30. La diga

[22.09.2021 ~ capitolo revisionato ✔]

Ci toccò camminare per almeno un'ora prima di trovare il sentiero giusto, che sbucava sulla sponda orientale del fiume. E una volta saliti in cima, fummo costretti a tornare indietro per raggiungere la diga.

Faceva molto freddo e tirava vento. Da una parte si stendeva un grande lago, contornato dalle montagne spoglie del deserto; dall'altra c'era la rampa da skateboard più pericolosa del mondo -uno strapiombo di duecentoventuno metri sul fiume, con l'acqua che spumeggiava dai condotti di scarico.

Talia camminava in mezzo alla strada, ben lontana dai bordi. Grover continuava a fiutare l'aria e sembrava nervoso: sapevo perfettamente che sentiva odore di mostri, perché lo sentivo anche io. Continuavo a guardarmi in giro, giocherellando con i braccialetti. «Quanto sono vicini?» ci chiese Percy.

«Forse non tanto» rispose Grover «il vento sulla diga, il deserto che ci circonda... l'odore può aver viaggiato per chilometri»

«Il fatto è che l'odore arriva da diverse direzioni» aggiunsi «non mi piace, Percy»

«C'è un bar al centro visitatori» disse Talia «potremmo farci un salto, rifocillarci e poi ripartire se non siete tranquilli»

«Come fai a saperlo?» le domandai.

«Perché ci siamo già state una volta, qui. Non te lo ricordi?» mi rispose.

Scossi la testa. Non ricordavo niente del genere. «Be', eri molto piccola... avevi tre anni, e non ci volevi nemmeno venire. Io però volevo vedere i guardiani». Indicò l'estremità opposta della diga. Scolpita sul fianco del dirupo c'era una piccola piazza con due statue di bronzo. «Furono dedicate a Zeus quando la diga è stata costruita» continuò «un dono di Atena»

Erano circondate da una piccola folla di turisti, che sembravano concentrati sui piedi delle statue. «Che stanno facendo?» chiese Percy.

«Accarezzano i piedi dei guardiani» rispose lei «pensano che porti fortuna»

«Perché?»

Talia scosse la testa. «I mortali si fanno venire delle idee strambe, ogni tanto. Non sanno che le statue sono sacre a Zeus, però sentono che hanno qualcosa di speciale»

«Quando siete venute a vederle vi hanno parlato? Vi hanno dato qualche segno o roba del genere?»

Talia si incupì. «No. Non fanno un bel nulla. Sono solo delle grosse statue di metallo»

«Sarà meglio desinare nel bar della diga» disse Zoe «andiamo a cercarlo»

Grover si lasciò sfuggire un sorriso. «Desinare?»

Zoe lo guardò senza capire. «Sì. Che c'è, ho detto qualcosa di strano?»

«Niente» rispose Grover, cercando di restare serio «in effetti, anch'io gradirei desinare con delle patatine»

Forse era perché eravamo tutti sfiniti, fisicamente ed emotivamente, ma scoppiammo tutti a ridere mentre Zoe ci guardava esasperata. «Basta, io ci rinuncio!» sbottò, ma non sembrava offesa.

D'improvviso, il sorriso si spense sul volto di Percy. Grover smise di ridere. Si stava guardando intorno, confuso. «Che succede?» chiesi, tesa.

«Sbaglio, o ho appena sentito una mucca?» chiese il satiro.

«La invitiamo a desinare con noi?» rise Talia.

«No» rispose Grover «dico sul serio»

Zoe tese l'orecchio. «Io non sento nulla»

«Nemmeno io» feci. Guardai Percy. Era pallido. «Ti senti bene?» gli chiesi preoccupata.

«Sì» rispose «voi andate avanti. Io vengo subito»

«C'è qualcosa che non va?» chiese Grover.

«Niente» rispose lui. Ma non era per niente convincente. «Datemi... datemi solo un minuto... per pensare»

Gli altri esitarono, ma alla fine entrarono al centro visitatori. Io rimasi indietro con Percy. «Che sta succedendo?» lo interrogai.

«Sto bene, Alex» cercò di rassicurarmi «devo solo... fare una cosa, ecco»

«Va bene. Vengo con te»

Percy mi guardò incerto per una manciata di secondi, ma poi sospirò. Annuì e mi fece cenno di seguirlo.

Raggiungemmo con una corsetta il bordo della diga che dava a nord. Percy si sporse per guardare giù, e io pensai di imitarlo, ma un forte odore familiare mi colpì le narici.

Mi raddrizzai, perlustrando la diga con lo sguardo. Mi sistemai dietro Percy, dandogli la schiena. C'era qualcosa che non andava, ne ero sicura. «Che ci fai qui?» lo sentii chiedere.

Come risposta ricevette un muggito. Giuro, un muggito. Ebbi la tentazione di girarmi a vedere cosa cavolo ci facesse una mucca nell'acqua e perché Percy le stesse parlando come se la conoscesse, ma d'improvviso notai la fonte dell'odore che avevo sentito.

C'erano dei gruppetti di ragazzini che correvano lungo la diga. Un sacco di anziani. Qualche famiglia. Apparentemente sembrava tutto tranquillo... se non fosse stato per loro. «No... Percy» lo chiamai allarmata.

Lui si girò. In fondo alla diga, in direzione est, e c'erano due uomini che avanzavano lentamente verso di noi. Indossavano delle mimetiche grigie che luccicavano su corpi scheletrici. Passarono in mezzo a un gruppo di ragazzini, scansandoli in malo modo. Uno protestò: «Ehi!». Un guerriero si voltò e la sua faccia si trasformò per un attimo in un teschio. Il ragazzino strillò e si allontanò insieme agli altri. «Dobbiamo avvisare gli altri» mi disse Percy. Mi prese per mano e insieme corremmo verso il centro visitatori.

Eravamo quasi sulle scale quando udii stridere delle gomme. Sul lato occidentale della diga, un furgone nero si era fermato con una sterzata in mezzo alla strada, mancando di poco un paio di anziani. Gli sportelli si aprirono e uno dopo l'altro scesero altri guerrieri-scheletro.

Eravamo circondati.

Salimmo le scale di corsa e sfrecciammo oltre l'ingresso del museo. La guardia di sicurezza al metal detector gridò: «Ehi, voi due!», ma non ci fermammo. Passammo davanti alle vetrine del museo e ci nascondemmo dietro a un gruppo di turisti.

«Ti ricordi per caso dov'è il bar?» chiese Percy con il fiatone.

«Non ricordo nemmeno di essere mai stata qui» replicai brusca, guardandomi in giro.

«Fermi!» gridò il tizio del metal detector.

L'unico posto dove potevamo andare era un ascensore, insieme al gruppo di turisti. Ci infilammo dentro mentre la porta si chiudeva. «Scenderemo di duecentoventuno metri» annunciò allegramente la guida. Era una guardia forestale con i capelli lunghi e neri legati in una coda e gli occhiali scuri. «Non preoccupatevi, signore e signori, l'ascensore non si rompe quasi mai»

«Stiamo andando al bar?» domandò Percy.

Qualcuno dietro di noi ridacchiò. La guida si voltò a guardarci. Non ne ero sicura... ma mi sembrò di averla già vista da qualche parte. «Stiamo andando alle turbine, giovanotto» rispose la donna «non hai ascoltato la mia affascinante spiegazione al piano di sopra?»

«Lo scusi, oggi è un po' distratto» intervenni con un sorriso di circostanza, stringendo appena la mano a Percy in segno d'avvertimento «mi dica... c'è per caso un'altra uscita, giù?»

«È un vicolo cieco» rispose un turista alle nostre spalle «l'unico modo per uscire è prendere l'altro ascensore»

Splendido. Le porte si aprirono. «Sempre dritti, gente!» esclamò la guida «Una guardia forestale vi sta aspettando in fondo al corridoio»

Non avevamo altra scelta che accodarci al gruppo. «Ehi, voi due» ci chiamò la donna.

Ci voltammo. Si era tolta gli occhiali. Aveva degli inquietanti occhi grigi, come nuvole temporalesche. La riconobbi immediatamente. «C'è sempre una via d'uscita per chi è abbastanza sveglio da trovarla»

Le porte si chiusero con la guida ancora dentro, lasciandoci là da soli. Immediatamente dopo, udii un ding dietro l'angolo. Il secondo ascensore si stava aprendo, svelando un rumore inconfondibile: l'acciottolio di denti di scheletro.

Percy, che non aveva lasciato la mia mano neanche per un secondo, mi tirò con sè e corremmo insieme dietro al gruppo, attraverso un tunnel scavato nella roccia massiccia. Sembrava interminabile. Le pareti erano umide e l'aria ronzava per l'elettricità e il boato dell'acqua. Sbucammo su un balcone a forma di U, affacciato su una grande area-magazzino. Una quindicina di metri sotto, giravano le turbine. «Non vedo nessuna uscita» dissi senza fiato.

«Già, nemmeno io» concordò «a meno che tu non voglia saltare in mezzo alle turbine...»

Feci una smorfia. «Suicidandoci credo che li aiuteremmo e basta...»

Camminammo tra la folla, cercando di non dare troppo nell'occhio. C'era un corridoio alla fine del balcone, forse potevamo nasconderci da qualche parte...

Quando arrivammo in fondo, Percy mi fece arretrare in un piccolo corridoio. Osservammo il tunnel da cui eravamo venuti. Poi, proprio alle mie spalle, udii un «Sssh!» acuto. 

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