↠ BONUS! ↠ La Prima Impressione

Capitolo dedicato a -Temxari, che me lo aveva richiesto. Love u ♥

Non sapevo cosa aspettarmi vedendo Alexandra Grace per la prima volta. Ero un po' in ansia, dovevo ammetterlo.

Posai la tazza di caffè sul tavolo con un leggero sospiro. Se lei aveva anche solo un po' gli stessi "problemi" di Percy nel mondo "normale", allora i miei prossimi mesi sarebbero stati veramente impegnativi. Certo, avrei potuto dirgli di no quando mi aveva chiesto se Alexandra poteva venire a stare da noi per il periodo invernale, ma... be', non ero riuscita a rifiutare. Non dopo che mi aveva raccontato qualcosina della vita di quella povera ragazza.

Aveva disperatamente bisogno di sentirsi normale, di sperimentare qualcosa di diverso dallo scappare e combattere contro i mostri. Con quale cuore potevo rispondere a Percy: "no, dille che si arrangia"? E poi, mio figlio possedeva un sacco di buone qualità, però faceva veramente fatica a farsi degli amici. Questa Alexandra doveva essere speciale se era disposto a portarsela a casa.

Mi domandai se poteva esserci qualcosa, sotto. Fino a pochi mesi fa vedevo il mio Percy ancora come un bambino... ma stava crescendo. Stava diventando in tutto e per tutto un adolescente. E se avesse provato una simpatia... "particolare"... per lei?

Mio dio. Mi sa che non sono pronta per queste cose. Mi portai la tazza di caffè alle labbra e feci per prendere un sorso, quando una voce maschile che non sentivo da tempo, proveniente dalle mie spalle, mi spaventò a morte.

«Ciao, Sally»

Sobbalzai piuttosto violentemente. Il caffè, che per grazia divina era freddo, mi imbrattò la camicetta. Mi girai di scatto e... be', persi l'uso della parola.

Poseidone era bello da togliere il fiato, proprio come me lo ricordavo. La somiglianza con Percy era innegabile mano a mano che nostro figlio cresceva: stessi indomabili capelli corvini, stessi occhi del colore del mare e stesso, identico sorriso luminoso.

«Oh... P-Pos... ehm...» balbettai incoerentemente.

Il sorriso di Poseidone si allargò e io mi sentii svenire. «Scusa per questa improvvisa invasione» disse. La sua voce profonda mi fece correre un brivido lungo la schiena. Mi guardò e schioccò le dita: la mia camicetta tornò intonsa. «Non volevo spaventarti»

Posai la tazza sul tavolo, cercando di darmi un contegno. Mi schiarii la gola. «Oh, non ti preoccupare» borbottai «è successo qualcosa a Percy?»

«No, sta benissimo» rispose Poseidone. Si ficcò le mani in tasca e si guardò in giro. «Sta tornando a casa con Alexandra, in effetti. Saranno qui tra poco»

Annuii lentamente. «A cosa devo questa visita, allora?»

«Percy ti ha detto di chi è figlia Alexandra?»

«No, in effetti no». Aggrottai la fronte. «Perché, è importante?»

«In un certo senso sì. E' mia nipote, Sally. E' figlia di Zeus»

«Di...». Chiusi la bocca di scatto. Quella era una cosa che non mi aspettavo proprio, ad essere sincera. Sapevo che Zeus aveva una figlia, ma pensavo che fosse confinata in un pino.

Poseidone dovette notare la mia espressione confusa, perché disse: «E' sua figlia minore. La maggiore è stata confinata nell'albero che protegge i confini del Campo Mezzosangue»

«Okay» dissi lentamente «ma perché le permette di venire a vivere con me e Percy? Pensavo ci volesse morti...»

Poseidone sospirò. «Be', Percy gli ha reso un grande servizio restituendogli la folgore rubata. Alexandra l'ha aiutato molto. I due hanno stretto un legame piuttosto forte durante la loro Impresa... e Zeus non sarà un padre molto presente, ma quando vuole è attento. Vuole bene a sua figlia, a modo suo. Forse ritiene che ne abbia passate troppe per la sua giovane età, e che abbia bisogno di sentirsi un po' normale»

«Aspetta un attimo» dissi lentamente «quando parli di "legame piuttosto forte" intendi...»

Poseidone sorrise. «Sally, sono il dio del mare. Sono la divinità sbagliata a cui chiedere questa cosa. E comunque, vedrai tu stessa» disse «in ogni caso, sono venuto qui per rassicurarti: a te e a Percy non verrà fatto alcun male. Naturalmente Zeus si aspetta che, in cambio, Alexandra venga trattata bene»

«L'avrei fatto anche se non me lo avesse chiesto lui»

«Lo so, mia cara». Sentii la porta d'ingresso che si apriva e la voce di Percy che mi chiamava. «Devo andare. Prenditi cura del nostro ragazzo anche per me, Sally»

«Come faccio sempre» borbottai dopo che fu sparito.

Avevo effettivamente visto con i miei occhi cosa intendeva Poseidone con "legame piuttosto forte", alla fine.

Percy e Alexandra non si conoscevano da tanto, ma avevano un'intesa... particolare. Riuscivano a capirsi con uno sguardo, e praticamente erano l'uno l'ombra dell'altro. Non sapevo onestamente se se ne rendessero conto... in fondo avevano quasi tredici anni, era presto per certi discorsi.

Alexandra era stata un po' diffidente per i primi giorni. Percy tendeva a svegliarsi piuttosto tardi la mattina, quindi a colazione eravamo spesso da sole; non era difficile notare il suo disagio, e me ne dispiacevo.

Così, dopo una settimana di colazioni mute, decisi di fare qualcosa per rompere il ghiaccio. Mi sedetti davanti a lei mentre mangiava i pancake che le avevo preparato. «Allora» esordii «Alexandra... ti va di parlarmi un po' di te?»

Alexandra puntò gli occhi blu su di me. Non ne avevo mai visti di quel colore: erano molto particolari, con tutte quelle pagliuzze argentee. Mi domandai se fosse una caratteristica ereditata da suo padre. «Di me?» ripetè.

«Sì. Solo se te la senti, ovviamente. Percy mi ha accennato qualcosa, ma vorrei... ecco, vorrei conoscerti meglio»

«Mi sembra giusto» borbottò lei in risposta. Posò la forchetta sul bordo del piatto. «Che cosa vuole sapere, signora Jackson?»

«Prima di tutto, sono Sally» specificai «non darmi del lei, per favore. Mi fai sentire vecchia»

«Scusa. Cosa vuoi sapere... ehm, Sally?»

«Non lo so». Mi grattai il mento. «Cominciamo dalle cose semplici. Da dove vieni?»

«Oh. Io... ehm...». Si accigliò un po'. «Non lo so con precisione. Mia sorella Talia è scappata di casa quando avevo tre anni, e mi ha portata con lei. Abbiamo girato per tutto il paese e non ho mai avuto una casa fissa prima di arrivare al Campo, perciò...»

Mi sentii un po' a disagio. Percy mi aveva detto che aveva avuto una vita difficile, ma non pensavo così tanto. «Ah. Quindi tu... insomma...». Esitai apertamente.

Alexandra strinse le labbra. «Ho qualche ricordo di mia madre» disse. Mi domandai come aveva capito che volevo domandarle proprio di lei. «Si chiamava Beryl e faceva l'attrice»

«Beryl?» ripetei «Tua madre è Beryl Grace?»

«Sì. La conoscevi?»

«Oh, sì. Di nome. Ho visto qualche sua serie televisiva, da giovane. Non le somigli molto»

Alexandra annuì. «Sì, assomiglio più a mio padre» replicò «Talia mi disse che era una cosa di cui mia madre andava fiera, non so bene perché. La verità è che non ricordo quasi nulla di dove vivevo o di che tipo di madre fosse. Ricordo di aver avuto solo Talia, Annabeth, Grover, e L...»

Si incupì d'improvviso, e io intuii chi stava per nominare: Luke. Percy mi aveva raccontato che cos'era successo con quel tipo. «Non dobbiamo parlare di lui se non ti va» la rassicurai.

«Non fa niente» fece lei, abbozzando un debole sorriso «sono cresciuta con lui, ed è una parte importante della mia storia. Sono chi sono anche grazie a lui. Non posso cancellarlo solo perché è un infame»

«E' un modo molto saggio di vedere le cose» constatai colpita.

«Grazie. In quanto a saggezza Annabeth è una buona insegnante»

«Annabeth è l'amica che vi ha accompagnati nell'Impresa, giusto?»

«Sì, proprio lei» rispose Alexandra «anche se è più una sorella che un'amica. La conosco da quando avevo sette anni»

Ci fu un lungo silenzio confortevole. Alexandra riprese la forchetta in mano e continuò a mangiare. Ne approfittai per osservarla meglio: il modo in cui sedeva rigida, in cui osservava guardinga l'ambiente che le stava intorno e il modo sospettoso con cui mi aveva guardata quando era entrata in casa mia... quella povera ragazza doveva esser stata costretta a crescere molto in fretta, ad imparare molto presto a prendersi cura di se stessa. Non dimostrava per niente i quasi tredici anni che aveva.

In un certo senso mi ricordava me alla sua età. Capivo perfettamente il suo bisogno di sentirsi normale, e decisi che se potevo aiutarla l'avrei fatto molto, molto volentieri. 

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