29. Il piano

[15.07.2020 ~ capitolo revisionato ✔]

«Alex, svegliati. Siamo arrivati» mi disse la voce di Annabeth.

Aprii piano gli occhi con un gemito. Mi sentivo la testa pesante, ma per una volta tanto non avevo sognato un accidente di niente. «Grover?» domandai, con la voce impastata di sonno.

«Grover» confermò lei, risalendo sul ponte.

Mi misi a sedere con un sospiro e mi passai la mano tra i capelli. Qualche filo argenteo mi rimase in mano; doveva essere sfuggito alla mia attenta eradicazione appena prima di addormentarmi.

Lo gettai a terra e mi alzai. Dovevo farmi forza. Con un po' di fortuna quello era l'ultimo passaggio dell'Impresa. Non potevamo fallire: dovevamo prendere il Vello.

Quando uno pensa all'isola di un mostro immagina rocce scoscese e ossa sparpagliate sulla spiaggia, come sull'isola delle sirene. L'isola del ciclope non era niente del genere: il posto somigliava a una cartolina dei Caraibi. C'erano prati verdi, alberi di frutti tropicali e spiagge bianche. Mentre ci avvicinavamo alla costa, Annabeth inspirò quell'aria dolce e disse: «Il Vello»

«Siamo vicini» mormorai. Una scintilla di speranza mi si accese nel petto. Potevamo salvare Grover. Potevamo salvare Talia.

«Se lo portiamo via, l'isola morirà?» chiese Percy.

Annabeth scosse la testa. «Appassirà un po'. Tornerà com'era prima»

«Non so voi» dissi «ma non me ne importa un accidente. Voglio solo prendere quel Vello e salvare Grover e Talia»

Percy e Annabeth non commentarono, ma sapevo che erano d'accordo con me.

Nel prato ai piedi del dirupo pascolavano diverse decine di pecore. Sembravano tranquille, ma erano enormi, grandi quanto ippopotami. Poco dopo il gregge c'era un sentiero che saliva sulle colline. In cima ad esso, vicino al bordo del canyon, c'era una grossa quercia. Qualcosa di dorato scintillava in mezzo ai rami. «È troppo facile» osservò Percy «dobbiamo solo arrampicarci fin lassù a prenderlo?»

Annabeth socchiuse gli occhi. «Dovrebbe esserci un guardiano. Un drago o...»

Fu allora che un cerbiatto sbucò dai cespugli. Trotterellò nel prato, probabilmente per brucare un po' d'erba, quando tutte le pecore belarono all'unisono e si fiondarono sull'animale. Accadde così in fretta che il cerbiatto inciampò e rimase inghiottito in una marea di lana e zoccoli. Erba e fiocchi di pelo volarono nell'aria. Un secondo dopo le pecore si allontanarono, tornando al loro placido vagabondaggio. Al posto del cerbiatto c'era una pila di nitide ossa bianche.

«Di immortales!» esclamai allibita.

«Sono come piranha» commentò Percy «piranha pelosi. Come faremo a...»

«Ragazzi!» esclamò Annabeth in un fiato «Guardate!». Indicò in fondo alla spiaggia, poco al di sotto del prato delle pecore, dove si era arenata una piccola imbarcazione: la seconda scialuppa della CSS Birmingham.

Decidemmo che era impossibile oltrepassare le pecore cannibali. Annabeth voleva sgattaiolare su per il sentiero e agguantare il Vello con il berretto invisibile, ma alla fine Percy la convinse che non avrebbe funzionato. Le pecore avrebbero sentito il suo odore, sarebbe spuntato un altro guardiano... insomma, qualcosa sarebbe andato storto. Noi saremmo stati troppo distanti per aiutarla. E poi il nostro primo obiettivo era trovare Grover e chiunque fosse approdato sulla spiaggia con quella scialuppa, ammesso che fossero sopravvissuti alle pecore.

Ormeggiammo la Vendetta della Regina Anna dietro l'isola, dove le scogliere si ergevano per almeno una sessantina di metri. Ci portammo con una scialuppa a remi fino al margine delle rocce e iniziammo a salire, molto lentamente.

Annabeth andò per prima perché era la scalatrice migliore. Volevo volare, ma decisi che era meglio tenere tutte le energie che avevo per Polifemo. Così mi arrampicai dietro di lei.

Rischiammo di morire solo sei o sette volte e pensai che non fosse un cattivo risultato. Alla fine ci issammo sulla cima e crollammo a terra.

«Ahi» fece Percy.

«Ohi» gemette Annabeth.

«Garrrrrr!» mugghiò un'altra voce.

Mi voltai ovunque, ma non riuscii a vedere chi aveva parlato. Annabeth mi fece segno di tacere e indicò verso il basso. La sporgenza su cui eravamo noi era più piccola di quanto mi fossi resa conto. Scendeva a strapiombo sul lato opposto, ed era da lì che proveniva la voce... proprio sotto di noi. «Sfrontata!» mugghiò la voce profonda.

«Mettimi alla prova!». Era la voce di Clarisse, non c'erano dubbi. «Ridammi la mia spada e mi batterò con te!»

Il mostro scoppiò in una risata tonante. Strisciammo fino al bordo. Eravamo proprio sopra l'ingresso della caverna del ciclope. Sotto di noi c'erano Polifemo e Grover, con indosso... cos'era quella roba, un abito da sposa? Clarisse era legata ed era appesa a testa in giù sopra un pentolone di acqua bollente. «Mmh...» rifletté il ciclope «ci pappiamo subito questa sfacciata o aspettiamo il banchetto di nozze? Cosa dice la mia sposa?»

Si voltò verso Grover, che si ritrasse e per poco non inciampò nello strascico. Dovetti tapparmi la bocca con una mano per evitare di scoppiare a ridere. «Oh, ehm... adesso non ho fame, caro. Forse-»

«Sposa, hai detto?» domandò Clarisse «Ma chi... Grover?»

Accanto a me, Annabeth mormorò: «Chiudi quella bocca...»

Polifemo la guardò torvo. «Quale "Grover"?»

«Il satiro!» strillò Clarisse.

«Oh!» guaì Grover «Il cervello della poverina sta bollendo con quell'acqua calda. Mettila giù, caro!»

Le palpebre di Polifemo si strinsero sul suo malefico occhio lattiginoso, come per scrutare meglio Clarisse, e io scrutai meglio lui. Era vestito da sposo, con un rozzo gonnellino e una mantella ricavati da un'infinità di smoking celesti, come se avesse spellato l'intera comitiva di un matrimonio. Era una situazione pessima, ma era la cosa più ridicola che avessi mai visto. «Quale satiro?» chiese Polifemo «I satiri sono buoni, gnam! Mi hai portato un satiro?»

«No, razza di idiota!» urlò Clarisse «Quel satiro! Grover! Quello vestito da sposa!»

Avrei voluto torcerle il collo, ma era troppo tardi. Non potei fare altro che guardare Polifemo che si voltava e strappava il velo a Grover, scoprendo i suoi capelli riccioluti, la sua barbetta spelacchiata e le sue piccole corna. Polifemo respirò col fiato grosso, cercando di contenere la rabbia. «Non ci vedo molto bene» ringhiò «da quando quell'altro eroe mi ha colpito nell'occhio, tanti anni fa. Ma TU-NON-SEI-UNA-CICLOPE! »

Polifemo afferrò l'abito da sposa e glielo strappò di dosso. Sotto, in jeans e maglietta, ricomparve il vecchio Grover, che cacciò un urlo e abbassò la testa per non farsi ghermire dal mostro. «Fermo!» lo supplicò «non mangiarmi crudo! Io conosco... conosco una ricetta buonissima!»

Percy fece per prendere la spada, ma Annabeth sibilò: «Aspetta!»

Polifemo stava esitando, con un grosso masso in mano, pronto a spiaccicare la sua mancata sposa. «Ricetta?» chiese a Grover.

«Oh, s-sì! Non vorrai mangiarmi crudo... ti beccheresti un'infezione, il botulino e chissà che altro. Sarò molto più gustoso grigliato a fuoco lento! Con una salsina al mango! Potresti andare a coglierne qualcuno, laggiù nel bosco. Io ti aspetto qui»

Polifemo ci rifletté. «Satiro alla griglia con salsina al mango» rimuginò. Tornò a guardare Clarisse, ancora appesa sopra il pentolone bollente. «Anche tu sei un satiro?»

«No, ammasso di letame troppo cresciuto!» urlò lei «Io sono una ragazza! La figlia di Ares! Adesso slegami, così ti stacco le braccia!»

«Mi stacchi le braccia» ripeté Polifemo.

«E poi te le faccio inghiottire!»

«Hai fegato»

Scossi la testa. «La solita Clarisse» borbottai.

«Mettimi giù!» protestò lei.

Polifemo agguantò Grover come se fosse un cucciolo che fa i capricci. «Devo pascolare le pecore adesso. Il matrimonio si farà stasera. E mangeremo satiro come portata principale!»

«Ma... ti sposi lo stesso?». Grover sembrava ferito. «Con chi?»

Polifemo guardò verso il pentolone bollente. Clarisse fece un verso strozzato. Oh, dei! Mi dovetti coprire la bocca con entrambe le mani e fare uno sforzo immane per non scoppiare a ridere. «Oh, no! Non puoi fare sul serio. Io non-»

Prima che potessimo reagire, Polifemo la staccò dalla corda come una mela matura e la lanciò insieme a Grover nelle profondità della caverna. «Accomodatevi! Tornerò al tramonto per il grande evento!». Poi il ciclope fischiò, e un gregge misto di capre e pecore –più piccole di quelle cannibali– uscì dall'antro e sfilò davanti al suo padrone. Mentre andavano a pascolare, Polifemo ne accarezzò qualcuna sulla groppa chiamandole per nome (McFlurry, Miley, Britney...). Quando anche l'ultima pecora ciondolò fuori, Polifemo fece rotolare il masso davanti all'entrata con la disinvoltura con cui io chiuderei la porta del frigo, spegnendo così il suono delle urla di Clarisse e Grover. «Mango» borbottò fra sé e sé «Che roba è?». Si allontanò giù per la montagna con il suo abito da sposo celeste, lasciandoci lì da soli con un pentolone bollente e un masso di sei tonnellate da spostare.

Ci provammo per quelle che sembrarono delle ore, ma non ci fu nulla da fare. Il masso non si muoveva, ed io ero troppo stanca per usare l'Aerocinesi. Urlammo nelle crepe, bussammo sulla roccia, facemmo tutto quello che ci venne in mente per mandare un segnale a Grover, ma non riuscimmo a capire se ci sentiva. Anche se per qualche miracolo fossimo riusciti a uccidere Polifemo, non sarebbe servito a niente. Grover e Clarisse sarebbero morti dentro quella caverna chiusa. L'unico modo per spostare quella roccia era farlo fare dal ciclope. In preda alla frustrazione, Percy colpì il masso con Vortice, riuscendo soltanto a far volare un po' di scintille.

Ci sedemmo sconsolati sulla sporgenza e osservammo la sagoma lontana e celeste del ciclope che si muoveva in mezzo al gregge. Aveva saggiamente separato il bestiame normale dalle pecore cannibali, sistemandoli sui due lati distinti del baratro che divideva l'isola. L'unica via di collegamento fra i due era il ponte di liane, e le assi erano troppo distanziate per gli zoccoli delle pecore. 

Guardammo Polifemo che faceva visita al suo gregge carnivoro, dall'altra parte dell'abisso. Purtroppo non lo sbranarono. In effetti non se lo filarono molto. Diede loro da mangiare dei misteriosi pezzi di carne prelevati da un grosso cesto di vimini. «L'inganno» decise Annabeth «non possiamo batterlo con la forza, perciò dobbiamo usare l'inganno»

«Okay» disse Percy «quale inganno?»

«A questo ancora non ho pensato»

«Fantastico»

«Be', Polifemo dovrà spostare il masso per fare entrare le pecore» dissi.

«Al tramonto» specificò Percy «ovvero quando sposerà Clarisse e si mangerà Grover per cena. Non so cosa mi faccia più ribrezzo»

Una piccola risata mi uscì dalla bocca. Annabeth e Percy mi guardarono come se fossi pazza -e forse lo stavo veramente diventando. «Scusate» dissi, scuotendo la testa «lo stress mi sta facendo un brutto effetto. Comunque... e se tu sgattaiolassi dentro con il berretto dell'invisibilità, Annabeth?»

«E noi?» fece Percy.

«Le pecore» rifletté Annabeth. Ci diede una di quelle sue occhiate scaltre che mi allarmavano sempre. «Quanto vi piacciono le pecore?».

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