moto e piccoli furtarelli.
Per fortuna Diego non si era spinto oltre, ma ancora gli dava una grossa mano con certi affari, dal momento che era l'unica persona di cui Di Domenico si fidasse ciecamente. E non poteva essere altrimenti, visto che Diego, una domenica di settembre di dodici anni prima, gli aveva salvato la vita.

Ora però le cose stavano cambiando e Arturo era sempre nervoso e schivo. Stanco della solita vita, voleva fare un grosso salto di qualità, ma questo lo stava consumando. La notte non dormiva e il suo cervello si arrovellava per trovare delle soluzioni.

Con qualche telefonata in giro, era stato proprio Diego a trovargli gli agganci giusti.
Era da qualche tempo che il ragazzo frequentava le corse clandestine d'auto sportive ed era stato anche pilota qualche volta. Aveva portato a casa delle vittorie molto ben pagate che gli avevano dato la liquidità giusta per ungere qualche ingranaggio.
Incrociò le braccia al petto, mentre ancora studiava l'espressione di Arturo. «Dovresti andare a dormire, e anch'io.»

Arturo battè la mano aperta sul tavolo. «E comme faccio⁴? Sto impazzendo!» si passò le dita tra i capelli e si tenne la testa tra le mani. «Virzillo mi ha fatto fare la figura del fesso.»

«Ho capito, ma sono le sei del mattino. Qualunque cosa sia, po' aspetta'⁵ qualche ora.»

Arturo annuì poco convinto e con un gesto della mano gli fece segno di lasciare l'ufficio. «Grazie per l'aiuto», concluse sincero.
Diego rispose con un cenno e andò via.

○ ● ○

I minuti passavano, ma Arturo non riusciva a prendere sonno. Riviveva l'incontro con Virzillo e Morimoto in continuazione, cercando di capire cosa avesse sbagliato o se avesse effettivamente sbagliato qualcosa.
Ma fu il ricordo del sorriso compiaciuto di Davide Virzillo a farlo scattare dal letto.
«Piangerai lacrime amare» sussurrò e si mise alla ricerca del suo cellulare. Lo prese e cercò il numero di Diego.

«Devi venire subito a casa mia», gli ordinò. «No, no, nessun problema. Ho avuto un'idea; è folle e geniale allo stesso tempo. Fa' ambressa⁶.»
Terminò la chiamata e si diresse in cucina per prepararsi del caffè.

Ci vollero poco più di dodici minuti affinché Diego giungesse a destinazione.
Arturo aprì la porta e gli offrì una tazzina. «Forza» lo invitò ad accomodarsi. «Stavi aspettando che chiamavo? Ho detto ' fa' ambressa', ma non pensavo che eri già giù al palazzo» accennò un sorriso.

«Stavo in giro. Tenevo una cosa da fare.» Bevve il suo caffè, mentre seguiva Arturo in salotto.

«Tu non eri quello che doveva riposare?» si voltò appena e lo guardò, prima di indicargli la poltrona.

Diego si sedette e si portò una sigaretta tra le labbra. Prese l'accendino e l'accese. «Tu diresti di no a una come Annamaria?» fece un tiro e sbuffò via il fumo, che diradandosi mostrò il suo sorrisetto malizioso.

Arturo annuì divertito. «Ancora ti vuole?»

Diego fece spallucce e fece un altro tiro. «Dice che non riesce a trovare nessuno come me.»

«E non è meglio?» scoppiò in una fragorosa risata. «Uno come te è meglio perderlo che trovarlo.»

Diego sbuffò ancora il fumo della sigaretta e la spense nel posacenere che Arturo gli aveva dato. «E tu che ne sai? Hai mai fatto ammore cu 'mme⁷?»

Arturo rise ancora. «Eppure tieni ragione.»
Si sedette di fronte a lui e tornò serio.
«Senti, lo so che può sembrare una cosa pazza, ma ho preso una decisione e mi devi assecondare – si protese in avanti – come al solito voglio che ti occupi tu di tutto. Lo sai che mi fido solo di te.»

«Sì, ma arriva al dunque», lo incalzò Diego.

Arturo si guardò attorno con circospezione, anche se in casa non c'era nessun altro oltre a loro, e a bassa voce disse: «Dobbiamo rapire la figlia di Davide Virzillo.»

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NOTE:

¹Ti stavo cercando
²Quel dannato Virzillo
³Quartiere di Napoli
⁴E come faccio?
⁵può aspettare
⁶Fai presto
⁷l'amore con me

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