32. Affondare (P)
[20.07.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
«Ma non rimane mai a corto di massi?» brontolai.
«Scappiamo!» esclamò Grover.
Lui e Clarisse si tuffarono nella risacca. Alex si precipitò dietro di loro, cercando di stare vicina ad Annabeth (aggrappata al collo di Clarisse) e cercando di sostenerla al meglio, visto che il peso del Vello la portava verso il fondo.
Ma l'attenzione del mostro non era per il Vello. «Tu, giovane ciclope!» tuonò Polifemo «Traditore della tua razza!»
Tyson si immobilizzò. «Non ascoltarlo!» supplicai «Vieni»
Lo tirai per il braccio, ma era come tirare una montagna. Si voltò ad affrontare il ciclope più vecchio. «Tyson non è un traditore»
«Tu servi i mortali!» gridò Polifemo «Quei ladri degli umani!»
Polifemo scagliò il primo masso. Tyson lo scansò con un pugno. «Tyson non è un traditore» ripeté «e tu non sei della mia razza!»
«O vittoria o morte!». Polifemo caricò nella risacca, ma aveva ancora il piede ferito e cadde subito a faccia avanti. Sarebbe stata una scena divertente, solo che si rialzò subito, sputando acqua salata e ringhiando.
«Ragazzi!» gridò Alex «Muovetevi!»
Erano quasi arrivati alla nave. Se solo fossi riuscito a distrarre il mostro ancora un po'... «Vai» mi disse Tyson «al brutto muso ci pensa Tyson»
«No! Ti ucciderà». Lo avevo già perso una volta, non avevo intenzione di perderlo di nuovo. «Lo combatteremo insieme»
«Insieme» concordò lui.
Sfoderai la spada. Polifemo avanzò con passo incerto, zoppicando. Il braccio che usava per lanciare però era in perfetta forma, e con quello tirò il secondo masso. Feci per tuffarmi di lato, ma non ce ne fu bisogno: un improvviso fulmine dall'alto lo ridusse a sassolini minuscoli -sicuramente opera di Alex. Presi nota mentale di ringraziarla dopo e ordinai al mare di alzarsi.
All'improvviso spuntò un'onda di sei metri che mi sollevò sulla sua cresta. La cavalcai fino al ciclope e lo colpii con un calcio nell'occhio, balzando poi sopra la sua testa mentre l'onda lo scaraventava sulla spiaggia. «Ti distruggerò!» ringhiò Polifemo con disprezzo «Ladro!»
«Sei tu il vero ladro del Vello! L'hai rubato e l'hai usato per attirare i satiri alla morte»
«E allora? I satiri sono buoni!»
«Il Vello si dovrebbe usare solo per il bene! Appartiene ai figli degli dei!»
«Io sono un figlio degli dei!». Polifemo cercò di colpirmi con la grossa mano, ma lo schivai. «Padre Poseidone, maledici questo ladro!»
Sbatteva la palpebra a più non posso, ormai, come se ci vedesse appena, e mi resi conto che prendeva la mira seguendo il suono della mia voce. «Poseidone non mi maledirà» dissi, arretrando mentre il ciclope ghermiva l'aria «anch'io sono figlio suo. Non farà favoritismi»
Polifemo ringhiò. Sradicò un olivo dal fianco della collina e lo scaraventò nel punto in cui mi trovavo fino a un istante prima. «Gli umani sono diversi! Odiosi, infidi, bugiardi!»
Grover stava aiutando Annabeth a salire a bordo. Clarisse gesticolava a più non posso per convincermi a raggiungerli; Alex era sui primi pioli della scaletta, e mi fissava. Tyson stava cercando di portarsi alle spalle di Polifemo.
«Giovane ciclope!» chiamò Polifemo «Dove sei? Aiutami!». Tyson si fermò. «Non ti hanno cresciuto bene!» continuò il ciclope più vecchio, scuotendo l'olivo come una mazza «Povero fratello orfano! Aiutami!»
Nessuno si mosse. Nessuno parlò. C'erano solo il rumore dell'oceano e il battito del mio cuore. Poi Tyson fece un passo avanti, alzando le mani in un gesto difensivo. «Basta combattere, fratello ciclope. Metti giù quel-»
Polifemo si voltò verso la sua voce. «Tyson!» gridai. L'albero lo colpì così forte che se ci fossi stato io al posto suo, adesso sarei una pizza Percy con le olive.
Tyson scivolò all'indietro, scavando una trincea nella sabbia. Polifemo fece per caricarlo di nuovo, ma io gridai: «No!» e sferrai un affondo con Vortice, cercando di scagliarmi in avanti il più possibile. Speravo di pizzicare Polifemo dietro la coscia, ma riuscii a saltare un po' più in alto.
«Baaaaaa!»
Il ciclope belò come una delle sue pecore, e si voltò verso di me sferrando un colpo con l'olivo. Mi tuffai, ma una dozzina di rami frastagliati mi grattarono lo stesso la schiena. Sanguinavo, ero pieno di lividi ed ero esausto. Il porcellino d'India che era in me voleva darsela a gambe. Ma ricacciai indietro la paura.
Polifemo cercò di nuovo di colpirmi con l'albero, ma stavolta ero pronto. Afferrai un ramo e mi lasciai sollevare in aria, ignorando il dolore alle mani. Al culmine della traiettoria mollai la presa e caddi direttamente sulla faccia del gigante... atterrando con tutti e due i piedi sul suo occhio malandato.
Polifemo ululò dal dolore. Tyson lo caricò, gettandolo a terra, e io caddi accanto a loro, con la spada in mano e alla distanza giusta per colpire il ciclope malvagio al cuore. Fu a quel punto che incrociai lo sguardo di Tyson e capii di non poterlo fare. Non era giusto. «Lascialo andare» gli dissi «scappa»
Con un ultimo, possente sforzo, lui scagliò il ciclope più vecchio lontano, e fuggimmo insieme verso la risacca. «Vi schiaccerò!» gridò Polifemo, piegato in due dal dolore, con le enormi mani raccolte sull'occhio. Io e Tyson ci tuffammo fra le onde. «Dove siete?» urlò Polifemo. Raccattò il suo albero-clava e lo scagliò in acqua. Atterrò alla nostra destra. Evocai una corrente e grazie alla sua spinta prendemmo velocità. Stavo cominciando a pensare che potevamo farcela a raggiungere la nave, quando Clarisse gridò dal ponte: «Evvai, Jackson! Alla faccia tua, ciclope!»
«Clarisse!» sentii Alex sbottare.
«Rarrrrr!»
Polifemo raccolse un masso. Lo scagliò verso il suono della voce di Clarisse, ma il lancio era corto e mancò di poco me e Tyson. «Sì, come no!» lo schernì Clarisse «Lanci come una femminuccia! Così imp-»
Alex le tappò la bocca con la mano nello stesso momento in cui io, non riuscendo più a trattenermi, le urlavo: «Zitta!»
Troppo tardi. Polifemo lanciò un altro masso e stavolta dovetti guardare impotente mentre mi volava sopra la testa e sfondava lo scafo della Vendetta della Regina Anna.
È incredibile quanto possa affondare in fretta una nave. Il veliero cigolò, gemette e si inclinò in avanti come su uno scivolo. Imprecai, ordinando al mare di spingerci più in fretta, ma gli alberi della nave si stavano già inabissando. «Tuffiamoci!» ordinai a Tyson. E mentre un altro masso volava sopra le nostre teste, ci immergemmo sott'acqua.
I miei amici stavano affondando, sforzandosi invano di nuotare nella scia gorgogliante del relitto. Pochi sanno che quando le navi colano a picco si comportano come lo scarico di un lavandino, tirandosi dietro tutto ciò che hanno attorno. Clarisse era una nuotatrice in gamba, ma nemmeno lei se la stava passando molto bene. Grover scalciava a più non posso con gli zoccoli, mentre Annabeth si teneva aggrappata al Vello, che lampeggiava in acqua come un'onda di monetine nuove di zecca. Alex cercava di raggiungerla, ed era l'unica che nuotava verso il fondo.
Nuotai verso di loro, pur sapendo che forse non avrei avuto la forza di tirarle fuori. A peggiorare il tutto c'erano anche i rottami di legno della nave che ci roteavano attorno. Nessuno dei miei poteri sull'acqua mi sarebbe servito a molto se mi spaccavo la testa su una trave. "Ci serve aiuto" pensai.
"Sì"
Era la voce di Tyson, forte e nitida nella mia testa. Mi voltai a guardarlo, stupito. Avevo già sentito le nereidi e altri spiriti acquatici che mi parlavano sott'acqua, ma non mi era mai venuto in mente che... Tyson era figlio di Poseidone. Potevamo comunicare l'uno con l'altro. "Arcobaleno" disse Tyson.
Annuii, poi chiusi gli occhi e mi concentrai, unendo la mia voce a quella di Tyson: "ARCOBALENO! Abbiamo bisogno di te!"
Subito delle sagome scintillarono nelle tenebre dell'abisso: quattro cavalli con la coda di pesce che galoppavano verso l'alto più veloci dei delfini. Arcobaleno e i suoi amici ci guardarono e sembrarono leggere i nostri pensieri. Guizzarono dentro il relitto e un attimo dopo saltarono fuori in una nuvola di bolle... con Grover, Annabeth, Alex e Clarisse attaccati al collo. Arcobaleno, il più grande, aveva Clarisse. Corse verso di noi e lasciò che Tyson si aggrappasse alla sua criniera. L'ippocampo che trasportava Alex fece lo stesso con me.
Rispuntammo in superficie e ci allontanammo a tutta birra dall'isola di Polifemo. Alle nostre spalle, udivo il ciclope tuonare in tono di trionfo: «Ce l'ho fatta! Finalmente ho affondato Nessuno!»
Mi augurai che non scoprisse mai che si sbagliava. Solcammo rapidi il mare e l'isola si ridusse a un puntino. Presto scomparve alle nostre spalle. «È fatta» mormorò Alex, sfinita.
«Sì» risposi io. Lanciai un'occhiata ad Annabeth, che si era accasciata sull'ippocampo, addormentata. Grover le stava sistemando il Vello sulle spalle. «Possiamo salvare Talia»
Alex non rispose. La guardai e mi accorsi che si era addormentata anche lei. Mi limitai a sistemarla in modo che non cadesse. Poi poggiai la testa accanto alla sua, e prima che me ne rendessi conto, dormivo anch'io.
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