4. Le Cacciatrici
[03.09.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
Rantolai mentre Annabeth mi scagliava a terra, addossandosi proprio sul fianco ferito. Non è che mi importasse più di tanto, ad essere sincera: preferivo che mi schiacciasse la ferita piuttosto che lanciarmi giù per la scogliera. Di immortales, nemmeno si vedeva il mare, da lì sopra...
La prima raffica di proiettili ci sorvolò senza conseguenze. «Scusa!» esclamò Annabeth trafelata. Si frugò nella tasca e mi ficcò qualcosa in bocca che sapeva spaventosamente di biscotti cioccolato&cannella. Mi chiesi stupidamente per quale motivo girasse con i biscotti in tasca; poi lo ingoiai, e venni immediatamente investita da un piacevole brivido che spazzò via gran parte del dolore. Così capii che mi aveva dato dell'Ambrosia. «Stai giù e aspetta che faccia effetto» mi ordinò, alzandosi e affiancando Percy e i Di Angelo.
Talia e Grover si erano fatti avanti alle spalle di Thorn. Mia sorella brandiva il suo scudo magico: l'egida, un dono di nostro padre. La Manticora trasalì e ringhiò alla sua vista; lei lo attaccò con la lancia. «Per Zeus!» gridò.
Be', avrei voluto che lo facesse a fettine per me, non per nostro padre, ma me lo feci andare bene lo stesso purché lo uccidesse. Talia aveva mirato alla testa, ma Thorn ruggì e parò il colpo, spingendo la lancia di lato. La sua mano si trasformò in una zampa arancione con delle enormi chele che si abbatterono contro lo scudo di Talia, sollevando scintille. Lei riuscì a fare una capriola all'indietro e atterrò in piedi.
Mi era mancato vedere Talia all'opera. Mi era sempre stato detto che ero una brava combattente... ma lei era di gran lunga più brava di me. Si muoveva sinuosa e letale, come se fosse nata per fare quello.
Il rumore dell'elicottero si stava intensificando, ma non osai girarmi a guardare. Il dottor Thorn bersagliò Talia con un'altra raffica di missili; i colpi cozzarono contro l'egida e deviarono dalla traiettoria, però la forza dell'impatto mandò mia sorella al tappeto.
Grover partì quindi all'attacco. Si portò il flauto di canne alla bocca e cominciò a suonare, un motivetto frenetico che somigliava a una giga da pirati. L'erba spuntò in mezzo alla neve. Nel giro di pochi secondi, degli arbusti spessi come corde si avvilupparono attorno alle gambe del dottor Thorn, intrappolandolo. «Devo alzarmi, Annabeth» dissi alla mia amica «gli arbusti non lo terranno fermo per molto»
«Sei ancora debole, Alex! Talia se la caverà... riprenditi»
«Non capisci! E' una manticora! Le serve-»
«Una che?» strillò lei sconvolta, interrompendomi. Neanche a farlo apposta, il vicepreside ruggì e cominciò a trasformarsi. Si ingrandì fino ad assumere la sua vera forma, con il volto ancora umano, ma il corpo di un leone gigantesco. La coda coriacea e appuntita scagliava aculei micidiali in ogni direzione.
«Ma voi chi accidenti siete?» gridò Bianca «E quello che cos'è?»
«Una manticora?» ripeté Nico, sbigottito «Ha tremila punti di attacco più cinquemila di munizioni!»
La manticora fece a pezzettini gli arbusti magici di Grover e si voltò verso di noi con un ringhio. «GIU'!» gridai, afferrando Nico per il braccio e tirandolo bruscamente per terra, dove atterrò con la faccia nella neve. Annabeth riuscì a spingere Bianca mentre Percy finalmente si ricordava di avere qualcosa per difendersi; pigiò sull'orologio e una piastra metallica si allargò a spirale, formando uno spesso scudo di bronzo. Le spine vi si abbatterono contro con una forza tale da scalfire il metallo.
La manticora diede una zampata a Grover, facendolo volare accanto a Percy. «Arrendetevi!» ruggì il mostro.
«Mai!» gridò Talia dalla parte opposta. Ripartì all'attacco e per un secondo pensai che avrebbe trafitto quella creatura mostruosa, ma poi un rumore di tuono e un lampo di luce ci sorpresero alle spalle.
L'elicottero sbucò dalla foschia, a un passo dal bordo della scogliera. Era grosso, nero e lucido, con degli aggeggi ai lati che avevano tutta l'aria di essere dei missili. L'equipaggio doveva essere mortale... il che era sicuramente un problema. I fari accecarono Talia e la manticora la scagliò via con la coda. L'egida finì in mezzo alla neve. La lancia volò nella direzione opposta. «TALIA!» gridai terrorizzata, cercando di alzarmi. Percy corse nella sua direzione; quando mi passò davanti mi spinse nella neve, impedendomi di tirarmi su. Parò un aculeo un attimo prima che colpisse mia sorella in pieno petto, rimanendole davanti con fare protettivo. Tirai un sospiro di sollievo, ma servì a poco: eravamo intrappolati tra la manticora e l'elicottero armato. Il dottor Thorn rise. «Ora lo capite che è una causa persa? Arrendetevi, piccoli eroi»
Poi, quanto ormai tutto sembrava perduto, udii un suono nitido e acuto: il richiamo di un corno da caccia nel bosco.
La manticora si bloccò. Per un momento, nessuno si mosse. Si udivano solo il vorticare della neve e del vento e il ronzare delle eliche dell'elicottero. «No» esclamò il dottor Thorn «non può essere...»
Qualcosa saettò accanto a Percy come un lampo di luna e il mostro rimase con la frase in sospeso. Una scintillante freccia d'argento gli si conficcò sulla spalla. Il dottor Thorn arretrò, con un gemito agonizzante. «Maledette!» gridò. Scagliò decine di aculei nel bosco, nella direzione da cui era venuta la freccia, ma decine di frecce d'argento risposero prontamente all'attacco.
Sembrò quasi che le frecce intercettassero le spine a mezz'aria, spezzandole in due, e io capii. Non c'era nessuno che aveva una mira del genere... almeno, nessuno di mortale. La manticora si strappò la freccia dalla spalla con un ululato di dolore. Respirava a fatica. Percy cercò di colpirla con la spada, ma era meno malridotta di come sembrava. Schivò il suo attacco e sbatté la coda sul suo scudo, scansandolo con violenza.
Poi un gruppo di ragazze spuntarono dal bosco, e a me sembrò la visione più bella del mondo. Indossavano jeans e parka argentati, ed erano tutte armate di archi. Avanzarono verso la manticora con un'espressione determinata in viso. «Le Cacciatrici!» esclamò Annabeth.
Una delle arciere più grandi fece un passo avanti, con l'arco teso. Era alta e armoniosa, con la pelle ambrata. A differenza delle altre ragazze, aveva un cerchietto d'argento intrecciato sulla sommità dei lunghi capelli scuri. La riconobbi immediatamente; lanciai un'occhiata a Talia, che la stava fissando come se volesse incenerirla sul posto. «Ho il permesso di uccidere, mia signora?»
Il mostro gemette. «Non è giusto! È un'interferenza diretta! È contro le Antiche Leggi!»
«Non direi» replicò un'altra ragazza. Era piccola, e sembrava avere dodici anni. Aveva i capelli ramati raccolti in una coda e occhi di un giallo argenteo come la luna. Il viso era così bello da togliermi il fiato, ma l'espressione era severa e pericolosa. «La caccia di tutte le bestie selvatiche rientra nella mia sfera. E tu, orrenda creatura, sei una bestia selvatica. Zoe, permesso accordato»
La manticora ringhiò. «Se non posso averli vivi, li avrò morti!» e scattò verso di me.
Mi costrinsi con forza a rimanere ferma dov'ero. Avevo già visto le Cacciatrici in azione, e non era una buona idea mettersi sulla linea di tiro. Annabeth, stranamente, sembrò non considerare nemmeno la cosa. «No!» gridò, e si precipitò verso la manticora.
«Ferma!» gridai, ma fu troppo tardi. Zoe le gridò un avvertimento, ma Annabeth non ascoltò nemmeno lei. Balzò sulla groppa del mostro e gli conficcò il coltello nella criniera.
La manticora ululò, roteando e dimenando la coda, mentre Annabeth si reggeva con tutte le sue forze. «Fuoco!» ordinò Zoe.
«SEI IMPAZZITA?!» sbraitai un momento prima che le Cacciatrici scoccarono le frecce. Guardai con il cuore in gola la prima colpire la manticora sul collo. Un'altra lo centrò al petto. Il mostro barcollò all'indietro, gemendo. «Questa non è la fine, Cacciatrice! La pagherai!» ruggì. E prima che chiunque di noi potesse reagire, la manticora, con Annabeth ancora in groppa, balzò oltre la scogliera e piombò nell'oscurità.
«NO!» gridai. Mi alzai in piedi, pregando di poterla fermare, ma qualcuno mi buttò di nuovo con la faccia nella neve.
Si udì uno snap-snap-snap dall'elicottero: il rumore di un'arma da fuoco. Alzai la testa, sputacchiando, e proprio davanti ai miei occhi spuntò un minuscolo forellino. «Ai mortali non è concesso di assistere alla mia caccia» decretò la dea. Allungò la mano in avanti e l'elicottero esplose; il metallo nero si dissolse in uno stormo di corvi, che si dispersero nella notte.
«Ce la fai ad alzarti, Lexy?» mi chiese Talia. Girai la testa; era lei che mi aveva ributtato con la faccia nella neve.
«Togliti» sibilai. Lei si spostò e io mi alzai in piedi. La ferita mi dava ancora fastidio, ma mi sentivo decisamente meglio. «Perché cavolo mi hai impedito di fermare la manticora?!»
Talia si accigliò e fece per aprire bocca, ma la voce di Zoe la interruppe. «Tu» disse con disprezzo.
Mia sorella si voltò. «Zoe Nightshade» disse con la voce che tremava di rabbia «tempismo perfetto, come al solito»
Zoe scrutò il resto di noi. «Cinque mezzosangue e un satiro, mia signora»
«Sì» disse la dea «ragazzi del Campo di Chirone, vedo»
«Annabeth!» gridò Percy. Lo guardai; i suoi occhi erano spalancati per l'apprensione. Sembrava fuori di sé. Una piccola fitta di gelosia mi strinse il petto, ma la ignorai. «Dovete permetterci di salvarla!»
«Mi dispiace, Percy Jackson, ma la tua amica non si può più aiutare» decretò la dea.
Percy cercò di alzarsi, ma due delle ragazze lo costrinsero a restare a terra. «Non sei nelle condizioni di precipitarti giù da una scogliera» continuò la dea.
«Lasciami andare!» protestò Percy «Chi ti credi di essere?!»
Zoe fece un passo avanti, come per schiaffeggiarlo, ma io le sbarrai la strada. Le rivolsi un'occhiata di sfida, alla quale lei rispose con un piccolo ringhio minaccioso. Sarebbero gelati gli Inferi prima che le permettessi di toccare Percy. Mi parve di sentire la dea ridacchiare. «Non percepisco irriverenza, Zoe. E' solo sconvolto. Non comprende. Io sono Artemide, Percy Jackson. Dea della caccia».
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