31. Nessuno
[20.07.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
«Ho preso Nessuno!» gongolò Polifemo.
Sgattaiolammo fino all'ingresso della caverna e vedemmo il ciclope che sogghignava tutto contento, stringendo l'aria. Il mostro scosse il pugno, e un berretto da baseball volò a terra. Annabeth era lì a testa in giù, appesa per le gambe.
Mi sentii svenire. Oh, miei Dei...
«Ah!» esclamò il ciclope «Cattiva ragazza invisibile! Ho già una sfrontata per moglie. Vorrà dire che tu finirai alla griglia con la salsina al mango!»
Annabeth si divincolò, ma sembrava stordita. Aveva un brutto taglio sulla fronte e gli occhi vitrei. «A lui ci penso io» mi bisbigliò Percy «la nostra nave è attraccata dietro l'isola. Tu, Clarisse e Grover-»
«Neanche per idea» rispondemmo tutti e tre all'unisono.
Clarisse si era armata con un prezioso articolo da collezione della caverna del ciclope: una lancia fatta con un corno d'ariete. Grover aveva trovato il femore di una pecora –non ne era molto soddisfatto, ma lo impugnava come una clava, pronto ad attaccare. Io avevo già sfoderato le Gemelle quando avevo sentito Annabeth urlare. «Lo affronteremo insieme» ringhiò Clarisse.
«Appunto» concordai io.
«Sì» disse Grover. Poi strizzò le palpebre, come se non riuscisse a credere di essersi appena trovato d'accordo con Clarisse su qualcosa.
«Va bene» approvò Percy «piano d'attacco Macedonia»
Annuimmo. Avevamo seguito gli stessi corsi di addestramento al Campo Mezzosangue e sapevamo di cosa stava parlando. Due ai lati, uno davanti e uno alle spalle. «Vado dietro» dissi.
«Va bene» sussurrò Percy. Poi sollevò la spada e gridò: «Ehi, brutto muso!»
Il gigante si voltò verso di lui. Mi allontanai piano, tenendomi bassa; superai Grover e mi appostai in modo da vedergli... be', il posteriore. «Un altro? Chi sei?» gridò Polifemo di rimando.
«Metti giù la mia amica. Sono io quello che ti ha insultato!»
«Tu sei Nessuno?»
«Esatto, fetido barile di moccio! Sono Nessuno e me ne vanto! Ora, mettila giù e vieni qua. Voglio accecarti un'altra volta»
«RAAAR!»
La buona notizia: aveva mollato Annabeth. Quella cattiva: l'aveva mollata a testa in giù sulle rocce, dov'era atterrata restando immobile come una bambolina di pezza. Polifemo si precipitò verso Percy.
«Per Pan!»
Grover piombò all'attacco da destra. Scagliò il suo osso di pecora, che rimbalzò inutilmente sulla fronte del ciclope. Clarisse partì all'assalto da sinistra e conficcò la lancia a terra un attimo prima che il ciclope ci mettesse sopra il piede. Polifemo urlò per il dolore e Clarisse si tuffò di lato per non farsi schiacciare. Ma il ciclope si sfilò la lancia dal piede come se fosse una scheggia e continuò ad avanzare verso di lui.
Partii all'attacco nello stesso momento in cui lo faceva Percy.
Il mostro cercò di afferrarlo. Rotolò di lato e lo infilzò sulla coscia nello stesso momento il cui scivolavo a terra e gli affettavo un polpaccio. Polifemò ruggì, ferito. Era troppo grosso e potente per disintegrarsi subito, però.
«Prendi Annabeth!» gridai a Grover. Lui si precipitò verso le rocce, raccolse il berretto dell'invisibilità e la prese in braccio, mentre io, Percy e Clarisse cercavamo di distrarre Polifemo.
Clarisse era coraggiosa. Non smise mai di attaccare. Il ciclope scaricava pugni per terra, cercava di pestarla, di afferrarla, ma lei era troppo veloce. E non appena partiva all'attacco, io e Percy la seguivamo, infilzando il mostro ovunque possibile. Con la coda dell'occhio, vidi che Grover attraversava il ponte di liane con Annabeth in braccio.
«Ritirata!» ordinò Percy.
Corremmo verso il ponte con Polifemo alle calcagna. Era pieno di graffi e zoppicava per tutte le ferite, ma eravamo soltanto riusciti a rallentarlo e a farlo infuriare. «Vi ridurrò in polpette per le mie pecore!» promise «Nessuno, che tu sia stramaledetto!»
«Più in fretta!» gridò Percy.
Filammo giù per la collina. Il ponte era la nostra unica possibilità. Grover era appena riuscito ad arrivare dall'altra parte e stava posando Annabeth a terra. Dovevamo attraversarlo anche noi prima che il gigante ci prendesse. «Grover!» urlai «Prendi il coltello di Annabeth!»
Grover sgranò gli occhi quando vide il ciclope alle nostre spalle, ma fece cenno di aver capito. Mentre io, Percy e Clarisse arrancavamo sul ponte, cominciò a segare le liane.
La prima corda fece snap!. Polifemo balzò dietro di noi, facendo ondeggiare paurosamente il ponte. Le liane ormai erano tagliate per metà.
Percy e Clarisse si tuffarono in avanti, atterrando accanto a Grover. Visto che ero dietro di loro, mi diedi la spinta e volai, permettendo a Percy di sferrare un colpo micidiale con la spada e mozzare le liane rimaste.
Il ponte cadde nel baratro, e il ciclope ululò... dalla contentezza, perché era proprio accanto a noi. «Fallito!» gridò tutto contento «Nessuno ha fallito!»
Clarisse e Grover provarono ad attaccarlo, ma il mostro li scacciò come fossero delle mosche. Roteai le Gemelle e partii alla carica, schivando un pugno e una pedata. Riuscii a fargli ancora un paio di tagli prima che Polifemo, che a quanto pare non era poi così stupido, con una finta e una manata riuscisse a scacciarmi. Fortunatamente atterrai addosso a Clarisse e Grover e non mi feci troppo male.
Percy attaccò immediatamente dopo, con un ringhio basso e minaccioso. Sembrava fuori di sé. Infilzò il ciclope nella pancia. Quando si piegò in due gli sbattè l'elsa della spada sul naso. Continuò a menare fendenti, calci e botte a più non posso, finché non si fermò: Polifemo era a terra supino, stordito e lamentoso, e lui gli stavo sopra, con la punta della spada a pochi centimetri dall'occhio. «Uhhhhhh» piagnucolò il ciclope.
«Percy!» esclamò Grover a bocca aperta «Ma come hai...»
«Ti prego, noooo!» mugolò il ciclope, guardandolo implorante. Gli usciva il sangue dal naso. Una lacrima si formò nell'angolo dell'occhio mezzo orbo. «Le m-m-mie pecorelle hanno bisogno di me. Volevo solo proteggere le mie pecorelle!»
«Uccidilo!» gridò Clarisse «Che cosa stai aspettando?»
«È un ciclope!» lo mise in guardia Grover «Non fidarti di lui!»
Mi bastò lanciargli un'occhiata per capire che non lo avrebbe fatto. «Vogliamo soltanto il Vello» disse infatti al mostro «ci darai il permesso di prenderlo?»
«No!» urlò Clarisse «Uccidilo! Alex, digli qualcosa!»
Scossi la testa, in silenzio. Capivo perchè non se la sentiva. Polifemo gli ricordava Tyson, in un certo senso. Sapevo che Clarisse aveva ragione, ma non sarebbe servito a niente. Percy non lo avrebbe ucciso comunque. Il mostro tirò su col naso. «Il mio bel Vello. La perla della mia collezione. Prendilo, umano crudele. Prendilo e vattene in pace»
«Mi allontanerò lentamente» lo informò «una sola mossa falsa...»
Polifemo fece cenno di avere capito. Percy fece un passo indietro e... rapido come un cobra, il ciclope lo sbatté sul fianco della collina. «Sciocco mortale!» ululò, rialzandosi in piedi «Prendere il mio Vello? Ah! Ti mangerò per primo!». Aprí l'enorme bocca. Poi sentii un whoosh, seguito da un pam!
Un sasso grosso quanto un pallone da basket era finito nella gola di Polifemo. Il ciclope tossì, cercando di inghiottire quella pillola inaspettata. Barcollò all'indietro, ma non c'era posto per barcollare. Il tallone scivolò, l'orlo del dirupo si sgretolò, e il grande Polifemo precipitò nel baratro sbattendo inutilmente le braccia come un pollo.
Mi voltai. A metà del sentiero che saliva su dalla spiaggia, in mezzo al gregge delle pecore assassine, ma senza neanche un graffio, c'era un vecchio amico. «Polifemo cattivo» disse Tyson «non tutti noi ciclopi siamo gentili come sembriamo».
Tyson ci fece il riassunto delle puntate precedenti -ovviamente dopo che io e Percy litigammo per chi doveva abbracciarlo per primo.
L'ippocampo Arcobaleno (che a quanto pareva ci seguiva fin dallo stretto di Long Island, aspettando di giocare con Tyson) lo aveva trovato mentre affondava sotto il relitto della CSS Birmingham e lo aveva tratto in salvo. Da allora avevano perlustrato insieme tutto il Mare dei Mostri alla nostra ricerca, finché Tyson non aveva sentito l'odore delle pecore e aveva trovato l'isola.
Mentre parlava mi inginocchiai accanto ad Annabeth, e quello che vidi mi fece preoccupare da morire. Il taglio che aveva sulla fronte era più brutto di quanto mi fossi resa conto. L'attaccatura dei capelli era imbrattata di sangue, il viso era pallido e appiccicaticcio. «Ehi, Annabeth non sta bene» li avvisai.
Grover e Percy mi affiancarono subito. «Tyson, il Vello» disse il secondo «me lo prendi, per favore?»
«Quale?» chiese lui, scrutando le centinaia di pecore che aveva attorno.
«Sull'albero!» esclamò «Quello d'oro!»
«Oh. Carino. Sì». Tyson si avvicinò con passi pesanti alla quercia, facendo attenzione a non calpestare le pecore. Se uno qualunque di noi avesse provato ad avvicinarsi al Vello lo avrebbero sbranato vivo, ma immagino che Tyson puzzasse come Polifemo, perché il gregge lo ignorò. Le pecore gli si raccolsero soltanto intorno e belarono appassionate, come se si aspettassero di ricevere dei gustosi bocconcini dal cesto di vimini. Tyson allungò le braccia e staccò il Vello dal ramo. Le foglie della quercia ingiallirono all'istante. Poi venne verso di noi, ma Percy gridò: «Non c'è tempo! Lancialo!»
Stavo per protestare, visto che il Vello doveva pesare una trentina di chili, ma lasciai comunque che Percy lo afferrasse a fatica. Qualcuno potrebbe dire che fui un po' vendicativa... e avrebbe avuto ragione.
Lo stese sopra Annabeth, lasciando scoperto solo il viso. Lei riacquistò subito colore. Poi sbatté le palpebre e aprì gli occhi. Il taglio sulla fronte cominciò a rimarginarsi. Si accorse di Grover e disse con un fil di voce: «Non ti sei... sposato?»
Grover sorrise. «No. Gli amici mi hanno convinto a non farlo»
«Annabeth» disse Percy «resta giù»
Ma nonostante le nostre proteste lei si alzò a sedere e notai che la ferita ormai era quasi del tutto guarita. Sembrava stare molto meglio. In effetti, brillava letteralmente di salute, come se qualcuno le avesse fatto un'iniezione di strass. Nel frattempo, Tyson cominciava ad avere qualche problema con le pecore. «Giù!» diceva, mentre gli salivano con le zampe anteriori sul petto alla ricerca di cibo «No, pecorelle. Qui! Venite qui!». Le pecore lo seguirono, ma erano chiaramente affamate, e cominciavano a rendersi conto che Tyson non aveva i loro bocconcini. Non avrebbero pazientato a lungo con tanta carne fresca nelle vicinanze.
«Dobbiamo andare» disse Percy «la nostra nave è-»
«Troppo lontana» dissi io «credi di riuscire a chiamarla?»
«Non lo so... forse... Tyson!». Si girò verso di lui. «Puoi allontanare il gregge il più possibile?»
«Le pecore hanno fame»
«Lo so! Solo che mangiano la gente! Allontanale dal sentiero, solo per darci il tempo di arrivare alla spiaggia. Poi raggiungici là»
Tyson sembrò dubbioso, ma fischiò. «Qui, pecorelle! Ehm... c'è della gente buona da questa parte!». Si allontanò con una corsetta nel prato, tallonato dalle pecore.
«Tieniti il Vello addosso» disse Percy ad Annabeth «casomai non ti fossi ancora ripresa del tutto. Riesci a stare in piedi?»
Ci provò, ma impallidì di nuovo. «Ohhh... non mi sono ancora ripresa, no»
Clarisse si chinò accanto a lei e la tastò in petto, facendola trasalire. «Costole rotte» stabilì «si stanno aggiustando, ma sono decisamente rotte»
«Come fai a dirlo?» chiese Percy.
Clarisse gli scoccò un'occhiataccia. «Perché me ne sono rotta qualcuna anch'io, rammollito! Dovrò prenderla in braccio»
Prima che potessimo ribattere, Clarisse aveva raccolto Annabeth come un sacco di farina e la trasportava già verso la spiaggia. Le seguimmo. Non appena arrivammo sulla riva, Percy chiuse gli occhi e sospirò, concentrandosi. Dopo qualche minuto, vidi la nave che doppiava la punta dell'isola.
«Arrivo!» gridò Tyson. Correva a grandi falcate lungo il sentiero, con le pecore a un centinaio di metri di distanza, che belavano per la frustrazione mentre il loro amico ciclope fuggiva senza avergli dato da mangiare.
«Probabilmente non ci seguiranno in acqua» disse Percy «non dobbiamo fare altro che raggiungere la nave a nuoto»
«Con Annabeth in questo stato?» protestò Clarisse.
«Posso provare a portarla in volo» ipotizzai, ma ero dubbiosa. Finchè si trattava solo di me potevo ancora farcela, ma trasportare un'altra persona era un altro paio di maniche. Inoltre mi sentivo un po' spossata, quindi avrei fatto il doppio della fatica.
«No, Alex, non voglio che ti sforzi. Possiamo farcela» disse Percy. Sembrava sicuro di sé: succedeva sempre quando c'era l'oceano nei paraggi. «Una volta arrivati alla nave siamo a cavallo»
E ce l'avevamo quasi fatta. Stavamo passando davanti all'ingresso del baratro, quando udimmo un tremendo ruggito e vedemmo Polifemo: era pieno di graffi e lividi e aveva il completino celeste a brandelli, ma era vivo e vegeto, e avanzava verso di noi armato di due massi.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top