35. Esplosione (P)
[24.07.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
«Di che hai paura?»
Luke storse il labbro. I soldati che stavano per ucciderci esitarono, aspettando il suo ordine. Prima che potesse dire qualcosa, Agrio si precipitò sul ponte trascinando un cavallo volante.
Era il primo pegaso completamente nero che avessi mai visto, e aveva le ali simili a quelle di un corvo gigantesco. Era una giumenta che si impennava e nitriva irrequieta. Sentivo i suoi pensieri. Stava apostrofando Agrio e Luke con una serie di parolacce così pesanti che Chirone le avrebbe sciacquato il muso col sapone. E vista l'espressione sbigottita con cui Alex si era girata a guardare l'animale, poteva sentirlo anche lei. «Signore!» gridò Agrio, schivando uno zoccolo «il suo cavallo è pronto!»
Luke non mi staccò gli occhi di dosso. «Te l'ho detto la scorsa estate, Percy» disse «non puoi convincermi a combattere, non ci casco»
«Così continui a evitarlo» replicai «hai paura di farti sconfiggere davanti ai tuoi guerrieri?»
Luke lanciò un'occhiata ai suoi uomini e capii di averlo messo alle strette. Se si fosse tirato indietro sarebbe apparso debole. Se si fosse fermato a combattere avrebbe perso del tempo prezioso per inseguire Clarisse. Da parte mia il massimo che potevo augurarmi era di distrarlo, dando ai miei amici l'occasione di scappare. Se qualcuno era in grado di escogitare un piano per andarsene di lì, quel qualcuno era Annabeth. Ma sapevo anche quanto fosse bravo Luke con la spada. «Ti ucciderò facilmente» decise, e alzò l'arma.
Vipera era di trenta centimetri più lunga della mia spada e scintillava di una malvagia luce grigio-dorata nel punto in cui l'acciaio umano si era fuso con il bronzo celeste. Avevo quasi la sensazione che la lama fosse in conflitto con se stessa, come se fosse fatta di due magneti opposti ma costretti a stare insieme. Non sapevo come avessero forgiato quell'arma, però avvertivo una tragedia. Era costata la vita di qualcuno.
Luke fischiò a uno dei suoi uomini, che gli lanciò uno scudo rotondo di bronzo e cuoio. Mi fece un sorriso maligno. «Luke» intervenne Annabeth «almeno dagli uno scudo»
«Spiacente, Annabeth» replicò lui «ognuno si porta il proprio equipaggiamento a questa festa»
«Può farcela anche senza» intervenne Alex. I suoi occhi blu erano fissati su di me e mi scrutava con un'intensità che mi diede subito sicurezza. Forse aveva ragione, ma l'assenza dello scudo era un problema. Combattere con tutt'e due le mani libere e una spada ti dava più potenza, ma combattere con una mano e uno scudo ti dava più difesa e versatilità. C'erano più mosse, più opzioni, più modi di uccidere. Ripensai a Chirone, a quando mi aveva detto di restare al Campo a ogni costo e di imparare a combattere. Ora avrei pagato cara la mia disubbidienza.
Luke partì con un affondo e per poco non mi uccise al primo colpo. La sua spada mi passò sotto il braccio, squarciandomi la maglietta e ferendomi sul costato. Arretrai con un salto e contrattaccai con Vortice, ma lui mi respinse con lo scudo.
«Santi numi, Percy» mi schernì «sei fuori allenamento». Mi aggredì di nuovo con un fendente diretto alla testa. Lo parai e risposi con una stoccata, che lui schivò senza difficoltà.
Il taglio sulle costole bruciava. Avevo il cuore in gola. Quando Luke tentò un altro affondo, arretrai con un salto in piscina e avvertii subito un'ondata d'energia. Roteai sott'acqua, creando una sorta di vortice, e lo spedii direttamente in faccia a Luke. La forza dell'acqua lo scaraventò a terra, dove rimase accecato a sputacchiare. Prima che potessi approfittarne per colpirlo, però, rotolò su un fianco e tornò in piedi.
Attaccai e riuscii a scheggiare il bordo del suo scudo, ma lui non ci badò nemmeno. Si chinò e mirò alle gambe. All'improvviso mi sentii una coscia in fiamme: il dolore era così intenso che crollai a terra. Avevo i jeans strappati sopra il ginocchio.
Ero ferito. Non sapevo quanto fosse grave. Luke continuò a menare fendenti e io rotolai dietro una sedia a sdraio. Cercai di alzarmi, ma la gamba ferita non riusciva a reggere il mio peso.
«Peeeeercy!» belò Grover. Rotolai di nuovo mentre la spada di Luke spezzava in due la sdraio, con l'intelaiatura di metallo e tutto. Cercai di trascinarmi verso la piscina, tentando con tutte le mie forze di non svenire. Non ce l'avrei mai fatta. E Luke lo sapeva. Veniva avanti lentamente, sorridendo, con il filo della spada tinto di rosso. «Voglio farti vedere una cosa prima che tu muoia, Percy». Guardò Orico, che stava ancora reggendo Annabeth e Grover per il collo. Alcuni semidei stavano trattenendo Alex e Tyson, che si dimenavano come matti. «Ora puoi mangiare la tua cena, Orico. Bon appétit»
«Eh-eh! Eh-eh!». L'uomo-orso sollevò i miei amici e scoprì i denti. Tyson e Alex presero ad urlare e a dimenarsi con più furia. Il semidio che tratteneva lei stramazzò a terra con i capelli anneriti e bruciacchiati, e lei fece per scagliarsi verso Orico, ma qualcuno fu più veloce.
E si scatenò l'Ade.
Whish!
Una freccia piumata di rosso spuntò nella bocca di Orico e, con un'espressione di sorpresa sulla faccia pelosa, il mostro si accasciò sul ponte. «Fratello!» gridò Agrio. Lasciò le redini del pegaso e la giumenta nera volò libera verso la baia di Miami, assestandogli un poderoso calcio in testa.
Per mezzo secondo le guardie di Luke furono troppo sbigottite per fare qualunque cosa, a parte fissare i corpi dei gemelli che si dissolvevano in fumo. Poi si udì un coro selvaggio di grida di guerra e zoccoli che tuonavano sul metallo. Una dozzina di centauri arrivò alla carica dalla scalinata principale.
«Pony!» gridò Tyson tutto contento.
Faticavo a star dietro a quello che vedevo. Chirone faceva parte del branco, ma i suoi parenti non gli somigliavano per niente: c'erano centauri con il corpo di stalloni arabi neri, altri con il mantello dorato dei palomini, altri ancora a macchie bianche e arancione come i cavalli pezzati. Alcuni indossavano vivaci magliette con su scritto, a lettere fluorescenti: "PARTY PONY: SEZIONE SUD DELLA FLORIDA". Certi erano armati di archi, altri di mazze da baseball, altri ancora di fucili che sparavano proiettili di vernice. Uno si era disegnato la faccia come un guerriero comanche e agitava un grosso pugno di gommapiuma con il pollice alzato. Un altro era a petto nudo e si era dipinto interamente di verde. Un terzo aveva degli occhialoni da pilota con le pupille a penzoloni e un ridicolo berretto con delle lattine di bibite applicate ai lati.
Esplosero sul ponte con tanto colore e tanta ferocia che per un attimo perfino Luke rimase sbigottito. Non capivo se fossero venuti a festeggiare o ad attaccare. A quanto pareva, entrambe le cose.
Mentre Luke sollevava la spada per chiamare a raccolta le truppe, un centauro scagliò una freccia con un guantone da boxe al posto della punta. Colpì Luke dritto in faccia, facendolo volare in piscina. I suoi guerrieri si dispersero. Non potei biasimarli. Affrontare gli zoccoli di uno stallone imbizzarrito fa già abbastanza paura, ma quando lo stallone è un centauro armato di arco che urla grida di guerra con un ridicolo berretto in testa, anche il guerriero più coraggioso se la darebbe a gambe.
«Fatevi avanti!» gridò uno dei party pony.
A quel punto si scatenarono con i fucili a vernice. Un'ondata di blu e giallo esplose contro i guerrieri di Luke, accecandoli e inzaccherandoli dalla testa ai piedi. Cercarono di scappare, ma scivolarono e caddero a terra. Chirone galoppò verso Annabeth e Grover, li sollevò dal ponte e se li depositò sulla groppa in un lampo. Io cercai di alzarmi, ma la gamba ferita sembrava ancora essere in fiamme. Luke stava strisciando fuori dalla piscina. «Attaccate, idioti!» ordinò alle sue truppe.
Da qualche parte, sotto il ponte, suonò una grossa campana d'allarme. Sapevo che da un secondo all'altro i rinforzi di Luke ci avrebbero travolti. I suoi guerrieri si stavano già riprendendo dalla sorpresa, avvicinandosi ai centauri con le spade e le lance puntate. Tyson ne fece fuori una dozzina, gettandoli oltre il parapetto direttamente nella baia di Miami. Poco distante da lui c'era Alex, armata delle sue Gemelle, e ne stava tenendo a bada un bel po' da sola, circondata da un piccolo turbine di fulmini. Era bellissima e letale nello stesso tempo, tanto che mi imbambolai a guardarla e quasi mi persi gli altri guerrieri che stavano spuntando dalle scale. «Ritirata, fratelli!» ordinò Chirone.
«Non te la caverai così facilmente, ronzino!» gridò Luke. Alzò la spada, ma fu colpito in piena faccia da un'altra freccia-guantone, piombando a sedere su una sdraio. Un centauro palomino mi sollevò sulla groppa. «Ehi, bello, chiama quella montagna del tuo amico! Alla Principessa ci ha già pensato mio fratello!»
Girai la testa. Un centauro del tutto identico a quello che aveva preso me aveva già issato Alex sulla sua groppa -ed era evidente che lei volesse restare a combattere, visto che stava protestando a gran voce. Mi chiesi perchè l'aveva chiamata "Principessa", ma rimandai bruscamente la risposta ad un altro momento. «Tyson!» gridai «Vieni!»
Tyson mollò i due guerrieri che stava per annodare insieme e ci corse incontro. Saltò sulla groppa del centauro. «Ehi, amico!» gemette quello, quasi piegandosi sotto il peso di mio fratello «Hai mai pensato di ridurre i carboidrati?»
I guerrieri di Luke si stavano organizzando in una falange, ma quando furono pronti ad avanzare, i centauri avevano già raggiunto il bordo del ponte e avevano saltato senza timori il parapetto, come se fossimo a una corsa a ostacoli invece che a dieci piani di altezza da terra.
Ero certo che saremmo morti, ma i centauri atterrarono senza scosse sull'asfalto e si tuffarono al galoppo verso le strade del centro, urlando grida di trionfo e di scherno alla Principessa Andromeda.
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