5. La folle corsa
[08.06.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
«Quattro per il Campo Mezzosangue» disse Annabeth alla vecchia. Aprì lo sportello posteriore del taxi e ci fece cenno di salire.
«Ah!» gridò la vecchia. Puntò un dito ossuto contro Tyson. «Quelli come lui non li prendiamo!»
Stavo per aggredirla verbalmente, ma Annabeth mi afferrò il polso e strinse, in un muto avvertimento. «Pedaggio extra» promise «altre tre dracme all'arrivo»
«Andata!» strillò la donna.
Percy si infilò dentro per primo. Annabeth mi diede una piccola spinta. «Vai in braccio a Percy» mi ordinò.
La guardai stralunata. «Cosa?! No!»
«Vuoi prendere questo taxi o no?»
«No!»
Annabeth si accigliò. La sua espressione truce mi diceva che stava per arrivarmi una sgridata epica. «Non ho la minima intenzione di salire in braccio a Percy, quindi ci andrai tu» sibilò «avete voluto portarvi voi dietro questo qua» e indicò disgustata Tyson «e non m'importa se ti devo abbattere per farti salire, Alex, dobbiamo raggiungere il Campo il prima possibile. Capisci che potrebbe essere in pericolo?»
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. Aveva ragione, ma non glielo avrei mai detto apertamente. «E va bene» mi arresi alla fine. Mi arrampicai controvoglia sul retro del taxi. «Fammi spazio» dissi a Percy, scostandogli le mani. Mi sedetti sulle sue gambe; lo sentii irrigidirsi immediatamente. «Alex, ma c-cosa... cosa f-fai?» balbettò sorpreso, arrossendo violentemente.
«Non ci stiamo tutti e quattro» replicai sulla difensiva. Mi sentii arrossire anche io. Dannazione. «Dì un po', preferisci prendere in braccio Tyson?»
«No, ma-»
«Allora tienimi» gli ordinai stizzita «perché se mi fai finire con la faccia contro il sedile davanti giuro che ti fulmino»
Sentii la mano di Percy scivolare sulla mia schiena e afferrarmi il fianco sinistro. L'altra mano mi afferrò il ginocchio sinistro, e mi spinse un po' di più contro il suo petto. Passai il braccio dietro il suo collo e mi aggrappai al poggiatesta, cercando di ignorare la pericolosa vicinanza dei nostri volti. L'odore della brezza marina e della salsedine mi investì in pieno, facendomi arrossire ancora di più mentre Tyson si sistemava di fianco a noi. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Annabeth sarebbe morta nell'istante in cui saliva sul taxi e chiudeva la portiera. Mi lanciò un'occhiata che di scuse aveva veramente poco: anzi, la disgraziata mi rivolse pure un mezzo sorriso.
Cercando di non pensare al mio battito cardiaco impazzito (o era di Percy? E chi lo sapeva) mi concentrai sugli interni del taxi. Non erano per niente cambiati. Erano grigio fumo, come li ricordavo. Il sedile era ancora scorticato e pieno di bozzi. Non c'era nessun divisorio di plexiglass a separarci dalle tre vecchie, pigiate sul sedile anteriore, tutte con i capelli arruffati davanti agli occhi, le mani ossute e un vestito a sacco del colore del carbone. Quella alla guida gridò: «Long Island! Tariffa bonus per la zona non coperta dalla metro! Ah!». Pigiò sull'acceleratore e mi aggrappai con tutte le mie forze al poggiatesta, impedendo a Percy di volare in avanti. Di riflesso mi strinse un po' di più a se.
Una voce pre-registrata fuoriuscì dall'altoparlante: "Salve! Sono Ganimede, il coppiere di Zeus, e quando vado a comprare il vino per il Signore del Cielo, mi allaccio sempre la cintura!". Il taxi sfrecciò dietro l'angolo di West Broadway e la vecchietta grigia seduta in mezzo strepitò con voce stridula: «Attenta! Va' a sinistra!»
«Be', se tu mi dessi l'occhio, Tempesta, lo vedrei da sola!» si lamentò la vecchietta alla guida. Sterzò per evitare un furgoncino in arrivo, imboccò il marciapiede con un tonfo da far tremare la mascella e si infilò al volo nell'isolato successivo.
«Vespa» disse la terza vecchietta all'autista «dammi la moneta della ragazza! Voglio morderla»
«Tu l'hai morsa l'ultima volta, Rabbia» rispose Vespa «tocca a me!»
«No!» strillò Rabbia.
Tempesta urlò: «È rosso!»
«Frena!» strepitò Rabbia.
Vespa, però, pigiò sull'acceleratore e salì di nuovo sul marciapiede, svoltando un altro angolo con un gran stridore di gomme e rovesciando un'edicola. «Di immortales...» brontolai, lo stomaco che si rivoltava da dentro a fuori.
«Mi scusi» esordì Percy «ma... ci vede bene?»
«No!» strillò Vespa da dietro il volante.
«No!» strillò Rabbia appiccicata al finestrino.
«Ma certo!» strillò Tempesta in mezzo.
«Sono cieche?» ci domandò Percy.
«Non del tutto» rispose Annabeth «hanno un occhio»
«Uno solo?»
«Sì»
«A testa?»
«No. Un occhio in tutto» mugugnai in risposta, accarezzandomi la pancia con la mano libera.
«Stai bene? Ti viene da vomitare?» mi chiese Percy preoccupato.
«No alla prima» replicai «e no anche alla seconda, perché credo di aver lasciato lo stomaco su West Broadway»
Tyson mugolò e si aggrappò al sedile. «Ahia, la pancia»
«Oh, cavolo» gemette Percy. Avevamo già visto Tyson con il mal d'auto in gita e non era il genere di cosa a cui volevi assistere a meno di dieci metri di distanza. «Tieni duro, campione! Qualcuno ha un sacco della spazzatura?»
Le tre vecchiette grigie erano troppo prese dal loro battibecco per badare a lui. Percy lanciò un'occhiataccia ad Annabeth. «Ehi» si difese lei «il Taxi delle Sorelle Grigie è il modo più veloce per arrivare al Campo»
«Allora perché non l'hai preso in Virginia?»
«Perché è fuori dalla loro area di servizio» rispose Annabeth «servono solo il centro di New York e le comunità nei dintorni»
«Abbiamo avuto gente famosa su questo taxi» esclamò Rabbia «Giasone! Vero?»
«Non me lo ricordare» gemette Vespa «e all'epoca non avevamo un taxi, vecchio pipistrello. Era tremila anni fa!»
«Dammi il dente!». Rabbia cercò di ghermire la bocca di Vespa, ma lei le scansò la mano con uno schiaffo. «Solo se Tempesta mi dà l'occhio!»
«No!» strepitò Tempesta stridula «Tu l'hai tenuto ieri!»
«Ma io sto guidando, vecchia strega!»
«Tutte scuse! Svolta!»
Vespa sterzò bruscamente in Delancey Street, stritolando Percy tra me, Tyson e lo sportello. Pigiò sull'acceleratore e imboccammo il Williamsburg Bridge a cento chilometri all'ora. Le tre sorelle stavano litigando sul serio, adesso, prendendosi a schiaffi mentre Rabbia cercava di ghermire la faccia di Vespa e quest'ultima quella di Tempesta.
Alla fine Rabbia riuscì a strappare il dente dalla bocca di Vespa. Quest'ultima si infuriò a tal punto che sterzò verso il bordo del ponte strillando: «Ridammelo! Ridammelo!»
Tyson gemette con le mani sullo stomaco. Mi ritirai un po' di più verso lo sportello. Percy mi strinse talmente forte che quasi mi fece male. «Ehm, casomai a qualcuno interessi» intervenne «di questo passo ci ammazzeremo!»
«Non ti preoccupare» disse Annabeth, in tono però parecchio preoccupato «le Sorelle Grigie sanno quello che fanno. Sono davvero molto sagge»
Pattinavamo sul bordo di un ponte a quaranta metri d'altezza sopra l'East River: "sagge" non era proprio il modo in cui le avrei definite. «Sì, sagge!». Rabbia sogghignò nello specchietto retrovisore, sfoggiando il dente appena conquistato. «Sappiamo le cose!»
«Tutte le strade di Manhattan» si vantò Vespa, senza smettere di picchiare la sorella «e anche la capitale del Nepal!»
«Insomma, tutto meno che come si fa a guidare» borbottai. Percy mi sentì e strinse le labbra per trattenere la risata, scuotendo piano la testa.
«Il posto che cerchi!» aggiunse poi Tempesta.
Le altre due sorelle le si rivoltarono contro, strillando: «Zitta! Zitta! Ancora non l'ha nemmeno chiesto!»
«Che cosa?» chiese Percy «Che posto? Io non sto cercando nessun-»
«Niente!» rispose Tempesta «Hai ragione, ragazzo. Non è niente!»
Ma chiaramente Percy non era convinto. Quel ragazzo era curioso come una scimmia e testardo come un mulo. Non avrebbe lasciato perdere, lo sapevo bene. «Ditemelo» le incalzò.
«No!» strillarono tutte e tre.
«L'ultima volta che l'abbiamo fatto è stato orribile!» disse Tempesta.
«L'occhio gettato in un lago!» concordò Rabbia.
«Ci vollero anni per ritrovarlo!» gemette Vespa «A proposito... ridammelo!»
«No!» urlò Tempesta.
«L'occhio!» urlò Vespa «Dammelo!»
Diede una grossa pacca sulla schiena della sorella. Si sentì un plop! disgustoso e l'occhio volò via dalla faccia di Tempesta. La vecchietta grigia annaspò nel tentativo di riprenderlo, ma riuscì soltanto a colpirlo con il dorso della mano. La piccola sfera viscida e verdognola le volò oltre la spalla, raggiunse il sedile posteriore e mi atterrò in grembo.
Trasalii schifata; diedi involontariamente una craniata bestiale a Percy, e bulbo oculare rotolò via mentre entrambi ci portavamo una mano alla testa, gemendo. «Non ci vedo!» urlarono tutte e tre le sorelle.
«Datemi l'occhio!» gemette Vespa.
«Datele l'occhio!» gridò Annabeth.
«Ce l'ha Alex!» rispose Percy, strofinandosi la fronte.
«Non è vero!» protestai.
«Laggiù! Vicino al tuo piede, Percy!» esclamò Annabeth «Non pestarlo! Prendilo!»
«Io quell'affare non lo raccolgo!» protestò lui. Il taxi andò a sbattere contro il guardrail e pattinò in avanti strusciando sul metallo, con un baccano orribile. La macchina tremò tutta e il fumo grigio si gonfiò come se stesse per dissolversi per lo sforzo.
«Tyson sta per vomitare!» avvertì Tyson.
«Annabeth» strillò Percy «presta a Tyson il tuo zaino!»
«Sei matto? Prendi l'occhio!»
Vespa sterzò e il taxi si allontanò bruscamente dal guardrail. Sfrecciammo oltre il ponte in direzione di Brooklyn, più veloci di qualsiasi taxi umano. Le Sorelle Grigie urlavano e si picchiavano, reclamando l'occhio. «E va bene!» sbottai «Ci penso io!»
Mi feci coraggio. Strappai un lembo della mia maglietta, che tanto ormai era già messa male, e lo usai per raccogliere il disgustoso bulbo da terra con una certa difficoltà. Le costole protestarono un po', ma riuscii a prenderlo. «Brava ragazza!» gridò Tempesta come se in qualche modo sapesse che ce l'avevo io «Ridammelo!»
Percy mi bloccò la mano con cui tenevo l'occhio, impedendomi di restituirlo. «Prima però mi spieghi quello che stavate dicendo» disse «che vuol dire: "il posto che cerco"?»
«Sei impazzito?!» sbraitai, cercando di liberarmi dalla sua presa. Cavolo, ma quando era diventato così forte?
«Non c'è tempo!» sbraitò Tempesta «Stiamo accelerando!»
Guardai fuori dal finestrino. Era vero: gli alberi, le macchine e interi quartieri ci sfrecciavano accanto in un miscuglio sfuocato. Avevamo già lasciato Brooklyn e attraversavamo il centro di Long Island. «Ci farai schiantare!» ringhiai.
«Percy» lo avvisò Annabeth «non possono portarci a destinazione senza l'occhio. Continueremo ad accelerare finché non ci schianteremo tutti in milioni di pezzi»
«Prima devono dirmelo» rispose lui «o apro il finestrino e lancio l'occhio in mezzo al traffico»
«No!» gemettero tutte e tre insieme le Sorelle Grigie.
«Sto abbassando il finestrino» le provocò, ma sapevo che faceva finta, perché con la mano libera mi stava impedendo di cadere in avanti, tenendomi contro di sé.
«Aspetta! 30, 31, 75, 12!» gridarono a squarciagola.
«Che vuol dire?» chiese Percy «Non ha senso!»
«30, 31, 75, 12!» gemette Rabbia «Possiamo dirti solo questo. Ora dacci l'occhio! Siamo quasi al Campo!»
Ormai avevamo lasciato l'autostrada e sfrecciavamo nella campagna a nord di Long Island. Riuscivo a scorgere il Campo Mezzosangue in lontananza, con il grande pino in cima alla collina: l'albero di Talia. «Molla, o ti fulmino» lo minacciai.
Non discusse: mi lasciò libera la mano e io gettai l'occhio in grembo a Vespa. La vecchietta lo afferrò al volo, se lo infilò nell'orbita come se fosse una lente a contatto e strizzò la palpebra. «Wow!»
Pigiò sul freno. Il taxi fece tre o quattro testacoda in una nuvola di fumo e si fermò al centro della strada sterrata ai piedi della Collina Mezzosangue. Tyson liberò un grosso rutto. «Tyson sta meglio!» annunciò.
«Grazie agli dei» dissi sollevata.
«Va bene» disse Percy alle Sorelle Grigie «adesso ditemi cosa significano quei numeri»
«Non c'è tempo!». Annabeth aprì lo sportello. «Dobbiamo scendere subito!»
Stavo per chiederle perché, quando abbassai la testa e guardai verso la Collina Mezzosangue.
In cima c'era un gruppetto di ragazzi del Campo. E stavano subendo un attacco.
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