Parte 5 - Seguita
Quando la porta dell'appartamento si chiuse con uno scatto secco la Dottoressa Hansen vi poggiò la schiena ansimando.
Non sapeva neppure lei perché ma l'incontro con l'uomo in nero giù al parco l'aveva spaventata al punto che era fuggita quasi correndo non fermandosi neppure per far scendere di nuovo Tiffany a terra o per attendere il semaforo verde all'attraversamento pedonale limitandosi a zigzagare veloce fra le auto.
Appena la cagnolina, liberata da guinzaglio e pettorina, schizzò a terra, trotterellò diretta verso la cucina infilandosi senza esitazioni dietro la porta.
-Arrivo, piccola, arrivo!- chiamò la Dottoressa con voce un po' tremolante mentre si avvicinava al mobiletto dove teneva le scarpe per recuperare dallo scaffale più in alto un sacchetto di croccantini.
Mentre la cagnolina frugava golosamente nella ciotola la Dottoressa si distese sul divano cercando finalmente di rilassarsi mentre scorreva rapidamente gli oggetti che le aveva consegnato il portiere quella sera al ritorno dal lavoro. Si trattava di un fascio di sottilissimi tablet di quelli di ultima generazione che andavano di moda in quel periodo. Su ciascun dispositivo, spesso appena due o tre millimetri e dal materiale gommoso e flessibile, erano caricati una serie di filmati ed informazioni su diversi prodotti o servizi. La Dottoressa scorse un volantino pubblicitario dopo l'altro, scartandoli tutti gettandoli di nuovo sul tavolino da caffè in vetro a pochi centimetri dal divano in pelle bianca; il giorno dopo li avrebbe riconsegnati al portiere prima di uscire. Se non vi si trovava nulla di utile quei dispositivi dovevano essere riconsegnati alle ditte produttrici, dove sarebbero stati formattati e reimmessi sul mercato reclamizzando altri prodotti. Era da tempo che era stata abbandonata la vecchia modalità del volantinaggio su fogli cartacei, da quando finalmente si era capito davvero che preservare la vegetazione della Terra era l'unica strada per garantire la sopravvivenza della specie umana e l'uso di carta era stato quindi ridotto al minimo indispensabile e strettamente regolamentato.
La donna continuava a rigirarsi non riuscendo a trovare una posizione comoda che le permettesse di spegnere completamente corpo e mente.
Si alzò quindi per recarsi nel cucinotto dove Tiffany stava ancora finendo la sua ciotola di cibo per farsi una tisana: forse quella l'avrebbe aiutata a distendere almeno un pochino i nervi. Mise quindi il bollitore pieno d'acqua sul fornello e attese qualche minuto.
Mentre girava per il piccolo appartamento la sua attenzione fu attratta quasi inconsapevolmente dalla finestra del salotto. Non sapeva perché ma prima di affacciarsi si avvicinò alla porta d'ingresso per spegnere la luce.
Nel buio avanzò assistita dalla memoria attraverso il salottino. Aggirò il divano, s'infilò nell'angolo dietro la libreria e scostò leggermente la tendina di pizzo per guardare fuori. Nessuno avrebbe potuto vederla, a quell'ora, a quell'altezza e con le luci spente, eppure per qualche motivo stava agendo come se volesse spiare fuori senza essere notata. Che fossero ancora i postumi dello spavento che si era presa giù al parco?
Un brivido le attraverso la schiena gelandola sul posto quando abbassò lo sguardo sulla via sottostante. A lato della strada ormai quasi del tutto deserta, di fronte al condominio della Dottoressa, era posteggiato a motore e fari spenti un SUV nero opaco, simile a quelli che si vedevano nei film americani sull'FBI o roba del genere.
Che fosse ancora quell'uomo? Ma no, non era possibile... come avrebbe fatto, a seguirla? Era fuggita quasi di corsa quindi non avrebbe avuto il tempo di tornare alla sua auto e rintracciarla. Però casualmente dopo quell'incontro ora c'era sotto casa sua quell'auto che mai era comparsa prima in quella zona... D'accordo, in quei tempi non si poteva conoscere alla perfezione tutti i vicini e sapere quando cambiassero macchina, però era sicura in cuor suo per qualche motivo che non si trattasse di qualcuno di quelle parti... non poteva esserlo. No, non poteva decisamente, non dopo quella sera, dopo quell'incontro, dopo quelle stranezze ancora apparentemente inspiegabili in ufficio...
Il fischio del bollitore sul fornello fece sobbalzare la Dottoressa, che si affrettò a lasciar cadere la tendina come se ne fosse stata scottata e si avviò veloce verso la cucina.
In strada l'uomo all'interno del SUV si mise più comodo sul sedile di guida. Allungò una mano verso il portaoggetti della portiera e ne estrasse un telefono cellulare nero e lucido dall'aria estremamente moderna. Passò il pollice sul sensore quadrato alla base dello schermo ed un led verde si accese brevemente nell'angolo superiore sinistro confermando la sua identità.
Sulla linea si sentirono diversi scatti in sequenza seguiti da una rapida successione di effetti simili a quelli di un combinatore telefonico, poi finalmente la comunicazione fu stabilita.
-Buonasera, Agente! Qual è la situazione?-
La voce che veniva dall'altoparlante era androgena e distorta elettronicamente, così come lo sarebbe stata quella dell'uomo una volta che anche lui avesse parlato.
-Il contatto con il soggetto è stato stabilito alle 21:47 locali.-
-Il messaggio è stato recapitato?-
-Affermativo, Signore: messaggio recapitato come da programma. La missione prosegue.-
-Ottimo, Agente! Proceda!-
-Ho seguito il soggetto fino all'abitazione e sono stazionato all'esterno in postazione di sorveglianza.-
-La situazione all'interno della casa?-
-Attenda un momento, Signore!-
L'uomo in nero tolse dall'orecchio il telefono posandolo sul bracciolo per collegarlo tramite un cavo al cruscotto dell'auto. Mentre lo schermo s'illuminava premette un tasto sul volante ed un ronzio appena percettibile pervase l'abitacolo mentre la vettura veniva schermata elettronicamente ed i cristalli si oscuravano.
Nel frattempo la comunicazione era passata dall'altoparlante e microfono del telefono cellulare a quelli dell'auto, e l'immagine del suo interlocutore era comparsa sul display del navigatore satellitare. Contemporaneamente l'aletta parasole davanti al guidatore scese automaticamente e la microcamera incorporata si attivò trasmettendo l'immagine dell'abitacolo in penombra a chilometri di distanza.
Mentre attivava la luce centrale dell'auto l'uomo osservò lo schermo del navigatore. All'interno di un ufficio elegante ma scarno sedeva un uomo di colore in completo nero ad una scrivania.
-Qual è la situazione della casa, Agente?- domandò la voce metallica con un filo di impazienza per aver dovuto ripetere la richiesta; evidentemente non era qualcosa a cui fosse abituato.
L'agente mosse una serie di comandi incorporati discretamente nel volante e l'immagine dell'uomo scivolò di lato e verso in basso racchiusa in un piccolo riquadro mentre l'antenna dell'autoradio sopra al tetto dell'auto prendeva a ruotare in maniera un po' innaturale. La microcamera a visione notturna fissata in cima all'antenna si puntò su una finestra apparentemente a caso lungo la facciata dell'edificio, al settimo piano.
Sul display dell'automobile comparve un muro illuminato quasi a giorno di una tremula luce verde ed una finestra con delle tendine, tutto costantemente dipinto di differenti sfumature dello stesso color oliva. Tutto tranne la sagoma femminile, appena visibile dietro il bordo della finestra, che risultava evidenziata da un vivissimo bianco.
-Credo che il soggetto abbia localizzato la mia posizione.- comunicò l'agente parlando apparentemente con nessuno in particolare dato che non c'erano altre persone nell'auto con lui; in realtà la sua voce venne catturata dal microfono nell'aletta parasole, alterata elettronicamente e trasmessa infine al suo interlocutore in millesimi di secondo.
-Reazioni dal soggetto?- domandò il nero nell'ufficio.
-Apparentemente nessuna. Aspetti! No, negativo. Qualcosa dev'essere accaduto all'interno e il soggetto ha lasciato la sua posizione.-
-Rimanga in attesa e nel caso il soggetto lasci il palazzo la segua.-
-Ricevuto, Signore. In caso contrario rientro alla base per stendere rapporto.-
-D'accordo, Agente. Ricordi la fase due per domattina.-
-Ricevuto, Signore. La fase due dell'operazione sarà avviata alle 06:00. All'arrivo del soggetto sarò sul posto per monitorare gli sviluppi.-
L'uomo all'altro capo del telefono annuì e senza altre comunicazioni la linea si chiuse. Quando il display si spense la schermatura elettronica dell'automobile cessò con lo scomparire del ronzio, ed i vetri tornarono trasparenti mentre anche l'antenna all'esterno riprendeva la sua posizione normale.
L'agente mise in moto la vettura, i fari a led illuminarono di bianco la strada come due lunghe lame che trafissero la notte come coltelli prima che il SUV sgusciasse fuori dalla piazzola dov'era posteggiata per sparire fra le stradine della periferia parigina.
La Dottoressa Hansen aveva lo stomaco troppo chiuso dalla tensione per riuscire a mandare giù molto quella sera. Sedeva sul divano del salotto sorseggiando svogliatamente la bevanda bollente. La tazza fumante le scottava quasi le mani mentre il liquido caldo al profumo di rosa le riempiva le narici col suo aroma intenso.
Dopo diversi minuti la donna si alzò dal divano riponendo la tazza sul tavolino mentre il plaid le scivolava dal corpo fasciato solo dagli indumenti intimi. Non si era resa conto di avere così caldo là sotto, e la pelle sudata rimase per un piccolissimo istante appiccicata a quella del divano mentre si alzava: era una cosa che odiava degli arredamenti di quel materiale, che però per il resto erano così comodi e di classe che un piccolo fastidio lo si poteva anche sopportare.
Avanzò a piedi nudi di ritorno verso la finestra rimanendo sempre nella più completa oscurità, rabbrividendo leggermente per il contatto con il pavimento di mattonelle e rimpiangendo di aver lasciato a terra la coperta: anche se il riscaldamento era acceso l'aveva programmato per spegnersi ad una certa ora, e quindi l'aria iniziava a farsi un po' fresca. Del resto in una serata tranquilla e normale a quell'ora lei sarebbe dovuta essere rintanata sotto le coperte.
Si affacciò tenendosi nascosta e guardò giù verso la strada oltre il vetro. L'auto nera era scomparsa nel nulla e non ve n'erano tracce almeno per quanto il suo limitato campo visivo le consentisse di verificare.
Decise quindi di seguire l'esempio della piccola Tiffany, raggomitolata da qualche minuto nella sua cesta sotto al televisore, e andarsene a letto. Sarebbe riuscita a dormire? Proprio non lo sapeva, ma doveva almeno provarci se voleva riuscire a combinare qualcosa di buono l'indomani in ufficio.
Le coperte erano fredde, quella sera come tutte le altre, come troppe altre... Sentiva in quel momento più che mai che avrebbe avuto bisogno di qualcuno accanto a sé, qualcuno che la ascoltasse e la confortasse nei suoi dubbi e la sollevasse dalle sue paure. Purtroppo non c'era nessuno, nessuno in senso personale, a parte la piccola Tiffany, che era così dolce ma per certe cose, doveva ammetterlo, così poco utile. Non aveva nessuno che la stringesse fra le braccia e la aiutasse a riscaldarsi in quel letto gelido e sarebbe purtroppo rimasto tutto così per diverso tempo... probabilmente per troppo tempo.
Dopo quasi un'ora in cui si rigirò senza pace nel letto finalmente il suo corpo, esausto per le troppe emozioni di quel giorno, si abbandonò al richiamo del sonno, gli occhi si chiusero inesorabilmente e la Dottoressa Hansen si immerse in un sonno agitato da numeri che le vorticavano intorno, pianeti deserti e misteriosi, uomini in completo nero senza volto e gelidi avvertimenti.
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