21. Minacciare (P)
[18.07.2021 ~ capitolo revisionato ✔]
Raggiungemmo immediatamente il furgone e ci salimmo sopra. Talia dovette aiutare Alex a salire; era debole, e non si reggeva in piedi molto bene.
Mi sentivo decisamente in colpa. Al museo aveva sforzato talmente tanto la sua Aerocinesi per impedirmi di farmi male mentre mi buttavo di sotto che le era addirittura sanguinato il naso. E poi l'aveva sfruttata anche per aiutare la freccia che aveva scoccato a centrare perfettamente l'occhio di Nemeo, impedendo che il bestione mangiasse me o sua sorella.
E io in cambio non stavo facendo altro che farla infuriare di continuo. Forse era a causa dei miei sensi di colpa che, quando si addormentò e scivolò su di me, non la spostai; anzi, la circondai con le braccia per farla stare più comoda.
Sinceramente mi era sembrato un gesto innocuo, sul momento... ma poi avevo notato come mi avevano guardato gli altri –specialmente Talia- e mi ero sentito arrossire violentemente. Improvvisamente non ero più certo di dove tenere le mani, di come toccarla e del perché non l'avessi fatta spostare. Cioè, non che non volessi spostarla, anzi... mi sembrava che lei fosse proprio nel posto giusto, e...
Ah, cavolo. Perché dovevo avere un cervello iperattivo? Già non ci si capiva niente, in quella situazione...
Fortunatamente trovai il modo di distrarmi. Stavamo attraversando il Potomac quando scorgemmo l'elicottero. Era un grosso apparecchio da combattimento nero e lucido, proprio come quello che avevamo visto a Westover Hall. E puntava verso di noi. «Conoscono il furgone» dissi «dobbiamo abbandonarlo»
Zoe sterzò nella corsia di sorpasso. Alex si mosse, infastidita, e si accoccolò ancora di più contro il mio petto. Sperai che i battiti impazziti del mio stupido cuore non la svegliassero. Intanto, l'elicottero guadagnava terreno. «Forse l'esercito lo abbatterà» suggerì Grover speranzoso.
«Lo scambieranno per uno dei loro» replicai io «come fa il Generale a servirsi dei mortali, a proposito?»
«Mercenari» grugnì Ophelia. Mi resi conto che era la prima volta che la sentivo parlare; non era una Cacciatrice di molte parole, e forse era un bene, perché a sentire il suo timbro vocale la si poteva scambiare per un ragazzo –e non sapevo quanto avrebbe preso bene la notizia.
«E' un'infamia» continuò Zoe amareggiata dopo aver annuito «ma molti mortali sono disposti a combattere per qualunque causa in cambio di denaro»
«Ma non capiscono per chi stanno lavorando?» chiesi «Non si accorgono dei mostri?»
Zoe scosse la testa. «Non so quanto riescano a vedere attraverso la Foschia. Ma dubito che farebbe qualche differenza, se conoscessero la verità. Talvolta i mortali sanno essere più orribili dei mostri»
L'elicottero continuava ad avvicinarsi, viaggiando molto più in fretta di noi che eravamo bloccati nel traffico di Washington. Talia chiuse gli occhi e pregò intensamente. «Ehi, papà. Un fulmine ci farebbe proprio comodo, adesso. Per favore...». Ma il cielo rimase grigio e gonfio di neve. Non c'era nessun temporale propizio in arrivo. Talia sbuffò sonoramente. «Ma certo... se te lo chiedeva Lexy lo mandavi subito, però...»
«Se chiedevo cosa?»
Sobbalzai leggermente, un po' stupito. Alex si raddrizzò, strofinandosi gli occhi, e mi resi conto che il contatto con il suo corpo mi mancò immediatamente. Oh, dei. Grover sogghignò. Lei mi lanciò un'occhiata; notai che arrossiva leggermente, ma non disse niente. «Un fulmine divino a papà» rispose Talia «ti senti bene, Lexy?»
«Sì, sto bene. Perché ci serve un fulmine? Che succede?»
«Un elicottero ci sta seguendo»
«Come sarebbe...» Alex aggrottò la fronte, girandosi per guardare dal lunotto posteriore. Imprecò in greco antico. «Dobbiamo trovare il modo di seminarlo...»
«Sì, ma come?» fece Zoe «Ci sta raggiungendo...»
«Laggiù!» esclamò Bianca d'improvviso «In quel parcheggio!»
«Così finiremo in trappola» protestò Zoe.
«Fidati di me» replicò Bianca.
Zoe attraversò due corsie di traffico e imboccò un parcheggio sulla riva meridionale del fiume. Lasciammo il furgone e seguimmo Bianca giù per delle scale. «È un ingresso della metro» ci spiegò «andiamo a sud, ad Alexandria»
«Purché ce la filiamo» approvò Talia.
Comprammo i biglietti e superammo i tornelli, controllando che non ci seguisse nessuno. Pochi minuti dopo eravamo a bordo di un treno diretto a sud e ci allontanavamo da Washington, sani e salvi.
Quando il vagone emerse in superficie, scorgemmo l'elicottero che volteggiava sopra il parcheggio, ma non si mise al nostro inseguimento. Grover liberò un sospiro. «Sei stata grande a pensare alla metropolitana!»
Bianca ne fu contenta. «Oh, be'. Avevo visto la stazione con Nico, quando siamo passati di qui l'estate scorsa. Ricordo che mi aveva stupito molto, perché non c'era quando noi abitavamo a Washington...»
Grover aggrottò la fronte. «Dici che è nuova? A me sembrava molto vecchia»
«Sarà» rispose Bianca «ma ti assicuro che la metro non c'era quando vivevamo qui da piccoli»
Alex aggrottò la fronte. «Vuoi dire che non c'era proprio?»
Bianca annuì. Ora, io non sapevo nulla di Washington, ma non capivo come l'intera rete metropolitana della capitale potesse avere meno di dodici anni. Probabilmente anche gli altri stavano pensando la stessa cosa, perché sembravano piuttosto perplessi. «Bianca» intervenne Zoe «quanto tempo fa-»
Si interruppe. Il rumore dell'elicottero si stava di nuovo intensificando.
«Scendiamo alla prossima» disse Alex.
Nel corso della mezz'ora successiva pensammo solo a metterci in salvo.
Cambiammo treno due volte. Non avevo idea di dove stessimo andando, ma in breve seminammo l'elicottero. Purtroppo, quando alla fine scendemmo, ci ritrovammo al capolinea, in una zona industriale in cui non c'era nulla a parte i binari e i magazzini. E la neve. Un sacco di neve. Sembrava molto più freddo, lì. Meno male che avevo la mia nuova pelliccia di leone...
Ci aggirammo nel cortile della stazione, sperando di trovare un altro treno utile, ma c'erano soltanto file e file di carri merci, la maggior parte dei quali coperti di neve, come se non si muovessero da anni. C'era anche un senzatetto, che si scaldava accanto ad un bidone con un piccolo fuocherello acceso all'interno. Probabilmente avevamo un'aria piuttosto patetica, perché ci rivolse un sorriso sdentato e disse: «Serve una scaldatina? Venite!».
Ci stringemmo attorno al suo fuoco. Talia batteva i denti. Disse: «F-f-ffantastico!».
«Mmh. Sì» commentò Alex distratta. Stava guardando il senzatetto con la fronte aggrottata, come se qualcosa non la convincesse.
«Mi si sono congelati gli zoccoli» si lamentò Grover.
«I piedi» corressi, a beneficio del senzatetto.
«Forse dovremmo contattare il Campo» disse Bianca «Chirone-»
«No» esclamò Zoe «non possono più assisterci. Dobbiamo finire quest'impresa da soli»
Scrutai affranto il cortile della stazione. Da qualche parte, a ovest, Annabeth era in pericolo. Artemide era in catene. Un mostro apocalittico era in circolazione. E noi eravamo bloccati alla periferia di Washington, a condividere il fuoco di un senzatetto.
«Sapete» intervenne l'uomo «non si rimane mai del tutto senza amici». Aveva la faccia sudicia e la barba arruffata, ma l'espressione sembrava gentile. «Vi serve un treno per l'ovest, ragazzi?»
«Sì, signore» risposi «sa se ce n'è uno?»
L'uomo alzò una mano bisunta per indicare qualcosa. A un tratto notai un treno merci, scintillante e sgombro di neve. Era uno di quei convogli per il trasporto delle automobili, con le reti d'acciaio di protezione e tre piani carichi di macchine. Sul fianco del treno c'era scritto: S.O.L.E. TRASPORTI – LINEA OVEST.
«Be'... comodo» commentò Talia «grazie, ehm...»
Si voltò, ma il senzatetto era sparito. E il bidone era freddo e vuoto, come se l'uomo si fosse portato via le fiamme.
Un'ora dopo sfrecciavamo a tutta birra in direzione ovest.
Non fu un problema stabilire chi dovesse mettersi alla guida, perché ognuno aveva la sua macchina di lusso personale. Zoe, Ophelia e Bianca si erano sistemate su una Lexus all'ultimo piano. Grover giocava al pilota del Gran Premio al volante di una Lamborghini. Alex si era sistemata su una Bugatti Chiron blu e argento, e Talia era riuscita ad accendere la radio di una Mercedes SLK nera. Riceveva tutte le stazioni di rock alternativo della capitale. «Si può?» le chiesi. Lei fece spallucce, così mi sedetti davanti.
La radio stava mandando i White Stripes. Conoscevo la canzone perché era l'unico dei miei cd che piacesse anche a mia madre. Diceva che le ricordavano i Led Zeppelin. Mi rattristai pensando a lei, perché mi sembrava improbabile che avrei passato il Natale a casa. Forse non sarei vissuto così a lungo.
«Bel cappotto» mi disse Talia.
Me lo strinsi addosso, grato per il calore. «Già, ma il leone Nemeo non era il mostro che stiamo cercando»
«Già, non ci si avvicinava nemmeno. Abbiamo ancora tanta strada da fare»
«Qualunque cosa sia questo essere misterioso, il Generale ha detto che sarebbe venuto da te. Volevano isolarti dal gruppo, così il mostro sarebbe apparso e vi sareste battuti uno contro uno»
«Ha detto così?»
«Be', qualcosa del genere, sì»
«Fantastico. Adoro fare da esca» disse Talia sarcastica.
«Hai idea di cosa possa essere?». Lei scosse la testa, scontrosa. «Ma sai dove stiamo andando, vero?»
«San Francisco. È lì che era diretta Artemide»
«Annabeth mi ha detto che i mezzosangue non possono vivere là. Perché? Che problema c'è con quella città?»
«La Foschia è molto fitta per via della vicinanza con la Montagna della Disperazione. La magia dei Titani, o quel che ne rimane, è ancora nell'aria. È incredibile quanto i mostri ne siano attratti»
«Cos'è la Montagna della Disperazione?»
Talia inarcò un sopracciglio. «Davvero non lo sai? Chiedilo a quella stupida di Zoe. È lei l'esperta». Guardò torva fuori dal finestrino. Avrei voluto chiederle di cosa stesse parlando, però non avevo alcuna intenzione di fare la figura dell'idiota. Detestavo avere la sensazione che ne sapesse più di me, perciò tenni la bocca chiusa.
Il sole del pomeriggio brillò attraverso la rete d'acciaio del treno merci, gettando un'ombra sul suo viso. Pensai a quanto fosse diversa da Zoe: la Cacciatrice di Artemide era formale e distaccata come una principessa, mentre Talia aveva i vestiti trasandati e il piglio ribelle. Eppure c'era anche qualcosa di simile in loro. Lo stesso genere di durezza. In quel momento, seduta nella penombra con un'espressione cupa in viso, somigliava molto a una Cacciatrice.
Poi all'improvviso capii: «Ecco perché non vai d'accordo con Zoe».
Talia si accigliò. «Cosa?»
«Le Cacciatrici hanno cercato di reclutarti»
Le si accese una luce pericolosa negli occhi. Pensai che stesse per sbattermi fuori dalla Mercedes, ma si limitò a sospirare. «Stavo quasi per accettare» ammise «io, Luke, Lexy e Annabeth ci imbattemmo in loro, una volta, e Zoe cercò di convincermi. C'era quasi riuscita, ma...»
«Ma?»
Serrò le dita sul volante. «Avrei dovuto lasciare Luke»
«Oh»
«Io e Zoe litigammo. Mi diede della stupida. Disse che avrei rimpianto la mia scelta. E che Luke un giorno mi avrebbe delusa»
Scrutai il sole attraverso la cortina di metallo. Sembravamo viaggiare sempre più veloci ogni secondo, le ombre che sfarfallavano come in un vecchio proiettore cinematografico. Poi Talia parlò di nuovo. «Mia sorella ti vuole molto bene» disse.
La guardai. Stringeva così forte il volante che le sue nocche erano sbiancate. Fissava ostinatamente davanti a sé. «Sì... ehm...» farfugliai imbarazzato «anche io... uhm... anche io le voglio bene... insomma, siamo amici, e-»
«Oh, davvero?». Girò di scatto la testa verso di me, inchiodandomi sul posto con il suo sguardo. «Chiunque vi abbia visti insieme almeno una volta sa perfettamente che non siete semplicemente amici. Non apprezzo quanto mi vengono dette bugie, Percy»
«Ma non è una bugia» protestai.
«Oh, ma fammi il favore». Alzò gli occhi al cielo. «E' molto protettiva nei tuoi confronti. Al Museo ha pesantemente esagerato con l'Aerocinesi per evitare che tu ti facessi male... e ti ha fatto da scudo quando le Cacciatrici ti hanno puntato contro le loro frecce. Ed era disposta persino a mettersi contro di me, sua sorella, per difenderti quando abbiamo litigato. Ho visto come ti guarda, e ho visto come tu guardi lei. Il problema» e strinse ancora di più la presa sul volante «è che tu guardi Annabeth nello stesso modo»
Mi ritrovai ad arrossire violentemente. Ero a corto di parole e non mi ero mai sentito più imbarazzato in vita mia. Possibile che la situazione in cui mi stavo cacciando fosse molto più evidente e molto più grave di quanto pensassi? «Io... non-»
«Con tutto quello che ha passato, Lexy non si merita altra sofferenza» mi interruppe «se fai del male a mia sorella, Jackson-»
«Io non voglio farle del male» la interruppi brusco a mia volta «non lo farei mai! Non credo nemmeno di potere!»
«Sì che puoi e sì che lo farai! Non puoi tenere il piede in due scarpe!»
«Non sto facendo niente del genere!» protestai, ma mi resi conto nel momento stesso in cui lo dicevo che sì... in effetti era proprio quello che stavo facendo. Sbuffai, strofinandomi il viso. «Ero serio quando ho detto che anch'io le voglio molto bene, Talia. Non farei mai niente per ferirla...»
«Anche Luke una volta mi ha detto la stessa cosa» commentò lei cupa «e poi ha avvelenato il mio albero»
Dirò la verità... mi offese. Perché? Be', perché aveva appena fatto un sottile paragone tra me e Luke, insinuando che avrei potuto fare ad Alex la stessa cosa che Luke aveva fatto a lei. Incrociai le braccia. «Già. Dev'essere difficile ammettere che Zoe aveva ragione, alla fine. Luke ti ha delusa»
«Ma non è vero! Luke non mi ha mai delusa. Mai!»
Come no. «Ci troveremo a combattere contro di lui. Sarà inevitabile» le feci notare. Talia non rispose. «Tu non lo vedi da molto tempo. So che è difficile da credere, ma-»
«Fammi un favore» disse «scendi dalla macchina»
Sì, forse sarebbe stato meglio. Mentre stavo scendendo, disse: «Percy». Quando mi voltai vidi che aveva gli occhi rossi, ma non so se fosse per la rabbia o per la tristezza. «Non giocare con mia sorella. Se le fai del male, ti ucciderò personalmente» aggiunse gelida.
Prima che avessi il tempo di rispondere sollevò i finestrini elettrici e mi chiuse fuori.
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