23. Morte o Morte (P)

[13.07.2020 ~ capitolo revisionato ✔]

Clarisse spuntò dalle scale subito dopo di me. Afferrò il binocolo di un ufficiale zombie e scrutò l'orizzonte. «Finalmente... Capitano! avanti tutta!»

«Clarisse, non è una buona idea» disse Alex, scrutando il cielo coperto. Annusò appena l'aria. «Sta per scoppiare una tempesta in quel punto. E' già in atto, più avanti»

Guardai nella stessa direzione in cui stava indicando, ma non riuscii a vedere molto. Il cielo era coperto. L'aria era caliginosa e umida. Se stringevo gli occhi, riuscivo a malapena a distinguere un paio di macchie scure e confuse, in lontananza. I miei sensi nautici mi dicevano che ci trovavamo da qualche parte al largo della costa settentrionale della Florida, perciò avevamo percorso parecchia strada durante la notte, più di quanto qualsiasi nave mortale sarebbe stata in grado di fare. Il motore gemette e aumentammo la velocità. Tyson borbottò, innervosito. «Troppo sforzo sui pistoni. Acque profonde. Non va bene»

Non so come facesse a saperlo, ma innervosì anche me.

Dopo qualche minuto le macchie scure all'orizzonte assunsero contorni più definiti. A nord, un grosso cumulo di rocce spuntava dal mare –un'isola, con delle scogliere alte almeno trenta metri. A mezzo miglio di distanza, a sud, l'altra macchia di tenebre era una tempesta in arrivo, come aveva detto Alex. Il cielo e il mare ribollivano come un'unica massa ruggente. «Un uragano?» chiese Annabeth.

«No» rispose Alex contrariata, strizzando gli occhi, concentrata sulla tempesta in arrivo. Poi si girò di scatto verso Clarisse, stralunata. «Sei impazzita?!»

«O una o l'altra, Parafulmini!» esclamò quella con un sorriso folle.

«Che te ne pare di "nessuna delle due", razza di psicopatica?!» gridò Alex.

«Di cosa state parlando?» intervenne Annabeth.

Alex indicò la massa temporalesca a mezzo metro di distanza. «Cariddi!» spiegò rabbiosa.

Annabeth impallidì. «Sei matta, Clarisse?»

«È l'unica via d'accesso al Mare dei Mostri. Bisogna passare in mezzo a Cariddi e a sua sorella Scilla»

Clarisse indicò la cima delle scogliere e io ebbi la sensazione che lassù si rintanasse qualcosa che non avevo nessuna voglia di conoscere. «Come, "l'unica via d'accesso"?» chiesi «Il mare è aperto! Possiamo aggirarle!»

Clarisse alzò gli occhi al cielo. «Ma non sai niente? Se cercassi di aggirarle, ti comparirebbero di nuovo davanti. Se vuoi entrare nel Mare dei Mostri devi attraversarle, punto»

«E le Rocce Simplegadi?» domandò Annabeth.

«Potrebbe funzionare» concordò Alex «è un altro passaggio. Giasone l'ha usato. Credevo che volessi prendere quello!»

«Le rocce non si distruggono con i cannoni, soprattutto quando sono grosse quanto due isole e cozzano continuamente l'una contro l'altra» rispose Clarisse «i mostri, invece...»

«Sei matta» decretò Annabeth.

«Guarda e impara, Sapientona»

«No, non capisci!» sbottò Alex «Cariddi è capacissima di inseguirci! Non appena riuscirà a fiutarmi-»

«Da quando sei una codarda, Parafulmini?» sbraitò Clarisse.

«Ma che cosa c'entra?! Non è per me che sono preoccupata!»

«Facciamo rotta per Cariddi, allora!»

«Sissignora!»

Il motore gemette, il fasciame di ferro tremò e la nave cominciò ad accelerare. «Clarisse, Cariddi risucchia il mare» intervenni «non è così la storia?»

«E poi lo risputa fuori, sì» rispose lei.

«E Scilla?»

«Abita in una caverna, su quelle scogliere lassù. Se ci avviciniamo troppo calerà le sue teste di serpente e comincerà a strappare i marinai dalla nave»

«Allora scegli Scilla» proposi «andiamo tutti sottocoperta e tiriamo dritto»

«No!» insistette Clarisse «se Scilla non avrà il suo pasto con le buone, potrebbe ingoiare tutta la nave. E poi è troppo in alto per essere un buon bersaglio. I miei cannoni non sparano in perpendicolare. Cariddi invece se ne sta seduta lì al centro del gorgo. Le andiamo dritti incontro, puntiamo i cannoni e la spediamo al Tartaro! Così Parafulmini, qui, non si dovrà preoccupare della sua vendetta. Semplice semplice»

«Quale vendetta?»

«E' stato Zeus a scaraventarla nel mare» spiegò Annabeth «con un fulmine. E' colpa sua se è la cosa che è adesso»

«Be', forse non avrebbe dovuto rubare i buoi a Eracle» ribattè Alex acida.

Il motore ronzava. Le caldaie si stavano surriscaldando tanto che il ponte sotto i miei piedi era tiepido. I fumaioli erano gonfi. La bandiera rossa di Ares sbatteva al vento. Più ci avvicinavamo ai mostri, più il baccano di Cariddi aumentava: era un orribile boato, come lo sciacquone più grande della galassia. Ogni volta che il mostro inspirava, la nave tremava e sobbalzava in avanti. Ogni volta che espirava, ci sollevavamo in acqua e venivamo sferzati da onde di tre metri.

Cercai di cronometrare il gorgo. Cariddi ci metteva più o meno tre minuti a risucchiare e distruggere ogni cosa nel raggio di mezzo miglio. Per evitarla avremmo dovuto rasentare le scogliere di Scilla. E per quanto Scilla fosse orrenda, al confronto mi sembrava un'oasi.

I marinai zombie si affaccendavano in tutta calma sul ponte. Immagino che avendo già combattuto per una causa persa la cosa non li toccasse. O forse non gli importava di farsi distruggere perché erano già morti. Nessuna delle due ipotesi servì a rincuorarmi.

Alex passeggiava nervosamente avanti e indietro, tenendo d'occhio Cariddi. Sembrava estremamente concentrata. Ogni volta che la nave veniva sferzata levitava di qualche centimetro da terra; atterrava subito, e continuava a camminare come se niente fosse. Annabeth era accanto a me, aggrappata alla ringhiera. «Ce l'hai ancora il tuo thermos dei venti?»

Feci cenno di sì. «Ma è troppo pericoloso usarlo con un gorgo del genere. Altro vento potrebbe solo peggiorare le cose. E non voglio chiedere ad Alex di controllarli lei. Hai visto quanto stava male quando l'ha fatto»

«E che mi dici di controllare l'acqua?» chiese «Sei il figlio di Poseidone. L'hai già fatto»

Aveva ragione. Chiusi gli occhi e cercai di calmare il mare, ma non riuscivo a concentrarmi. Cariddi era troppo rumorosa e troppo potente. Le onde non rispondevano. «Non... non ci riesco» risposi miseramente.

«Ci serve un piano B» concluse Annabeth «questo non funzionerà»

«Annabeth ha ragione» approvò Tyson «il motore non sta bene»

«Che vuoi dire?» chiese lei.

«La pressione. Bisogna aggiustare i pistoni»

Prima che potesse spiegarsi meglio, lo sciacquone cosmico ripartì con un potente boato. La nave sobbalzò in avanti e io caddi a terra. Eravamo nel gorgo. 

«Indietro tutta!» gridò Clarisse nel putiferio generale. Il mare ci turbinava attorno, con le onde che flagellavano il ponte. Il fasciame di ferro ormai bolliva al punto da emanare vapore. Afferrò Alex per un braccio e la tirò in piedi. «Portiamoci sulla linea di fuoco! Preparate i cannoni di dritta!»

I sudisti zombie correvano avanti e indietro. L'elica ingranò la retromarcia, cercando di rallentare la nave, ma continuammo a scivolare verso il centro del vortice. Un marinaio zombie corse fuori dalla stiva e si precipitò da Clarisse. «Le caldaie si stanno surriscaldando, signora! Scoppieranno!»

«Be', scendete ad aggiustarle!»

«Non possiamo!» gridò il marinaio «il calore ci fa evaporare!»

Clarisse batté il pugno sul fianco della casamatta. «Mi serve solo qualche altro minuto! Il tempo di arrivare sulla linea di fuoco!»

«Ti avevo detto che era una pessima idea!» gridò Alex.

«Stiamo entrando nel vortice troppo in fretta» annunciò il capitano, cupo «preparatevi a morire»

«No!» urlò Tyson «Tyson aggiusta!»

Clarisse lo guardò incredula. «Tu?»

«È un ciclope» spiegò Annabeth «è immune al fuoco. E conosce la meccanica»

«Vai!» gridò Clarisse.

«No!» esclamammo insieme io e Alex. Lo afferrai per il braccio. «È troppo pericoloso!» aggiunsi.

Lui mi diede un colpetto sulla mano. «È l'unico modo, fratello». Aveva un'espressione determinata, sicura di sé. Non lo avevo mai visto così prima di allora. «Tyson aggiusta. E torna subito». Guardò Alex e annuì. «Tyson promette. Non piangere»

Alex si asciugò rabbiosamente le lacrime. Non mi ero accorto che stesse piangendo. «Vedi di mantenere, ragazzone» replicò con forza.

Mentre lo guardavo scendere con il marinaio mezzo incenerito nel boccaporto ebbi un terribile presentimento. Avrei voluto corrergli dietro, ma la nave sobbalzò di nuovo... e poi vidi Cariddi.

Comparve a pochissimi metri di distanza, in un turbine di nebbia, fumo e acqua. La prima cosa che notai fu la scogliera: un dirupo nero di corallo con un fico abbarbicato sulla cima, un assurdo dettaglio di serenità in mezzo a quel vortice immenso. L'acqua che la circondava si piegava in un imbuto, come la luce attorno a un buco nero. Poi vidi l'orrenda creatura ancorata alla scogliera, appena sotto il livello dell'acqua: una bocca enorme, con le labbra mollicce e i denti verdi di muschio e grossi come scialuppe. Ma la cosa peggiore era che i denti avevano l'apparecchio, strisce di metallo corroso e ricoperto da una patina viscida, con pezzi di pesce, resti di relitti e spazzatura impigliati in mezzo. 

Cariddi era l'incubo di ogni dentista. Nient'altro che un'enorme mascella nera con un pessimo allineamento dentario e un serio problema di apertura mandibolare, e da secoli, poi, non faceva altro che mangiare senza lavarsi i denti.

Proprio in quell'istante tutto il mare che aveva attorno fu risucchiato nel vuoto: squali, banchi di pesci, un calamaro gigante. E capii che nel giro di pochi secondi sarebbe toccato alla CSS Birmingham. «Lady Clarisse» gridò il capitano «i cannoni di prua e di tribordo sono in linea!»

«Fuoco!» ordinò lei.

Tre raffiche furono sparate nelle fauci del mostro. Una si portò via la punta di un incisivo. Un'altra scomparve nella gola. La terza colpì una striscia dell'apparecchio di Cariddi e ci rimbalzò contro, staccando di netto la bandiera di Ares. «Ancora!» ordinò Clarisse. 

I capocannonieri ricaricarono, ma sapevo che era inutile. Avremmo dovuto bombardare il mostro un centinaio di volte per danneggiarlo sul serio, e non avevamo tutto quel tempo. Ci stava risucchiando troppo in fretta. 

Poi le vibrazioni del ponte cambiarono. Il ronzio del motore si fece più forte e costante. La nave sussultò e cominciammo ad allontanarci dalle fauci. «Tyson ce l'ha fatta!» esultò Annabeth.

«Aspettate!» gridò Clarisse «Dobbiamo restare vicini al mostro!»

«Non so tu, ma io non ho intenzione di crepare!» strillò Alex, aggrappandosi alla ringhiera «Via! Subito!»

«Dobbiamo allontanarci!» concordai. 

Mi aggrappai alla ringhiera di fianco a lei mentre la nave lottava contro il risucchio. La bandiera strappata di Ares ci volò davanti agli occhi e si incastrò nell'apparecchio di Cariddi. Non stavamo facendo molti progressi, ma almeno mantenevamo la posizione. Tyson era riuscito in qualche modo a garantirci la potenza necessaria per non farci risucchiare. 

All'improvviso la bocca si chiuse di scatto. Il mare si placò e regnò una calma assoluta. L'acqua sommerse Cariddi. Poi, con la stessa rapidità con cui si era chiusa, la bocca si spalancò di nuovo, sputando un muro d'acqua e vomitando qualsiasi cosa non fosse commestibile, incluse le nostre palle di cannone, una delle quali rimbalzò sul fianco della CSS Birmingham facendo ding come la campana di un gioco del luna park. Un'onda alta almeno dodici metri ci rigettò indietro.

Usai tutta la mia forza di volontà per impedire che la nave si ribaltasse, ma roteammo lo stesso senza controllo, precipitando verso la scogliera dall'altra parte dello stretto. Un altro marinaio mezzo incenerito corse fuori dalla stiva. Inciampò su Clarisse, rischiando di far cadere entrambi in mare. «Il motore sta per scoppiare!»

«Dov'è Tyson?» domandò Alex, precedendomi.

«Ancora giù» rispose il marinaio «lo sta tenendo insieme in qualche modo, ma non so quanto reggerà»

«Devo andare a tirarlo via!» gridò Alex.

«Tu non ti muovi da qui!» ruggii io, afferrandola per un polso e trattenendola. Non c'era nessuna possibilità che la lasciassi andare là sotto dopo quello che aveva detto il marinaio. Era già abbastanza brutto pensare a quanto stesse rischiando Tyson.

«Ma Tyson-»

«Dobbiamo abbandonare la nave» la interruppe il capitano.

«No!» urlò Clarisse.

«Non abbiamo scelta, signora. La scafo si sta già spaccando! Non può-»

Non finì mai la frase. Con la rapidità di un fulmine qualcosa di marrone e di verde piombò giù dal cielo, ghermì il capitano e se lo portò via. Rimasero soltanto i suoi stivali di pelle. «Scilla!» strillò un marinaio, quando un altro rettile piombò giù come un fulmine dalle scogliere, strappandolo dal ponte.

Accadde così in fretta che fu come guardare un raggio laser invece che un mostro. Non riuscii nemmeno a distinguere il muso della creatura, solo un lampo di denti e scaglie. Lasciai Alex e tolsi il cappuccio a Vortice, cercando di sferrare un fendente al mostro mentre si portava via un terzo marinaio, ma ero troppo lento. «Tutti sottocoperta!» gridai.

«Non possiamo!» Clarisse sfoderò la sua spada «Sottocoperta va tutto a fuoco!»

«Alle scialuppe!» intervenne Annabeth «Svelti!»

«Non ci porteranno mai lontano dalle scogliere» replicò Clarisse «finiremo sbranati»

«Dobbiamo provare! Percy, il thermos!»

«Non posso lasciare Tyson!»

«Dobbiamo preparare le scialuppe!»

Clarisse accettò l'ordine di Annabeth. Insieme a un gruppetto dei suoi marinai zombie scoprì una delle due scialuppe di salvataggio mentre le teste di Scilla piombavano giù dal cielo come una pioggia di meteore dentate, strappando un marinaio dopo l'altro.

«Tu sali sulla seconda barca» lanciai il thermos ad Annabeth «porta Alex in salvo. Io vado a prendere Tyson»

«Tu non andrai lì sotto!» gridò Alex furibonda.

Non l'ascoltai. Corsi verso la sala macchine, ma all'improvviso i miei piedi non toccavano più terra. Stavo volando verso l'alto, con il vento che mi fischiava nelle orecchie e il fianco della scogliera a pochi centimetri dalla faccia. Scilla mi aveva in qualche modo preso per lo zaino e mi stava sollevando verso il suo covo. 

Sentii Alex gridare il mio nome. Senza pensare al dopo, sferrai un colpo di spada all'indietro e riuscii a infilzare l'occhio giallo e luccicante della creatura. Quella sbuffò e mollò la presa. La caduta sarebbe stata già abbastanza brutta, considerato che mi trovavo a una quarantina di metri da terra, ma mentre precipitavo...

BUUUM!

La nave esplose.

La sala macchine saltò in aria e brandelli di ferro volarono in ogni direzione, come ali infuocate. «Tyson!» urlai. Le scialuppe erano riuscite ad allontanarsi, ma non di molto. Rottami infuocati della nave piovevano dal cielo. Alex, Clarisse e Annabeth rischiavano di essere schiacciate, o bruciate, o trascinate a fondo dalla forza della nave che si inabissava... e questo a voler essere ottimisti, ammettendo che riuscissero ad allontanarsi da Scilla.

Poi udii un tipo diverso di esplosione: il suono del thermos magico di Ermes che veniva svitato un po' troppo. Candide raffiche di vento sfrecciarono in ogni direzione, disperdendo le scialuppe, sollevandomi dalla mia caduta libera e spingendomi a tutta birra sopra l'oceano. Non riuscivo a vedere nulla. Roteai nell'aria, picchiai la testa contro qualcosa di duro e mi schiantai in acqua con una forza tale che se non fossi stato il figlio del dio del mare mi sarei rotto tutte le ossa. 

L'ultima cosa che ricordavo era la sensazione di affondare in un mare infuocato, sapendo che Tyson se n'era andato per sempre, e rimpiangendo il fatto di non poter annegare.

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