Parte 11 - Fuga
17 Gennaio 2060
Francia, Parigi - Complesso ESA
La luce dell'alba filtrava dalla tapparella abbassata disegnando tratteggi lattiginosi sulle coperte e sul volto della donna ancora addormentata.
Fu il trillo acuto del telefono sul comodino accanto al letto a svegliare la Dottoressa Hansen da un sonno agitato. Erano giorni che dormiva molto poco e solo verso mattina, il resto della nottata disturbato di continuo da incubi popolati di uomini vestiti di nero, ragazzi mutilati ed esplosioni. Doveva però ammettere che la vicinanza inaspettata che si era creata fra lei ed il Dottor Ericson la stava aiutando almeno un minimo a sopportare la pressione a cui quel periodo la stava sottoponendo su vari fronti; era convinta che senza l'uomo, pur con la sua presenza altalenante, sarebbe probabilmente già crollata.
La Dottoressa aprì un occhio assonnato strofinandolo vigorosamente per mettere a fuoco il mondo che la circondava, mentre la suoneria del cellulare le trapanava i timpani fino a conficcarsi nel cervello. Afferrò praticamente alla cieca il telefono e lo osservò: al di sotto dell'orario che campeggiava nella parte alta del display non c'era alcunché, nessuna chiamata in arrivo ma soprattutto il dispositivo non stava affatto vibrando. Vagamente confusa appoggiò il cellulare di nuovo sul comodino e ne frugò la superficie per recuperare l'altro dispositivo che giaceva lì accanto. Quando le sue dita si strinsero intorno al sottile rettangolo di metallo sentì finalmente una specie di scossa propagarsi dai polpastrelli per tutta la mano: era quello il cellulare che stava vibrando e suonando con insistenza.
La donna portò il secondo telefono, quello riservato alle comunicazioni di lavoro, davanti al viso sbattendo furiosamente le palpebre per scrollarsi di dosso il sonno: se si trattava di qualcuno dall'ufficio avrebbe fatto meglio ad essere il più lucida possibile.
-Buongiorno, Dottoressa Hansen! Qui Direttore Von Braun.-
La Dottoressa Hansen si mise a sedere sconcertata: il Direttore dell'ESA che si disturbava a chiamarla personalmente? Che diavolo altro poteva essere successo?
-Sì? La ascolto, Direttore!-
-Senta, Dottoressa, - esordì l'uomo in tono cupo, non che fosse mai uno così vivace o brillante nelle sue conversazioni ma al momento sembrava particolarmente serio anche per i suoi standard - so che tecnicamente sarebbe ancora in congedo dopo... dopo quello che è successo, il fatto è che ho bisogno di parlarle al più presto possibile.... Già in mattinata sarebbe l'ideale.-
-In... in mattinata? Cos'è successo, Signore, qualcosa di grave?- domandò la Dottoressa Hansen sempre più allarmata.
-Non posso discuterne al telefono, anche su una linea potenzialmente sicura. Sarebbe più opportuno discutere la faccenda faccia a faccia.-
-D'accordo, Signore, - rispose perplessa la Dottoressa lanciando un'occhiata all'altro telefono per ricontrollare l'ora - mi dia una quarantina di minuti.-
-Gliene do venti, Dottoressa! Lascerò detto all'Accoglienza di farmi sapere quando arriverà.- rispose secco il Direttore Von Braun, e con quello chiuse la comunicazione senza ulteriori commenti o persino un saluto.
Ficcati i cellulari in ognuna delle due tasche dei pantaloni del pigiama infilò i piedi nelle pantofole e si avviò verso l'armadio per recuperare i vestiti per quel giorno prima di dirigersi verso il bagno. Mentre sceglieva una gonna da abbinare alla camicetta di seta color confetto sentì raspare lievemente sulla porta ed un flebile uggiolare apparentemente disperato. Era la piccola Tiffany, che avendo sentito probabilmente dei rumori provenire dalla stanza della sua padrona chiedeva insistentemente di entrare.
Appena la porta si aprì un minimo l'animale la forzò con il muso per poi fiondarsi all'interno della camera direttamente sul letto della padrona, dove prese ad annusare avidamente le lenzuola ed il cuscino come se si trattasse del pezzo di carne più succulento del mondo.
-Hey, piccola!- la salutò la donna facendo ribaltare la bestiola sulle coperte con un colpetto sul fianco per poi grattarle la pancia e la parte inferiore del muso. La cagnolina prese a scodinzolare gioiosa mentre sporgeva la lingua per cercare di leccare le mani della sua padrona.
-Mi dispiace, piccola, - le disse la Dottoressa stringendola brevemente al petto come un bambino in fasce, -purtroppo stamattina ci tocca saltare la passeggiata, tesoro... mi hanno chiamata di ritorno al lavoro.-
Quasi l'avesse compresa Tiffany posò il capo di lato sul braccio della donna come a voler dire "Ok, allora me ne torno a dormire, ciao".
Prima di andare a lavarsi la Dottoressa riportò la cagnolina in salotto depositandola di ritorno nella sua cesta per poi provvedere a riempirle di nuovo le ciotole d'acqua e cibo.
Diciassette minuti dopo la Dottoressa Hansen scendeva dalla sua auto al terzo piano interrato del parcheggio della European Space Agency per avviarsi verso gli ascensori schierati come un plotone d'esecuzione lungo la parete di fondo dell'ampio ambiente cavernoso.
Inserito il badge nella fessura accanto ad uno degli ascensori attese qualche secondo che le porte di metallo si aprissero sulla cabina illuminata da un asettico tubo al neon.
L'ascesa durò appena qualche secondo prima che la porta dell'ascensore si spalancasse di nuovo e la luce dell'atrio assalisse come coltellate gli occhi della Dottoressa ancora abituati ad una livello di luminosità molto inferiore. Sbattendo le palpebre ripetutamente mise a fuoco i modellini che si muovevano pigri sul soffitto prima di avviarsi incerta verso il bancone quadrato al centro del salone.
-Buongiorno, Michelle! - salutò la Dottoressa rivolgendosi alla ragazza di fronte a lei quando quella alzò gli occhi color smeraldo dal suo lavoro.
-Hey, Han! Cosa ci fai, da queste parti? Su all'EPOS non dovreste essere ancora in aspettativa?-
-Già, - confermò la donna spalancando le mani un po' rassegnata sul bancone - sono a colloquio del Direttore.-
-Su alla Bolla?- commentò la ragazza presa alla sprovvista, evidentemente si stava chiedendo anche lei il motivo di quella convocazione dato che l'agenda del loro Direttore era solitamente piena all'inverosimile e trovarvi anche solo cinque minuti liberi era più facile che trovare la vita intelligente su Marte. La giovane allungò una mano verso un grosso telefono, e sollevata la cornetta vi digitò rapidamente un codice a quattro cifre.
-Sì? Sandrine? Sono Michelle giù all'ingresso. Ho qui il Capo dell'EPOS... dice di avere un appuntamento col Capo. Sì? Aspetta un momento... sai di cosa si tratta, per caso, Han?-
-Non ne ho idea, dice che dobbiamo discuterne di persona, ma...- rispose la Dottoressa, ma la giovane troncò la sua risposta riprendendo il telefono da cui aveva levato la mano che copriva il microfono.
-Sì? Ci sei ancora, Sandrine? No, non ho idea di cosa si tratti. Sembra si tratti di qualcosa di riservato... Non c'è nulla, in agenda? No? Prova a cercare un A.P.... magari l'ha segnato così.-
A.P. sull'agenda del Direttore Von Braun era la sigla che solitamente identificata gli appuntamenti privati: spesso si trattava di veri e propri colloqui riservati, il più delle volte con capi di altre agenzie spaziali mondiali oppure politici, ma poteva anche essere che si trattasse di momenti dedicati alla stesura di rapporti o documenti importanti.
La ragazza dietro al bancone ripose la cornetta sulle sue forcelle tornando a rivolgersi all'amica.
-Aspetta qui, Han, sta arrivando qualcuno della Sicurezza a prenderti. Ma che cavolo hai combinato, si può sapere?-
-Guarda... ne so quanto te... so solo che sembrava incazzato... Mah...-
Mentre aspettava pazientemente la Dottoressa Hansen si perse per un momento a fissare il modello della stazione spaziale che troneggiava al centro del soffitto. Assomigliava vagamente ad un polpo meccanico ed un po' inquietante secondo lei con quel grosso corpo centrale su più livelli un po' sgraziato, i piccoli propulsori di manovra installati alla base come piccoli occhi ed i tunnel di accesso che si diramavano come tentacoli con le estremità ad imbuto per accogliere i portelli delle navicelle spaziali in attracco. Il modello, guidato dai sottili cavi che lo sorreggevano, fece un movimento strano come se stesse per capovolgersi esponendo durante un'intera circonferenza la parte superiore altrimenti fuori vista. Il "tetto" della stazione spaziale era circondato sui bordi da numerosissimi quadratini luccicanti a rappresentare i potenti pannelli solari che alimentavano la struttura mentre al centro si alzava una selva di antenne di varie forme e dimensioni, telescopi e piastre di sensori. Chiunque avesse realizzato quel modello doveva averci perso un sacco di tempo oltre ad essere un dannatissimo genio del modellismo...
-La Dottoressa Hansen?- la chiamò una voce maschile alle sue spalle.
-Sì... sì certo. Rispose un po' incerta la donna abbassando lo sguardo e riportando i suoi pensieri al pianeta Terra mentre invece quelli cercavano di sfuggire come palloncini riempiti di elio in preda ad un vento impetuoso.
L'uomo davanti a lei doveva avere sui venticinque anni, indossava una specie di tuta di un colore blu scuro tipico solitamente dei militari ed una fondina appesa alla cintura. Il busto era ricoperto da quello che sembrava un giubbotto antiproiettile, ed al polso il ragazzo portava un complicato orologio militare mentre sul capo calzava un elmetto simile ad un casco semi-integrale con una piccola visiera trasparente che gli schermava solamente gli occhi.
-Il Grande Capo la sta aspettando, Dottoressa! - annunciò a guardia uscendo dal retro del salone sul prato. Gli occhi della donna scivolarono inevitabilmente verso la palazzina dove ricordava di essere stata per l'ultima volta prima di lasciare il complesso in ambulanza oltre una settimana prima. I lavori intorno alla palazzina della Mensa fervevano, il piccolo edificio circondato dalla classica rete di plastica rosso arancio diffusa in tutti i cantieri e due alte gru installate accanto a quelle che sembravano sagome di grossi camion carichi di materiale da costruzione. Da quella zona si sentiva provenire una cacofonia di cigolii delle gru, rumore di macchinari e grida di operai che si scambiavano ordini e volgarità più o meno comprensibili sotto al baccano.
La Bolla era posta in cima ad una specie di torretta isolata dagli altri edifici che ospitava gli uffici amministrativi e dei dirigenti dell'ESA. L'ufficio del Direttore Von Braun era chiamato a quel modo a causa della peculiarità di essere interamente costituito da vetrate ad eccezione di qualche necessaria nervatura di acciaio, caratteristica che faceva assumere all'ambiente appunto l'aria di una bolla o una boccia da pesci rossi.
Anche alla base della Torre dell'Amministrazione vi era una piccola reception. Era un ambiente un po' scuro ma comunque molto elegante con l'illuminazione lungo i margini del soffitto che veniva da lampade poste fuori visuale in cima ai pannelli di mogano che foderavano le pareti ed il pavimento. Al centro troneggiava un altro bancone molto più piccolo di quello all'entrata del complesso affiancato su ogni lato da un ascensore le cui porte d'acciaio facevano un contrasto alquanto sconcertante e per la verità un po' spiacevole con le superfici calde del resto della stanza.
I nuovi arrivati salutarono con un cenno la signora di mezza età - che a giudicare dalla sua postazione dietro al computer doveva essere la famigerata Sandrine - per dirigersi senza una parola verso uno degli ascensori.
-Il suo badge, prego! - domandò la guardia aspettando che la Dottoressa Hansen gli consegnasse il tesserino identificativo. Una volta inserita la scheda nell'apposita fessura una tastiera si accese in un vividissimo color giallo su un pannello di vetro scuro lì accanto. La guardia vi digitò rapidamente un codice, e dopo averlo confermato rimosse il badge della Dottoressa.
-Questo lo tengo io.- le disse il giovane notando la mano tesa della donna -Secondo la procedura devo trattenerlo fino a quando lascerà l'edificio.-
L'ascensore - anche quello foderato di legno ma con uno specchio sulla parete di fondo ed il pavimento di moquette color crema - era già lì che li aspettava per portarli su all'ultimo piano.
La guardia bussò due volte ad un'elegante porta in legno che recava applicato al centro un enorme stemma di metallo della European Space Agency. Con un ronzio la serratura scattò e la porta si spalancò senza un cigolio.
-La Dottoressa Hansen, Signore!- annunciò la guardia scattando sull'attenti. L'uomo all'interno annuì seccamente.
-Bene, me ne occupo io, da qui in poi! Può andare.- disse senza un cenno nei riguardi della donna, che era rimasta un passo dietro al ragazzo che la accompagnava.
-Signorsì, Signore! - replicò il ragazzo voltandosi sui tacchi come se i talloni gli fossero stati avvitati al suolo e dirigendosi verso l'ascensore accanto al quale si appoggiò a braccia incrociate.
-Venga avanti, cosa aspetta?! - ordinò il Direttore Von Braun rivolgendosi finalmente alla Dottoressa quando la porta le si fu richiusa alle spalle e la serratura scattata chiudendoli all'interno dell'ufficio.
-Che succede, Signore? Prima al telefono...- cominciò la donna incerta sedendosi su una delle poltroncine di pelle nera di fronte alla scrivania, ma fu interrotta quasi subito.
-Davvero, non ne ha idea? - domandò il Direttore, ma era piuttosto evidente che in realtà non avesse bisogno di una risposta -Davvero mi sta venendo a dire che non ha nessuna idea del perché si trovi qui?-
-In tutta onestà no, Signore, e sinceramente gradirei saperlo visto che mi sta praticamente saltando alla gola senza un apparente motivo!- sbottò fredda la Dottoressa Hansen. Solitamente la intimidiva, quell'uomo - intimidiva chiunque, se era per questo! - ma quell'atteggiamento così nettamente ostile e senza motivazioni sommato a tutto il resto che le stava succedendo dentro e fuori dal lavoro la spingeva sempre più vicina al perdere il controllo. Era stufa di come stavano andando le cose soprattutto nell'ultimo periodo, non ne poteva più di subire i capricci della sua vita e basta, non ne poteva più e decise che in un modo o nell'altro era ora di prendere in mano la situazione... o almeno di provarci. Ed il primo passo era decidersi ad affrontare finalmente l'uomo davanti a sé e vedere di fargli spiegare come mai la stava trattando da scolaretta indisciplinata a quel modo.
-Ora lo vedremo e non ha davvero niente da dire! - borbottò l'uomo pigiando con rabbia il tasto "Invio" sul suo computer ed alzandosi per dirigersi verso la stampante laser poco lontano...
Con un brontolio sordo ed un lievissimo odore di plastica bruciata la macchina produsse un foglio simile ai vecchi lucidi da proiettore ricoperto di scritte, che da quella distanza pur piccola la donna non riusciva ad interpretare.
-Immagino che questo le sia familiare! - suggerì il Direttore facendo ritorno alla scrivania e lasciando scivolare la stampa sulla superficie di vetro temperato nero.
La donna raccolse il foglio e lo esaminò rapidamente. Ad una prima occhiata credeva di riconoscere di cosa si trattava.
-Sembrerebbe un report dell'attività del Pluto Monitoring System.- commentò la Dottoressa Hansen in tono piatto. All'esterno poteva ostentare di nuovo calma, ma... ma dentro le si scatenava un tumulto incredibile. Aveva nascosto insieme alla sua squadra un'importante anomalia al Direttore dell'ESA, che a quanto pareva doveva aver scoperto qualcosa considerando dove stava andando a finire la conversazione.
-Esattamente. Nota qualcosa di strano?- domandò il Direttore Von Braun fingendo curiosità mentre però gli occhi neri come la notte rimanevano gelidi.
-No, Signore! - commentò la Dottoressa scorrendo rapidamente il rapporto che stringeva fra le mani -Sembra tutto in ordine... Solo le radiazioni solari un po' alte ma... ma se la data è giusta in quei giorni ricordo che c'era una tempesta solare in corso, quindi tutto torna.-
-D'accordo, d'accordo. E ora dia un'occhiata a quest'altra pagina! - ordinò freddo Von Braun mandando in stampa un nuovo foglio ed allungandosi per recuperarlo.
La Dottoressa credeva di sapere cosa le sarebbe stato consegnato a breve, ed il suo cervello si mise automaticamente in moto per cercare una via d'uscita. Si era cacciata in un bel casino ed ora doveva per forza tirarsene fuori in un modo o nell'altro.
-Cosa mi dice, di questo?- domandò il Direttore cacciandole la nuova stampata fra le mani.
In testa al foglio l'intestazione riportava la dicitura "EXTERNAL PLANETS OBSERVATION SYSTEM - Activity Report (Jan, 05 2060)".
La scienziata imprecò mentalmente mentre scorreva i dati stampati in toner nero leggermente rilevato sulla superficie lucida e trasparente del foglio. Dietro vedeva, leggermente sfuocata dalla plastica, il volto tirato ed impassibile del suo capo: il taglio dei capelli corvini cortissimo in stile militare, il pizzetto ed i baffi sottili leggermente spioventi maniacalmente curati e gli occhi appena socchiusi intenti ad osservare e catalogare ogni sua minima reazione, ogni piccola fluttuazione nel suo sguardo. Le davano l'impressione di trovarsi di fronte ad uno di quegli androidi dei film di fantascienza, quelli in grado di vedere con i raggi X attraverso gli oggetti. Ma quello sguardo non penetrava solo gli oggetti, era come se le trapanasse il cranio per spiarle dentro la testa negli angoli più nascosti del suo cervello.
-Allora?- fu l'unica parola che uscì dalle labbra del Direttore Von Braun nei successivi cinque minuti buoni, ma la donna non parlò. Stava ancora pensando a come cavarsela da quella situazione
-Allora?!- esplose il Direttore non ricevendo risposta. Scattò in piedi strappando il rapporto dalle mani della donna.
-Conteggio radiazioni: fuori scala... Livelli termici: fuori scala... Luminescenze non identificabili... composizione chimica del fenomeno: sconosciuta...- elencò l'uomo calcando il tono sul risultato di ciascun rilevamento ed alzando gradualmente la voce, ma ancora la donna non rispondeva bloccata com'era sulla sedia sentendosi sempre più come la scolaretta più indisciplinata della scuola nell'ufficio del Preside.
-Si può sapere a che diavolo stavate pensando Lei e il Suo maledetto team?!- tuonò il Direttore sbattendo furiosamente le palme sulla scrivania sopra alla stampa. Anche le vetrate sembrarono tremare per un istante, mentre un raccoglitore posto accanto al bordo della scrivania ballava pericolosamente per poi rotolare al suolo e spandere ovunque fogli di ogni genere.
-Direttore... Signore... Io non...-
-Lei "non" cosa?- sbraitò l'uomo.
- Ciò che è successo non è responsabilità del mio team. Loro hanno solo seguito le mie direttive alla lettera.-
-La cosa non mi solleva assolutamente, se è quello che sta cercando di fare! - sputò acido il Direttore tornando a sedersi -Una risorsa preziosa come Lei... una scienziata di fama mondiale... Nascondere una cosa del genere...-
-Non sapevamo come gestirla, Signore! Fra le altre cose abbiamo pensato ad un errore del sistema ma... ma la diagnostica che abbiamo preparato per la notte successiva ai rilevamenti è stata interrotta e...-
-Interrotta? Che intende dire?-
-Il mattino seguente abbiamo trovato il programma interrotto e tutti i rilevamenti erano stati cancellati e sostituiti da valori normali... Fra l'altro non so come abbia ottenuto questi dati dal momento che li abbiamo persi apparentemente senza traccia.-
-A questo arriveremo dopo.- commentò l'uomo scacciando la questione con un ampio gesto della mano, ma la Dottoressa intuì che i guai non erano finiti.
-Giorni dopo abbiamo scoperto... Williams ha scoperto... un virus introdotto nel nostro sistema responsabile dell'interruzione delle diagnostiche e probabilmente anche della sostituzione dei nostri files. Stava per espormi qualche ipotesi al proposito quando...-
La Dottoressa Hansen s'interruppe, incapace di proseguire al ricordo di quell'ultima conversazione e di ciò che ne era seguito. Il volto del Direttore fu attraversato per il più piccolo istante da una smorfia, come un accenno appena percettibile di emozione che però venne subito soffocato e riposto nel remoto cassetto della coscienza da cui era uscito indisciplinatamente.
-Per questo non Le ho segnalato nulla, Signore! Avevo bisogno di tempo per svolgere ulteriori indagini e fornire un rapporto il più preciso possibile.-
-Ne dubito... probabilmente vi stavate parando il culo. Sia come sia il fatto rimane: ha nascosto una serie di dati fondamentali e potenzialmente pericolosi all'Agenzia ed a questo non posso passare sopra, Dottoressa! Il fatto è che non è neppure la cosa peggiore che ha fatto.-
La donna sgranò gli occhi sconcertata: cosa diavolo poteva esserci, ancora? Non le risultava di aver fatto altro, anche se già quello, come aveva giustamente osservato il Direttore, sarebbe stato sufficientemente grave per appiopparle un qualche genere di sanzione.
-Il giorno dell'incidente è stata rilevata un'anomalia nel Suo dipartimento.- riprese il Direttore Von Braun senza pietà, come un rullo compressore.
"Un'altra?" pensò la Dottoressa sconcertata, "Merda... non è possibile! Che altro c'è, ora?"
-Non ne avevo idea, Signore... davvero, questa volta...- "accidenti, mi sto giustificando come una bambina"
-Su questo sono anche disposto a credere, Dottoressa! Dal Suo dipartimento si è verificata una fuoriuscita non autorizzata. Informazioni riservate sono state diffuse all'esterno.-
-Cosa? Non è possibile!- esclamò la Dottoressa irrigidendosi sulla sedia. Ormai capiva che probabilmente avrebbe dovuto rivedere il suo concetto di "impossibile", ma comunque tutte quelle scoperte la stavano mettendo alla prova forse più di quanto non avesse già fatto tutto il resto fino a quel momento.
-A... avete identificato la fonte, Signore?- domandò con un filo di voce, il respiro quasi mozzato nel petto.
-Fonte ed anche destinatario, se proprio ci tiene a saperlo! La fonte della fuga di notizie è il terminale del Suo Responsabile della Sicurezza Informatica: il Signor Williams.-
"No... Mark... come diavolo è possibile...?" pensò la Dottoressa Hansen trattenendo il fiato.
-La destinazione... un account di posta elettronica attivato a Suo nome, Dottoressa!- concluse il Direttore con il tono più basso e cupo di tutto quel colloquio, come se avesse appena pronunciato la sua condanna a morte.
-No!- esclamò la Dottoressa -No, non può essere! Non ne so niente, di questa cosa! Glielo assicuro, Signore, non ho ricevuto nessuna e-mail.-
-L'ha ricevuta, Dottoressa! Abbiamo rintracciato il messaggio nel Suo server di posta in entrata... ancora fra i messaggi non letti. Immagino che con tutto quello che è successo... e che Lei ha fatto succedere... che non abbia avuto molto tempo ultimamente di controllare le e-mail.-
La donna scosse il capo e inaspettatamente il gesto le diede un senso di vertigine mai provato prima, era come se le mancasse la terra sotto i piedi e fare movimenti bruschi rischiasse di mandarla a testa in già o di farla precipitare da chissà quale altezza interminabile.
-Con tutto quello che è successo, Dottoressa, non ho alternative. Mi spiace immensamente per quello che sto per fare ma... Lei può capire che nello stato di cose attuale non posso soprassedere agli ultimi accadimenti.-
-Cosa...?- cominciò la Dottoressa confusa e spaventata. Sentiva il sudore imperlarle la fronte e si rese conto solo in quel momento di star tremando sulla sedia, non sapeva bene da quanto ma si accorse poggiando le mani sulle ginocchia che quelle stavano tremando come se fosse sdraiata sulla neve che ricopriva i prati e le strade all'esterno.
-Avevo pensato di porre il Dottor Ericson come Supervisore Pro Tempore delle attività del Dipartimento EPOS in aggiunta al suo ruolo di Direttore dell'IPOS.-
-No...- sussurrò quasi senza fiato la donna arretrando come se l'altro la stesse minacciando con una lama puntata al cuore.
-Infatti... so bene i rapporti che intercorrono fra voi, almeno a livello professionale, e cosa fate fuori di qui non mi riguarda. A livello professionale c'è una compatibilità pari a zero ad essere ottimisti. E con tutto il tempo e le risorse che abbiamo perso negli ultimi tempi non ci possiamo permettere conflitti interni. Quindi purtroppo non ho alternative... Mi creda, Dottoressa, non ho scelta, purtroppo...!-
Con un gesto premette un pulsante e la porta si aprì facendo entrare la guardia che poco prima aveva accompagnato la Dottoressa Hansen.
-Il badge della Dottoressa, se non le dispiace!- ordinò il Direttore allungando una mano, e il giovane vi depositò il tesserino magnetico.
-Può andare, attenda fuori ancora per qualche attimo!- congedò il giovane il Direttore facendogli cenno di tornare all'esterno della stanza.
-Purtroppo non ho altra scelta che sospenderla a tempo indeterminato dai Suoi incarichi, Dottoressa!- mormorò l'uomo quando la porta si fu richiusa alle spalle della guardia tornando a sedersi alla sua scrivania.
-Direttore, no...! - sussurrò la Dottoressa. Ormai le restava solo il lavoro come ultima fonte di un minimo di soddisfazione nella nebbia scura e informe che stava diventando la sua vita -Non può sospendermi, Signore...!-
-O è sospensione...- osservò l'uomo estraendo un arnese da un cassetto della scrivania, una specie di tagliacarte a forma di rettangolo delle dimensioni precise del badge della Dottoressa e dotato di diverse lame incrociate.
-O è sospensione, dicevo, o licenziamento diretto per gravi responsabilità oggettive.- riprese il Direttore simulando di infilare il tesserino nel tagliacarte dalle cui lame emergevano alla vista solo piccole sezioni triangolari di plastica... triangolari come i pezzetti in cui sarebbe stato frantumato con una semplice pressione delle due metà di quello strumento simile ad una pinza.
La donna si alzò senza dire una parola ed uscì annuendo.
Non parlò con nessuno, neppure con la guardia, fino a quando raggiunse l'uscita del parcheggio interrato. Appena in cima alla rampa schiacciò a tavoletta l'acceleratore facendo schizzare immediatamente la macchina in avanti ad una velocità spropositata mentre le lacrime le esplodevano negli occhi quasi annebbiandole la vista.
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