8. Talia, la piromane
[01.11.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
Le Cacciatrici si stiparono all'interno. Si accalcarono tutte in fondo per stare il più lontano possibile da Apollo e dal resto dei maschi. Bianca si sedette insieme a loro, lasciando il fratellino davanti con noi. Nico parve non farci caso, ma a me venne voglia di tirarle un pugno in faccia. Percy, probabilmente notando la mia inquietudine, mi afferrò per il polso e mi costrinse a stargli vicino.
«Che forza!» esclamò Nico, saltando su e giù sul sedile del guidatore «È davvero il sole? Pensavo che gli dei del sole e della luna fossero Elios e Selene. Com'è che ogni tanto sono loro e ogni tanto siete lei e Artemide?»
«Ridimensionamento» rispose Apollo «hanno cominciato i Romani. Non potevano più permettersi tutti quei sacrifici nei templi, perciò hanno mollato Elios e Selene e hanno affidato a noi il loro lavoro. Mia sorella ha avuto la luna. E a me è toccato il sole. All'inizio è stata un po' una seccatura, ma almeno ci ho guadagnato la macchina»
«Ma come funziona?» chiese Nico «Pensavo che il sole fosse una grossa, fiammeggiante palla di gas!»
Apollo ridacchiò e gli arruffò i capelli. «Questa è solo una voce che probabilmente si è diffusa perché Artemide mi chiamava così, una volta. No, sul serio, figliolo: dipende se parliamo di astronomia o di filosofia. Vogliamo parlare di astronomia? Bah, che gusto c'è? Vogliamo parlare di quello che gli uomini pensano del sole? Ecco, questo è più interessante. Girano parecchio intorno al sole... per così dire. Il sole li scalda, fa crescere i loro raccolti, può dare energia alle loro macchine, rende tutto più, be'... luminoso. Questo carro è costruito con i sogni che gli uomini hanno sul sole. È antico quanto la civiltà occidentale. Ogni giorno percorre il cielo da est a ovest, illuminando ogni più piccola vita mortale. Il carro è la manifestazione del potere del sole, così come i mortali lo percepiscono. Ti torna?»
Nico scosse la testa. «No»
«Be', allora immaginalo come una macchina solare, potentissima e molto, molto pericolosa»
«Posso guidare?»
«No. Sei troppo piccolo»
Grover alzò la mano. «Io! Io!»
«Mmh... no» rispose Apollo «troppo peloso»
Ignorò del tutto Percy e puntò gli occhi su di me. Scossi con vigore la testa: non mi sarei mai messa alla guida di quell'affare. Quindi si rivolse a mia sorella. «La figlia di Zeus!» esclamò «Il Signore del Cielo. Perfetta!»
«Oh, no» Talia scosse la testa «no, grazie»
«Coraggio» insistette Apollo «quanti anni hai?»
Talia esitò. «Non lo so»
Era triste, ma vero. Era stata trasformata in albero quando aveva dodici anni, ma erano passati sette anni da allora. Perciò avrebbe dovuto averne diciannove, stando al calendario. Ma si sentiva ancora come una dodicenne e, a giudicare dall'aspetto, sembrava a mezza strada tra le due età. L'unica cosa che Chirone aveva potuto stabilire era che aveva continuato a crescere anche in forma arborea, solo molto più lentamente. Apollo si diede dei colpetti sulle labbra con il dito. «Hai quindici, quasi sedici anni»
«Come fa a saperlo?»
«Ehi, sono il dio della profezia. Conosco le cose. Compirai sedici anni fra una settimana circa»
«È vero! Il mio compleanno è il ventidue dicembre»
«Il che significa che sei abbastanza grande per guidare con il foglio rosa!»
Talia si agitò un po' sul posto. «Ehm...»
«So cosa stai per dire» continuò Apollo «non ti senti degna dell'onore di guidare il carro del sole!»
«Non è quello che stavo per dire, no...»
«Non ti agitare! Dal Maine a Long Island è soltanto un viaggetto, e non ti preoccupare per quello che è successo all'ultimo ragazzo che ho addestrato. Sei la figlia di Zeus. Non ti fulminerà!»
Apollo rise di cuore, ma il resto di noi non si unì alla sua risata. Io e Percy ci scambiammo un'occhiata: entrambi sapevamo che essere la figlia di Zeus non avrebbe risparmiato Talia dall'essere fulminata, visto che io il fulmine divino di papino caro l'avevo già sperimentato. Il Dio, comunque, era deciso a non accettare un no come risposta. Pigiò un pulsante sul cruscotto e in cima al parabrezza spuntò un cartello. «Tranquilla!» disse a Talia «Sarai un pilota nato! La velocità è proporzionale al calore, perciò parti piano e assicurati di raggiungere una buona altitudine prima di darci dentro»
Talia strinse il volante così forte che le si sbiancarono le nocche delle mani. Sembrava sul punto di vomitare, e io improvvisamente ricordai perché. «Ehm... Lia, forse è meglio se lasci guidare me» borbottai «e ti vai a sedere lì... a metà autobus... lontana dai finestrini...»
«Perché? Qualcosa non va?» chiese Percy.
«No, niente» rispose lei incerta «t-tutto bene. Posso farcela, L-Lexy»
«Stai balbettando» le feci notare.
«N-no» mi contraddisse lei.
Tirò indietro il volante, che si inclinò. Il minibus balzò verso l'alto così in fretta che per poco non caddi all'indietro; grazie agli dei riuscii ad aggrapparmi ad un sedile. Percy, invece, rotolò addosso a Grover, che urlò di dolore.
«Rallenta!» esclamò Apollo.
«Scusi!» disse Talia «Tutto sotto controllo!»
«Talia, vacci piano con l'acceleratore!» protestò Percy.
«Tutto sotto controllo, Percy» ripeté lei a denti stretti. Però continuava a schiacciare l'acceleratore a tavoletta.
«Lia, devi darti una calmata!» esclamai «Cerca di rilassarti!»
«Sono rilassata!» replicò lei. Era talmente rigida che sembrava di compensato.
«Lo vedo» brontolai sarcastica «ehi, Percy! Tutto bene?»
«Sì, più o meno» rispose con uno sbuffo.
«Dobbiamo virare a sud per Long Island» annunciò Apollo «gira a sinistra»
Talia sterzò, e stavolta finii addosso a Percy, che a sua volta finì addosso a Grover. Il satiro urlò di dolore. «L'ALTRA SINISTRA!» gridai.
«Tua sorella ha ragione, dolcezza» fece Apollo. Gettò un'occhiata fuori dal finestrino, e quando lo feci anche io trasalii. Era nero. Di immortales... Talia ci stava portando nello spazio!
«Ah...» esclamò Apollo, ed ebbi la sensazione che si sforzasse di sembrare calmo «un po' più in basso. Cape Cod sta congelando»
Talia inclinò il volante. Aveva la faccia bianca come il gesso e la fronte imperlata di sudore. «Che gli prende a tua sorella?» mi chiese Percy.
Non feci in tempo a rispondere, però. Il bus cominciò a scendere in picchiata e Percy strillò proprio nel mio orecchio sinistro, assordandomi. Ora stavamo precipitando verso l'Atlantico a mille miglia all'ora, con la costa del New England lontana sulla nostra destra. E nell'abitacolo iniziava davvero a fare caldo, e non solo perché Percy mi aveva circondato la vita con le braccia e mi teneva stretta a sé come se ne andasse nella sua vita.
Apollo era finito da qualche parte in fondo, ma cominciò a risalire fra i sedili lungo il corridoio. «Prenda il volante!» lo implorò Grover.
«Non vi preoccupate» rispose il dio. Sembrava preoccupatissimo. «Deve solo imparare a... CAVOLO!»
Vidi anch'io quello che stava vedendo lui. Sotto di noi c'era una piccola cittadina innevata del New England. O perlomeno, una cittadina che prima era innevata. Sugli alberi, sui tetti e sui prati la neve si sciolse in quel preciso istante. Il candido campanile di una chiesa imbrunì e cominciò a prendere fuoco. Piccoli pennacchi di fumo, come le candeline di una torta, spuntarono in tutta la città. Alberi e tetti si stavano incendiando. «SALI!» strillammo io e Percy insieme.
C'era una luce folle negli occhi di Talia. Strattonò il volante. Mentre ci rialzavamo come un missile, vidi dal lunotto posteriore che gli incendi diffusi nella cittadina si spegnevano per l'improvvisa ondata di gelo. «Laggiù!» indicò Apollo «Long Island, sempre dritto. Rallentiamo un po', tesoro. Così ci ammazziamo... cioè, non tutti, naturalmente...»
Ci stavamo lanciando verso la costa settentrionale di Long Island. Ecco il Campo Mezzosangue: la valle, il bosco, la spiaggia. Scorsi il padiglione della mensa, le capanne delle case e l'anfiteatro. «Lia, ti prego!» la implorai «Non voglio morire qui sopra!»
«Ho tutto sotto controllo» borbottò Talia «ho tutto sotto controllo»
«Oh dei, non è vero, non è vero» piagnucolò Grover, pallido come un lenzuolo.
Eravamo a pochi chilometri di distanza, ormai. «Frena» disse Apollo.
«Ce la posso fare»
«FRENA!»
Talia pigiò il pedale del freno. Il bus solare si impennò di quarantacinque gradi e atterrò di schianto nel laghetto delle canoe, con un gigantesco SPLAAAAASH!.
Un'enorme nuvola di vapore si levò dall'acqua e le Naiadi fuggirono terrorizzate, lasciando i cesti di vimini intrecciati a metà. Il bus rimase a galleggiare sulla superficie, insieme a un paio di canoe rovesciate e mezzo affumicate. «Be'» esclamò Apollo con un sorriso temerario «avevi ragione, mia cara. Avevi tutto sotto controllo! Andiamo a vedere se abbiamo bollito qualcuno di importante, che ne dici?».
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