Day 17
In effetti non provo nulla.
Niente.
Sono seduta sulla sedia al centro della cella.
Il Professor Piton è in piedi davanti a me.
Sta parlando.
Sta cercando di attirare la mia attenzione.
Non sta funzionando.
Non lo sto guardando. Il mio sguardo è fisso su quel punto del muro. Le mie orecchie funzionano ancora, posso sentirlo, ma non lo sto ascoltando.
Sono sorprendentemente calma.
Non so per quanto a lungo ho pianto tra le sue vesti, aggrappandomi a lui come se la mia vita dipendesse da questo. Mi sono messa in imbarazzo a sufficienza per questa vita.
Tutto ciò che riesco a ricordare è... che ho improvvisamente smesso di piangere. L'ho lasciato andare, mi sono persino scusata per avergli inzuppato i vestiti. Poi mi sono semplicemente alzata e diretta verso la sedia.
Sono rimasta seduta da allora.
É mattina.
"Granger."
Perché mi sta chiamando?
Perché c'è preoccupazione nella sua voce? Sto bene. In effetti sono davvero calma. Lo stato in cui sono ora è decisamente migliore di quello in cui ero un paio d'ore fa.
"Dannazione, Granger!"
Non sobbalzo nemmeno al suono della sua voce.
Ho solo bisogno di un po’ di tempo per me stessa. Perché sta cercando di farmi reagire?
Improvvisamente le sue mani sono sulle mie spalle, scuotendomi leggermente.
"Granger."
Smette quando non riceve alcuna reazione da parte mia.
Poi inizia a parlare di nuovo.
Ma i miei pensieri divagano.
Sono successe tante cose.
Il Professor Piton.
Quella guardia disgustosa.
Quella ragazza innocente che è stata uccisa a causa mia.
I miei genitori.
Perché?
Sono una persona orribile? Perché mi stanno succedendo tutte queste cose?
Non avevo previsto accadesse quando sono diventata amica di Harry.
Sono successe tante cose.
Diciassette giorni.
"Sto bene, Professore." Dico infine, con voce calma.
"Non stai bene."
Perché deve sempre contraddire tutto quello che dico?
"Guardami." Mi ordina.
Non riesco a muovere gli occhi.
"Granger, guardami."
Perché? Guardare quel muro è rilassante. Trasmette pace.
"Questo è strano." Dico finalmente.
"Cosa è strano?"
I miei occhi sono persi, ma le mie labbra si muovono, formando le parole. "Non abbiamo ancora visto Voldemort."
Uso il suo nome di proposito.
Sorprendentemente lascia passare la cosa..
"Staremo qui fino alla fine delle nostre vite." Sussurro.
Silenzio.
"Non ci è voluto molto, vero?" Chiede.
Questo attira la mia attenzione e finalmente lo guardo.
Continua."Solo ieri eri ottimista e completamente convinta che saremo entrambi usciti di qui vivi. Cos'è cambiato?"
Non fa sul serio.
Cos'è cambiato?
Non posso credere che me lo stia chiedendo.
"Sono stanca." Dico alla fine.
"Lo siamo entrambi."
"Mi dispiace, Professore, ma credo di averne passate molte più di lei."
La mia voce è così calma.
"Oh, davvero, Miss Granger?"
"Sì, davvero."
"Puoi illuminarmi?"
Lo guardo, di nuovo. "So cosa sta facendo."
Lui alza solo un sopracciglio, interessato.
"Lo ha già fatto prima e io ho una buona memoria." Continuo."Sta cercando di farmi arrabbiare così che possa confidarmi con lei."
“Non posso nasconderti nulla, vero?” C’è del sarcasmo nella sua voce.
"Una ragazza è stata uccisa davanti ai miei occhi. Per colpa mia." Butto fuori. "Il modo in cui mi ha guardata, prima di..."
Mi rilasso, i ricordi mi ritornano in mente.
"Non dimenticherò mai quello sguardo." Dico. "E poi l'hanno semplicemente lasciata a terra... e poi quando l'hanno portata via come se fosse stata una cosa... senza valore... sporcizia."
"Sono Mangiamorte."
Una frase così semplice. Come se spiegasse e giustificasse tutto.
"E quella guardia..." La mia voce trema. "Non lo dimenticherò mai. Anche se sopravvivrò. Mi sento... sporca... danneggiata. Ma la cosa più divertente è che... non mi ha ancora fatto nulla di grave. Nulla. Ma mi sento così comunque."
"Non sei danneggiata, Miss Granger."
"Lo sono."
"No."
Silenzio.
Non mi importa cosa dice.
Le mie mani non sono nemmeno più le mie.
Non posso dimenticare quella... sensazione.
Disgustoso.
"E adesso hanno i miei genitori." Sussurro. "Com'è successo?"
"Devi ricomporti, Granger."
No.
Non lo farò.
"Dobbiamo parlare." Prova di nuovo.
No.
Guardo quel muro di nuovo e improvvisamente c'è un completo silenzio intorno a me.
So che il Professor Piton sta dicendo qualcosa, ma non riesco a sentirlo.
Il posto in cui mi trovo è migliore.
Più sicuro.
Più calmo.
***
É l'ora della visita al bagno.
"Ragazza." La guardia mi chiama, ma non mi muovo nemmeno.
Non devo andare in bagno.
"Vieni qui." Ordina, impaziente.
"Non vengo." Mormoro, senza nemmeno guardarlo.
"Tu vieni."
Resto in silenzio.
"Granger." Prova il Professor Piton, spostandosi più vicino a me. "Dovresti andare con lui. Non causare problemi."
"Non ci vado." Insisto.
Improvvisamente la guardia è affianco a me e mi afferra con forza il braccio prima di trascinarmi fuori dalla cella.
***
Vengo spinta nuovamente nella prigione.
Non m'importa.
Cammino lentamente verso la sedia e mi accomodo, senza guardare il Professor Piton, anche se riesco a sentire i suoi occhi puntati su di me.
Poi va via con la guardia.
Capisco che sono sola nella cella.
Ma ciò non mi spaventa più.
Non m'importa della guardia.
Il peggio è già successo. Non m'importa cosa decidono di farmi se fanno del male ai miei genitori.
Se succedesse loro qualcosa, la mia vita sarebbe finita.
***
Non sobbalzo nemmeno quando le porte si aprono di nuovo.
Non è la guardia.
É il Professor Piton.
Attende che siamo nuovamente soli, poi si avvicina a me.
Cosa vuole adesso?
É in piedi davanti a me.
E poi all'improvviso mi tira uno schiaffo.
Non forte, ma cattura sicuramente la mia attenzione.
Non posso crederci.
"C-cosa sta facendo?" Chiedo, alzando lo sguardo verso di lui.
"Ti sto aiutando." Sogghigna.
"Picchiandomi?"
La rabbia sta lentamente prendendo il sopravvento su di me.
"Nient'altro ha funzionato. Avevi bisogno di quello schiaffo, Granger."
"No, non ne avevo bisogno!" Alzo la voce. "Non sono una bambina che può semplicemente... tormentare e picchiare. Voglio starmene da sola."
"Beh, sfortunatamente, non puoi startene da sola. Siamo qui insieme."
"Mi lasci stare!"
Mi guarda, fisso negli occhi. "No."
La mia rabbia si sta lentamente trasformando in collera.
"Non capisce come mi sento." Gli dico.
"Poverina." Mi deride. "Certo che non lo so, perché mi stanno trattando molto meglio. Questo è ciò che chiamo una vacanza da Hogwarts."
Mi alzo in piedi, guardandolo inferocita. "Sono stata obbligata a spogliarmi davanti a quelle vili guardie, ho dovuto ascoltare ogni loro commento. Non ricordo che abbiano detto qualcosa su di lei!"
"Granger - "
"Poi sono stata attaccata dalla guardia. Tre volte!" Sto urlando adesso. "Guardi la mia camicia! É strappata e non posso nemmeno muovermi decentemente perché ho paura di mostrare troppo. Ma non importa più ormai, perché lei ha già visto tutto!"
"Quegli eventi sono stati spiacevoli, sì, ma potrebbe essere peggio."
"É peggio! Hanno i miei genitori!"
"Come fai a saperlo?"
"Lo so! E-e se è così, allora è tutto finito. Non posso più farcela!"
"Puoi."
"No!" Gli grido contro. "Non capirebbe mai comunque."
Si allontana da me. "Cosa intendi dire?"
"Lei è freddo! Riesce almeno a provare qualcosa?"
Il suo volto s'irrigidisce.
Sto tremando, ma continuo comunque. "Sa come ci si sente quando si tiene a qualcuno, quando si ama qualcuno?"
"Faresti meglio a tacere, Granger. Ora."
"O cosa farà? Mi schiaffeggerà di nuovo?" Non riesco più nemmeno a controllarmi. "Sono i miei genitori! Sa almeno cosa significa? Ha avuto dei genitori?"
Improvvisamente mi afferra rudemente il braccio, attirandomi a lui. "Non parlarmi in questo modo."
La sua voce è così bassa, ma percepisco la nota pericolosa. Non mi aveva mai parlato in questo modo prima d'ora.
Sembra farmi reagire. E la sua presa è davvero forte.
In effetti mi fa male.
Lo guardo negli occhi. C'è una certa oscurità nel suo sguardo. Ne sono la causa?
"Hai capito?" Chiede, calmo.
"S-sì."
Finalmente mi lascia andare e mi volta le spalle.
Mi fa male il braccio.
Ma... probabilmente me lo merito.
Cosa pensavo di fare parlandogli in quel modo?
É il mio Professore. E mi ha aiutato diverse volte.
Ho combinato un pasticcio.
***
Non mi guarda nemmeno.
Comprensibile.
Cercava di aiutarmi e io l'ho aggredito in quel modo.
Il silenzio è opprimente.
***
É qui.
La guardia.
Entra lentamente nella cella, un ghigno soddisfatto sul volto. E sta reggendo qualcosa.
Una busta da lettere.
Aspetto in silenzio.
"Come state?" Chiede, guardando me e il Professor Piton. "Spero abbiate dormito bene."
Bastardo.
Si limita a scuotere le spalle quando non riceve risposta. "Dritto al punto allora."
La mia gola si chiude.
Non riesco a smettere di guardare la busta.
"Ragazza." Dice la guardia. "Ho qualcosa per te. In caso avessi ancora dei dubbi riguardo ad aiutarci."
La busta.
"Tieni." Dice e me la porge.
Devo prenderla?
Non voglio.
Guardo il Professor Piton ed è diffidente tanto quanto lo sono io.
Alla fine mi dirigo verso la guardia, prendendo velocemente la busta prima di indietreggiare.
Non voglio stargli vicino.
"Non mordo, piccola." Ride. "Beh, ritornerò tra un paio d'ore. Divertiti con ciò che c'è nella busta."
Con questo lascia la cella.
Le mie mani stanno tremando orribilmente.
C'è qualcosa nella busta.
Un oggetto piccolo.
"Aprila." Mi ordina il Professor Piton.
Esito per un istante.
Ma poi mi sforzo lentamente di muovermi e la apro.
Solo allora guardo al suo interno.
Oh Dio.
La busta mi scivola dalle dita e cade a terra mentre mi giro intorno, nel panico.
"Oh Dio. Oh Dio."
Credo che vomiterò.
Il Professor Piton raccoglie con attenzione la busta da terra, poi guarda al suo interno.
"Sai di chi è?" Chiede, calmo.
Non riesco nemmeno a parlare. Non riesco nemmeno a respirare.
Sto solo camminando su e giù per la cella.
"Granger, sai di chi è questo dito?" Chiede di nuovo.
Dito.
Il dito di qualcuno.
Deve essere quello di mia madre.
"Sembra appartenere ad una donna. Dice il Professor Piton.
Non riesco ad ascoltarlo.
"Quello di mia madre." In qualche modo le parole mi escono di bocca.
"Sei sicura?"
Non riesco nemmeno a piangere.
"N-non posso..."
"Granger - "
"Dobbiamo fare qualcosa, qualunque cosa. L-loro non possono fargli del male." Sto tremando incontrollatamente.
"Devi calmarti."
Ma non sto più ascoltando.
Mi avvicino alle porte e inizio a prenderle a pugni con tutta la mia forza.
"Non serve a nulla, Miss Granger." Dice con tono pacato.
"Perché ci state facendo questo?" Urlo, prendendo a calci le porte.
"Finirai solo per farti del male."
Non m'importa.
"Usa il cervello, Granger." Mi ordina il Professor Piton. "Sei sicura di riconoscere il dito?"
Mi fermo e mi volto a guardarlo. "Perché mi porterebbero il dito di un estraneo? É quello di mia mamma."
"Sei sicura?" insiste.
Perché mi sta torturando?
Un grido mi sfugge e prendo un bel respiro. "C-cosa vuole che faccia?"
"Voglio che ti accerti che questo apparteneva a tua madre."
Scuoto il capo. "N-non posso- "
"Vieni qui." Il suo tono di voce non ammette discussioni.
Lentamente lo raggiungo e mi obbligo a guardare all'interno della busta.
Di nuovo, la nausea mi assale."É il suo."
"Ne sei certa?"
Mi obbligo a guardare di nuovo il dito.
Il sangue.
Il ripugnante colore pallido della pelle.
Ma...
L'unghia.
Qualcosa non va.
Mia mamma ha una diversa... forma. Le sue unghie sono più lunghe.
Lentamente mi calmo. "Aspetti..."
Dopo un lungo attimo, sussurro. "N-non credo sia il suo."
Un sorriso prende forma sul mio viso. "Non credo sia il suo." Ripeto.
"Come mai?"
"Le sue unghie sono... diverse."
Il Professor Piton se ne sta zitto, limitandosi ad osservandomi.
"So che non è il suo dito." Dico. "Perché mentirebbero?"
"Secondo te?" Chiede, poi chiude la busta e la poggia sulla sedia.
Sono così confusa.
"Significa che non hanno i miei genitori?"
Riesco a respirare a stento.
"É una possibilità. E questo è ciò che ho tentato di dirti per tutto il tempo." Spiega. "Non puoi credere ciecamente a ogni cosa che dicono."
Lascio andare un sospiro. "Mi sono comportata così da... immatura."
"Sì, l'hai fatto."
Alzo lo sguardo verso di lui. "Mi dispiace."
Sbuffa semplicemente e mi volta le spalle.
È come se un macigno mi fosse stato tolto dalle mie spalle.
Riesco di nuovo a respirare.
I miei genitori sono al sicuro.
***
"Crede davvero che non hanno i miei genitori?" Chiedo di nuovo.
"Credi che l'Ordine li lascerebbe indifesi dopo la tua scomparsa?"
"N-non lo so... Sono andata nel panico."
"Questo è esattamente ciò che non dovresti fare."
"Non riuscivo a ragionare." Ammetto.
"L'ho notato."
Silenzio.
***
Alla fine la guardia è tornata.
Non sopporto quello sguardo soddisfatto sul suo volto. Pensa di averci entrambi in pugno.
"Beh, avete visto il regalo che vi ho dato? Vi è piaciuto?" Chiede.
Afferro immediatamente la busta dalla sedia e gliela lancio contro. Lo colpisce sul petto e poi cade a terra.
"Questo è quanto ci è piaciuto!" Gli ringhio contro.
Adesso è serio. "É questo il modo di trattare le cose di tua madre?"
"Non è di mia mamma."
"É così?"
Il Professor Piton interviene. "Non c'è bisogno di giocare. Ti abbiamo scoperto. Adesso prendi la busta e vattene."
La guardia la raccoglie, poi mi guarda. "Va bene, non è di tua madre. Ma noi l'abbiamo."
M'irrigidisco.
"E anche tuo padre. Volevamo semplicemente non fare loro del male. Lei è davvero bella."
Bastardo.
Sto tremando dalla rabbia.
Sta mentendo. Non devo ascoltarlo.
"Volevamo divertirci un po' con lei e questo ha davvero infastidito tuo padre. Eccessivamente protettivo, vero?"
Sta mentendo.
Devo continuare a ripetermelo.
La guardia continua. "Ho avuto la madre e avrò anche la figlia. Forse tuo padre guarderà. Non ho ancora deciso. I giochi sono appena iniziati."
Con questo lascia la prigione.
***
"Sta mentendo." Dico, non sapendo se è un'affermazione o una domanda.
"Sì."
"Ma... come fa a esserne certo?"
Non posso farci niente.
"Sono Mangiamorte. Mentono." Risponde il Professor Piton, poi sospira. "Ci risiamo?"
Resto in silenzio per un istante.
Poi qualcosa mi viene in mente. "Perché non mi hanno ancora violentato? Continuano a girarci intorno, ma poi non fanno nulla. Dio sa che hanno avuto numerose possibilità per farlo. Perché non l'hanno fatto?"
Il Professor Piton s'irrigidisce. Posso avvertire che non si sente a suo agio.
"Non lo so."Risponde alla fine.
"Non voglio che succeda."
"Lo so."
C'è una tale oscurità nella cella.
Non riesco a vedere niente.
É notte fonda e non sono nemmeno sicura se so di cosa sto parlando.
Ma in qualche modo continuo. "Non voglio che sia lui."
"Cosa vuoi dire?"
"Intendo... sa... i-il primo."
Silenzio.
Continuo. "Lo so che pensa che mi sto comportando come una bambina e... non sto vivendo in una favola, ma... non voglio che succeda in questo modo. Non qui. Non ora."
Alla fine parla. "Miss Granger, dubito fortemente che questa conversazione sia appropriata."
Lo so che è inappropriata. E non penso che sarei capace di tenere questa conversazione se potessi vederlo. Ma l'oscurità rende le cose più semplici.
Più sicure.
E posso immaginare quanto possa essere divertente se lui fosse davvero un Mangiamorte e stia complottando contro di me. Si starà divertendo molto ad ascoltarmi.
Ma in questo momento non posso pensarci. Mi fa male la testa per tanto sospetto.
Tutto ciò che voglio ora è sentirmi al sicuro.
Parlare.
"Non voglio che sia lui." Ripeto. "E non tanto per me, ma... per lui. Non voglio che vinca e che mi faccia questo."
Il Professor Piton resta in silenzio per un momento, poi sospira. "Cosa vuoi che ti dica?"
Non c'è nulla.
Nulla che lui possa dire per migliorare le cose.
Nulla che possa fare.
Perché mi aspetto sempre che renda le cose migliori?
Lui è impotente quanto me.
"Preferirei uccidermi piuttosto che permettergli di..." La mia voce si affievolisce.
"Non dire stupidaggini."
"Sono seria."
"Granger - "
"So che non posso fargli del male... ma posso farne a me stessa."
"Non farai una cosa del genere." Risponde, con voce più forte.
"Ho paura."
"Lo so."
Silenzio.
Chiudo gli occhi.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top