34. Salvataggio

«È assolutamente perrr-fetto» gongolò la manticora. Indossava un logoro trench nero sopra l'uniforme di Westover Hall, strappata e sudicia. I capelli erano spettinati e sporchi, e avevano perso il taglio militare. Non si rasava da tempo, così la faccia era coperta da un'ispida peluria d'argento.

«Tanto tempo fa, gli dei mi bandirono dalla Persia» raccontò la manticora «fui costretto a rimediare il cibo ai margini del mondo, nascondendomi nelle foreste, divorando insulsi contadini per nutrirmi. Non mi concessero mai di combattere contro i grandi eroi. Nelle vecchie storie nessuno mi temeva né mi ammirava! Ma le cose adesso cambieranno. I Titani mi renderanno onore e banchetterò con la carne dei mezzosangue!»

«Io non ci conterei troppo» replicai a denti stretti, studiando la situazione. Al suo fianco c'erano due guardie armate, parte dei mercenari mortali che io e Percy avevamo visto a Washington. Altre due erano sul pontile accanto al nostro, nel caso cercassimo di fuggire da quella parte. C'erano turisti ovunque –a passeggio sul lungomare, in giro per i negozi– ma sapevo che la loro presenza non avrebbe impedito alla manticora di agire. «Dove... dove sono gli scheletri?» chiese Percy teso.

Thorn fece un verso di scherno. «Non ho bisogno di quegli stupidi zombie! Il Generale crede che io sia un buono a nulla? Cambierà idea quando vi avrò sconfitti da solo!»

«Ti abbiamo già battuto una volta» gli fece notare Percy.

«Ah! Siete riusciti a malapena a battervi con una dea al vostro fianco. E ahimè... quella dea in questo momento è occupata. Stavolta non riceverete aiuti da nessuno»

Zoe incoccò una freccia e la puntò dritta alla testa della manticora. Le guardie sollevarono le pistole. «Aspetta, Zoe! Non farlo!» esclamò Percy. Gli lanciai un'occhiata. Aveva l'espressione seria e concentrata, e capii che stava cercando di escogitare un piano per salvare Bessie e per tirarci fuori di lì. Purtroppo c'erano un sacco di mortali... e le nostre armi non avevano effetto su di loro. Certo, avrei potuto usare Freccia... ma il pensiero mi dava i brividi. Tuttavia non potevamo permettere che mettessero le mani sull'Ofiotauro. Strinsi la presa sulle Gemelle, cercando di ricordare qualcosa del mio addestramento corpo-a-corpo. Mi maledissi per aver privilegiato quello con le armi. Avrei dovuto sicuramente rimediare, se mai fossi tornata al campo.

«Il ragazzo ha ragione, Zoe Nightshade» disse la manticora «metti via l'arco. Sarebbe un peccato ucciderti prima che tu abbia assistito alla grande vittoria di Talia»

«Di cosa stai parlando?» ringhiò lei. Aveva lo scudo e la lancia alzati.

«Ma è evidente» rispose la manticora «è il tuo momento. Ecco perché re Crono ti ha riportato in vita. Tu sacrificherai l'Ofiotauro e porterai le sue viscere al sacro fuoco della montagna. Otterrai un potere illimitato. E per il tuo sedicesimo compleanno, rovescerai l'Olimpo»

Di immortales. Non ci avevo pensato, che stupida... Talia avrebbe compiuto sedici anni solo due giorni dopo. Era una figlia dei Tre Pezzi Grossi. E c'era in ballo una scelta, una scelta terribile... che poteva decretare la fine degli dei. Proprio come diceva la profezia.

Mi aspettavo che Talia mandasse la manticora al diavolo, ma esitò. Sembrava completamente sbigottita. L'ansia mi strinse improvvisamente il petto. «Sai benissimo che è la scelta giusta» continuò la manticora «il tuo amico Luke l'ha capito. Ti unirai a lui. Governerete insieme questo mondo sotto gli auspici dei Titani...»

«Non ascoltarlo» intervenni brusca «Luke non è più tuo amico. Non più. Il Luke che conoscevamo è morto, Lia!»

«Tuo padre ti ha abbandonato, Talia» disse la manticora più forte per contrastare la mia voce «non gli importa nulla di te... e nemmeno a tua sorella importa. Sarebbe stata sicuramente meglio se tu fossi rimasta fuori dai piedi, confinata in quell'albero...»

«Non è vero!» protestai rabbiosa «Non ascoltarlo!»

«... schiaccia gli dei dell'Olimpo sotto i tuoi piedi, come meritano. Chiama quella creatura! Verrà da te. Usa la lancia!»

«Lia! Guardami!» sbottai. Lei obbedì, stordita e incerta. Per un fugace momento sembrò non riconoscermi nemmeno. «Riprenditi! Papà ti ha aiutata!» la incalzai «Se non ti avesse trasformata in albero saresti morta e saresti finita nelle grinfie di Ade. Ti avrebbe buttata nei Campi della Pena!»

«Io... io non...» balbettò.

«L'ho pregato un milione di volte di farti uscire di lì» continuai. Sentii un fastidioso pizzicore alla gola e capii di essere sull'orlo delle lacrime. «Sei la mia famiglia, Lia! L'unica che io abbia mai avuto! Come posso non essere felice di riaverti con me?»

«Non starla a sentire!» intervenne la manticora «Sta mentendo! E' solo gelosa, perché vorrebbe avere la gloria tutta per se! Uccidi la bestia!»

Talia strinse l'asta della lancia, e io mi sentii come se la stessi perdendo di nuovo. Improvvisamente tornai al momento in cui si era sacrificata per permetterci di raggiungere il campo... e mi sentii gelare. La fissai a bocca aperta, incapace di proferir parola.

«Talia, sta dicendo la verità» intervenne Percy «Alex ti vuole bene. Tiene a te. Non farle questo! Reagisci!»

Talia non gli rispose. Grover si portò il flauto alla bocca d'improvviso e suonò un rapido motivetto. La manticora strillò: «Fermatelo!». Le guardie stavano tenendo Zoe sotto tiro e, prima che si rendessero conto che era il ragazzo con il flauto il problema più grosso, si ritrovarono le gambe avviluppate da ramoscelli spuntati sulle assi del pontile. Zoe scoccò due frecce, che esplosero liberando un fumo giallognolo e sulfureo; le guardie cominciarono a tossire.

La manticora ci bersagliò con i suoi aculei; Percy mi si parò davanti e rimbalzarono sulla sua pelliccia di leone. «Grover, di' a Bessie di nascondersi sul fondo e di restare là!» gridò.

«Muuuuuu!» tradusse Grover.

Percy mi afferrò per le spalle e mi scrollò. «Alex, dobbiamo muoverci!» esclamò.

Scossi velocemente la testa, cercando di scuotermi di dosso la sensazione di intorpidimento che si era impossessata di me. Aveva ragione. Dovevamo muoverci. «La mucca...» mormorò Talia, ancora frastornata.

Scattai in avanti e la afferrai saldamente per il polso. «Datti una mossa!» ringhiai, trascinandomela dietro su per le scale, verso il centro commerciale.

Sfrecciammo dietro l'angolo del primo negozio. Udii la manticora che urlava ai suoi compari: «Prendeteli!» e i turisti che gridavano mentre le guardie sparavano in aria alla cieca. Corremmo in fondo al pontile e ci nascondemmo dietro un chiosco pieno di souvenir di cristallo. Accanto a noi c'era una fontana. Sotto, un gruppetto di leoni marini prendeva il sole sugli scogli. Davanti a noi si stendeva la Baia di San Francisco: il Golden Gate, l'isola di Alcatraz, le colline verdi e la nebbia in lontananza, su a nord.

«Tuffati, Percy!» esclamò Zoe «Tu puoi fuggire in mare, puoi correre a chiedere l'aiuto di tuo padre! Forse puoi salvare l'Ofiotauro!»

«Io non vi lascio qui, ragazzi» rispose determinato «combatteremo insieme»

«No, devi andare» lo contraddissi «devi avvertire il Campo, Percy. Noi ce la caveremo»

«Avvertire il campo» mormorò «buona idea». Tolse il cappuccio a Vortice e mozzò la canna della fontanella. Il tubo esplose e ci sommerse di spruzzi.

Talia trasalì all'impatto con l'acqua. Ma nei suoi occhi la nebbia sembrò dileguarsi. «Sei impazzito?» strillò. Grover si frugò in fretta nelle tasche, lanciò una dracma d'oro nell'arcobaleno creato dalle goccioline d'acqua e gridò: «Oh dea, accetta la mia offerta!». Le goccioline si incresparono. «Il Campo Mezzosangue!» disse Percy.

E lì, nella nebbiolina scintillante proprio accanto a noi, c'era il signor D con la sua tuta da ginnastica leopardata, che frugava nel frigorifero. Alzò pigramente lo sguardo. «Prego?»

«Dov'è Chirone?» gridç Percy.

«Che maleducato». Il signor D bevve un gran sorso da una bottiglia di succo d'uva. «È così che si saluta?»

Alzai gli occhi al cielo. «Non c'è davvero tempo per ques-»

«Sto aspettando...»

Percy digrignò i denti. «Salve. Stiamo per morire! Dov'è Chirone?»

Il signor D ci rifletté un po' su, come se avessimo a disposizione tutto il tempo del mondo. Cosa c'era di così difficile da capire nella frase STIAMO PER MORIRE, accidenti?

Alle nostre spalle, passi e grida: le truppe della manticora si stavano avvicinando. «Per morire» rimuginò il signor D «com'è eccitante. Temo che Chirone non ci sia. Vuoi lasciarmi un messaggio?»

Percy si girò, pallido. «Siamo morti» mormorò debolmente.

Talia strinse forte la lancia. «Allora moriremo combattendo» disse.

«Che nobile discorso» commentò il signor D, soffocando uno sbadiglio «allora, qual è il problema, di preciso?»

Gli raccontai velocemente dell'Ofiotauro. «Mmh». Lui studiò il contenuto del frigo. «Perciò è questo. Capisco»

«Non gliene importa niente!» gridò Percy «Preferisce vederci morire!»

«Dunque... sì, direi che stasera mi ci vuole proprio una pizza...»

Avrei voluto dirgli dove poteva ficcarsi sia il frigo sia la pizza, ma non ne ebbi il tempo. La manticora gridò: «Eccoli!» e fummo circondati.

Due delle guardie gli coprivano le spalle. Le altre due comparvero sopra di noi, sul tetto del negozio. Il mostro si strappò il trench di dosso e assunse la sua vera forma, con gli artigli leonini sguainati e la coda irta di aculei velenosi. «Ottimo» esclamò. Poi lanciò un'occhiata all'immagine trasmessa dall'iPhone e sbuffò. «Soli e senza un vero aiuto. Magnifico»

«Magari potresti chiedere aiuto» sentii il signor D mormorare rivolto a Percy, come se fosse un pensiero divertente «potresti dire: per favore»

Ah... Percy che chiedeva "per favore" proprio a lui. Come no.

Eravamo spacciati, ma Talia aveva ragione: saremo morti combattendo, come dei veri eroi.

Rinsaldai la presa sulle Gemelle, mettendomi in posizione d'attacco. Zoe incoccò le frecce. Grover sollevò il flauto. Talia, di fianco a me, alzò lo scudo. «Ti voglio bene, Lexy» mi sussurrò «sempre. E per sempre»

Ingoiai il rospo che mi si era ancorato in gola. «Anche io, Lia» ribattei «sempre. E per sempre»

«La prego, signor D» cedette infine Percy «ci aiuti»

Naturalmente, non successe nulla. La manticora sogghignò. «Risparmiate Talia, la figlia di Zeus. Presto sarà dei nostri. Uccidete gli altri, compresa sua sorella»

Gli uomini sollevarono le pistole.

E accadde una cosa strana.

Mi sentii tutto il sangue concentrarsi alla testa, e per un momento temetti che mi esplodesse. Una sensazione del genere si diffuse tutt'intorno, e si udì come un grande sospiro. La luce del sole si tinse di viola. Sentii il profumo dell'uva nell'aria... e anche di qualcosa di più acido: vino.

SNAP!

Era il suono di diverse menti che si spezzavano nello stesso istante. Il suono della follia.

Una guardia addentò la pistola come un osso e si mise a correre a quattro zampe. Altre due mollarono le armi per ballare il valzer. La quarta si cimentò in quella che sembrava una tipica danza irlandese. Sarebbe stato divertente se non fosse stato così terrificante. «No!» gridò la manticora «Vorrà dire che ci penserò io, a sistemarvi!». Era già lì con la coda pronta, ma dalle assi sotto le sue zampe eruppero dei tralci di vite che cominciarono ad avvolgersi attorno al suo corpo, mettendo in pochi secondi foglie e frutti maturi. Mentre il mostro strillava, fu inghiottito da un'enorme massa di tralci, foglie e interi grappoli d'uva nera. Alla fine i tralci smisero di tremare, ed ebbi la sensazione che da qualche parte dentro quel groviglio la manticora avesse cessato di esistere.

«Bene» esclamò Dioniso, chiudendo il frigorifero. «È stato divertente»

Percy lo guardò, inorridito. «Come ha potuto... come ha...»

«Ingrato» borbottò lui «i mortali si riprenderanno. Avrei dovuto dare troppe spiegazioni se li avessi ridotti così per sempre. Detesto scrivere rapporti a mio padre». Poi lanciò uno sguardo sdegnato a Talia. «Spero che tu abbia imparato la lezione, ragazzina. Non è facile resistere al potere, non è vero?»

Talia arrossì come se si vergognasse. «Signor D» fece Grover, sbigottito «lei... lei ci ha salvati»

«Sì... io...» deglutii. Mi sa che avevo decisamente sottovalutato Dioniso. Chiaramente non era solo "quello del vino". Davvero terrificante.... «Grazie, signor D»

«Mmh. Non farmene pentire, ragazzina. Ora muoviti, Percy Jackson. Avete guadagnato qualche ora al massimo»

«L'Ofiotauro» disse Percy «può portarlo al campo?»

Il signor D tirò su col naso. «Non trasporto bestiame. Questo è un vostro problema»

«Ma dove andiamo?»

Dioniso guardò Zoe. «Oh, credo che la cacciatrice lo sappia. Dovete entrare oggi al tramonto, sapete... o tutto sarà perduto. Adesso vi saluto. La pizza mi aspetta»

«Signor D» esclamò Percy. Lui inarcò un sopracciglio. «Mi ha chiamato con il nome giusto... mi ha chiamato Percy Jackson»

«Assolutamente no, Peter Johnson. Ora levati di torno!». Fece un gesto con la mano e la sua immagine scomparve. Tutt'intorno a noi, i tirapiedi della manticora stavano ancora dando di matto.

Io e Talia ci guardammo, abbracciandoci immediatamente. «Mi dispiace...» borbottò lei mortificata «mi dispiace, Lexy... mi dispiace davvero...»

«Non importa» la rassicurai. Sciogliemmo l'abbraccio e le asciugai la lacrima che le era sfuggita giù per la guancia. Poi mi girai verso Zoe. «Adesso che si fa? Sai dove dobbiamo andare?»

Il suo volto era del colore della nebbia. Indicò dall'altra parte della baia, oltre il Golden Gate. In lontananza, una montagna solitaria si ergeva fin sopra lo strato di nuvole. «Nel giardino delle mie sorelle» rispose «devo... devo tornare a casa».

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