42. Nemico mortale (P)

In confronto al Monte Olimpo, Manhattan era tranquilla. Era l'ultimo venerdì prima di Natale, di mattina presto, e non c'era quasi nessuno sulla Quinta Strada. Argo, il capo della sicurezza dagli innumerevoli occhi, venne a prendere me, Alex, Annabeth e Grover all'Empire State Building e ci riaccompagnò al campo sotto la neve. L'autostrada di Long Island era quasi deserta.

Mentre ci inerpicavamo su per la Collina Mezzosangue, verso il pino su cui scintillava il Vello d'Oro, mi aspettavo quasi che avremmo scorto Talia, là ad aspettarci. Ma non era così. Ormai era già lontana, al seguito di Artemide e delle Cacciatrici, verso una nuova avventura.

Lanciai un'occhiata ad Alex. Da quando avevamo lasciato l'Olimpo non aveva detto una parola. A pensarci bene, l'ultima volta che l'avevo sentita parlare era durante il Consiglio. Aveva gli occhi arrossati ed era molto pallida; aveva la fronte aggrottata, come se stesse pensando intensamente a qualcosa. Lo sguardo mi cadde sulla ciocca grigia nei suoi capelli. Non potei fare a meno di sentirmi in colpa. Aveva dovuto subire il peso del Cielo per colpa mia... «Stai bene?» le domandai.

Lei non mi guardò nemmeno. Si limitò ad annuire, ma non la diede a bere a nessuno dei tre. Grover la scrutò preoccupato e poi scosse la testa a me e a Annabeth. «Perché non vai un po' a riposarti, Alex?» le propose quest'ultima «Sembri esausta. Ci pensiamo noi ad aggiornare Chirone»

Alex non le rispose. Si limitò a voltarsi verso destra e a camminare in quella direzione. Ebbi la tentazione di seguirla. Non mi sembrava una buona idea lasciarla da sola. «Non dovremmo accompagnarla?» chiesi.

«Credo che abbia bisogno di rimanere sola» disse Annabeth «è a pezzi per via di Talia, probabilmente»

«Sì... forse...» disse Grover incerto «anche se...»

«Anche se cosa?» domandai.

Grover fece scorrere lo sguardo da me a Annabeth. «Ho percepito il suo stato d'animo, e... non lo so, ragazzi, ma non credo che stia così per via di Talia. Deve essere successo qualcos'altro... l'ho vista parlare con Afrodite, sull'Olimpo»

«Con Afrodite?» ripetei orripilato. Cavolo. Cosa le aveva detto la dea dell'Amore? Dovevo assolutamente parlarle... «Forse è meglio se la accompagno»

«Dobbiamo fare rapporto, Percy» mi disse Annabeth «dopo magari andiamo da lei, va bene? Devo parlarle anche io e sono preoccupata per lei, ma può aspettare ancora un po'»

Non mi piaceva... ma aveva ragione.

Chirone ci accolse alla Casa Grande con la cioccolata calda e dei toast al formaggio. Grover se ne andò con i suoi amici satiri a diffondere la notizia del nostro strano incontro con la magia di Pan. Nel giro di un'ora, tutti i satiri correvano per il campo agitati, chiedendo del bar più vicino.

Io e Annabeth sedevamo con Chirone e alcuni degli altri ragazzi più grandi del campo: Beckendorf, Silena Beauregard e i fratelli Stoll. C'era perfino Clarisse della casa di Ares, tornata dalla sua missione segreta. Capii che la sua impresa doveva essere stata difficile, perché non cercò nemmeno di polverizzarmi. Aveva una nuova cicatrice sul mento e i capelli sporchi erano corti e tagliati male, come se qualcuno l'avesse attaccata con un paio di forbici spuntate. «Ehi, dov'è Parafulmini?» mi chiese.

«Sta riposando» risposi.

«Ma sta bene?» fece Beckendorf preoccupato.

Non riuscii a trattenermi dal lanciargli un'occhiataccia. «Benissimo» risposi seccato.

«Avrei preferito che ci fosse anche lei... ho delle novità» borbottò Clarisse «delle brutte novità»

«Ci aggiornerai più tardi» rispose Chirone con un'allegria forzata «così può sentire anche Alexandra. L'importante è che tu ce l'abbia fatta. E che tu, Percy, abbia salvato Annabeth!»

Annabeth mi sorrise con gratitudine e io abbassai lo sguardo. Per qualche strana ragione mi ritrovai a pensare alla diga di Hoover, e alla strana ragazza mortale in cui io e Alex ci eravamo imbattuti, Rachel Elizabeth Dare. Non sapevo perché, ma continuavano a venirmi in mente i suoi commenti irritanti. "Ammazzi tutti quelli che si soffiano il naso?". Ero vivo solo perché avevo ricevuto l'aiuto di molte persone, inclusa una ragazza mortale stramba come quella. Non le avevo mai nemmeno spiegato chi ero. «Luke è vivo» dissi «Annabeth aveva ragione»

Annabeth drizzò la schiena. «Come fai a saperlo?»

Cercai di non sentirmi seccato dal suo interesse. In ogni caso, quella sensazione non era minimamente paragonabile a quella che avevo provato verso l'interesse di Beckendorf per le sorti di Alex. Le raccontai quello mi aveva detto mio padre a proposito della Principessa Andromeda. «Bene». Annabeth si mosse un po' a disagio sulla sedia. «Se la battaglia finale scoppierà quando Percy o Alex avranno compiuto sedici anni, almeno ne abbiamo ancora due per escogitare un piano»

Ebbi la sensazione che quel suo "escogitare qualcosa" significasse "convincere Luke a cambiare". L'espressione di Chirone era cupa. Seduto accanto al fuoco sulla sua sedia a rotelle, sembrava davvero vecchio. Cioè... lui era davvero vecchio, ma di solito non lo sembrava. «Due anni possono sembrare tanti» commentò «ma non sono che un battito di ciglia. Spero ancora che tu non sia il figlio della profezia, Percy. Nello stesso tempo, spero che anche Alex non lo sia. Ma se uno di voi due lo è... allora la Seconda guerra dei Titani è vicina. Il primo colpo di Crono sarà qui»

«Come fa a saperlo?» chiesi «Perché dovrebbe importargli del campo?»

«Perché gli eroi sono gli strumenti degli dei» rispose semplicemente Chirone «distruggi gli strumenti e gli dei saranno rovinati. Le forze di Luke verranno qui. Mortali, semidei, creature mostruose... dobbiamo farci trovare pronti. Forse Clarisse potrà darci qualche indizio su come attaccheranno, ma-»

Qualcuno bussò alla porta e Nico Di Angelo entrò nella stanza, con il fiatone e le guance arrossate dal freddo. Sorrideva, ma si guardò attorno ansioso. «Ehi! Dove... dov'è mia sorella?»

Silenzio di tomba. Guardai Chirone. Non riuscivo a credere che nessuno glielo avesse ancora detto. E poi mi resi conto del perché. Avevano aspettato il nostro ritorno, perché fossimo noi a dirglielo di persona. Era l'ultima cosa che avrei voluto fare. Ma lo dovevo a Bianca. «Ehi, Nico». Mi alzai dalla mia comoda sedia. «Facciamo due passi, ti va? Dobbiamo parlare»

Accolse la notizia in silenzio, il che in qualche modo fu perfino peggio. Io continuai a parlare, cercando di spiegargli come fosse successo, come Bianca si fosse sacrificata per il bene dell'impresa. Ma mi sembrava di peggiorare soltanto le cose. «Voleva che tu avessi questo». Tirai fuori la statuina del dio che Bianca aveva trovato nella discarica.

Nico la tenne nel palmo della mano e la fissò. Eravamo nel padiglione della mensa, proprio dove avevamo parlato l'ultima volta prima che partissi per l'impresa. Il vento era gelido e pungente, a dispetto della protezione magica del campo. La neve si posava lentamente sui gradini di marmo. Oltre il confine probabilmente infuriava una tormenta. «Avevi promesso di proteggerla» disse Nico.

Una pugnalata nel petto mi avrebbe fatto meno male. «Nico, ci ho provato» risposi «ma Bianca ha dato sé stessa per salvare il resto di noi. Io e Alex la abbiamo pregata di non farlo. Ma lei...»

«Avevi promesso!». Mi guardò torvo, gli occhi cerchiati di rosso. Chiuse la statuina nel piccolo pugno. «Non mi sarei dovuto fidare di te». La voce gli si incrinò. «Mi hai mentito. I miei incubi avevano ragione!»

«Aspetta. Quali incubi?»

Gettò a terra la statuina, che tintinnò sul marmo ghiacciato. «Ti odio!»

«Potrebbe essere ancora viva» replicai, disperato «non lo so con sicurezza...»

«È morta». Chiuse gli occhi. Tremava di rabbia. «Avrei dovuto capirlo prima. È nelle Praterie degli Asfodeli, di fronte ai giudici, in questo stesso istante. È sotto processo. Lo sento»

«In che senso, lo senti?»

Prima che potesse rispondermi, udii un altro rumore alle mie spalle. Un sibilo, un acciottolio che conoscevo fin troppo bene.

Estrassi la spada e Nico trasalì. Mi voltai e mi trovai di fronte quattro scheletri. I guerrieri sogghignarono, e avanzarono con le spade sguainate. Non sapevo come fossero riusciti a entrare nel campo, ma non aveva importanza. Non sarei mai riuscito a chiamare aiuto in tempo. «Stai cercando di uccidermi!» strillò Nico «Hai portato tu questi... questi cosi?»

«No! Cioè, sì, hanno seguito me, ma no! Nico, scappa! Sono indistruttibili!»

«Non mi fido di te!»

«Percy!»

La voce di Alex quasi mi fece distrarre. Il primo scheletro mi attaccò; lo disarmai con un colpo solo, ma gli altri tre continuavano ad avanzare. Alex arrivò giusto in tempo, le Gemelle sguainate, e ne decapitò uno mentre io facevo lo stesso con l'altro. Cominciarono subito a ricomporsi. «Come diavolo sono entrati?!» ringhiò Alex.

«Non ne ho idea!» risposi, staccando la testa anche al terzo. Quello continuò a battersi come se niente fosse.

«Nico, scappa!» lo esortò Alex «Chiama Chirone!»

«No!». Si tappò le orecchie con le mani. Io e Alex non facevamo altro che menare fendenti e affondi, schivando molti colpi, ma quelli continuavano ad avanzare. Avevamo bisogno di aiuto. «No!» gridò Nico ancora più forte. «ANDATE VIA!»

Il terreno rimbombò sotto i nostri piedi. Gli scheletri si immobilizzarono. Mi scansai appena in tempo, trascinando Alex con me, e una grossa crepa si aprì sotto i quattro guerrieri. Il terreno si squarciò, spalancandosi come fauci che sputavano fiamme, e con un unico grande CRUNCH! li inghiottì.

Silenzio. Là dove prima erano gli scheletri, una cicatrice lunga sei metri sfregiava il pavimento di marmo del padiglione. Ma per il resto non c'erano altre tracce. «Di immortales...» disse Alex debolmente.

Guardai Nico al colmo dello stupore. «Come hai-»

«Vattene via!» gridò lui «Ti odio! Vorrei che fossi morto!»

Il terreno non si aprì per inghiottire anche me e Alex, ma Nico corse giù per le scale e puntò verso il bosco. Cominciammo a seguirlo, ma scivolai e caddi sui gradini gelati. Trascinai involontariamente anche Alex con me; sparò un paio di parolacce volgarissime, maledicendomi tutti i parenti.

Quando ci rialzammo, vidi su cosa avevo inciampato. Raccolsi la statuina che Bianca aveva recuperato nella discarica per Nico. "Era l'unica che gli mancava" aveva detto. L'ultimo regalo di sua sorella. La guardai con orrore, perché in quell'istante compresi il motivo per cui la faccia mi sembrava familiare. L'avevo già vista. Era una statuina di Ade, Signore dei Morti.

Annabeth e Grover ci aiutarono a cercare nel bosco per ore, ma non c'erano tracce di Nico Di Angelo. «Dobbiamo dirlo a Chirone» disse Annabeth, con il fiato corto.

«No» risposi io.

Lei, Alex e Grover mi guardarono stupiti. «Ehm» fece Grover, nervoso «in che senso... no?»

Stavo ancora cercando di capirlo anch'io, ma le parole mi uscirono di bocca da sole. «Non possiamo farlo sapere a nessuno. Non credo che si siano resi conto che Nico è un-»

«Figlio di Ade» concluse Annabeth «Percy, hai la minima idea di quanto sia grave? Anche Ade ha infranto il giuramento! È orribile!»

«No... non credo che l'abbia infranto» intervenne Alex «Bianca e Nico sono rimasti fuori dai giochi per parecchio tempo, perfino da prima della Seconda guerra mondiale»

«Il Casinò Lotus!» esclamò Grover, e raccontò ad Annabeth le conversazioni che avevamo avuto con Bianca durante l'impresa. «Lei e Nico sono rimasti bloccati là per decenni. Sono nati prima che venisse pronunciato il giuramento»

«Ma come hanno fatto a uscire?» protestò Annabeth.

«Non lo so» ammisi «Bianca ha detto che un avvocato è andato a prenderli e li ha accompagnati a Westover Hall. Non so chi fosse, né perché l'abbia fatto. Forse anche in questo caso c'è di mezzo il Grande Risveglio. Non credo che Nico capisca chi sia. Ma non possiamo dirlo a nessuno. Nemmeno a Chirone. Se gli dei lo scoprissero...»

«Potrebbero ricominciare a litigare» finì Annabeth «ed è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno»

«Salterà fuori, prima o poi. E se Nico dovesse rendersi conto di chi è figlio...» Alex scosse la testa «avrei dovuto capirlo prima. Il suo odore era quello dei Crisantemi... i fiori dei morti». Sospirò. «Forse è meglio che Chirone lo sappia. Potrebbe essere in pericolo. Se Luke lo scopre... la profezia potrebbe riguardare lui...»

«No» insistetti «io scelgo la profezia. Riguarderà me. Non te o Nico»

Alex si accigliò. «Puoi anche decidere di essere Zeus in persona, Percy, questo non vuol dire che magicamente diventi lui. Se le Parche decidono-»

Le parole di Atena mi rimbombarono nella testa. "Rifletti, Percy. Come ti ha manipolato? Prima, ti hanno portato via tua madre. Poi il tuo migliore amico, Grover. Poi mia figlia, Annabeth. E ora chi credi che prenderanno di mira? Coloro che ami sono stati usati per farti cadere nelle trappole di Crono. Il tuo difetto fatale è la lealtà". La paura mi serrò la gola per un attimo. «Non permetterò che tu corra altri pericoli» la interruppi brusco «non se posso evitarlo»

«Non è una tua decisione!» protestò lei «Non puoi dirmi che cosa devo-»

«E non permetterò nemmeno che Nico corra altri pericoli» la interruppi di nuovo, ostinato «lo devo a sua sorella. Io... li ho delusi entrambi. Non lascerò che quel povero ragazzino soffra ancora»

«Quel povero ragazzino che ti odia e che vuole vederti morto» mi rammentò Grover.

«Forse possiamo trovarlo» replicai «possiamo convincerlo che va tutto bene, e nasconderlo in un posto sicuro»

Annabeth rabbrividì. «Se dovesse prenderlo Luke...»

«Non succederà» ribattei «Luke avrà ben altro di cui preoccuparsi. Me, per esempio»

«Sei un idiota» sibilò Alex.

«Perché, hai un piano migliore?» ribattei infastidito.

«Sì, ma tu non mi stai a sentire!»

«Perché il tuo è sicuramente un piano cretino!»

«Tu sei cretino!»

«D'accordo, d'accordo, adesso basta» intervenne Annabeth «non è il momento di litigare, questo...»

«Oh, io credo proprio che lo sia, invece!» la contraddisse Alex. Mi fissava come se volesse incenerirmi. Aveva le mani strette a pugno, e tremavano. «Devi smetterla di prendere decisioni per me, Percy! Sono perfettamente in grado di badare a me stessa! Per chi mi hai preso, per una principiante?»

«Cosa? No! Non ho detto questo!» esclamai «Solo perché voglio tenerti al sicuro-»

«Non te l'ho chiesto io!» sbottò lei «E devi smetterla di fare così, di illudermi, visto non sono io quella che hai scelto!»

Spalancai gli occhi, fissandola incredulo. Stranamente avevo immediatamente capito a che cosa si riferiva. Era questo che le aveva detto Afrodite? Che avevo scelto Annabeth e non lei? «Non è vero che ho scelto» protestai debolmente. Annabeth faceva scorrere lo sguardo tra me e Alex, confusa. Mi sentii estremamente in imbarazzo. «Non possiamo parlarne in privato?» la pregai.

«No» rifiutò lei «non possiamo. E non intendo più parlarne, Percy. Ho chiuso»

«Cosa? Che vuol dire che hai chiuso?»

Alex scosse la testa e mi superò, allontanandosi. Provai a fermarla afferrandole il polso, ma mi diede una scossa talmente forte da farmi battere i denti. «Percy, che hai combinato?» mi accusò Annabeth, accigliata.

Aprii e richiusi la bocca, incerto su cosa dirle. Mi passai una mano in faccia. «Un bel casino» borbottai sotto l'occhiata di disappunto di Grover.

Non so se Chirone credette alla storia che io e Annabeth gli raccontammo. Penso che avesse capito che stavo nascondendo qualcosa a proposito della sparizione di Nico, ma alla fine se ne fece una ragione. Purtroppo, Nico non era il primo mezzosangue a scomparire.

«Torni a casa?» mi chiese Annabeth.

Esitai. Una parte di me voleva restare, sistemare le cose con Alex... ma non potevo ignorare le parole di Chirone. Mi aveva consigliato di tornare a casa e di prepararmi, per quanto possibile. «Sì. E tu che farai?»

Le si colorirono le guance. «Alla fine andrò a San Francisco. Forse posso tenere d'occhio il Monte Tam, assicurarmi che i Titani non facciano altri tentativi»

«Mi chiamerai in caso di problemi?»

Annuì. «Però credo che Chirone abbia ragione. Non accadrà nulla prima dell'estate. Luke avrà bisogno di tempo per recuperare le forze»

Non mi piaceva l'idea di aspettare. E poi in agosto avrei compiuto quindici anni. Un'età talmente vicina ai sedici che non avevo neanche voglia di pensarci. Feci per parlare, ma l'occhio mi cadde su una coppietta che passeggiava nei pressi del laghetto. Un tizio alto con una pettinatura assurda... e Alex.

Mi accigliai. «Chi è quel tipo?»

«Quale tipo?» chiese Annabeth. Le indicai Alex. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Stava ridendo; quel tipo doveva averle detto qualcosa di divertente. Sembrava così allegra, e... porca miseria! «Che ci fa Alex con lui? E' Mitchell Sullivan» spiegò Annabeth confusa «è figlio di Afrodite»

«Cosa?!» esclamai infastidito. Non potevo crederci... ecco che cosa intendeva Alex quando mi aveva detto "ho chiuso". Era convinta che avessi scelto Annabeth... e quindi aveva accettato di uscire con quel Mitchell. Quel tipo così alto, così muscoloso...

Avevo voglia di andare lì e di... ah, non ne avevo idea. Volevo picchiare lui, volevo trascinare via lei... «Lasciala fare» disse Annabeth «tornerà in sé. Quel tipo non le è mai piaciuto. Dalle tempo»

Sospirai. Era meglio se cambiavo argomento. «Abbi cura di te» le dissi «e niente acrobazie strane sul Sopwith Camel!»

Lei mi rivolse un debole sorriso. «Affare fatto. E, Percy-»

Qualunque cosa stesse per dire fu interrotta da Grover, che proprio in quell'istante sbucò dalla Casa Grande, inciampando su delle lattine. Era pallido e spaurito, come se avesse appena visto un fantasma. «Ha parlato!» esclamò «Io... io stavo suonando un po' di musica in salotto, e bevevo del caffè. Una vagonata di caffè! E lui mi ha parlato! L'ho sentito dentro la mia testa!»

«Lui chi?» domandò Annabeth.

«Pan!» gemette Grover «Il Signore delle Selve in persona. L'ho sentito! Devo... devo trovare una valigia»

«Frena, frena, frena» lo fermai io «che cos'ha detto?»

Grover mi guardò con gli occhi sgranati. «Solo due parole. Ha detto: "Ti aspetto"».

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