31. Miss Tre Nomi
Successe talmente in fretta che mi resi conto con qualche secondo di ritardo che Percy si era mosso; mi spinse di lato, facendomi sbattere contro il muro e quando mi girai mi accorsi che si era messo davanti a me con fare protettivo.
«Oh, mio dio!» gridò la voce di una ragazza «ammazzi tutti quelli che si soffiano il naso?»
Sbirciai da dietro Percy, curiosa. La ragazza aveva gli occhi verdi e i capelli crespi e rossicci, e fissava Percy come se fosse matto. Anche il naso era rosso, come se avesse il raffreddore. Indossava una grossa felpa bordeaux di Harvard e un paio di jeans coperti di segni di pennarelli e forellini. «Ma tu sei mortale!» esclamò Percy.
Lei lo guardò incredula. «E questo che vorrebbe dire? Certo che sono mortale! Come hai fatto a far passare quella spada al metal detector della sicurezza?»
Cavolo. Riusciva a vedere Vortice. Il che significava che era una mezzosangue, oppure una mortale in grado di vedere attraverso la Foschia –come Sally Jackson. «Aspetta un momento, come fai a vedere che è una spada?» fece lui sorpreso.
«La Foschia non funziona con lei» borbottai sottovoce a Percy.
«La che?» fece lei, guardandomi confusa. Accidenti, mi aveva sentita. «Comunque, o è una spada, o è il più grosso stuzzicadenti del mondo. E perché non mi ha ferito? Cioè, non che mi lamenti. Chi siete? E... cavolo, che ti sei messo? È una pelle di leone, quella?»
Aveva fatto tutte quelle domande talmente in fretta che mi sembrarono quasi delle sassate. Io e Percy ci scambiammo un'occhiata, incerti su cosa dire. Poi Percy aggrottò la fronte e schioccò le dita. «Tu non vedi una spada» le disse «questa è solo una penna a sfera»
Lei strizzò gli occhi. «Ehm... no. È una spada, sciroccato»
Mi picchiai una mano in fronte, cercando di non ridere. Aveva cercato di manipolare la Foschia... e chiaramente non era capace. «Non sei in grado di farlo» gli feci notare.
«Be', allora perché non ci provi tu?» replicò stizzito.
«Perché non sono capace!»
«Uh... capaci di fare che?» domandò la ragazza, guardandoci come se fossimo davvero degli sciroccati.
«Chi sei?» domandò Percy.
La ragazza sbuffò indignata, come se l'avessimo offesa non sapendo chi cavolo fosse. «Rachel Elizabeth Dare. Ora, avete intenzione di rispondere alle mie domande o devo chiamare la sicurezza?»
«No!» esclamò Percy agitato, attirandosi un'occhiata sospettosa dalla ragazza.
Oh dei... forse era meglio se intervenivo. Essere inseguiti anche dalla sicurezza non ci avrebbe certamente aiutati. «Senti, tu... ehm... com'è che hai detto che ti chiami?»
«Rachel Elizabeth Dare» ripetè lei scocciata, alzando gli occhi al cielo.
«Vabbè, quellocheè» replicai seccata. Questa tizia non mi stava piacendo un granché. «Siamo nei guai e andiamo parecchio di fretta, perciò-»
«Nei guai, eh?»
«Sì. Quindi, se per favore ti levi dai piedi, noi-»
Rachel-Elizabeth-chissenefrega guardò oltre la mia spalla e sgranò gli occhi, sbiancando all'improvviso. «Il bagno!» esclamò.
«Cosa?»
«Il bagno! Dietro di me! Ora!»
Percy mi afferrò per il polso e mi trascinò nel bagno degli uomini, lasciando Miss-Tre-Nomi fuori. Udii l'acciottolio e i sibili degli scheletri che si avvicinavano. «Oh, mio Dio!» la sentii esclamare «Avete visto quei due ragazzini? Era ora che vi faceste vivi! Lui ha cercato di uccidermi! Aveva una spada, per l'amor del cielo! Ma io dico, come avete fatto a lasciare entrare un pazzo armato di spada in un monumento nazionale? Insomma, cavolo! Sono scappati da quella parte, verso quei cosi, come si chiamano... le turbine. Hanno scavalcato, mi pare. Forse sono caduti!»
Gli scheletri batterono i denti eccitati. Sentii che si allontanavano. La tizia aprì la porta. «Via libera. Ma è meglio che vi sbrigate»
Sembrava sconvolta. Aveva la faccia terrea e sudata. Io e Percy sbirciammo dietro l'angolo. Tre guerrieri-scheletro stavano correndo in fondo al balcone. La strada verso l'ascensore sarebbe rimasta libera per qualche secondo. «Ti devo un favore, Rachel Elizabeth Dare» fece Percy.
Alzai gli occhi al cielo. Ma naturale che il suo dannatissimo cervellino iperattivo si ricordasse il nome chilometrico di una ragazza carina. «Ma quelli cos'erano?» chiese lei «Sembravano...»
«Scheletri?»
Lei annuì, imbarazzata. «Fatti un favore» disse Percy «scordatelo. Scordati di aver visto lei» indicò me «e di aver visto me»
«E' una splendida idea» concordai a denti stretti «specialmente dimenticarsi di questo qui» aggiunsi, dandogli una pacca sulla spalla un po' troppo forte. Percy mi lanciò un'occhiata... ma la sua espressione non era infastidita. Sembrava vagamente divertito.
Idiota.
«Devo scordarmi anche che hai cercato di uccidermi?» chiese Miss-Tre-Nomi.
«Sì, pure quello»
«Ma tu chi sei?»
«Percy...» cominciò a presentarsi. Poi mi afferrò bruscamente il polso. «Dobbiamo scappare!»
«Che razza di nome è Percy Dobbiamoscappare?»
La ignorammo, sfrecciando verso l'uscita.
Il bar era pieno di ragazzini che si godevano la parte migliore della gita: il pranzo. Talia, Zoe e Grover si stavano sedendo proprio in quel momento con i vassoi pieni. «Dobbiamo andarcene» dissi col fiato grosso «subito!»
«Ma abbiamo appena preso i burritos!» protestò Talia.
«Oh, vogliamo chiedere agli scheletri se li mangiano con noi?!» sbottai sarcastica.
«Che co-»
Zoe si alzò in piedi, mormorando un'imprecazione in greco antico. «Guardate!»
Le finestre del bar giravano tutt'attorno al piano della panoramica, offrendoci una splendida vista sull'esercito di scheletri che era venuto ad ammazzarci. Ne contai due sul lato orientale della diga, che bloccavano la strada per l'Arizona. Altri tre erano sul lato occidentale, a guardia del Nevada. Tutti erano armati di manganelli e pistole. Ma il nostro problema immediato era molto più vicino: i tre guerrieri-scheletro che mi avevano inseguito nella sala delle turbine erano appena comparsi sulle scale. Ci videro in fondo al bar e ci fu il solito acciottolio di denti. «L'ascensore!» suggerì Grover.
Ci slanciammo da quella parte, ma le porte si aprirono con un grazioso ding e ne uscirono altri tre scheletri. Tutti i guerrieri rispondevano all'appello, tranne quello che Bianca aveva mandato in fiamme in New Mexico.
Eravamo completamente circondati. Poi Grover ebbe un'idea brillante, decisamente da lui. «Battaglia al burrito!» strillò, e scagliò il suo Grand Guacamole contro lo scheletro più vicino.
Il suo lancio centrò il bersaglio e gli staccò di netto la testa dalle spalle. Non so che cosa videro gli altri ragazzi del bar, ma andarono su di giri e cominciarono a lanciarsi burritos, patatine e bibite all'impazzata, strillando e gridando. Gli scheletri cercarono di puntare le pistole, ma era inutile. C'erano corpi, cibo e bevande che volavano dappertutto. Nel caos generale, Percy e Talia si avventarono contro gli altri due scheletri sulle scale e li fecero volare sul tavolo dei condimenti. Poi ci precipitammo tutti giù, con i burritos che fischiavano sopra le nostre teste.
«E adesso?» chiese Grover quando irrompemmo fuori. Corremmo verso il padiglione con le due statue alate di bronzo, ma così ci ritrovammo con le spalle contro la montagna. Gli scheletri si fecero avanti, attorniandoci in una mezzaluna. I loro compari stavano accorrendo dal bar. Uno si stava ancora aggiustando il teschio sulle spalle. Un altro era ricoperto di ketchup e mostarda. Altri due avevano dei burritos incastrati fra le costole, e non ne sembravano molto entusiasti. Estrassero i manganelli e avanzarono. «Cinque contro undici» mormorò Zoe «e loro non possono morire»
«È stato bello rischiare la pelle con voi, ragazzi» dichiarò Grover, con voce tremante.
«Per tutti gli dei! Non so tu, ma io non ho nessuna intenzione di crepare così!» esclamai con forza «Ci sarà qualcosa che possiamo fare... qualcuno ha qualche idea?»
«Cavolo» esclamò Percy, girandosi verso le statue «che dita brillanti!»
«Stiamo per morire e tu fissi le dita alle statue?!» ringhiò Talia.
«Alex» mi chiamò Percy, girandosi repentinamente verso di me.
«Che c'è?» risposi tesa.
«Prega tuo padre»
Lo fissai perplessa. «Come, scusa?»
«Prega tuo padre» ripetè lui come se mi avesse chiesto una cosa normale.
«Sì, avevo capito! Perché vuoi che lo faccia?»
«Chiedigli aiuto. Penso... penso che le statue possano portarci un po' di fortuna»
Sei scheletri alzarono le pistole. Gli altri cinque si fecero avanti con i manganelli. «Fallo!» gridò Percy.
«E' inutile, tanto non risponde!» intervenne Talia.
«Stavolta è diverso!» obbiettò lui.
«Ah, sì? E chi lo dice?»
Percy esitò. «Atena, credo»
Non ero l'unica che aveva riconosciuto la guardia forestale, allora... "C'è sempre una via d'uscita per chi è abbastanza sveglio da trovarla", aveva detto. «D'accordo» dissi «ci provo». Chiusi gli occhi, concentrandomi.
Padre, se sei in ascolto... aiutaci a fuggire. Siamo nei guai. Di solito non ti chiedo mai niente... non voglio morire così.
Aprii un occhio, guardandomi in giro. Non stava succedendo nulla, e gli scheletri si facevano sempre più vicini. Nell'aria avvertivo l'energia crepitante del fulmine; guardai Talia credendo che fosse opera sua, ma mi sorpresi di vedere che lei mi stava guardando con la stessa espressione confusa. Capii che era opera di Zeus, e che era in ascolto. Evidentemente mancava qualcosa, nella mia preghiera. Sbuffai.
Per favore...?
Percy sollevò Vortice. Talia levò lo scudo. Zoe si spinse Grover alle spalle e puntò una freccia contro la testa di uno scheletro.
D'improvviso, un'ombra calò su di noi. Alzai la testa e mi resi conto che era quella di un'ala enorme.
Gli scheletri alzarono lo sguardo troppo tardi. Un lampo di bronzo, e i cinque armati di manganello furono falciati di lato. Gli altri scheletri aprirono il fuoco; i guardiani di bronzo si misero davanti a noi e spiegarono le ali a mo' di scudo. I proiettili ci rimbalzarono sopra come pioggia su un tetto di lamiera ondulata. Poi con un colpo d'ali fecero volare gli scheletri in fondo alla strada. «Ah, finalmente in piedi!» esclamò il primo angelo. La voce suonava metallica e arrugginita, come se non avesse più bevuto un goccio dal giorno in cui era stato costruito.
«Ma hai visto che piedi?» rispose l'altro «Per il divino Zeus, ma che accidenti hanno quei turisti nella zucca?»
«Portateci via di qui!» gridò Talia, notando gli scheletri ricomporsi.
Gli angeli le scoccarono un'occhiata dall'alto. «Una delle figlie di Zeus?»
«Sì!»
«E dov'è l'altra?»
«Sono qui» risposi «possiamo andare?»
«Potrei sentire un "per favore", signorine figlie di Zeus?» chiese un angelo.
«Pure voi?!» gridai «D'accordo: salvateci le chiappe, per favore!»
I due si guardarono e scrollarono le spalle. «Non mi farà male sgranchirmi un po'» decise uno.
D'improvviso la statua afferrò me, Percy e Talia. Zoe e Grover vennero presi dall'altra, e immediatamente dopo tutti e sette partivamo a razzo dritti verso il cielo, sopra la diga e il fiume.
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