25. C.C.
[13.07.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
«Benvenuti!» ci accolse la donna con la cartellina.
Somigliava a un'assistente di volo: tailleur azzurro, trucco perfetto, capelli raccolti in una coda. Ci strinse la mano non appena mettemmo piede sul ponte. Dal sorriso abbagliante che ci rivolse sembrava che fossimo appena scesi dalla Principessa Andromeda anziché da una scialuppa sgangherata. Ma, del resto, la nostra non era l'imbarcazione più strana del porto: oltre a un gruppetto di yacht c'erano un sottomarino della Marina americana, diverse canoe ricavate da tronchi d'albero e un veliero a tre alberi. C'erano un eliporto con sopra un elicottero di un canale tv, e una breve pista di decollo con un jet e un propulsore che somigliava a un caccia della Seconda guerra mondiale. «È la vostra prima volta qui da noi?» volle sapere la donna.
Io, Percy e Annabeth ci scambiammo uno sguardo. Annabeth rispose: «Ehm...»
«Prima volta al centro...» disse la donna scrivendo sulla cartellina «vediamo...». Ci squadrò dalla testa ai piedi con uno sguardo critico. «Mmh... un bendaggio alle erbe per le signorine, per cominciare. E, naturalmente, un restyling totale del look per il giovane gentiluomo»
«Un che?» chiese Percy.
Era troppo impegnata a scribacchiare appunti per rispondere. «Fatto!» esclamò con un sorriso spigliato «Bene, sono sicura che C.C. vorrà parlarvi di persona prima del party hawaiano. Venite, prego»
«Chi diavolo è C.C.?» sussurrai ad Annabeth.
Lei alzò le spalle, confusa quanto me. «Non potrà farci male, immagino» mormorò.
Oh, dei. Certo che poteva farci male! Quella era la seconda volta che andavamo in giro tutti e tre insieme per un'Impresa, e non avevamo mai avuto un momento di pace. Mai. Non appena ci voltavamo venivamo attirati in una trappola o assaliti da qualche mostro. A quel punto mi aspettavo che la signorina con la cartella si trasformasse all'improvviso in un'idra, o una robaccia del genere.
Ma visto che eravamo tre idioti accaldati, affamati e sudati dopo tre giorni su una barchetta precaria seguimmo lo stesso quella donna.
Quel posto era incredibile. C'erano marmo bianco e acqua azzurra ovunque. Le terrazze si arrampicavano sul fianco della montagna, con piscine su ogni livello, collegate da scivoli e cascate e tubi subacquei da attraversare a nuoto. Fontane spruzzavano disegni spettacolari nell'aria, come aquile in volo e cavalli al galoppo. «Stai bene?» chiese Annabeth a Percy «Sei pallido»
«Sto bene» rispose lui con una smorfia. Mentiva, però. I cavalli dovevano averlo fatto pensare a Tyson, e lo sapevo perchè era venuto in mente anche a me.
Passammo davanti a ogni genere di animale addomesticato: una tartaruga marina che sonnecchiava su una pila di teli da mare, un leopardo addormentato su un trampolino... le ospiti del centro –erano solo giovani donne, a quanto potevo vedere– erano distese sulle sdraio a bere frullati di frutta o a leggere riviste, in attesa che si seccasse la poltiglia alle erbe che avevano sul viso, o facendosi fare la manicure da inservienti in uniforme bianca.
Salimmo una scalinata che conduceva a quello che sembrava l'edificio principale. Iniziai ad udire il canto di una donna. La sua voce si diffondeva nell'aria come una ninnananna. Le parole erano in una lingua diversa dal greco antico ma altrettanto arcaica. Riuscivo a capire il senso, più o meno: parlava del chiaro di luna negli uliveti, dei colori dell'alba. E della magia. Sì, c'era qualcosa sulla magia. Quella voce sembrava sollevarmi dai gradini e trasportarmi verso di sé.
Arrivammo in una grande sala la cui parete frontale era una vetrata unica. Quella posteriore era rivestita di specchi, perciò la sala sembrava non avere fine. C'erano pochi mobili bianchi dall'aria costosa e, su un tavolino in un angolo, si trovava una grande gabbia metallica per animaletti domestici. Era un dettaglio stonato in un posto del genere, ma non mi fermai a pensarci troppo, perché in quello stesso istante vidi la donna che stava cantando.
Era seduta davanti a un telaio delle dimensioni di un grosso schermo tv, le mani che intrecciavano i fili colorati con un'abilità straordinaria. L'arazzo scintillava come se fosse tridimensionale: rappresentava una cascata talmente reale che vedevo l'acqua scorrere e le nuvole vagare nel cielo di stoffa. Annabeth trattenne il fiato. «È bellissimo»
La donna si voltò. Era perfino più bella dell'arazzo, con i lunghi capelli neri intrecciati con fili d'oro e gli occhi verdi e penetranti. Indossava una veste di seta nera con delle sagome che sembravano muoversi nel tessuto: ombre di animali, nero su nero, come cerbiatti che corrono di notte nella foresta. «Ti piace la mia opera, mia cara?» chiese la donna.
«Oh, sì, signora!» rispose Annabeth «Mia madre è...»
Non finì la frase perchè, cercando di far finta di niente, le diedi una piccola scossa che la fece trasalire. Insomma, non poteva mica andarsene in giro a dire che Atena era sua madre! «Hai buon gusto, mia cara. Sono felice che siate qui. Mi chiamo C.C.» disse la donna. Gli animaletti nella gabbia cominciarono a squittire. Dovevano essere dei porcellini d'India, a giudicare dal verso. La cosa strana e che ce ne erano un casino, ma non riuscivo a capire nessuno di loro. Ci presentammo a turno a C.C., evitando di dirle chi eravamo in realtà.
«Oh, santo cielo» sospirò lei, squadrando Percy «hai davvero bisogno del mio aiuto»
«Come dice, signora?» chiese lui.
C.C. chiamò la donna in tailleur. «Illa, accompagna Annabeth e Alexandra a fare un giro, vuoi? Mostrale quello che abbiamo a disposizione. Dovranno cambiarsi d'abito. E i capelli! Santi numi... faremo ad entrambe una consulenza d'immagine completa dopo che avrò parlato con questo giovane gentiluomo»
«Ma...». La voce di Annabeth sembrava ferita. «Che c'è che non va nei miei capelli?»
C.C. sorrise con benevolenza. «Mia cara, sei adorabile. Davvero! Ma non valorizzi affatto le tue grazie e i tuoi talenti. Tutto questo potenziale sprecato!»
«"Sprecato"?»
«Be', non dirmi che sei soddisfatta di come sei!» esclamò «Guarda la tua amica. Guarda che portamento regale! Anche conciata così è splendida!»
Mi accigliai. ''Anche conciata così''? «Ehi, aspetti un minuto-»
«Ma nessuno è perfetto. Santi numi, nessuno lo è» mi interruppe lei «ma non ti preoccupare. Qui al centro benessere possiamo migliorare chiunque. Illa ti farà vedere cosa intendo. Tu, mia cara, hai bisogno di liberare la tua vera essenza!»
Gli occhi di Annabeth scintillarono di desiderio. Non l'avevo mai vista così a corto di parole. Che cavolo le prendeva? Da quando si interessava del suo aspetto? Aveva sempre criticato le figlie di Afrodite per quel motivo... «Alexandra, mia cara, il colore delle tue iridi è assolutamente delizioso» continuò C.C. «non ho mai visto niente del genere»
«Ehm... grazie?» dissi incerta. Non avevo ancora inquadrato bene questa tizia; era un'abile ammaliatrice, senza ombra di dubbio -bastava vedere l'espressione di Annabeth!- ma mi ritrovai ancora sull'attenti, come se mi aspettassi di veder saltar fuori qualche mostro.
«Naturalmente possiamo intervenire anche su di te» disse «ma non troppo. Sei completamente diversa rispetto alla tua amica, ma in senso buono... tu risplendi di una luce particolare, cara. Possiamo levigare il diamante, non so se mi spiego» e mi fece l'occhiolino.
Oh, certo che si spiegava. Più che "ammaliatrice" avrei dovuto definirla "lecchina".
C'era decisamente qualcosa sotto. Stava cercando di ingraziarmi, sminuendo la naturale bellezza di Annabeth ed esagerando ad esaltare la mia, credendo di farmi piacere. Dovevo trascinare Annabeth e Percy fuori di lì. Quei due imbecilli si stavano facendo fregare con troppa facilità.
Le rivolsi quindi uno dei miei migliori sorrisi. «Grazie» dissi «ma Percy?»
«Oh, decisamente Percy necessita della mia personale attenzione. Ha bisogno di molto più lavoro di voi» rispose C.C., guardandolo con un'espressione mesta. Non mi sfuggii l'espressione affranta di Percy, come se ci fosse rimasto molto male. I porcellini d'India squittirono come se avessero fame. «Be'...» fece Annabeth «suppongo...»
«Da questa parte, mie care» ci invitò Illa. Annabeth intrecciò il suo braccio con il mio -una cosa che non aveva mai fatto prima- e mi trascinò via con un sorriso carico di aspettativa. Mi voltai a guardare Percy per lanciargli un'occhiata di avvertimento, ma lui stava fissando C.C. come se fosse la creatura più importante della sua vita.
Idiota.
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