22. Blu e Argento

[18.07.2021 ~ capitolo revisionato ✔]


Non riuscivo a prendere sonno. Cavolo, mi ero ridotta persino a pregare tutti gli dei –persino Ares!- di farmi addormentare... ma niente, proprio non ci riuscivo.

Mi sentivo inquieta, come prima di una grossa tempesta. Mentre cambiavo lato, cercando di trovare una posizione accettabile sul sedile della Bugatti Chiron, mi domandai se per caso qualcuno mi avesse lanciato una maledizione. Insomma... erano almeno tre anni che i momenti di pace erano ben pochi, ma almeno riuscivo a dormire senza problemi. Riuscivo, perché ora mi sembrava impossibile. Eppure ero così stanca... 

Sbuffai. «Oohh, per l'amor di-»

«-dio?»

Strizzai gli occhi con una smorfia, sbuffando di nuovo. Non mi spaventai nemmeno, perché sinceramente stavo aspettando che si palesasse. «Mi dica che non ha un haiku pronto, la prego»

«Ho sempre un haiku pronto, dolcezza» replicò lui, e si schiarì la gola.

«Oh, per tutti gli-»

O Principessa

riposare è arduo

distesa male.

Mi girai a guardarlo con la fronte aggrottata. Aveva l'aspetto del senzatetto della stazione; portava dei jeans talmente logori da sembrare quasi bianchi, e aveva un piumino strappato, con l'imbottitura che sbucava fuori. «Non che voglia offenderla, divino Apollo, ma-»

«Fred»

«Cosa?»

«Fred. Sono in incognito». Puntò un dito verso l'alto. «Zeus ci tiene parecchio a certe regole. Non possiamo intervenire. Lo sai, no?»

«Sì, lo so»

«Eppure non sei sorpresa di vedermi». Si picchiettò l'indice sul mento. «Mi avevi riconosciuto» aggiunse, e non era una domanda.

«Già» replicai. Avevo intuito subito che quel senzatetto aveva qualcosa di strano, e non mi ero sbagliata. «Se mia sorella scomparisse, vorrei partecipare all'impresa a tutti i costi. E se non potessi proprio farlo, cercherei di aiutare chi la sta cercando. Ed è esattamente quello che sta facendo lei, Apo- ehm, Fred»

Apollo annuì solenne. «Nessuno può azzardarsi a toccare la mia sorellina. Nessuno. Tu mi capisci. Non avevo dubbi». Mi rivolse un bel sorriso luminoso. «Il treno sta andando parecchio veloce. Manca poco al tramonto... dopo non potrò più aiutarvi. Ma avete fatto un bel pezzo di strada»

«Ottimo. Grazie. Sa anche dove sono Artemide e Annabeth, per caso?»

Si accigliò. «So molte cose e vedo molte cose. Ma dove sia mia sorella, questo sfugge perfino a me. Qualcosa la offusca alla mia vista. Non mi piace. Per quanto riguarda la ragazza che avete perso... non lo so»

Sospirai. Per gli dei era difficile prendere i mortali sul serio, inclusi i mezzosangue. La nostra vita era così breve in confronto alla loro... era normale che Apollo non si interessasse ad Annabeth. Non credo nemmeno che lo avrebbe fatto se lei fosse stata sua figlia, sinceramente. 

«Credo che tua sorella stia facendo una ramanzina epica al povero Jackson» disse qualche minuto dopo.

«Eh? Perché?» domandai, raddrizzandomi sul sedile «E lei come fa a saperlo?»

«Ma che domande... come ti dicevo, io vedo tutto e so tutto» rispose, facendomi l'occhiolino «e tu sai bene la risposta alla tua domanda. Non sono il dio dell'amore... ma lo so riconoscere molto bene, quando lo vedo. Temo, dolcezza, che finirai per farti molto male»

Trasalii di colpo. Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, perfettamente consapevole che Apollo aveva ragione da vendere. Lo sapevo... non facevo altro che ripetermelo. Mi sarei fatta molto male, perché ormai mi ero quasi convinta che Percy provasse per Annabeth ciò che io provavo per lui –ovvero, sentimenti che andavano ben oltre all'amicizia.

Ebbene sì, ci avevo messo quasi tre anni ad ammetterlo apertamente a me stessa: Annabeth l'aveva capito, Grover l'aveva capito, Talia l'aveva capito, persino Apollo l'aveva capito... e io continuavo a negare, ma ormai non avevo più scuse per continuare a farlo. Dovevo accettare la realtà, e questa era che Percy mi piaceva, e non come amico.

E mi piaceva pure parecchio.

«Lo so» ammisi alla fine con un filo di voce.

«Questo non vuol dire che ti devi arrendere, però. Mai arrendersi. Potresti rimanere sorpresa dai risultati»

Lo fissai. Avrei voluto fargli notare che il "mai arrendersi" per lui aveva avuto conseguenze orribili. Bastava pensare a Daphne... ma decisi che forse era meglio tenere la bocca chiusa. «Mi sa che ho problemi molto più grossi di questo, comunque» dissi «sa... la scomparsa di Annabeth, e Artemide-»

Apollo si raddrizzò all'improvviso e schioccò le dita, facendomi ammutolire e sobbalzare dallo spavento. «Ci sono! Sai cosa potresti fare per conquistarlo?»

E vabbè, non mi stava ascoltando. Alzai gli occhi al cielo. «Non gli reciterò un haiku» dissi nello stesso identico momento in cui lui esclamava: «Recitargli un haiku!».

«E' una splendida idea!» continuò poi «Vedi, le grandi menti pensano allo stesso modo! E ne ho uno che sarebbe perfetto, senti un po' qua...»

«Fred!» esclamai, interrompendo sul nascere il suo tentativo di recitarmi quel dannato Haiku «Posso chiederle una cosa di vitale importanza? Come favore personale?»

Apollo sbattè le palpebre. Poi mi abbagliò con un sorriso. «Non c'è bisogno che tu mi chieda di comporre un haiku apposta, stavo giusto per-»

«Con tutto il rispetto» lo interruppi di nuovo, cercando di mantenere la calma «può gentilmente portare le sue divine terga fuori da questa macchina? Adesso, magari? Sa... ho bisogno di riposare... non riuscirò ad aiutare a trovare sua sorella se rischio di svenire per la stanchezza...»

«Oh. Non vuoi sentire l'haiku?»

"NO!" avrei voluto urlare, ma stavo cercando di non farmi incenerire. «Oh, mi emozionerebbe troppo e non riuscirei veramente più a dormire. Magari a impresa conclusa» replicai «quando riusciremo a trovare Artemide. Per festeggiare. D'accordo?»

Apollo ci pensò su per una manciata di secondi. Poi –grazie, Padre- sorrise convinto. «E' una splendida idea! Preparati per qualcosa di epico!» mi disse, aprendo la portiera «E a proposito... io non cercherei subito di dormire, se fossi in te. Percy verrà tra poco a controllare che tu stia bene»

Annuii. Il sollievo che provai per essere scampata all'ennesimo haiku sparì. Non avevo proprio voglia di affrontare Percy... non dopo quanto avevo appena ammesso a me stessa. Lo ringraziai poco convinta e lui mi rispose con un occhiolino prima di scendere dalla macchina.

Sospirai, addossando il capo al poggiatesta del sedile. Di immortales... perché niente era mai facile, per me? Quella dannata situazione mi stava portando a diventare una ragazzina piagnucolosa, e io odiavo piangermi addosso. Chi l'avrebbe mai detto, poi, che l'avrei fatto per questioni di cuore? Non ero figlia di Afrodite! Ma che cavolo mi prendeva? Ero figlia di Zeus, Re dell'Olimpo, Padre di tutti gli Dei! Avrei dovuto comportarmi come tale, e invece me ne stavo lì a-

La portiera si aprì, interrompendo la spirale vorticosa dei miei pensieri rabbiosi. Voltai la testa e mi ritrovai a ricambiare lo sguardo di Percy. «Posso?» mi chiese.

Digli di no, digli di no!

«Sì. Certo»

Oh, dei...

Percy si sedette accanto a me, richiudendo la portiera. Si guardò in giro. «Gran bella macchina» commentò.

«Già»

Il silenzio investì l'abitacolo. Era quasi assordante da tanto che era teso. Deglutii nervosamente. Per un qualche stupido motivo, le parole di Apollo continuavano a rimbombarmi nella testa: "Mai arrendersi! Mai arrendersi!". Stavo quasi per convincermi che aveva ragione, ma Percy si girò verso di me e parlò. «Posso... uhm... chiederti una cosa, Alex?»

Lo guardai, incuriosito. Sembrava nervoso e imbarazzato nello stesso momento. «Che succede, Percy?»

«Oh, niente di... ehm...». Arrossì leggermente. «E' che ho appena parlato con Talia, e... be', mi stavo chiedendo...» 

Si interruppe, aggrottando le sopracciglia. Qualcosa mi si smosse nel petto... qualcosa che riconobbi come panico. Apollo aveva detto che Talia aveva fatto una bella ramanzina a Percy, e anche se non aveva risposto alla mia domanda mi aveva lasciato intendere che la causa ero io. Oh dei, e se stava per chiedermi se mi piaceva? Che cavolo gli avrei risposto? Oh dei... oh dei... 

«Come si fa a capire se ti piace qualcuno, secondo te?» concluse incerto «Non intendo come amico o come amica... cioè... quello è facile da capire... credo...»

Sbattei le palpebre, fissandolo perplessa. Quella era una domanda che non mi aspettavo, sinceramente. Ma che cavolo... «Percy, guardami bene» gli dissi «ti sembro una figlia di Afrodite?»

«Eh? No, che cosa c'entra?» fece lui confuso.

«Perché io non so un accidente di niente di queste cose» ribattei, incrociando le braccia e guardando ostinatamente davanti a me. Mi stavo arrabbiando, perché una vocina nella mia testa continuava a ripetermi che non si riferiva a me: altrimenti perché chiedere un consiglio del genere proprio alla sottoscritta? E poi... mentivo, perché conoscevo la risposta alla sua domanda. «Vuoi sapere quale tipo di arma è perfetta per uccidere un mostro? Vuoi un'opinione su una strategia d'attacco? Sono la persona giusta per te. Ma non posso dirti come fare a renderti conto che ti piace Annabeth»

Con la coda dell'occhio lo vidi trasalire violentemente. «C-cosa?!» balbettò «Io non... non ho detto... Annabeth? Non l'ho nemmeno... cosa... io non-»

«Oh, ma piantala!» sbottai, perdendo completamente la pazienza «Ti piace Annabeth, e non come amica! Cosa credi, che non me ne sia accorta? Di immortales... guardati! E' da quando è stata rapita che hai perso la brocca!»

«Ma che cosa...». Si innervosì visibilmente. «Non è vero! Sono solo preoccupato per lei! E anche tu lo sei!»

«Sì, ma a me Annabeth non piace in quel senso!»

«Già, a te in quel senso piace solo Beckendorf!»

Spalancai gli occhi, girandomi a guardarlo. E sì, fui io che persi la brocca... e anche il filtro mente-bocca. «Sei proprio un deficiente!» gridai «E' per caso Beckendorf quello che ho seguito fin sotto gli Inferi, due anni fa?! E' per caso Beckendorf quello a cui ho fatto scudo contro tre Cacciatrici e il loro arco?! E' per caso Beckendorf quello per cui ho rischiato di collassare spingendo al massimo la mia Aerocinesi per evitare che si suicidasse facendo un volo di tre piani al Museo?! Di immortales!». Mi strofinai rabbiosamente il volto. «Continui a tirare in ballo Beckendorf e proprio non riesci a renderti conto che non è lui quello che mi piace, ma tu! TU!»

«Cosa...?!»

«COME CAVOLO FAI AD ESSERE COSI' CIECO, EH?! NON POSSO CREDERE CHE TU-»

«Alex...»

«-SIA COSI' IMBECILLE DA NON RENDERTI CONTO DI NIENTE! E ADESSO OSI PURE-»

«Alex»

«-CHIEDERMI COME FARE A RENDERTI CONTO CHE TI PIACE LA MIA MIGLIORE AMICA! LA MIA CAVOLO DI MIGLIORE AMICA, PERCY! MA TI RENDI CONTO DI-»

«ALEX!»

Chiusi la bocca di scatto, sentendolo gridare il mio nome. Mi girai a guardarlo. Entrambi avevamo il fiato pesante, come se avessimo corso per chilometri senza fermarci. Mi fissava stralunato, vagamente pallido. «Cosa c'è?» domandai scorbutica.

«Tu...» disse con un filo di voce «tu hai appena detto che io...»

«Cosa? Che tu-»

Ammutolii all'improvviso, realizzando che cosa avevo appena fatto. Mi sentii la faccia andare in fiamme. Di immortales... gli avevo appena gridato in faccia che mi piaceva. Gridato. In faccia. Oh, dei... ma che mi diceva il cervello? Mi coprii la faccia con le mani. «Oh, mamma...» mormorai debolmente «ah... io... ehm... ho detto...»

Le sue dita mi circondarono delicatamente i polsi, costringendomi a togliere le mani dalla faccia. Non avevo il coraggio di guardarlo, così fissai il bracciolo in mezzo ai nostri sedili. «Alex... io non...». Sospirò. «Credo che... che mi piaccia Annabeth... ma-»

Ah.

Mi sentii morire. Imbarazzo, tristezza, umiliazione... non avevo mai provato queste cose tutte insieme. Mai. Era una prima volta per me.

Diedi uno strattone ai miei polsi, sfuggendo alla sua presa e interrompendo qualsiasi cosa stava per dire. Il silenzio si stava facendo pensante, e io ero certa che se avessi aperto bocca avrei quasi sicuramente vomitato. Inoltre, mi sentivo sull'orlo delle lacrime... e non volevo che mi vedesse piangere.

Mi girai e aprii lo sportello, preparandomi ad uscire. La sua mano, però mi si posò sulla spalla. «No, Alex, aspetta un attimo! Volevo dire che-»

Gli diedi consapevolmente la scossa, obbligandolo a smettere di toccarmi. Non mi sentivo in grado di dirgli nulla... quindi uscii dalla macchina. Sbattei la portiera talmente forte che la vettura ondeggiò, e partì l'allarme antifurto. Mi allontanai velocemente; salii al livello superiore e mi infilai in una macchina con i vetri oscurati, chiudendola dall'interno. Appena in tempo: qualche secondo dopo vidi passare Percy. Mi tappai la bocca con la mano, sdraiandomi, e lasciai andare le lacrime.

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