Day 23


Dio.

Il Professor Piton ha un aspetto orribile.

Lo sto osservando da quando mi sono svegliata.

Sono troppo pigra per alzarmi o dire qualcosa, quindi mi sto solo riposando sul mio materasso.

Mi auguro che non si renda conto che lo sto guardando. Sembra perso nei suoi pensieri. Non mi ha degnata nemmeno di uno sguardo. Forse non sa che sono sveglia?

Non importa, comunque. Ho tutto il diritto di guardarlo, è l'unico intrattenimento che mi è concesso avere.

Ha bisogno di una rasatura. Ha un aspetto davvero orribile con tutta quella barba sul viso.

Ma... perché non sta perdendo peso? Il suo corpo non sembra essere cambiato molto dal primo giorno. Non che stia guardando il suo corpo!

All'improvviso i suoi occhi scattano verso di me.

Resto senza fiato, mentre il sangue mi sale alla testa al pensiero che lui possa leggere la mia mente.

Alla fine parla. "Come va il tuo labbro?"

Il mio... cosa?

"Oh." Ricordo improvvisamente. "É apposto."

Sto mentendo. Mi fa un male di pazzi. Brucia e pizzica e non so come farà a guarire da solo.

"E il tuo stomaco?"

Cosa vuole che gli dica?

Fa male. É come se avessi fatto un centinaio di addominali in una volta e adesso non posso nemmeno muovermi per il dolore.

E mento di nuovo. "Va...meglio."

Annuisce.

É buffo.

Sono già passati ventitré giorni e dopo tanto tempo ancora non ci sentiamo a nostro agio insieme.

Ci siamo avvicinati l'uno all'altra, o almeno così credo. Andiamo d’accordo quando si tratta di situazioni di vita o di morte, siamo una bella squadra, ma quando non accade niente di pericoloso siamo... impacciati. Non sappiamo come parlare di cose normali.

E l'atmosfera è ancora molto tesa per via della visita delle guardie della scorsa notte.

Sono state dette e fatte un sacco di cose. Troppe.

Sospiro, rendendomi conto che il Professor Piton mi sta ancora guardando.

Vuole qualcosa da me.

E so cos'è.

Una risposta.

Ma non so dargliela.

Ho scoperto un sacco di cose su di lui la scorsa notte e non sono ancora sicura di come mi senta a riguardo.

Alcune cose erano bugie, altre erano verità. Ed è troppo.

Lo vedo ancora come un eroe?

Io... Io non lo so.

Allora distolgo lo sguardo da lui, schiarendomi la gola e sperando che non inizi quella conversazione.

Non lo fa.


***


"Um, Professore, ha detto che oggi continueremo con le nostre lezioni di Occlumanzia?" Chiedo.

"Sei sicura di volerlo fare?"

"Sì."

Silenzio.

Lo guardo, confusa. "Lei ha problemi nel farlo?"

"No."

D'accordo.

Quel 'no' sembra un po' forzato.

Poi dice: "Siediti sulla sedia."

Annuisco velocemente, cercando di alzarmi dal materasso, ma il dolore mi attraversa lo stomaco ed emetto un grido, mordendomi il labbro inferiore. Il Professor Piton si gira a guardarmi con un'espressione preoccupata. E non riesco a sopportarlo. Non so esattamente quando o come è successo, ma odio quando mi guarda con pietà o preoccupazione. Semplicemente non posso sopportarlo.

Quindi prima che abbia l'opportunità di parlare, mi obbligo a mettermi in piedi e mi dirigo velocemente verso la sedia, sedendomi. Con la speranza che il mio volto sia impassibile.

In un primo momento mi guarda con occhi socchiusi, ma poi si schiarisce la gola, ignorando l'incidente come se non fosse successo nulla. E ne sono grata.

Un paio di minuti trascorrono in silenzio.

Aspetto.

Sembra che si stia concentrando o preparando.

Dovrei fare lo stesso?

Ma non so come.

Mentre capisco che non ho idea di ciò che sto facendo, finalmente si gira verso di me.

"Pronta?" Chiede.

Annuisco.

"Legilimens."

Attendo che il mal di testa mi colpisca, ma non succede nulla.

Beh, sta succedendo qualcosa. Posso avvertire... una leggera brezza nella mia mente. Come se qualcuno mi stesse toccando con una piuma.

Guardo il Professor Piton confusa e improvvisamente la strana sensazione svanisce.

"Concentrati, Miss Granger." Mi ordina.

"Signore... cos'è stato? Non mi aspettavo che fosse così..."

"Gentile?" Termina la frase al posto mio.

Annuisco velocemente.

"Beh, Miss Granger." Inizia. "Volevo mostrarti che a volte è quasi impossibile sentire che qualcuno stia tentando di infiltrarsi nella tua mente. Questo è il motivo per cui devi stare in guardia tutto il tempo, non puoi permetterti di essere ignorante."

Ascoltando attentamente, metto su un’espressione dura. "D'accordo, provi di nuovo."

Mi guarda nel profondo degli occhi. "Legilimens."

Di nuovo quella strana sensazione. Non fa male per niente.

Provo a concentrarmi.

Devo spingerlo fuori dalla mia mente.

Devo costruire un muro intorno ai miei ricordi.

Devo sgomberare la mente.

I-i-io non so come farlo.

Più mi dico che non dovrei pensarci, più ci penso.

"Granger." Sospira, uscendo dalla mia mente.

Mi vergogno persino di guardarlo.

Sono un tale fallimento.

"Proviamo con qualcos'altro." Suggerisce e non sembra essere molto arrabbiato.

Per cui lo guardo. "Cosa intende?"

"Proveremo qualcosa di diverso." Dice. "Voglio che tu costruisca un ricordo finto."

D'accordo. Posso farlo. Sembra più facile.

"Un evento. Non m'importa cosa sia. Ma deve essere finto. Poi mi presenti quel ricordo." Dice. "Puoi farlo?"

"Credo di sì."

Annuisce. "Ti do un minuto per pianificarlo."

Velocemente inizio a pensare.

Cosa potrei usare?

Buffo.

Adesso la mia mente è completamente vuota.

Poi inizio a pensare a qualcosa.

Oh. Va bene. Potrebbe funzionare.

Guardo il Professor Piton e annuisco. Poi mi obbligo a ripetere il ricordo finto nella mia mente ancora e ancora.

Dopo un attimo, sussurra: "Legilimens."

Posso sentirlo nella mia mente, più forte questa volta, ma ancora non è doloroso.

Sta vedendo le scene. Le vedo anch'io.

Io che parlo con Lavanda nella Sala Comune dei Grifondoro.

Noi che ridiamo.

Ma poi lui esce.

E non ne è rimasto colpito.

"C-che succede?” Chiedo, quasi impaurita di sentire la risposta.

"Era fatto male. Posso dirlo che non era un ricordo reale."

"Come?"

Fa un respiro profondo. "Stavi cercando di mostrarmi un ricordo felice, presumo?”

Annuisco.

"Beh, Granger, potevo avvertire l'amarezza nella tua mente. Potevo avvertire la leggera rabbia e il fastidio nei confronti di qualcuno, immagino verso la Signorina Brown."

Arrossisco, odiando come lui sia a conoscenza di ogni piccolo dettaglio di me.

Continua. "Devi collegare le emozioni giuste al ricordo. Lo fa sembrare più reale."

Questo ha senso.

"D'accordo, c-ci proverò." Dico, un po' più agitata.

"Inoltre hai bisogno di pensare un po' di più ai dettagli. I piccoli dettagli sono molto importanti, Granger."

Credo che sto iniziando a capire.

"M-mi dia solo un minuto, Professore."

Chiudo gli occhi.

Ma più ci penso, più mi rendo conto che è difficile ricordare la mia vita prima di essere chiusa nella cella. Sto facendo un grande sforzo nel ricordare come fosse la Sala Comune dei Grifondoro o come erano le persone. Non posso vederle chiaramente nella mia mente.

É frustrante.

E spaventoso allo stesso tempo.

Sto lentamente dimenticando la mia vita prima di tutto questo?

Il Professor Piton si schiarisce la gola. "Granger, non ti stai concentrando, posso vederlo."

Sospiro, poi chiudo gli occhi di nuovo.

Ci sono cose che vedo chiaramente quando chiudo gli occhi.

La cella.

Il Professor Piton.

Tutto qui.

Dopo un lungo attimo, apro gli occhi. "Sono pronta. Proviamo di nuovo."

"Legilimens."

Sono nella cella. Il Professor Piton è accanto a me. Posso avvertirne la presenza.

Quella guardia è di fronte a noi, è da solo. Posso sentire il suo odore, il suo odore disgustoso. Ci sta rivolgendo un sorrisetto.

Mi fa così arrabbiare, in effetti sto tremando di rabbia.

La guardia punta la bacchetta nella nostra direzione e all'improvviso il Professor Piton gli salta addosso, mettendolo a terra mentre io gli prendo la bacchetta.

Posso sentirla. La sensazione di potere.

Niente più impotenza.

Il Professor Piton mi guarda, c'è speranza nei suoi occhi scuri.

E poi scappiamo.

Fuori dalle sbarre.

Verso la nostra libertà.

Il cuore mi martella nel petto.

Potevo sentirlo. Potevo sentire cosa potrebbe significare essere liberi.

"Granger."

Ho bisogno di un minuto per me.

Il pensiero di noi due in fuga era così vivido, così reale. Ma era finto. Siamo ancora qui. Intrappolati.

In realtà mi sento devastata al momento.

"Granger."

Ma devo ricompormi.

Così alzo lo sguardo verso di lui.

La sua faccia è impassibile, ma poi un piccolo sorriso prende vita sulle sue labbra, "Andava meglio."

Meglio?

Davvero?

"Ti sei concentrata sui dettagli, hai aggiunto le emozioni."

L'ho fatto davvero.

Forse un po' troppa emozione.

"Ma puoi migliorarlo ancora," dice.

E iniziamo di nuovo.


 ***

"Meglio." É tutto ciò che dice.

Abbiamo fatto pratica per più di un'ora.

Ho fatto dei progressi, so di averli fatti.

Ma tutto ciò che dice è 'meglio'.

"Meglio come?" Chiedo, sperando che mi rivolga qualche complimento in più. Potrebbe essere d'aiuto per la mia fiducia in me stessa e mi condurrebbe ad ulteriori progressi.

"Sembri notare i piccoli attacchi alla tua mente. Molte persone ne sono ignare." Spiega in un tono da insegnante. "Hai dimostrato di avere la capacità di costruire finti, ma comunque molto vividi, ricordi nella tua mente."

Sorrido, sentendomi fiera.

"Tuttavia." Sogghigna, notando il trionfo sul mio volto. "Non hai ancora fatto progressi nel proteggere la tua mente dai nemici. Non hai la minima idea di come rendere la tua mente sgombra."

E il mio orgoglio è andato.

É incredibile come può farmi passare dal sentirmi bene al sentirmi patetica solo con una manciata di parole.

"Perchè quella faccia, Miss Granger?"

"Beh... mi ha appena detto che faccio schifo."

"Non l'ho detto."

Alzo lo sguardo verso di lui, sollevando le sopracciglia.

Continua. "Ho riconosciuto che hai davvero fatto qualche progresso. Ma hai ancora un sacco di strada da fare davanti a te."

Annuisco, cercando di accettare i suoi commenti in modo positivo.

"Continueremo domani." Enuncia, allontanandosi da me.

"P-perché?"

"Non è saggio fare così tanta pratica in un solo giorno."

Poi noto qualcosa di strano.

Mi giro per guardarlo. "Professore, lei... sembra sempre così sicuro che ci sarà un domani."

S'irrigidisce, dandomi le spalle. "Sì."

"Come mai?"

Dopo un lungo attimo si gira finalmente per guardarmi. "Credi che non saremo vivi domani?"

"N-no, ma... non potrei mai dirlo nella stessa maniera in cui lo dice lei. Sembra quasi che lei lo sappia per certo."

"Te l'ho già detto. Non ci uccideranno semplicemente così. Forse ci terranno in vita fino alla Guerra."

"G-Guerra?"

Una parola così orribile.

"Cosa ti aspettavi, Miss Granger? Un pacifico accordo tra il lato Buono e il lato Oscuro?"

Certo che no.

Ma comunque suona... orribile.

Una Guerra.

 
***
 


Dove sono le guardie?

Non che sia ansiosa di vederle, ma sto morendo di fame. Deve essere pomeriggio ormai e ancora non abbiamo ricevuto la nostra colazione.

Ho bisogno di impegnare la mente con qualcosa.

Mi guardo le unghie delle dita.

Così sporche.

"C'è qualcosa che non va?" Chiede all'improvviso il Professor Piton.

Lo guardo confusa. "Cosa intende dire?"

"Non sei molto loquace. Ti stai astenendo dal farmi domande a sfondo personale."

"Ed è sbagliato?"

Fa un sorrisetto. "No. Ma non è da te."

Espiro profondamente. Cosa vuole che faccia?

Lentamente dico: "Se si riferisce a ieri -"

"Sai di cosa sto parlando."

Mi agito.

Lui continua, con la sua voce fredda. "Ignorare le cose non ha mai dimostrato  essere una mossa saggia."

"Non lo sto ignorando."

"Sei venuta a conoscenza del fatto che ho ucciso un uomo."

Questa volta lo guardo, scioccata nel sentire quelle parole.

"Professore, n-non dobbiamo parlarne per forza."

"Sì, dobbiamo."

"Beh, io non voglio!" Questo lo dico più duramente di quanto avessi voluto.

Il suo volto s'irrigidisce. "Le cose brutte non se ne andranno magicamente se le ignori."

Cerco di calmarmi. "Ha ucciso suo padre."

"L'ho fatto."

"C-come può dirlo? In modo così-così tranquillo e freddo?"

Non mi risponde per un lungo istante.

Ma quando lo fa è in modo lento ed è appena poco più di un sussurro. "Avevo le mie ragioni."

"L-lo so."

"No, in realtà tu non sai."

"So qualcosa. E capisco, ma mi dà davvero fastidio il modo in cui ne parla. Non prova nemmeno un po' di rimpianto? Non la fa sentire..." Non finisco la frase, non sapendo quale parola usare.

"Ho fatto ciò che dovevo fare."

Scuoto semplicemente la testa, non volendo stargli a sentire ancora.

É troppo presto.

Così smettiamo di parlare.


 
***
 


Cammino avanti e indietro nella cella.

I nervi mi stanno uccidendo.

Dove sono le guardie?

C'è qualcosa che non va.

"Granger, smettila."

"Di fare cosa?"

"Stai facendo troppo chiasso. Qualcuno di noi sta cercando di concentrarsi. Cerca di muoverti facendo meno rumore." Risponde, la sua voce è fredda.

Alzo semplicemente gli occhi al cielo e continuo.

Dopo un minuto il Professor Piton scatta. "Basta."

Basta.

Quella parola mi riporta un ricordo alla mente.

Immediatamente mi volto verso il Professor Piton. "Signore... riguardo a ieri... ho bisogno di chiederle una cosa."

Si agita, posso vederlo anche se sta cercando di nasconderlo con un'espressione annoiata. "Cosa?"

"Come mai sono stati a sentirla?"

"Granger, cerca di formulare la domanda in un modo che sono in grado di comprendere."

Lascio andare un respiro, poi comincio. "Quando la guardia mi ha dato un calcio e... lei ha protetto il mio corpo con il suo... ero piuttosto confusa, ma l'ho sentita dire 'basta'. Come mai sono stati a sentirla?"

La sua espressione resta annoiata, ma se ne sta in silenzio per un secondo troppo lungo.

Quando parla, è tranquillo. "Non l'ho detto. É stata la guardia."

"No, è stato lei."

"Granger, è stata la guardia. Probabilmente si era reso conto di averti causato abbastanza danni."

Perché dice così?

Osservo il suo volto, la sua espressione, ma mi sta semplicemente fissando.

Così provo di nuovo. "Io ho sentito lei. Era la sua voce, lo so. Era così vicino a me, non avrei potuto sbagliarmi."

"Beh, ti sei sbagliata." Risponde. "Onestamente, Granger, credi che le guardie sarebbero state a sentirmi? Se avessi detto qualcosa del genere per cercare di fermarli, avrebbe solo scatenato ulteriore voglia in loro di farti, farci, altro male."

Dopo questo non dico nulla. Annuisco semplicemente.

Poi mi volto e me ne torno al mio materasso.

Dio, quanto odio questa sensazione.

Perché non posso fidarmi di lui?

Perché continua a darmi motivi per non fidarmi di lui?

So che quella era la sua voce. Lui ha detto 'basta'. Non la guardia. Non sono stupida.

Ma ero molto sofferente. Forse -

No! Era la sua voce.

Cosa sta succedendo?

 
 ***


C'è decisamente qualcosa di sbagliato.

Sta iniziando a fare buio e non c'è ancora traccia delle guardie.

Si sono dimenticati di noi?

No. Lo stanno facendo apposta.

D'accordo. Posso accettare che non ci sia cibo, ma... Ho davvero bisogno di andare in bagno.

La mia vescica è in procinto di esplodere.

Non ce la faccio nemmeno più a trattenere.

Gemo frustrata. Non c'è modo che possa aspettare fino all'indomani.

I miei occhi si dirigono lentamente verso il Professor Piton. Non ha lo stesso problema? Non sembra che sia così. A volte mi chiedo se è persino umano.

Mi sento così umiliata.

Lentamente mi alzo, facendomi strada verso le sbarre, picchiandoci contro.

"Guardie! Perché state facendo così?" urlo, "I-io devo parlarvi!"

"E perché hai bisogno di loro, esattamente?" Sento la voce del Professor Piton provenire dalle mie spalle.

Mi fermo per un secondo, poi lo ignoro. "Guardie! Esigo vedervi!"

"Sì, questo funzionerà." Commenta lui.

Mi volto a guardarlo. "Professore, se non l'ha notato, non ci hanno fatto visita."

"Sì, non è sfuggito alla mia attenzione."

"E ho bisogno che loro..."

"Facciano cosa?" Chiede, alzando un sopracciglio.

Beh, ho passato di peggio.

"Devo usare il bagno." Rispondo, obbligando il mio volto a rimanere impassibile.

La comprensione sorge in lui e si schiarisce la gola. "Oh."

"Già."

"É un'emergenza?"

"Perché dovrei colpire le porte altrimenti?" Chiedo, disperata.

"Granger, non credo che ci faranno visita oggi.”

Un sospiro di sofferenza mi sfugge.

Lui continua, "C'è un piccolo buco nell'angolo della cella. Credo che originariamente aveva lo scopo per noi di essere usato come latrina."

L'orrore mi attraversa il viso. "No!"

"Granger - "

"Non urinerò lì, con lei qui. No!" Mi copro le orecchie e mi abbandono sul mio materasso.

Aspetterò le guardie.


 
***
 


Non ce la faccio più.

Mi alzo, lentamente, mandando un'occhiata al Professor Piton. Lui capisce.

Guardo il piccolo buco nel pavimento. Fortunatamente è il più lontano possibile da entrambi i nostri materassi.

Calmati, Hermione.

Mi dirigo lentamente verso quel punto, facendo un respiro profondo.

"Io me ne andrò laggiù." Dice il Professor Piton, dirigendosi verso le sbarre, volgendomi le spalle.

"Non si giri." Gli dico.

"Oh, grazie per avermelo detto. Avevo intenzione di guardarti." Risponde, con la voce traboccante di sarcasmo.

Mi agito, sentendomi estremamente umiliata.

"Granger, datti una mossa, sì?"

"N-non posso farlo."

"Cosa intendi dire con non puoi?"

"Non con lei che se ne sta lì."

"Beh, me ne andrei fuori, ma al momento sono incapace di farlo."

"Allora non ascolti!"

"Cosa diavolo hai intenzione di fare?"

"Si copra le orecchie."

"Non lo farò. Smettila di comportarti in modo così infantile, Granger."

"Lo faccia e basta."

Passa un secondo.

"Le mie orecchie sono coperte."

Silenzio.

"Può sentirmi?" chiedo, aspettando una sua risposta.

Non dice nulla.

Velocemente mi alzo la gonna e faccio ciò che devo fare.

Un minuto più tardi, ho fatto.

Il mio volto è completamente arrossito, posso avvertirlo.

Ma almeno la mia vescica non minaccia di esplodere.

Mi avvicino al Professor Piton. "Ho fatto."

Si toglie le mani dalle orecchie e mi guarda semplicemente.

So che lui pensa che sia immatura, ma non m'importa.

Mi muovo velocemente verso il mio materasso e mi abbandono su di esso, voltandomi lontano da lui.

Ho solo bisogno di dormire.

E di dimenticare ciò che è successo.


 ***


É buio nella cella.

Dovrei essere addormentata. Ma non lo sono.

E nemmeno lui lo è. Posso semplicemente avvertirlo.

C’è un tal silenzio.

Dei pensieri inquietanti mi stanno lentamente occupando la mente. Non importa con quanto sforzo provi a cacciarli via.

"Signore?"

"Hmm?"

Sembra assonnato.

"Se qualcosa dovesse succedermi e... lei ne dovesse uscire vivo," Inizio, la mia gola si chiude. "Voglio che prometta di dire un paio di cose ai miei genitori. Un messaggio da parte mia."

"Granger, non puoi pensare a cose del genere."

Lo ignoro. "Dica loro che li amo e che sono stati i migliori genitori del mondo."

Dico fermarmi un istante per ricompormi.

Infine continuo. "Dica loro che mi dispiace. E che... non ho sofferto. Dica loro che è stato veloce e indolore. Dica loro che non ero spaventata."

Lui resta in silenzio.

"Oh, e dica loro di prendersi cura di Grattastinchi."

"Grattastinchi?"

Sorrido debolmente. "Il mio gatto."

Quando non dice nulla, continuo. "E so quanto lei li disprezza, ma... apprezzerei se dicesse a Harry e Ron che non avrei potuto desiderare amici migliori. Dica ad Harry che non mi sono mai pentita di essere sua amica. Sapevo che sarebbe stato pericoloso. Lui non dovrebbe sentirsi in colpa."

"Granger, tu non sai cosa succederà."

"Ed è esattamente per questo che le sto dicendo queste cose." Dico, lottando contro le lacrime. "C-c'è qualcuno per il quale lei vorrebbe lasciare un messaggio?"

Silenzio.

Poi una semplice parola. "No."

Sono un po' sorpresa.

Ho sempre saputo che è un po' solitario, ma il fatto che non abbia nessuno a cui dire addio... è semplicemente triste.

O forse lo sta dicendo perché non vuole credere che moriremo.

Sì, questa opzione mi piace di più.

"Vai a dormire, Miss Granger."

E faccio proprio così.

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