Day 22
La prigione è diventata la mia casa.
Non avrei mai pensato di trascorrerci abbastanza tempo da definirla casa mia.
Il materasso non è così orribile. A dire il vero è davvero confortevole.
Aspetta.
Cosa sto pensando?
No!
La prigione non è casa mia.
Ho una casa. E mi sta aspettando. Ci ritornerò. Semplicemente ci vorrà un po’ più di quanto mi aspettavo. E questa prigione, questa cella, non sarà null’altro che un brutto ricordo.
E non la vedrò mai più.
Prendo un respiro profondo, poi rivolgo uno sguardo alla mia figura.
I vestiti sono sporchi. Non riesco a credere di star indossando le stesse cose da più di venti giorni.
La gonna è un po’ strappata e sporca. La camicia è completamente rovinata, tutti i bottoni andati, ma sono riuscita a sistemarla in qualche modo. Dovevo. Non avevo niente altro da indossare.
Le mie gambe sono disgustose. Troppo magre. Quanto peso ho perso esattamente?
E i miei capelli.
Faccio scorrere una mano tra di essi tutti i giorni, nella speranza che siano ricresciuti.
Non è così.
Sono ancora di quell’orribile lunghezza. Il modo in cui li hanno tagliati…
E le cicatrici sul mio corpo.
Guariranno mai fino a scomparire completamente?
Oh.
Un nuovo gioco.
Potrei contare le cicatrici sul mio corpo e cercare di ricordare come me le sono procurate. Questo dovrebbe tenermi occupata per almeno un’ora.
Mi guardo il polso e inizio.
Uno.
“Sei troppo calma.” La voce proviene dall’altro lato della cella.
Lo guardo sorpresa.
Il Professor Piton mi sta parlando.
Non abbiamo detto una parola fin da quando mi sono svegliata. Solo sguardi imbarazzati.
Ho dormito bene, sorprendentemente. Mi ci è voluto un po’ di tempo, ma sono riuscita ad addormentarmi. E questa è un buona cosa. Sono molto più rilassata ora. Molto più riposata.
Basti dire, che non prendo più il sonno per garantito.
Schiarendomi la gola, rispondo. “Io…sono calma.”
“Sì, l’ho notato.”
“Allora….qual’è il problema?”
Lui socchiude gli occhi. “Mi aspettavo mostrassi più…emozioni.”
Non capisco.
Pure io mi ero aspettata di mostrare più emozioni vista la situazione.
“Il Professor Lupin è uno di loro.” Dico con calma. “Oppure…non lo è e loro stanno solo giocando di nuovo con noi.”
“E questo non ti disturba?”
“Certo che mi disturba, ma…non so.” Dopo un istante di silenzio continuo. “Dovrei far avanti e indietro piangendo e gridando? È forse meglio così?”
Scuote velocemente la testa. “No. Stai confondendo la sorpresa con il disappunto.”
Aspetto che continui.
Lo fa. “ Preferisco di gran lunga vederti così, che comportarti da isterica. Sono solamente sorpreso. Perché…” Si interrompe.
“Perché non sto dando di matto?” Finisco la sua frase.
Annuisce.
Va bene. Perché non sto dando di matto?
“Io…io non lo so.” Rispondo sinceramente.
Lui prende un respiro profondo, continuando a guardarmi. “Credo di sapere la risposta.”
“Lo sa?”
“Credo che tu non l’abbia accettato. Non hai permesso a te stessa di credere che potesse essere la verità.”
“Forse…” Ammetto. “Il Professor Lupin…mi fidavo di lui. Tutti noi. Harry…Se Harry lo scoprisse…”
Non finisco la frase. Non so cosa pensare. Povero Harry ne sarebbe devastato.
“Fai bene a sperare che Potter lo scopra. Potrebbe essere la nostra unica possibilità di uscire vivi da qui.” Spiega il Professor Piton.
“Non capisco. É…è così assurdo che Lupin possa far parte dei Mangiamorte.”
“Ogni persona ha il suo prezzo.”
Questo cattura la mia attenzione. “Lo crede?”
“Lo so.”
“Così crede che i Mangiamorte possano avere chiunque dalla loro parte finché possono offrire abbastanza?”
“Non sto parlando solo di denaro.”
Annuisco. “Lo so questo.”
“Ci sono cose che sono più preziose dei soldi.” I suoi occhi diventano scuri mentre parla. “Credo che ogni persona abbia un prezzo che è abbastanza alto da barattare con i propri valori, famiglia, personalità e tutto quello che si trova sulla strada per ottenere ciò che è stato offerto.”
Tutto ciò è piuttosto inquietante. Ma allo stesso tempo è vero. Ed è proprio questo a renderlo terrificante.
“E…che mi dice di lei?” Chiedo lentamente. “Lei ha un prezzo?”
“Credo di aver risposto alla domanda quando ho detto che tutti hanno un prezzo.”
Sobbalzo. Non me l’aspettavo.
“E” Inizio. “Cosa potrebbero offrirle per…farle cambiare idea?”
La sua faccia si indurisce. “Questo è personale.”
Ovviamente lo è. Tutto ciò che riguarda lui è personale.
Ma non mollo.
“Sono i soldi?” Chiedo.
Mi guarda. “No.”
“É una…posizione alta nella società?”
Questa volta lui rotea gli occhi. “Granger, Sono un Maestro di Pozioni. Ho i mezzi per essere conosciuto in ogni parte del mondo, ma invece ho scelto di rimanere ad insegnare a delle teste vuote nei sotterranei. Credi davvero che una posizione di prestigio sia ciò che voglio?”
Abbasso gli occhi per l’imbarazzo. “N-no, immagino di no.”
Silenzio.
“Che mi dici di te?” Chiede lui all’improvviso. “Quale sarebbe il tuo prezzo?”
“Oh, una grande casa con piscina. E abbastanza soldi da non dover mai lavorare. Anche, una decapottabile sarebbe ottimo.”
Lo sguardo che mi rivolge è sufficiente per farmi scappare una breve risata.
“Sto scherzando, Professore.”
Lo sguardo serio sul suo viso rimane per qualche altro secondo prima di scomparire.
“Non è qualcosa su cui scherzare, Miss Granger.”
“Mi dispiace.”
“Non hai ancora risposto alla domanda.”
Prendo un respiro profondo, ma nessuna parola esce dalla mia bocca. Cosa posso dire?
“Granger?”
“Non credo voglia saperlo.”
“Mettimi alla prova.”
Va bene. Perché non dirglielo?
“Voglio bene ad Harry.” Inizio, guardandomi le mani. “E so che il bene superiore è più importante…ma qualche volta…non credo potrei scegliere tra…”
“Tre cosa?”
“Tra…la mia famiglia e il bene superiore.”
Il bene superiore. Suona così stupido.
Il Professor Piton resta in silenzio e so che ho detto troppo. Forse questa confessione è qualcosa che avrei dovuto tenere dentro me stessa.
Cerco di spiegarmi. “S-so che non è giusto.”
“Non ho detto questo.”
“Non avrebbe dovuto. Lo sguardo sul suo viso dice tutto.”
“È perfettamente comprensibile.”
Lo guardo con disperazione. “Ma…questo fa di me una persona egoista, orribile. Non sono un eroe e-e… non voglio esserlo.”
“Nessuno è un eroe.
“Lei lo è.” Mi sfugge.
Oh no.
Mi mordo le labbra, ma è troppo tardi.
Mi sta già fissando, i suoi occhi scuri mi fanno sentire così piccola e vulnerabile.
Quando parla alla fine, lo fa lentamente e con calma. “Pensi a me come ad un…eroe?”
“N-no…beh, per certi aspetti.” Rinuncio, rilasciando un respiro di stanchezza.
Sembra risentito dalle parole.
“Professore-”
“Non sono un eroe.”
“Non ha capito ciò che cercavo di dire.”
“Allora spiegamelo.”
Come posso?
“Preferirei di no.” Mormoro, l’imbarazzo della situazione mi sta già facendo arrossire il viso.
“Ho il diritto di sapere perché mi vedi sotto quella luce.” Afferma. “Ho bisogno di sapere cosa diavolo ti ha dato quell’idea.”
Silenzio.
La conversazione sta andando nella direzione sbagliata.
“È solo… l’aura.” Dico velocemente.
“L’atmosfera?”
“S-si, lei sta sprigionando questa sorta di aura.”
“Sto sprigionando un’aura?”
Suona stupido quando lo dice.
E non lo sto spiegando nemmeno nel modo giusto. Sembra ancora più confuso. Se solo potessimo smettere di parlarne.
Poi qualcosa mi passa per la testa. “Va bene. Se glielo spiego, promette di rispondere a una domanda?”
“Dipende.”
“Da cosa?”
“Sai che ci sono domande a cui non posso rispondere.”
Annuisco. “Non sarà quel tipo di domanda. Sarà in grado di rispondere.”
Sembra pensarci.
Alla fine annuisce.
In verità stavo sperando rifiutasse.
Oh beh.
Così inizio. “Come ho detto prima, l’ho sempre rispettata come insegnante.”
Questo sembra metterlo a disagio visto che distoglie lo sguardo. So che è a causa della conversazione che abbiamo avuto riguardo la punizione che mi aveva dato.
Ma continuo. “E ho sempre pensato che ci fosse molto altro in lei oltre a quello che gli occhi vedono. E quando ho sentito riguardo il suo lavorare per l’Ordine e fare tutte quelle….cose pericolose… Io solo-”
“Hai creato quest’immagine di me. Un’immagine che non è reale, Miss Granger.”
“Non è come se pensassi a lei come ad un supereroe.” Spiego, sentendomi un po’ stupida. “È solo…penso che lei sia molto nobile e…non importa quando duramente cerchi di nasconderlo, è una brava persona.”
Ho paura di guardarlo. Forse ho detto troppo?
“Perché…” Inizia prima di fermarsi per un breve istante. “Perché dovresti spendere il tuo tempo pensando a me?”
Mi irrigidisco. “Beh…ho molto tempo. Non c’è molto da fare quando si è bloccati qui.”
Lui resta in silenzio.
Beh, questo è davvero imbarazzante.
“Non sono un’eroe, Granger. Sono…ben lontano dal’essere un’eroe.”
Mi permetto di guardarlo, ma non dico nulla.
Lui si schiarisce la gola. “E…qual è la tua domanda?”
“L-la mia domanda?”
Lui solleva le sopracciglia.
Poi mi ricordo. “Oh. Uhm, non so cosa chiederle in questo momento.”
“La grande So-Tutto-io non ha una domanda?” Mi schernisce.
“Non in questo istante. Aspetterò il momento giusto per usarla.” Sorrido debolmente.
“Com’è Serpeverde da parte tua.” Commenta.
Non so se dovrei essere disgustata o fiera della cosa.
***
Consumiamo il nostro cibo in silenzio.
È strano come il mio corpo si sia adattato ad un singolo bicchiere d’acqua al giorno. Era così difficile all’inizio, ero assetata tutto il tempo, ma ora non lo sono così tanto. È ancora difficile, ma è più semplice conviverci. Una persona non può mai davvero sapere quanto può sopportare finché non si trova ad non aver altra scelta.
Sto lentamente finendo il mio pezzo di pane quando la porta si apre.
La guardia entra e mi indica. “Tu. Vieni.”
“Cosa? Dove?” Immediatamente mi irrigidisco.
“Bagno.”
Mi rilasso un po’ a quelle parole, ma sento che c’è ancora qualcosa di strano. Non ci hanno mai portato al bagno subito dopo averci dato da mangiare.
Ma non posso rifiutare, così mi alzo lentamente e mi avvicino a lui.
Il Professor Piton mi sta guardando e so che anche lui è sospettoso.
Ma non può farci nulla. Potrebbe fare domande, ma ci metterebbe solo nei guai.
Così non dico nulla mentre la guardia mi conduce fuori dalla cella.
***
Freddo.
Così così freddo.
Sto tremando mentre la guardia mi spinge dentro la cella. Poi esce immediatamente.
Il Professor Piton è accanto a me in un secondo. “Cos’è successo? Sei stata via per almeno un’ora.”
C’è panico nella sua voce. E confusione nei suoi occhi mentre si prende tempo per osservarmi.
“Perché i tuoi capelli sono bagnati?” Pretende di sapere.
“S-sono stata portata al bagno e poi…alle docce.”
“Cosa?”
È sorpreso tanto quanto lo sono io.
Le guardie ci hanno sempre obbligato a fare la doccia insieme. Cos’è cambiato?
“Lui mi ha solo…portato là.” Spiego, stringendomi le braccia attorno alla vita.
Il Professor Piton si toglie immediatamente il mantello e me lo avvolgete attorno.
Annuisco. “Grazie.”
L’ultima cosa di cui ho bisogno è di ammalarmi di nuovo.
“Cos’è successo?” Chiede.
“Niente.”
“Niente?”
È sospettoso e lo ero anch’io.
Ma poi non è successo nulla.
Prendendo un respiro profondo, torno indietro con la memoria. “Mentirei se dicessi che non ero terrorizzata. Ero là da sola e poi il capo è arrivato e…ho pensato che sarei morta per il panico.”
Il Professor Piton non dice nulla, ma il suo viso si indurisce e non riesco a vedere il suo petto muoversi. Sta almeno respirando?
“Non è successo nulla.” Spiego velocemente. “E-e non lo capisco!”
Sembra rilassarsi un po’. “Hmm.”
“Hmm?” Ripeto. “É-É tutto quello che ha intenzione di dire?”
“Sono sollevato che tu non sia stata ferita.”
“Ma perché? Sta diventando ridicolo! Lui, quella guardia, continua a insinuare cose, ma poi non fa nulla. Continua a guardarmi e… a fare quei suoi commenti disgustosi, ma non mi ha mai nemmeno toccata.”
“Questo è strano.”
Sospiro, la disperazione evidente sul mio viso. “Qualche volta vorrei che lo avesse già fatto. Per farla finita. Ora sono solo terrorizzata tutte le volte. Continuo ad aspettarmi che accada e…non avviene mai.”
“Forse non gli è concesso.”
“C-cosa?”
Il viso del Professor Piton è pensieroso quando parla. “Ci sono state molte dicerie riguardo le vigliaccherie che i Mangiamorte possono fare. E alcune di queste sono solo questo…dicerie.”
“Non uccidono e torturano?” Chiesto con sgomento.
“Quella parte è vera. Ma le storie riguardo il fatto che i Mangiamorte usino la violenza sessuale come metodo di tortura su Babbani e Nati-Babbani è spesso non veritiera. L’Oscuro Signore è strettamente contrario ad essa. Pensa che sia un atto disgustoso.”
Quello mi sorprende. “Lo pensa?”
“Non per le ragioni per cui credi tu. Lui pensa che i Babbani e i Nati-Babbani siano a malapena al di sopra degli animali e che per i Purosangue toccarli in tale maniera li degradi. È proibito.”
“Ma… questo significa che i Mangiamorte non violentano?”
“Non l’ho mai detto. Ho solo detto che l’Oscuro Signore non approva. Ma loro lo fanno alle sue spalle.”
Annuisco in comprensione. “Così…questo significa che…Tu-Sai-Chi è qui? Ed è per questo che la guardia non osa toccarmi?”
Lui si limita a guardarmi.
Non ha la risposta. È solo una teoria.
Ma dovrei essere grata che non è successo niente invece di chiedermi perché non accade.
Poi i nostri occhi si incontrano e non posso fare a meno di chiedere. “Come sa tutte queste cose?”
Di nuovo, si irrigidisce. “Questo, Miss Granger, è una di quelle domande a cui non posso rispondere.”
Va bene.
Non ha importanza in ogni caso.
Il mio problema non è il Professor Piton e il suo passato, ma il presente e i Mangiamorte.
Mi lascio cadere sul mio materasso, coprendomi completamente il corpo con il mantello e cercando di riscaldarmi.
L’ironia.
E guardie mi odiano a causa del mio sporco sangue, ma quello sporco sangue ora mi sta proteggendo.
***
Le guardie stanno cercando di spaventarmi.
Mi stanno ferendo senza davvero ferirmi.
Ha senso?
E se mi vogliono spaventata e terrorizzata, devono inventarsene un’altra.
Ho chiuso con questo. Cosa ho da perdere?
Mi hanno già preso così tanto. Non sono più la stessa Hermione Granger che ero un solo mese fa.
E sono stufa di essere vulnerabile e nel panico tutte le volte.
***
“Era sorpreso di sapere che Lupin era uno di loro?” Chiedo a bassa voce.
Impiega un paio di secondi a rispondere. “Non possiamo essere certi che sia uno di loro.”
“Lo sta per caso difendendo?” La sorpresa è evidente.
“No.” Replica immediatamente. “Non sto dicendo questo perché mi importa di lui. Sto solo dicendo questo perché c’è la possibilità che non si tratti di Lupin. E non mi piace quando qualcuno tenta di prendersi gioco di me.”
Annuisco. “Ma se saltasse fuori che è Lupin…Sarebbe sorpreso?”
Non mi sta guardando. Sta fissando il muro.
“Professore?”
“Si.” Dice alla fine. “Ne sarei sorpreso.”
“Ma… non le è mai piaciuto.”
“Questo è vero. Ho le mie ragioni per non farmelo piacere.” Spiega freddamente. “Ho molti nomi per lui. Ma Mangiamorte non è mai stato uno di questi.”
Sento la realtà della situazione colpirmi lentamente.
È possibile che Remus Lupin sia un traditore.
È un pensiero orribile.
Uno che non sono ancora pronta ad affrontare.
“C’era qualcosa…di spento in lui.” Mormoro. “Lo ha notato? C’era semplicemente…qualcosa.”
“Ho imparato ad ignorare le mie impressioni personali e analizzare solo i fatti.”
Beh, io non l’ho ancora imparato questo.
Così cambio argomento. “Quando…quando ha intenzione di continuare con le lezioni di Occlumanzia. Non sono più malata.”
“Ci stavo pensando. Forse domani sarebbe meglio.”
“Perché non oggi?”
“Abbiamo problemi più urgenti da affrontare oggi.”
Poi mi ricordo. “Le guardie verranno da noi oggi.”
“Sì. E si aspettano che li ringraziamo per averci permesso di dormire ancora.” C’è puro odio nella sua voce.
Non posso fare a meno di irrigidirmi.
Cosa vorranno questa volta?
***
Gli occhi si stanno lentamente chiudendo e posso già sentirmi spinta verso il mondo dei sogni.
Ma poi un rumore forte mi sveglia.
Le guardie sono qui.
Mi alzo, sbattendo le palpebre un paio di volte.
Ce ne sono solo due di loro.
Il capo e un’altra.
Il primo appella una sedia e si siede sopra, prima di guardare me e il Professor Piton.
“Perché così sorpresi?” Chiede. “Avevo promesso che vi avrei fatto visita oggi.”
Silenzio.
Continua. “Vi ricordate perché ho detto che vi avrei fatto visita?”
Il Professor Piton non parla.
E allora mi decido a parlare. “Volevi che vi ringraziassimo.”
“Brava ragazza.” Sorride. “E avete deciso come farlo?”
Sono arrabbiata.
Non sopporto di vedere quel ghigno sul suo viso.
“No?” Chiede, poi si finge deluso. “Beh, questo è un male. Ora devo dirvi cosa fare.”
“Smettila con i giochi e dicci cosa vuoi.” Ribatte il Professor Piton.
“Ma non abbiamo ancora iniziato a giocare, caro Professore.”
Aspetto in silenzio e mi limito ad osservarlo.
“Facciamo un gioco.” Continua. “Un gioco del tipo Il Professor Severus Piton.”
Cosa?
La guardia mi lancia un’occhiata. “Abbiamo notato che voi due avete sviluppato un legame. Tu, ragazza, ti fidi troppo di lui. Non se lo merita.”
“Penso che sia una mia decisione da prendere.” Replico con calma.
“Lo è, e tutto quello che sto facendo è aiutarti. Pensa a me come ad un tuo…angelo custode. È quello il termine corretto?” Chiede, un largo sorriso si forma sul suo viso.
“Non è necessario.” Scuoto la testa. “Credo di conoscerlo abbastanza da fidarmi di lui.”
“Granger, non parlargli.” Dice il Proforror Piton.
“La ragazza può fare quello che vuole.” Lo interrompe subito, poi mi guarda di nuovo. “Pensavi di conoscere Remus Lupin e guarda cosa ha fatto. Che peccato.”
Mi irrigidisco. “Mi fido del Professor Piton.”
Lui sorride di nuovo, ignorando le mie parole. “Iniziamo con il gioco. Ragazza, stai per scoprire delle cose davvero interessanti.”
Scambio qualche sguardo con il Professor Piton ma nessuno di noi parla.
Cosa c’è da dire?
“Severus-ti dispiace se ti chiamo così?” Chiede la guardia.
“Sì.” È la sua unica risposta.
“Beh, Severus.” Continua come se non l’avesse sentito. “Parlaci della tua infanzia.”
Cosa?Che razza di domanda è questa?
Il Professor Piton sembra pensarci per un secondo, poi risponde, il suo viso privo di emozioni. “Ero un bambino. Poi sono cresciuto. Prossima domanda?”
“Ma dicci un po’ di più.” Insiste la guardia. “Com’era la tua famiglia?”
So che questo è un argomento che il Professor Piton odia. E non riesco a capire perché la guardia glielo stia chiedendo.
“Avevo una madre. Avevo un padre.”
“E cos’è successo a tua madre?”
Cosa sta cercando di fare la guardia?
Il Professore risponde, la sua voce gelida. “È morta.”
“Parlacene un po’.”
“È morta.” È tutto quello che dice.
La guardia si volta verso di me. “È terribilmente difficile parlare con lui. Posso immaginare che l’essere bloccata qui con lui sia incredibilmente noioso.”
“Abbiamo finito?” Chiede il Professore.
La guardia rivolge di nuovo la propria attenzione su di lui. “No, non abbiamo finito. Se ci dicessi di più sulla morte di tua madre allora potremmo andare alla prossima domanda.”
“Te l’ho detto è morta.”
“E com’è collegato tuo padre al fatto?”
Guardo il Professor Piton, sentendomi colpevole di voler davvero sentire la risposta. La curiosità è troppo forte.
La guardia continua. “Non è vero che tuo padre, il Signor Piton, diede a tua madre, che possa riposare in pace, una percossa di troppo?”
Il viso del Professor Piton sbianca, ma oltre a quella non c’è nessun altra reazione. Perfino io sono più scioccata di quanto dovrebbe esserlo lui.
“Questo non è affar tuo.” Risponde.
“Quanti anni avevi?” Chiede a guardia.
Silenzio.
“Molto giovane, ho ragione?” Chiede di nuovo. “Ma stavi già frequentando Hogwarts.”
Il Professor Piton non risponde, ma deve essere la verità altrimenti direbbe qualcosa.
“E poi cosa successe a tuo padre?” Altra domanda.
Trattengo il respiro, aspettando una risposta.
“È morto.” Risponde Piton.
“Sì lo sappiamo questo. La domanda è come esattamente morì?”
Cosa stava cercando di ottenere facendo quelle domande?
Quando non ottiene risposta, la guardia parla di nuovo. “Il Signor Piton venne avvelenato. E nemmeno il miglior…medico legale, se è la parola giusta riuscì a determinare che tipo di veleno fosse. Gli ingredienti non erano familiari alla loro scienza. Mi chiedo chissà perché.”
Cosa?
Guardo il Professor Piton shockata, cercando sul suo viso qualcosa, qualsiasi cosa. Ma non c’è nulla.
Completamente inespressivo.
“Passiamo alla prossima domanda.” Dice la guardia, prendendo un respiro profondo.
Non posso crederci.
È vero?
Il Professor Piton ha ucciso il suo stesso padre?
O è solo qualcosa che la guardia sta usando per convincermi?
“Qual è la tua relazione con le donne” È la domanda seguente.
“Niente che sia affar tuo.”
“Cosa posso dire? Sono curioso.” La guardia fa un sorrisetto. “Rispondi alla domanda.”
Silenzio.
La guardia socchiude gli occhi. “Hai almeno qualche tipo di rapporto con le donne?”
Questo non è qualcosa che dovrei sentire.
“Perché non sei sposato?”
“Lascialo in pace.” Dico all’improvviso.
La guardia si volta improvvisamente verso di me. “Lo stai ancora difendendo. Beh, io so qualcosa di interessante su di lui.
Cerco di sembrare annoiata.
Continua. “Cosa diresti se ti dicessi che il tuo adorato Professore ha frequentato più volte i bordelli di quanto gli piace ammettere?”
“Non credo che sia qualcosa che interessa a te o a lei, per quel che riguarda.” Risponde pericolosamente il Professor Piton.
Cerco di spingere quella nuova informazione fuori dalla mia testa. “N-non mi interessa. È la sua vita”
La guardia annuisce. “Capisco. Ma ascolta questo. Molte donne, signore della notte, si sono lamentate di lui. É conosciuto per essere aggressivo, violento.”
Questo mi colpisce.
“Di cosa stai parlando?” Esclama il Professor Piton.
“Sto semplicemente dicendo la verità. Lasci una scia di sangue ovunque vai.” Risponde la guardia. “Miss Granger merita di sapere questa parte di te. Dovresti averglielo detto prima di pretendere la sua fiducia.”
“Non ho mai preteso la sua fiducia.”
La guardia lo ignora. “Questo è un altro argomento. Ora stiamo discutendo del tuo comportamento verso le donne. Perché tanto odio?”
“Non odio le donne.”
Mi stringo con le braccia, sentendomi veramente a disagio. La guardia potrebbe mentire o potrebbe star dicendo la verità. Ci sono così tante cose che non so del Professor Piton.
“Allora perché non sei sposato, caro Professore?”
Silenzio.
“Hai il cuore a pezzi? Qual’era il suo nome?” Insiste la guardia.
Il Professor Piton sta diventando sempre più nervoso. Riesco a vedere l’odio puro e la furia nei suoi occhi.
“Non andare oltre.” Dice gelidamente e lentamente si avvicina alla guardia, muovendosi come un serpente.
Ma la guardia non lo ascolta. “Perché no? Era ad Hogwarts? Cosa fece?”
“Non andare oltre.” Ripete.
“Forse potrei chiederlo a Lupin?”
Prima ancora di poter capire cosa sta succedendo, il Professor Piton afferra la guardia per la gola, sollevandolo dalla sedia e gettandolo dall’altra parte della cella.
L’altra guardia reagisce immediatamente, puntando la bacchetta contro Piton che cade a terra, il suo corpo contorto dal dolore.
Non riesco a credere a quello che sta accadendo.
Solo un momento fa stavamo parlando e ora-
“Basta!” Urlo, scattando verso il Professor Piton, cercando di aiutarlo in qualche modo.
La maledizione viene finalmente sciolta e lui resta disteso lì, respirando pesantemente e guardando il soffitto.
“Sta bene?” Chiedo, ma all’improvviso vengo afferrata per il braccio e sollevata in piedi.
La guardia mi sta fissando, la sua espressione furiosa. “Lui ha fatto un grave errore. E ora deve pagare.”
“Non gli fare del male.” Imploro.
“Oh, non gli faremo del male. Non direttamente, in ogni caso.”
Raggelo, realizzando quello che sta cercando di dire.
Continua. “Il legame tra voi due è qualcosa che possiamo usare a nostro vantaggio.”
“Non…non ho paura di voi.” Mi sforzo di dire e sto mentendo.
Sto mentendo.
Sono di fatto terrorizzata.
“Non ci credo, ragazza.”
Alla fine, mi lascia. “Cosa fare? Hmm. Qualcosa che lasci un segno e che gli ricordi che questa è stata tutta colpa sua.”
Il cuore mi sta martellando nel petto, cercando di scappare.
E io resto semplicemente li.
Cos’altro potrei fare?
Scappare?
Implorare?
Piangere?
Non c’è nulla che posso fare.
Il capo allora guarda l’altra guardia e si limita ad annuire. Sembra come se stiano comunicando con gli occhi.
“Non mi piace fare il lavoro sporco.” Mi dice e arretra di un passo.
Prima di poterne capire il significato, l’altra guardia si avvicina a me e mi colpisce in viso.
La forma mi spedisce immediatamente a terra.
Non riesco a non gridare, fa così male.
E c’è sangue sulla mia bocca.
Oh Dio, i miei denti.
Ho ancora tutti i denti?
Nemmeno un secondo dopo la guardia mi tira un potente calcio sullo stomaco e questa volta grido, rotolando via da lui e rannicchiandomi a palla.
Per favore, basta.
Fa così tanto male.
N-non riesco a respirare.
Ho le costole rotte?
C’è un buco nello stomaco?
Sembra di sì.
Sto apertamente piangendo ora, nascondendomi il viso nelle mani, aspettandomi che il dolore mi colpisca ancora.
All’improvviso il corpo di qualcuno è sul mio. Sbatto le palpebre un paio di volte nel tentativo di vedere oltre il velo di lacrime e riconosco il Professor Piton.
“Basta.”
Riesco a malapena a sentirlo.
È stato lui a dirlo?
Era la sua voce, ne sono sicura.
All’improvviso la guardia parla di nuovo. “Ce ne andiamo ora. Volevamo solo parlare. É colpa tua se è finita così, Severus Piton.”
E poi se ne vanno.
Penso di averli sentiti uscire e chiudere la porta.
Una mano mi stringe improvvisamente la spalla. “Miss Granger?”
Non riesco a parlare.
Non voglio che mi veda così.
Prima ho bisogno di smettere di piangere.
Non mi muovo nemmeno.
“Fammi vedere.” Dice gentilmente, cercando di rimuovere le mali dal mio viso.
Mi rifiuto, scuotendo la testa.
“Granger?”
Perché mi sta parlando così? Posso sentire la pietà nel suo tono di voce e non riesco a sopportarlo. Non voglio che nessuno si senta dispiaciuto per me, specialmente lui.
“Granger, fammi vedere.” Dice ancora. “Stai sanguinando.”
Lo so. Sento del sangue in bocca.
Lui resta in silenzio per qualche lungo istante e io mi calmo un po’.
Poi lentamente tolgo le mani dal viso.
“Riesci a sederti?” Chiede.
Scuoto la testa. “N-non riesco…a muovermi.”
Annuisce, poi prende un’occhiata al mio viso da più vicino, esaminando il danno.
Mi sento così esposta e vulnerabile sotto il suo sguardo. Così mi sforzo di mantenere un’apparenza forte, anche se so che probabilmente non sembro molto convincente.
Lui mi afferra il mento. “Penso che hai solo il labbro spaccato.”
Grazie a Dio.
“I m-miei denti?” Chiedo.
“Non sembra esserci niente di rotto.”
Chiudo gli occhi per il sollievo.
Poi lo sento premere un qualche tipo di stoffa sul taglio.
Mi accorgo che è uno dei pezzi della sua canotta. Quella che si era strappato per aiutarmi durante quel mio periodo del mese.
“Spero guarirà da sola.” Dice, poi i suoi occhi scendono lungo il mio corpo.
“P-professore?” Inizio lentamente. “C-credo di avere una costola rotta.”
Il suo viso si adombra e si muove per toccarmi lo stomaco, prima di fermarsi. “Posso?”
Annuisco.
Certo che può.
Ho bisogno di sapere se c’è qualche danno considerevole.
Lui annuisce e mi solleva la camicetta e mio malgrado sobbalzo quando l’aria fredda mi colpisce la pelle.
E poi le sue mani mi stanno toccando. E lui ha davvero delle mani calde.
Cerco di ignorare l’imbarazzo della situazione mentre lentamente si sposta sullo stomaco, gentilmente premendo e allo stesso tempo osservando il mio viso in cerca di ogni segno di dolore.
È più semplice se non lo sto guardando, così allontano lo sguardo.
Ma non riesco ancora ad ignorare lo strano sentimento mentre le mani lentamente risalgono.
E risalgono.
Ed allora trattengo il fiato, realizzando quanto sia vicino a toccarmi dove non dovrebbe.
Ma lui si ferma, allontanando le mani da me.
“Niente di rotto.” Spiega. “Credo che i muscoli siano danneggiati, forse strappati.”
Questa è una buona notizia.
Mi abbasso la camicia, poi cerco di alzarmi dal pavimento.
“Cosa stai facendo?” Chiede.
“V-voglio distendermi sul mio materasso.”
Senza aggiungere altro mi aiuta, quasi sollevandomi con le mani.
Sospiro quando sento il materasso sotto il mio corpo e lui torna subito indietro.
Chiudendo gli occhi, spero di addormentarmi e dimenticare semplicemente tutto.
“Pensi ancora a me come ad un eroe?” Chiede all’improvviso.
Spalanco gli occhi e lentamente mi volto verso di lui.
È in piedi nel centro della cella con un’espressione scura sul viso.
C’è sangue sulle sue mani.
“Non avrei dovuto rispondergli.” Aggiunge. “É tutta colpa mia.”
“Non lo faccia.”
“Granger-”
“Questo è esattamente quello che vogliono.” Dico. “Non lo faccia. Non si senta colpevole. Lo avrebbero fatto in ogni caso. Vogliono solo che lei pensi sia accaduto perché lo ha attaccato.”
Lui resta in silenzio.
Ma so che le mie parole non lo hanno aiutato.
“Era vero?” Chiedo lentamente. “Quello che ha detto su di lei?”
Si irrigidisce. “La mia vita.”
“Si… stava mentendo, non è vero?”
I nostri occhi si incontrano e sento svanire ogni speranza in me.
“No.” Dice infine. “Non tutto.”
“Q-quale parte era vera?”
“Sei disgustata?” Chiede, il suo viso irrigidito.
“Dipende…da quale parte era la verità.”
Lui si volta.
Poi mi viene in mente una cosa. “Questa è la domanda che voglio lei risponda. Ha promesso.”
Non sembra avere alcun effetto su di lui.
Proprio quando penso mi stia ignorando, lui si gira e mi guarda.
“Mio padre.” È tutto quello che dice.
Il respiro mi si blocca in gola. “L-lei…”
Ucciso? Avvelenato?
Non lo dico nemmeno.
Ma lui capisce. “Sì.”
E mi sta guardando dritto negli occhi. Alla fine sono io quella a non sopportarne l’intensità e distolgo lo sguardo.
“Cosa fa di me questo?” Chiede.
“T-tutti commettono degli sbagli…”
Mi interrompe. “Non era uno sbaglio.”
Lo guardo di nuovo, scioccata.
So che suo padre era una persona orribile e forse si è meritato quello che ha avuto… ma sentire di fatto il Professor Piton ammetterlo e non mostrare il minimo segno di rimorso è…quasi troppo.
N-non so cosa pensare.
“E la parte riguardante il fatto che odio le donne era una bugia.” Mormora. “Non sono mio padre. Questo è tutto quello che hai bisogno di sapere.”
Con quelle parole si incammina verso l’angolo più lontano, nelle ombre.
Riesco a malapena a vederlo. Vuole essere lasciato da solo
E lo voglio anche io.
Sono successe troppe cose oggi.
Ho bisogno di un po’ di tempo per me stessa.
Ho bisogno di pensare a tutto questo.
E non ho intenzione di mentire. Dopo tutto quello che ho scoperto oggi, non posso far a meno di vedere il Professor Piton…in modo diverso.
Non parliamo l’uno con l’altro per il resto della nottata.
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