IV- Come NON opporsi ad Ewan Mcrae


Tutto ticchettava ritmicamente dentro quella stanzetta.

Il mio cuore, le scarpe lucide di Kenneth, la lingua di Ewan sui denti, l'orologio grigio, le palpebre di Kaiden.

Le emozioni si mescolavano l'una nell'altra, lasciandomi confusa, impaurita e arrabbiata.

Il Signor Allaway aveva diplomi, pergamene, attestati appesi su tutto il muro giallo.

Avrebbe dovuto preoccuparmi il fatto che davanti a me stava un uomo che –come potevo leggere- aveva studiato in cinque università diverse?

Certo, avrebbe dovuto farmi drizzare i capelli sul capo. Purtroppo quei maledetti ricci avevano l'abitudine di alzarsi solo per l'umidità e in quel momento l'aria era secca e gelida, proprio come la mia bocca.

Il ticchettio cessò, non appena il Signor Allaway mi chiamò all'interno del suo studio.

"Signorina Cassley" la sua voce autoritaria mi fece venire un brivido di freddo.

Ecco dunque, nuovamente avevo combinato un guaio.

Sarei stata rimandata al mittente, perché Peter non avrebbe potuto accettare una macchia simile sul suo buon nome.

Nemmeno io l'avrei accettata.

Mi sedetti davanti alla scrivania del preside Allaway.

Aveva un colore chiaro con venature scure, ci passai velocemente il dito, curiosa di saggiare la consistenza di quel legno.

"È Olmo" mi spiegò il signor Allaway, guardandomi da dietro le sue dita intrecciate.

"È veramente bellissimo" bisbigliai piano. Temevo la bolla di tranquillità si sarebbe rotta, riversandomi addosso tutto il disappunto di Allaway.

"È molto raro, vuoi sapere il perché?" annuii, genuinamente curiosa. 

Ok, ok lo ammetto anche un po' per allungare il tempo prima della mia esecuzione.

Non giudicatemi, voi avreste temporeggiato proprio come me. 

"Gli Olmi sono stati decimati, per colpa di un fungo, così per tutto il secolo scorso lentamente sono diventati sempre meno, rendendo il loro legno tanto prezioso quanto caro." Poggiò le mani sulla sua bella scrivania e carezzò il legno. "È sempre così signorina Cassley, arriva una malattia e distrugge tutto ciò che c'è di bello." Abbassai lo sguardo. "Lei è una malattia?" quella domanda mi fece rialzare gli occhi.

Lì puntai in quelli neri di lui e scossi il capo.

"Bene" mi disse lui "Nemmeno io penso che lei sia nociva."

Mi venne quasi da sorridere, per la prima volta qualcuno non mi stava dando la colpa.

"Però..." aggiunse avvicinando il busto "Rimane il fatto che ha schiaffeggiato il signor Mcrae"

tornai a fissare le mie scarpe scure "Se l'è cercata" brontolai con stizza.

Allaway strinse la mano destra in quella sinistra "Le cose qui alla St. Andrews si risolvono in maniera costruttiva" sospirò "Quindi il suo comportamento non è giustificato, anche se il signor Mcrae a volte può essere..." cercò una parola adatta

"Esasperante?" suggerii e il signor Allaway mi sorrise brevemente.

"Vorrei che mi raccontasse cosa è successo" io presi un bel respiro e feci per parlare ma in quel momento qualcuno entrò.

Era Peter, aveva negli occhi l'aria di chi si era appena svegliato a suon di cannonate. 

I baffoni mi saltarono agli occhi, fremevano come un animale in gabbia. 

"Siediti pure Peter"  Allaway gli offrì la sedia al mio fianco "Rowan stava per raccontarmi cosa è successo." avrei voluto morire in quel momento.

Peter si sedette, preciso e composto come un soldatino e si mise a scrutare il mio viso.

Chissà cosa stava cercando?

Si stava imprimendo il mio volto nella sua mente, prima di mandarmi via dalla sua vita e dalla sua bella famiglia.

Sapevo di non essere stata responsabile di quel casino. Avrei anche potuto gridarlo a Peter. Magari supplicarlo di credermi. Avrei dovuto dirgli qualcosa...

Ero però ora mai abituata ad essere additata come la colpevole, quindi non mi avrebbe sorpreso se alla fine del mio racconto, Peter si fosse deciso a prendermi per la collottola e a cacciarmi.

Era così facile dare colpa a me, ero un'orfana senza educazione, probabilmente figlia di drogati, di delinquenti o di una giovane come me, che per sbaglio aveva bevuto troppo una sera e si era data a pazza gioia, per poi rimediare abbandonandomi sulla riva di un fiume.

Raccontai la storia, partendo dal fatto che Kaiden Lennox mi stava già antipatico, che avevamo avuto da ridire ben prima di quel primo giorno di scuola. Dissi la verità, accennai al fatto che Mcrae mi aveva provocata, dissi che avevo svergognato Kaiden pubblicamente.

Spiegai anche di una volta in cui, una ragazza che aveva frequentato la vecchia scuola con me, fosse stata accusata ingiustamente di essere andata a letto con un ragazzo e di come si fosse talmente tanto vergognata da tentare il suicidio.

Dissi a Peter e a Allaway che io, per quanto fossi già abbastanza un disastro, non avevo intenzione di lasciarmi mettere i piedi in testa da nessuno, men che meno da Kaiden Lennox.

"Kenneth... cosa c'entra in questa storia?" mi domandò Peter. Era così logico, era preoccupato per suo figlio, quello vero intendo.

Dissi che Kenneth era venuto da me, sapevo che era pronto ad accusarmi di essere pazza di fronte a tutta la scuola, ma evitai di raccontarlo a Peter e al preside. Mi limati a dire che mi aveva difesa, aggiungendo un "Anche se non capisco perché l'abbia fatto."

Presi un sorso d'aria e tornai con la schiena ben aderente alla sedia.

Peter non disse nulla, la cosa non sembrò colpire nemmeno Allaway, segno che doveva sapere che non amava affatto parlare.

Il preside si rivolse a me "Rowan potresti chiamare Kenneth?" alzandomi annuii ma prima di aprire la porta aggiunsi "Peter...mi dispiace" non attesi risposta, sapevo che non me ne avrebbe data una.

Dopo Kenneth toccò a Kaiden e infine Ewan.

Ewan Mcrae era stato tutto il tempo stravaccato, come se quella situazione per lui fosse qualcosa di sconveniente ma inevitabile, come l'influenza, i vaccini e la pioggia d'autunno.

Non avevo visto in lui il minimo turbamento o la più assoluta preoccupazione.

A differenza di Kaiden, che se ne stava seduto a lanciare occhiate velenose a tutti, Ewan mi sorrideva.

Avrei voluto domandargli perché era così dannatamente stronzo, ma ogni volta che prendevo coraggio lui si massaggiava il punto in cui lo avevo schiaffeggiato e io sospiravo.

Kenneth era quello che più mi spezzava il cuore. Era seduto vicino a me, la mano stretta al bracciolo della mia sedia, eppure mi sembrava distante mille miglia.

Allaway uscì e ci richiamò tutti dentro. Peter mi osservò con occhi limpidi, poi tornò alle sue lezioni.

"Bene ragazzi" ci squadrò e ci sorrise "Mi pare chiaro che ognuno ha i suoi precisi motivi per odiare l'altro." Kaiden mi guardò con disgusto.

"Potrei di certo sospendervi..." lasciò nell'aria quella minaccia.

Kenneth si rimpicciolì tanto che, nonostante fosse alto mi parve diventare così piccolo da entrare nel palmo della mia mano.

Ewan sbuffò divertito e si sistemo il blazer con strafottenza.

Kaiden fu l'unico a parlare "Io sono l'unica vittima qui dentro, non le conviene sospendermi..."

Come poteva minacciare il preside? Stupido ragazzino viziato! Avessi potuto mettergli le mani al collo lo avrei fatto volentieri.

"Signor Lennox, si distenda" lo sguardo scuro di Allaway divenne severo tanto da far zittire quel babbuino di Kaiden.

"Ho pensato, visto la curiosa situazione, di prendere due piccioni con una fava..."

Non sapevo il perché di tanta soddisfazione ma non avevo una buona sensazione.

"Avete bisogno di capire come collaborare." Partì a spiegare "Imparare a convivere e a rispettarsi, nonostante le divergenze è fondamentale per la vostra vita futura. Cosa può esserci di meglio per questo se non lavorare insieme?"

Finalmente vidi la faccia di Ewan diventare dello stesso colore delle prugne. Soffiai una risata che udì solo lui.

"Rimarrete al servizio della Leven Homecare a tempo indeterminato."

Kenneth sembrò rincuorato, mentre Kaiden e Ewan erano irritati.

"Crede che mio padre mi farà lavorare in un ospizio?" ringhiò Kaiden, irrispettoso.

Allaway sorrise "Credo che preferirà questo, alla tua definitiva esclusione dalla squadra di football."

Kaiden assunse l'espressione di uno che si era appena beccato un calcio in faccia ed io non avrei potuto essere più felice.

"Signor Mcrae, è inutile dire che se non si presenterà io non mi limiterò a sospenderla..." Ewan alzò il mento "Possiamo andare ora?" la sua voce riusciva a mascherare quello che la sua faccia non poteva. Allaway ci congedò e io e Kenneth ci dirigemmo verso l'uscita.

Non avevo il coraggio di guardalo in faccia, sapevo che tutto questo non gli sarebbe mai capitato se io non fossi andata a rovinargli la vita.

"Scusami" gli dissi, stavamo aspettando sulla panchina esterna uno dei pullman che tornava a Bloomingrose.

Allaway ci aveva chiesto di prenderci metà giornata, perché gli studenti erano ancora troppo eccitati per l'accaduto, e non aveva voglia di assistere ad altre risse.

"Non fa niente Rowan" mi fece piacere sentire nuovamente la sua voce, seppur così mesta. Lui continuò "Kaiden Lennox si meritava un pugno, non importa il motivo per cui glielo dato."

Lo osservai stringere la mascella e gli domandai "Perché se lo meritava?" trattenni il respiro, pronta a sentirmi dire chissà cosa ma lui "Perché è andato a letto con Aimee" sputò tra i denti.

Non so perché ma dentro mi sembrò di sentire il rumore di un vetro infranto. "Ah..." commentai quasi afona.

Cosa mi aspettavo? Che Kenneth mi avesse difeso perché si interessava a me? Mi conosceva da un mese, come si poteva voler bene ad una persona che si conosce da un mese? Perché io poi ero così infuriata?

Mi alzai di scatto "Scusa Kenneth, prendo il bus dopo, devo passeggiare."

Respiravo affannosamente e l'aria che mi passava dalle narici mi sembra calda come il fuoco.

Kenneth mi guardò con faccia confusa fuggire da lui.

Ovviamente non si mosse da quella panchina.

Non sapevo dove stavo andando e così mentre i piedi correvano via dalla mia vergogna mi ritrovai in riva al lago.

Guardai l'acqua blu riflettere mille nuvole e mi ripetei "Stupida...stupida...stupida..."

"Non posso darti torto" la voce di Ewan mi raggiunse come una coltellata.

Mi voltai di scatto e scossi il capo "Se vuoi buttarmi dentro il lago fai pure"

Ewan ridacchiò, mostrandomi il suo canino in un sorriso indisponente. "Potrei farlo, visto il disastro che hai combinato" lo osservai, attendendo ripercussioni ma lui non fece nulla.

"Mi è piaciuto come hai reagito dentro la mensa" si complimentò con me "Ecco perché ti invito ad una festa..." lo fermai "Pensi che dopo quello che hai fatto io verrò con te alla tua festa?"

Ewan mise le mani nelle tasche della giacca blu "Non è la mia festa, è la festa di Aimee McBay"

Sbottai in una risata che di divertito non aveva proprio nulla. "Quella mi odia, non ho intenzione di farmi scuoiare da lei e dalle sue amichette." Ewan fece un passo verso di me "Nemmeno se ci sono io a proteggerti?" la sua voce mi accarezzò i capelli.

Io feci due passi indietro e strinsi gli occhi su di lui "Non attacca con me" volevo essere più che chiara "Vedi di ronzare su altri fiori" se Ewan ci rimase male non lo diede a vedere, invece mi rivolse un'occhiata penetrante.

I suoi occhi nocciola si posarono nei miei e percepì il mio cervello fare a pugni con il mio stomaco.

"La festa sarà questo venerdì, ti vengo a prendere alle dieci" si voltò e mi lasciò lì senza che potessi più ribattere.

Mentre tornavo a casa, mi continuavo a domandare per quale motivo non gli avessi gridato dietro qualcosa.

Dannazione Rowan, qualsiasi cosa sarebbe potuta andare bene, un insulto certo sarebbe stato ottimo ma il silenzio...

Ewan Mcrae era la specie di persona peggiore che io potessi frequentare.

Casanova, combina guai, solitario e tenebroso.

Io, Rowan Cassley, non sarei finita per impersonare uno di quei cliché da libri rosa.

Io non sarei andata alla festa di InfAimee, me ne sarei stata a casa, a fare ammenda, attendendo con pazienza l'arrivo del sabato per andare insieme a Claudia a trovare Joyce ad Edimburgo.

Questo sarebbe stato il mio piano, e nessun Ewan Mcrae con gli occhi nocciola e il ciuffo caramello avrebbero potuto impedirmelo.

Se poi si fosse davvero presentato quel venerdì a casa Rosberg- ammettendo che quella sarebbe stata ancora casa mia- io lo avrei cacciato, riprendendomi la rivincita sul torto che mi aveva fatto.

Pregustavo già il momento in cui avrei sbattuto la porta di casa sul muso sornione di Ewan.

La cosa mi rese talmente tanto euforica che mi dimenticai del tutto che a casa, Claudia e forse anche Peter mi attendevano, pronti a farmi la ramanzina e nel peggiore dei casi con le mie valige strette in mano.

Salendo le tre scalette che portavano alla porta di casa Rosberg accantonai il pensiero della mia rivincita su Ewan Mcrae, presi un bel respiro e bussai due volte.

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