2. Aculei
[24.07.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
C'erano palloncini rossi e neri sparsi per tutto il pavimento della palestra. I ragazzi li prendevano a calci e se li tiravano in faccia, oppure cercavano di strangolarsi a vicenda con i festoni di carta crespa appesi alle pareti. Le ragazze circolavano a gruppetti, con quintali di trucco sulla faccia, top con le spalline sottili, pantaloni colorati e scarpe col tacco che erano veri e propri strumenti di tortura. Ogni tanto assediavano un poveretto come un banco di piranha, in un coro di gridolini e risatine, e quando alla fine si allontanavano, il tizio si ritrovava con nastri nei capelli e graffiti di rossetto su tutto il viso.
Non ero mai stata in una scuola militare, ma potevo tranquillamente aspettarmi che nelle occasioni speciali si comportassero più come animali che come persone. Insomma, erano costretti tutto l'anno a indossare l'uniforme e a seguire un rigido codice di comportamento... si poteva intuire. Grover indicò con un cenno un paio di ragazzi più piccoli che litigavano sulle gradinate. «Eccoli lì. Bianca e Nico Di Angelo»
Guardai il punto che indicava. La ragazzina indossava un cappello verde e floscio, come per nascondersi il viso. Il ragazzino era chiaramente suo fratello. Avevano i capelli neri e lucidi e la pelle olivastra, e gesticolavano parecchio mentre parlavano. Il ragazzino stava mescolando una specie di mazzo di carte da collezione. La sorella lo stava rimproverando, o almeno così sembrava. Continuava a guardarsi attorno come se percepisse qualcosa di strano. Mi arrischiai ad annusare l'aria e... be', lei aveva addosso un vago sentore di crisantemi e terriccio. Non era un odore accentuato come il nostro, ma comunque c'era. Aggrottai la fronte. «Gliel'hai detto, Grover?»
Lui scosse la testa. «Sai come funziona. Saperlo potrebbe metterli in pericolo. Quando si rendono conto di chi sono, mandano un odore più intenso»
«Sento già qualcosa» borbottai «da lei. Bianca. Credo che sappia di non essere una ragazzina normale»
«Allora prendiamoli e andiamocene» concluse Percy. Talia, però, gli mise una mano sulla spalla. Il vicepreside, il dottor Thorn, era sbucato da una porta delle gradinate e si era piazzato vicino ai fratelli Di Angelo. Ci salutò freddamente con un cenno. «Il trucchetto della Foschia non ha funzionato con lui, Lia» le dissi «sospetta qualcosa. Credo che stia aspettando di vedere per chi siamo qui»
«Sì, lo so. Non guardate i ragazzi» ci ordinò lei «dobbiamo aspettare l'occasione giusta per avvicinarli. Bisogna fingere che non ci interessino. Depistarlo»
«Come?» domandò Percy.
«Siamo quattro potenti mezzosangue, la nostra presenza dovrebbe confonderlo. Mescolatevi agli altri. Comportatevi con naturalezza. Ballate, ma tenete d'occhio quei ragazzi»
«Ballare?» domandò Annabeth, trasalendo leggermente.
Talia annuì. Tese l'orecchio alla musica e fece una smorfia. «Bleah. Chi ha scelto Jesse McCartney?»
Grover sembrò ferito. «Io» mugugnò.
«Santi numi, Grover. Che idiota! Non potevate mettere, che so, i Green Day o roba del genere?»
«I Green chi?»
«Lasciamo perdere. Balliamo»
«Ma io non so ballare!»
«Sì, se conduco io» insistette Talia «muoviti, ragazzo-capra!». Grover emise un gemito quando Talia gli afferrò la mano e lo trascinò sulla pista da ballo.
Con la coda dell'occhio, vidi Percy girarsi verso Annabeth. Strinsi un poco la mascella. Ma certo, era ovvio che chiedesse a lei di ballare. Non che ne avessi particolarmente voglia... è solo che non mi piaceva essere la seconda scelta. «Vado a prendermi da bere» dissi rigida, girando sui tacchi e raggiungendo il tavolo delle bevande.
Non avevo nemmeno voglia di vederli ballare, onestamente. Così mi appoggiai sui bordi del tavolo con le mani e studiai le bevande presenti, evitando di girarmi a guardarli. C'era una grossa coppa con del liquido rosso sangue proprio al centro; con discrezione annusai l'aria e mi accorsi che qualcuno doveva averlo allungato con una bevanda alcolica, quindi lo scartai a priori. «Eviterei il punch, se fossi in te» disse timidamente una voce alla mia destra «ho visto un ragazzo che ci metteva dentro chissà che cosa»
Girai la testa verso la provenienza della voce, trasalendo leggermente. Gli occhi neri di Bianca Di Angelo erano fissi su di me, e mi mise immediatamente a disagio per non sapevo bene quale motivo. Dietro di lei, suo fratello Nico spostava velocemente lo sguardo da me a una delle carte che teneva in mano. E meno male che non dovevo attirare troppo l'attenzione su di loro... erano loro che erano venuti da me. La mia solita fortuna... «Grazie» dissi con un sorriso tirato. Allungai una mano e presi una lattina di coca.
«Non ti ho mai vista da queste parti» disse Bianca «sei nuova?»
«Oh... sì, sono arrivata ieri insieme a mia sorella» mentii con naturalezza «mi sono appena trasferita da-»
«Lo sai che assomigli a Zeus?» mi interruppe Nico, fissandomi.
La gola mi si seccò d'improvviso. Ci volle uno sforzo immane per non trasalire di nuovo. Aprii la bocca e la richiusi velocemente, incerta su cosa dire. Be', era vero, gli somigliavo, ma come accidenti faceva Nico Di Angelo a saperlo? «Nico» ringhiò sua sorella, lanciandogli un'occhiataccia «non dire assurdità!»
«Ma è vero!» protestò lui, sfilando una carta dal mazzo che teneva in mano «Guarda qui!»
Mi sporsi per vedere. La riproduzione di mio padre su quella carta da gioco era la più fedele che avessi mai visto, dovevo ammetterlo. Mi uscii una risatina nervosa. «No, guarda, è impossibile» dissi, scuotendo leggermente la testa «mio padre è... uh, un impiegato newyorkese. Lavora all'Empire State Building. E ti assicuro che non ha niente di... uh, divino»
«Però quello sulla carta ti assomiglia» borbottò lui, rimettendola nel mazzo «sarebbe forte avere un dio greco per genitore, vero?»
«Nico, ti prego...» sussurrò Bianca esasperata.
«Sto solo dicendo che-»
Successero alcune cose simultaneamente: Nico si ammutolì di colpo, io sentii un fortissimo odore di cavolfiore bollito e qualcosa di estremamente appuntito mi punzecchiò proprio il centro della schiena.
Mi irrigidii di colpo. Una mano mi si appoggiò sulla spalla, stringendo appena. «Non fare scherzi, figlia del Cielo» sibilò la voce del dottor Thorn al mio orecchio sinistro «se provi a fare qualcosa, li ucciderò rapidamente»
Digrignai i denti. Non sapevo che diavolo mi stava puntando nella schiena, ma doveva essere qualcosa di affilato, a giudicare da come stava cercando di perforarmi la pelle. Inoltre, non sapevo che mostro fosse, perché non lo vedevo. «Che diavolo vuoi?» sibilai.
«Esci dalla palestra e non voltarti per richiamare i tuoi amichetti» mi ordinò «e non pensare di fare la furba con me, Principessa. Muoviti»
Mi diede una piccola spinta. Strinsi i pugni e fece come diceva; sentii Nico e Bianca che protestavano, e quando mi girai vidi che li stava trascinando per la collottola. Lei non aveva più il berretto; il fratello aveva lasciato cadere le carte per terra. Sperai che gli altri lo notassero. Thorn mi fece cenno di continuare a camminare e io mi voltai di nuovo, uscendo dalla palestra.
La porta dava su un corridoio buio. Continuai a camminare, percorrendolo tutto.
Thorne mi ordinò di aprire la porta, ma io avevo altri piani. Evocai Freccia e mi girai fulminea per lanciarglielo in mezzo agli occhi; il problema era che Thorn, qualsiasi cosa fosse, era più veloce di me.
Un dolore atroce mi esplose sul fianco destro. Sbattei contro la porta con un gemito e abbassai lo sguardo; c'era una roba simile ad un pugnale nero conficcato nella mia pelle, e bruciava da morire. Doveva essere avvelenato. Alzai lo sguardo su Thorn, che sorrideva deliziato. «Ti avevo detto di non fare scherzi, Alexandra Grace» disse «non temere, il mio veleno non provoca la morte, ma solo dolore. Tuttavia se decidessi di spararti dritto in testa...»
Freccia tornò in forma di anello. Strinsi le labbra, afferrando quella specie di proiettile; lo estrassi con un gemito e lo buttai a terra. A giudicare dal suo attacco, il tipo di veleno e dagli occhi bicolore, arrivai alla conclusione che doveva trattarsi di una Manticora. Mi premetti la ferita sanguinante con la mano destra, desiderando di poterlo fulminare. Purtroppo stava toccando entrambi i fratelli Di Angelo –che mi fissavano pallidi in volto, terrorizzati. Il dolore mi investiva ad ondate intense. «Ahhh» fece Thorn, annusando l'aria «il piccolo dio sta correndo in tuo aiuto. Direi di fargli una sorpresa». Mi fece un cenno brusco con la testa. «Entra, Principessa»
Percy doveva essersi accorto che i Di Angelo erano spariti. Mi augurai che avesse raggruppato gli altri e che stesse venendo a darmi una mano, perché accidenti, ero proprio nei guai. Aprii la porta e mi trascinai all'interno, resistendo all'impulso di rannicchiarmi per terra e... boh, lasciarmi morire. Davvero, faceva un male cane, come se qualcuno mi stesse rigirando un coltello incandescente nella ferita. Thorn quasi mi gettò addosso ad entrambi i Di Angelo; dovetti aggrapparmi a Bianca per non cadere.
Ci ordinò di sistemarci nell'angolo; Nico e Bianca mi aiutarono a raggiungerlo e mi fecero appoggiare al muro. Di immortales, il dolore prometteva quasi di farmi svenire. Gemetti, piegandomi leggermente. «Ehi, stai bene?» mi chiese lei preoccupata.
Un istante dopo la porta si aprii. Alzai lo sguardo; Percy era sulla soglia e teneva Vortice in mano. Non appena mi vide, spalancò gli occhi verde mare e abbassò la spada. «Alex!» esclamò, entrando a grandi passi.
«No...» rantolai, cercando di fermarlo, ma era troppo tardi. Thorn sparò uno dei suoi proiettili, colpendolo alla spalla. Percy venne strattonato all'indietro e inchiodato al muro, menando fendenti alla cieca con la spada.
La risata gelida di Thorn riecheggiò nell'atrio. «Sì, Perseus Jackson» disse «so chi sei». Entrò nella luce fioca mentre Percy si dimenava, cercando di liberarsi. «Grazie di essere uscito dalla palestra. Odio i balli delle medie»
Cercò di nuovo di colpirlo con la spada, ma era fuori dalla sua portata. Bianca fece un passo verso la porta, ma Thorn lanciò un altro proiettile; lei strillò, e il secondo aculeo si infilzò nel muro di pietra, a un centimetro dalla sua faccia. «Ora verrete tutti e quattro con me» annunciò «in silenzio. Da bravi. Se fate il minimo rumore, chiamate aiuto o opponete resistenza, vi mostrerò quanto è precisa la mia mira».
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