Parte 8 - Conseguenze esplosive

13 Gennaio 2060
Francia, Parigi - Complesso ESA

-Beccato!-
La voce di Mark Williams risuonò con la forza di una cannonata all'interno della Sala di Controllo. Tutti sobbalzarono presi alla sprovvista dopo le ore di silenzio quasi assoluto di quella mattina.
-Che succede, Williams?- domandò la Dottoressa Hansen allarmata sporgendosi da dietro lo schermo del suo terminale.
Che diavolo poteva esserci, ancora? Era una maledetta settimana che indagavano quasi tutti sulla faccenda delle anomalie scomparse nel nulla lasciando solo un paio di colleghi arrivati da qualche mese a gestire le questioni di routine. In tutta quella settimana non erano stati in grado di cavare un maledetto ragno dal buco né riguardo alla sparizione dei dati rilevati né per la ricerca delle cause di quella sparizione. Da giorni la scienziata non faceva altro che portarsi a casa fasci su fasci di carte da analizzare fino talvolta alle due del mattino inoltrate; ormai era parecchio in arretrato di sonno e la cosa iniziava a riflettersi piuttosto chiaramente anche sul suo aspetto. Il viso della donna, normalmente pieno e roseo, in quei giorni era pallido ed un po' scavato con grandi occhiaie mentre i capelli lucenti e ondulati sembravano in qualche modo spenti così come lo sguardo e scendevano mollemente e un po' disordinati sulle spalle appena incurvate. "Questa cosa mi sta uccidendo", pensò la Dottoressa alzandosi dalla sua postazione per avvicinarsi a quella del giovane Williams. Se poi a tutta quella faccenda si sommava la costante presenza del SUV nero o del tipo in completo scuro e occhiali da sole che la fissava da lontano... sentiva di essere sull'orlo di un esaurimento coi fiocchi.
-Cos'hai trovato?- domandò la donna avvicinandosi veloce ed a grandi passi al ragazzo che aveva finalmente lasciato andare la tastiera ed ora sedeva sulla poltroncina con le mani abbandonate sulle ginocchia e la testa inclinata all'indietro con gli occhi chiusi per prendersi un momento di relax.
Williams riprese lentamente una posa più dignitosa e riaprì gli occhi fissando serio la donna di fronte a sé.
-Ho trovato la fonte di tutti i nostri casini, Dottoressa!- annunciò serio accennando con lo sguardo allo schermo del suo terminale.
La Dottoressa rimase a bocca aperta trattenendo il fiato.
-Come...? Chi...? Che diavolo...?-
-Per quanto riguarda il "chi" purtroppo non ne ho ancora idea, Doc!- ammise il giovane solo leggermente smontato nel suo entusiasmo -Ma riguardo al "cosa"... eccolo lì, il piccolo bastardo!-
Così dicendo mosse vagamente la mano verso il monitor dove con l'altra evidenziò col mouse una breve sequenza di righe di testo apparentemente all'interno di un paragrafo molto più esteso.
-Ehm... cosa sarebbe, questa roba?- domandò la Dottoressa appollaiandosi sul bracciolo della poltroncina.
-È un programma che è stato nascosto all'interno dei nostri sistemi diagnostici, un maledettissimo cavallo di Troia... Cretino io a non averci pensato, ma... sembrava un trucchetto così idiota che non ho neppure messo in conto che potesse essere quello.-
-Tranquillo, Williams!- lo rassicurò la donna battendogli una mano sulla spalla -Capita a tutti. E comunque l'importante è esserci arrivati, no? Come si è attivato, quell'affare?-
-Avviando il software di diagnostica del Pluto Monitoring System. Non appena il sistema ha raggiunto questa istruzione...- disse indicando l'ultima riga di testo prima di quelle selezionate -... il programma si è interrotto ed è incorso in questa cosa. Un semplicissimo comando di arresto forzato, niente di più e niente di meno. Poi è bastato sovrascrivere le nostre letture con altre create ad arte e...-
-Ed eccoci fregati.- concluse la Dottoressa Hansen amaramente -Comunque bel lavoro, Williams! Davvero un bel lavoro!-
La donna si allungò abbracciando sfuggevolmente il giovane. Era un gesto molto poco caratteristico da parte sua, sia per il suo ruolo nella squadra sia per l'eccessiva differenza d'età, ma in quel momento il sollievo era stato troppo inatteso e totale per non lasciarsi un momento andare. Finalmente in quell'immane casino qualcosa stava tornando al proprio posto, quel maledettissimo puzzle si sarebbe presto risolto ed avrebbero scoperto la verità, qualunque essa fosse.
-Vieni, maledettissimo genio, ti offro il pranzo!- lo invitò la Dottoressa Hansen alzandosi di scatto e tirando il giovane per un braccio con entusiasmo -Poi oggi pomeriggio ci dedichiamo a stanare chi ci ha combinato questo scherzetto.-
-Arrivo, Doc!- esclamò il giovane preso alla sprovvista -Solo un momento... Ecco fatto, arrivo!-
Anche il ragazzo si alzò, ma solo dopo aver inserito un'ultima rapidissima sequenza di comandi sul terminale ed averne oscurato lo schermo. Non ce ne sarebbe stato veramente motivo dato che all'interno del team della Dottoressa Hansen tutti si conoscevano e c'era piena fiducia gli uni negli altri... era più che altro un tic, una specie di gesto automatico che gli era rimasto non sapeva neppure lui bene da quando, qualcosa che le sue mani facevano quasi senza pensarci.

L'agente in nero sospirò a bordo dell'elicottero osservando lo schermo del portatile.
-Signore? Ho un aggiornamento sulla missione.-
-Avanti, Agente!- fu l'unica risposta che ricevette attraverso l'auricolare sopra il soffio dell'aria che gli proveniva dai microfoni del drone.
-Hanno trovato il Troyan... quel dannato ragazzo è più in gamba di quel che pensassimo.-
-Reazioni da parte dei soggetti?-
-Apparentemente nessuna. Per il momento nessuna comunicazione con altri giocatori. La partita sembra in standby.-
-Non possiamo rischiare. Agente, proceda come da ordini precedenti.-
Signor sì... Signore! Ricevuto, Signore!-
La comunicazione con la base si interruppe e l'uomo tornò a fissare lo schermo del computer con sguardo cupo. Faceva parte di quell'organizzazione da anni ed il suo addestramento era stato fra i più rigorosi e duri che si potessero ricevere in quegli anni nell'ambiente che aveva scelto come la sua professione. Eppure ogni volta che gli veniva affidata una missione non poteva fare a meno di pensare a ciò che forse sarebbe stato chiamato a fare, alle conseguenze che le sue azioni avrebbero avuto sulla vita delle persone che sorvegliava, sulle vite di molte persone, in effetti! Odiava quella parte del suo lavoro, anche se doveva ammettere che non era un qualcosa che avesse dovuto affrontare molte altre volte in passato. Eppure ogni volta era stata peggiore della precedente.
Il drone scivolò fischiando impercettibilmente nell'aria del mezzogiorno sospinto dalle sue batterie ad alta efficienza agli ioni di litio mentre seguiva da diversi metri di altezza la coppia che camminava lungo i vialetti curati.
L'uomo in nero non ascoltava neppure più la loro conversazione, non voleva ascoltarla perché non voleva avere quelle voci nella testa mentre si apprestava a fare ciò che la missione esigeva a quel punto. Forse era il fatto stesso che fosse coinvolta una donna, a turbarlo a quel modo? Sarà anche stato un agente di una delle organizzazioni più segrete ed ambigue del suo tempo, avrà pur dovuto compiere atti estremamente discutibili ed esecrabili... ma in fin dei conti non era una macchina, era pur sempre un uomo, un uomo con un'etica per quanto fosse addestrato a metterla da parte in nome del presunto bene comune. E quella sua etica gli suggeriva in quel momento che quello che stava per fare gli avrebbe portato dei problemi... dei grossi, forse insormontabili problemi, se non avesse preso delle contromisure.
Mentre le immagini del parco scorrevano velocissime sullo schermo del computer davanti a lui l'agente manovrò senza guardarli alcuni comandi sul joystick: conosceva fin troppo bene la procedura che da lì a poco sarebbe stato chiamato ad eseguire. Sul monitor comparve un reticolo di cerchi concentrici intersecati da due rette perpendicolari al centro della circonferenza più piccola mentre il velivolo miniaturizzato si allontanava nuovamente dalla palazzina dove i suoi obiettivi erano entrati e si rivolgeva verso una delle finestre al primo piano.
-Dio, abbi pietà della mia anima!- sussurrò l'uomo in un soffio appena percettibile solo da sé stesso mentre avviava la sequenza di comandi inviati poco prima al drone.

-Allora, bel lavoro, eh Mark?- si congratulò di nuovo la Dottoressa Hansen prendendo posto al tavolo della Mensa di fronte all'informatico del suo team di lavoro.
-Beh... grazie, Dottoressa! Io... non è stato niente di... ecco...- balbettò il ragazzo. Maledizione, quella donna gli mandava in gelatina il cervello ogni volta che si avvicinava. Aveva avuto una cotta assurda da liceale per quella donna sin dalla prima stramaledetta volta in cui l'aveva vista. E come si poteva non averla, con quel QI da centosessanta ed oltre impacchettato in un corpo dannatamente sexy come quello della Hansen? Aveva perso il conto di quante volte ormai avesse fantasticato di trovare un modo per farsi invitare a casa sua o molto più semplicemente aspettare la fine dell'orario di lavoro e possederla lì, in ufficio, in mezzo a schede di memoria ed altri componenti smantellati, lì sulla sua scrivania. Ma era come per una talpa poter pensare di prendere il sole su una spiaggia ai Caraibi... Già, le sue possibilità con la Dottoressa Hansen erano più o meno le stesse... Eppure non lo infastidiva per qualche motivo quell'impossibilità di portare a compimento le sue fantasie. In fondo quello che voleva era soddisfare la donna che gli piaceva, in un modo o nell'altro, e se eseguire al meglio il suo lavoro era l'unico modo per farlo allora così sia.
-Mark? Ooohhh? Ci sei? Terra chiama Mark!-
-C... Cosa?- si riprese balbettando come un cretino il giovane Williams distogliendo l'occhio della sua mente da una di quelle scene acrobatiche sulla scrivania della Dottoressa che sapeva non sarebbero mai avvenute.
-Ti chiedevo come farai a capire chi ci ha incasinato il sistema.- sorrise la donna fissandolo un po' incuriosita. Che avesse intuito qualcosa di quello che gli frullava per la testa? No, era impossibile... avrà anche avuto il quoziente intellettivo di un dannatissimo genio ma quello non le dava di certo la capacità di leggere nel pensiero... per fortuna!
-Beh, ecco... io... insomma...- cominciò il ragazzo un po' impacciato, poi con un sospiro riprese un minimo il controllo di sé. In fondo stava rientrando nel suo settore, no? Stavano tornando nel territorio dove lui si sentiva più a casa.
-Deve sapere, Dottoressa, che ogni programma ha una specie di carta d'identità. Voglio dire che... anche se l'autore non lascia la sua firma... beh ecco... dallo stile, dalla sintassi del programma, in teoria si potrebbe risalire alla persona che l'ha compilato.-
-Quindi se non ho capito male analizzando il programma che ci hanno piantato nei satelliti dovresti capire chi è stato, giusto?- lo interruppe la Dottoressa cercando di tenere il filo del discorso in un campo che dopotutto non faceva molto per lei.
-Esattamente.- annuì il ragazzo con entusiasmo -Vede, non sono poi molti gli hacker al mondo in grado di infiltrarsi in un sistema complesso e ben protetto come il nostro, quindi più o meno ci consociamo almeno per fama.-
La Dottoressa ascoltava affascinata il ragazzo di fronte a sé perdersi in spiegazioni su esempi di sintassi di programmazione usati da hacker che conosceva, analisi sui motivi per cui nessuno di essi poteva essere il loro uomo, ipotesi sul tipo di macchina usata per compilare il programma che era stato impiantato nei loro sistemi ed un sacco di altre cose che francamente faticava a comprendere a pieno. La faceva sorridere vedere quel giovane così impacciato nel parlare con altre persone... a dire il vero con lei in particolare, anche se non ne capiva del tutto il motivo pur avendone una mezza idea... e poi lanciarsi con tale entusiasmo in spiegazioni complesse e dettagliate di informatica. Si capiva lontano un miglio che quella era praticamente tutta la vita del giovane Williams: si capiva da come gli brillavano gli occhi quando parlava di programmazione, da come involontariamente sembrava gonfiarsi come un pavone che facesse la ruota nell'esaltare quanto fosse difficile infiltrarsi nel sistema di sicurezza che aveva progettato per il loro ufficio... sembrava di vedere un padre raccontare dei primi passi o delle prime parole del suo figlioletto primogenito. Anche se si trattava solo di numeri e di programmi informatici era una cosa quasi dolce a modo suo.
-Quindi finora non hai trovato nessun punto in comune con i programmi scritti da qualcuno dei tuoi amici cervelloni della rete, a quanto ho capito!- lo interruppe dopo diversi minuti di monologo, un po' per cercare di riposare il cervello dalla valanga di informazioni che il ragazzo vi stava riversando dentro, un po' per mostrare un minimo di partecipazione, per far capire che stava tenendo il filo del discorso in maniera un po' più intelligente che annuendo semplicemente o con i classici cenni di assenso che di solito si usano per far finta di seguire un discorso di cui in realtà non si capisce un accidente.
-Non proprio, Doc!- precisò il ragazzo -Diciamo che si tratta di... di nessuno che si veda in giro da un po' di tempo, ma... ai suoi tempi era un dannatissimo genio, una specie di Messia degli hacker.-
-Un che?- scoppiò a ridere la Dottoressa rischiando di soffocare con la birra che stava sorseggiando mentre ascoltava il collega.
-Vabbè ha capito il concetto, no?- si difese il giovane con un mezzo sorriso -Intendevo dire che... era una specie di mito nel nostro settore. Nessuno ha mai saputo di preciso come o perché ma pare che si fosse messo in testa di riuscire a penetrare i sistemi informatici... credo dall'FBI o qualche agenzia del genere... sa, probabilmente per dimostrare ancora una volta che era lui l'unico ed il migliore e tutte le altre balle. Nell'ambiente c'è chi dice che non ci sia riuscito e si sia ritirato dalla scena senza far troppo rumore, sa... ritirarsi da vincitore prima di incappare in grossi fallimenti... Secondo altri invece pare che ci sia effettivamente riuscito, ma se poi sia stato fatto secco proprio perché aveva violato quel sistema non si sa. Si sa solo appunto che è sparito: ucciso? Boh... c'è chi dice invece assunto dagli stessi che aveva hackerato.-
Il giovane fece una pausa per riprendere fiato prendendo anch'egli un sorso di coca dalla lattina di fronte a sé prima di ricominciare.
-Fatto sta che erano anni che non compiva più alcuna azione, che non se ne sapeva più niente di niente.-
-E tu pensi che si tratti di lui, se capisco bene dove vuoi arrivare, giusto?- suggerì la Dottoressa Hansen.
-Potrebbe essere.- confermò il ragazzo annuendo vigorosamente -O è lui o qualcuno che lo imita dannatamente bene. Ma perché sia spuntato proprio ora dopo anni e perché se la sia presa con noi questo non glielo so dire. Secondo me c'entra con i rilevamenti che abbiamo visto intorno a Plutone. Forse qualcuno non vuole che...-
Il resto della frase del giovane Williams fu coperto da un forte rumore di vetri infranti e da un boato che sembrò scuotere l'intero edificio. Davanti alla Dottoressa Hansen si levò una fitta nuvola di polvere bianca mentre una folata di vento la scagliava all'indietro lontano dal tavolo. Le sue orecchie furono assaltate da una cacofonia di grida confusa e da un fischio intenso, sempre più forte, fino a quando sentì la nuca entrare in collisione con qualcosa di estremamente duro. Poi il buio... e il silenzio.

Sullo schermo del computer era un continuo susseguirsi di turbini di polvere, fiamme e frammenti di pietra che piovevano da ogni parte.
L'uomo in nero disinserì il comando appena inviato al drone e lo mandò all'interno dell'edificio in perlustrazione. Il piccolo oggetto schizzò all'interno della palazzina attraverso uno squarcio aperto nella facciata e si immerse nell'inferno che vi si trovava all'interno.
I piccolissimi motori a jet elettrici generavano intorno al piccolo velivolo una specie di bolla libera dalla polvere, come se fosse circondato da una specie di palloncino trasparente. Lentamente la polvere si stava posando lasciando intravvedere sempre più chiara la situazione all'interno dell'edificio.
Sul pavimento di linoleum nero si apriva una voragine di diversi metri attraverso cui penzolavano tronconi di tavoli bruciacchiati ed altri completamente in fiamme mentre ovunque saettavano getti bianchi di schiuma dall'impianto antincendio e uomini e donne di tutte le età correvano in ogni direzione, chi verso gli ascensori chi preso dal panico verso le finestre nonostante si trovassero al primo piano. Ma all'agente non interessava tutto quel caos, lui aveva altri obiettivi.
In breve localizzò quello che stava cercando: fra i frammenti di legno e plastica in fiamme, fra i telai di alluminio contorti, si trovava il corpo del ragazzo ricoperto di polvere eppure così visibilmente dilaniato dall'esplosione. Ed al di là della voragine eccola: la donna giaceva priva di sensi, o più probabilmente già senza vita, ai piedi del muro poco lontano dalla breccia nella parete.
L'agente sospirò profondamente stringendo il pugno fino a incidersi il palmo con le unghie mentre l'altra mano manovrava il drone in un ampio arco all'interno dell'edificio prima di farlo uscire nuovamente all'aperto.
"Soggetto: Mark Williams - Status: terminato"
"Soggetto: Hannika Hansen - Status: terminato"
Invio. Il messaggio venne istantaneamente criptato ed inviato alla base su al Nord, sulle rive dell'oceano.
-Missione compiuta.- sospirò l'agente rivolgendosi al suo pilota -Forza, leviamoci dalle palle ed andiamocene a casa.-

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