20. Baby Monster Donut
[13.07.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
«Brutta storia» mormorò Annabeth.
Eravamo accovacciati dietro un albero, a scrutare il negozio di ciambelle in mezzo alla boscaglia. Sembrava nuovo di zecca, con le vetrine illuminate, il parcheggio e una stradina che conduceva nella foresta, ma non c'era nient'altro attorno e nessuna macchina parcheggiata. Si vedeva solo un tizio del personale intento a leggere una rivista alla cassa. Tutto qui. Sulla vetrina del negozio, in grosse lettere nere che persino io riuscivo a leggere, c'era scritto:
MONSTER DONUT
Un orco da cartone animato prendeva a morsi la "O" di Monster. C'era un buon profumo, come di ciambelle al cioccolato appena sfornate. «Questo posto non dovrebbe essere qui» bisbigliò Annabeth «è sbagliato»
«Ma va?» feci io sarcastica, inarcando entrambe le sopracciglia.
«Non capisco, è solo un negozio di ciambelle» disse Percy.
«Shhht!» sibilò Annabeth «Abbassate la voce!»
«Perché stiamo bisbigliando?» fece Percy confuso «Tyson è entrato e ha comprato una dozzina di ciambelle. Non gli è successo niente»
«Lui è un mostro»
Non dissi niente, ma perchè in questo particolare caso non intendeva niente di offensivo. Intendeva proprio in modo tecnico. Aveva ragione. La natura di Tyson l'aveva protetto. «Oh, ma dai, Annabeth» protestò sussurrando Percy «"Monster Donut" non vuol dire che è un negozio per mostri! È una catena. C'è anche a New York»
«Una catena...» concordò lei «e secondo te non è strano che sia comparso subito dopo che tu hai detto a Tyson di andare a cercare le ciambelle? Proprio qui, in mezzo alla boscaglia?». Percy non rispose. «Potrebbe essere un nido» spiegò lei.
Tyson piagnucolò. Si sbafò una mezza dozzina di ciambelle della scatola, spargendosi lo zucchero a velo su tutta la faccia. «Un nido di che?» chiese Percy.
«Non ti sei mai domandato come facciano i negozi in franchising a spuntare così in fretta?» ribatté lei «Un giorno non c'è niente e il giorno dopo... bam! C'è un nuovo fast food o un nuovo caffè o un altro posto del genere. Prima uno, poi due, poi quattro, poi dieci... delle repliche esatte che si spargono in tutto il paese?»
«Ehm... no. Non ci ho mai pensato»
«Alcune catene si moltiplicano così in fretta perché tutte le loro sedi sono collegate alla forza vitale di un mostro» spiegai io, osservando nervosamente i dintorni. Mi dimenticai pure di avercela con Percy: non era importante, in quel momento. Il mostro doveva essere lì nei paraggi. Annusavo qualcosa di insolito, ma poteva benissimo essere anche la palude.
«Alcuni ragazzi di Ermes hanno capito come si fa negli anni Cinquanta» disse Annabeth «allevano-»
La interruppi, afferrandola d'improvviso per un braccio. Una cosa grossa quanto un rinoceronte si spostava tra le ombre degli alberi. «Non fate mosse improvvise» ordinai «e voltatevi più lentamente che potete»
Si girarono e li vidi sbiancare tutti. La bestiolina in questione aveva la metà anteriore del corpo che si contorceva in tutte le direzioni. Riuscii ad individuare diversi colli, ognuno dei quali terminava con la testa sibilante di un rettile. La pelle era dura e coriacea, e sotto ogni collo c'era un bavaglino di plastica con su scritto: BABY MONSTER DONUT.
Un'idra.
Percy tirò fuori la penna a sfera, ma Annabeth lo fissò dritto negli occhi, un avvertimento muto: "non ancora". Se avesse tolto il cappuccio alla spada il bagliore del bronzo avrebbe sicuramente attirato la sua attenzione. Motivo per cui non potevo evocare le Gemelle.
Aspettammo. L'idra era a pochissimi metri di distanza. Sembrava annusare il terreno e gli alberi come se fosse a caccia di qualcosa. Poi notai che due delle teste stavano strappando un pezzo di tela gialla: una delle nostre sacche da viaggio. La cosa era già stata al nostro rifugio. Stava seguendo il nostro odore. Poi un indumento volò per aria e il sangue mi gelò nelle vene: era la felpa di dubbia provenienza che avevo trovato nel mio zaino. Realizzai che l'idra seguiva il mio, di odore.
Diedi un colpetto di gomito ad Annabeth. Le indicai alcuni brandelli di zaino e poi indicai me stessa. Lei spalancò gli occhi e scosse la testa, cercando di trattenermi per un braccio, ma io mi divincolai e iniziai ad allontanarmi il più piano possibile, facendo segno a lei e a Percy, che mi fissava confuso, di rimanere dov'erano.
Non avevo calcolato Tyson, però. Fece un passo indietro e spezzò un ramoscello per sbaglio.
Tutte e sette le teste si voltarono di scatto verso di noi, sibilando. «Sparpagliamoci!» gridò Annabeth, e si tuffò a sinistra.
Feci appena in tempo a scartare verso la mia destra: una delle teste dell'idra sputò un arco di liquido verde, che passò oltre la mia spalla e colpì un olmo. L'albero precipitò verso Tyson, che non si era ancora mosso, pietrificato dal mostro che adesso gli stava di fronte. «Tyson!» gridò Percy.
Non rimasi a guardare se lo stava salvando: quattro delle teste mi stavano puntando. Schivai il morso di una e rotolai fuori dalla traiettoria dell'acido sputato dalle altre tre.
Mi trovavo in una situazione orribile, perchè non potevo semplicemente tagliare le teste, o avremmo avuto il doppio dei problemi. Avrei potuto fulminarla, stordendola, ma ora tutte e sette le teste erano rivolte verso di me e non mi stavano dando il tempo di concentrarmi a sufficienza per evocare l'energia necessaria; schivai, mi tuffai e rotolai, venendo sfiorata da uno dei getti acidi. Qualche goccia finì sulla manica della mia felpa, e io dovetti togliermela in fretta e furia per evitare che mi mangiasse via la pelle del braccio.
«ALEX!» sentii Percy gridare. Un momento dopo tolse il cappuccio a Vortice, e il bagliore del bronzo celeste distrasse tutte e sette le teste. L'idra gliele scagliò contro tutte insieme; lo vidi sollevare la spada.
«PERCY, NO!» gridai, ma era troppo tardi: mozzò una testa di netto.
Il moncone rimasto si dibatté per un po', ma smise subito di sanguinare e cominciò a gonfiarsi come un palloncino. Nel giro di pochi secondi il collo ferito si divise in due, e dal nuovo collo spuntò un'altra testa completa di tutto punto. Ora aveva davanti un'idra a otto teste. «Percy!» ruggì Annabeth «Hai appena aperto un altro Monster Donut da qualche parte!»
«Stiamo per morire e tu ti preoccupi di questo?! Come si uccide questo coso?»
Imprecando in greco antico evocai le Gemelle. Ora avevo attirato io l'attenzione di tutte le teste, più quella nuova. «Fuoco!» gridai, schivando un poderoso getto d'acido «Posso provare a-». Dovetti schivare di nuovo e abbassarmi per evitare un morso. «-fulminare il monco! Ma non so se-». Altra schivata. Rotolai di lato, accovacciandomi un secondo dopo. «Oh, per tutti gli dei!» ringhiai esasperata.
Tre teste si distrassero, perchè Annabeth aveva tirato fuori il suo coltello di bronzo celeste. Parò un morso, ma un'altra testa la gettò nel fango muovendosi come una mazza.
«Lascia stare i miei amici!»
Tyson partì alla carica, piazzandosi fra l'idra e Annabeth. Mentre lei si rialzava, lui cominciò a bersagliare di pugni le teste del mostro. Era così veloce che sembrava un videogioco.
Ma neanche Tyson poteva difendersi dall'idra in eterno. Riuscii a raggiungerli, e cominciammo ad arretrare poco a poco, schivando spruzzi di acido e deviando i morsi senza mozzare le teste, ma non poteva funzionare a lungo. Alla fine avremmo commesso un errore e quella bestiaccia ci avrebbe uccisi.
D'improvviso udii un rumore strano, un ciuf-ciuf-ciuf che all'inizio scambiai stupidamente per il mio cuore. Era così potente da far tremare la banchina. «Cos'è questo rumore?» gridò Annabeth, senza staccare gli occhi dall'idra.
«Motore a vapore» rispose Tyson.
«Cosa?» esclamai.
Percy si abbassò e mi tirò con sé per un braccio. Lo spruzzo acido dell'idra volò sopra le nostre teste. Poi, dal fiume alle nostre spalle, una familiare voce femminile gridò: «Laggiù! Preparate il cannone da trentadue!»
Non mi azzardai a staccare gli occhi dall'idra, ma se era chi pensavo che fosse, allora avevamo nemici su tutti e due i fronti. Una voce roca e maschile rispose: «Sono troppo vicini, signora!»
«Maledetti eroi! Avanti a tutto vapore!»
«Sissignora!»
«Fuoco a volontà, capitano!»
«A terra!» strillò Annabeth, e ci tuffammo nel fango un istante prima che un terrificante BUUUM! riecheggiasse dal fiume.
Ci fu un lampo di luce, poi una colonna di fumo, e l'idra esplose proprio davanti a noi, inondandoci di un'orribile poltiglia verde che evaporò subito, come fanno di solito le budella dei mostri. «Che schifo!» strillò Annabeth.
«Una barca a vapore!» gridò Tyson.
Mi alzai in piedi, tossendo per la nuvola di polvere da sparo che invadeva la riva. La nave più strana che avessi mai visto in vita mia ci veniva incontro sbuffando lungo il fiume. Procedeva bassa nell'acqua come un sottomarino, con il ponte laminato di ferro. Al centro c'era una torretta trapezoidale con delle feritoie per cannoni su ogni lato. Una bandiera sventolava in cima: un cinghiale e una lancia su campo rosso. Allineati sul ponte c'erano degli zombie in uniforme grigia: dei soldati morti, con la faccia luccicante che gli copriva solo in parte il cranio, come gli spettri che avevo visto negli Inferi a guardia del palazzo di Ade. La nave era una corazzata. Un incrociatore da combattimento della Guerra Civile. Riuscivo faticosamente a distinguere il nome scritto lungo la prua in lettere coperte di muschio: CSS Birmingham.
In piedi accanto al cannone fumante che ci aveva quasi ucciso, in completa armatura greca, c'era Clarisse. «Perdenti» ci schernì «ma dovrò salvarvi lo stesso, immagino. Salite a bordo!».
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