19. Il rifugio
[12.07.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
«IL THERMOS!» gridò Percy mentre ci precipitavamo in acqua.
«COSA?» gridò Annabeth. Si stava aggrappando alle maniglie della scialuppa con tutte le sue forze, i capelli dritti in testa come fiamme su una torcia.
«ALEX!» mi chiamò Percy.
Voleva che lo prendessi, ma o mi tenevo o rischiavo di venire scaraventata giù dalla scialuppa. Strinsi i denti e pregai che funzionasse. «NO!» urlai «CI PENSO IO! TIENIMI!»
Era un'idea pessima, perchè la mia Aerocinesi era piuttosto limitata, ma non saremmo riusciti a prendere il Thermos senza che qualcuno di noi si facesse male. Dovevo provare. «SEI IMPAZZITA?!» ruggì Percy.
«TI HO DETTO DI TENERMI!» gridai di rimando «FIDATI DI ME!»
Sentii Percy imprecare. Il suo braccio mi circondò la vita da dietro; il suo petto sbatté contro la mia schiena. «TYSON!»
«TYSON VI TIENE!» gridò lui di rimando.
Chiusi gli occhi e mi concentrai sul fischio assordante dell'aria. Pregai Zeus di darmi la forza e cercai di prendere controllo del flusso sotto la scialuppa. Quella tremò violentemente e si scostò bruscamente verso il mare aperto, ma non di molto. Non era abbastanza. «TENETEVI FORTE!» urlò Percy.
«LO STO GIA' FACENDO!» strillò Annabeth.
«CE LA PUOI FARE!» mi incoraggiò la voce di Percy.
Sì.
Dovevo.
Potevo.
Strinsi i pugni e riuscii a prendere controllo di due differenti correnti d'aria.
La scialuppa si scaraventò d'improvviso di lato, trasformando la nostra caduta a piombo in un atterraggio di fortuna a quarantacinque gradi. Quando colpimmo l'oceano rimbalzammo un paio di volte come un sasso, e poi la sospinsi con una poderosa spinta di entrambe le correnti. Ci slanciammo in avanti alla velocità di un motoscafo.
Percy mi disse qualcosa, ma non lo sentii. Il fruscio delle due correnti che stavo controllando mi assordavano; seppi anche che con un minimo di impegno sarei riuscita a capire che cosa stavano dicendo.
Un momento. I venti non parlavano, a meno che...
Il fruscio si interruppe all'improvviso. "E' stato un piacere, mia signora" sussurrò una voce femminile al mio orecchio sinistro. Aprii di scatto gli occhi. Uno sbuffo di vento caldo mi accarezzò dolcemente una guancia. In un qualche modo seppi che entrambe le correnti -o meglio, entrambi gli Spiriti dei Venti- se ne erano andati. "Grazie, Padre" pensai, certa che me li avesse mandati lui. Be', forse voleva dire che tutto sommato non era in collera con me. Tanto meglio. «Ti senti bene, Alex?» mi chiese Annabeth.
Alzai lo sguardo su di lei. Aveva i capelli spettinati, le guance arrossate e l'espressione preoccupata. Mi guardai intorno: Percy e Tyson, nonostante l'aria un po' allucinata, stavano bene. La Principessa Andromeda non si vedeva da nessuna parte. Lasciai andare un sospiro tremante e mi resi conto di sentirmi debole. «Sto bene» la rassicurai «mi sento un po' spossata, tutto qui»
«Useremo il thermos» mi disse Percy «perchè non ti riposi un po'? Hai fatto uno sforzo enorme»
«Sì, forse è meglio» concordai.
Tyson allargò le enormi braccia. «Tyson ti fa da cuscino!» si propose entusiasta «Sei stata bravissima con il vento!»
Gli sorrisi debolmente, scavalcando Percy e raggiungendolo. Ignorai l'occhiata disgustata di Annabeth e mi appoggiai all'ampio petto di Tyson. Chiusi gli occhi e sprofondai in un sonno immediato.
«Mi hai disobbedito»
Aprii gli occhi. Mi trovavo nella mia casa, al Campo Mezzosangue, ed ero inginocchiata davanti alla statua di Zeus che avevo di fronte al letto. Solo che non era una statua, ma il Padre degli Dei in carne e ossa e in tutta la sua divina gloria.
Assomigliava precisamente alla statua: lunga tunica bianca dai bordi dorati con il quale lo avevo visto nel sogno precedente, scalzo, lunghi riccioli corvini, barba sale e pepe, cipiglio severo e occhi grandi ed espressivi. L'unica cosa che mancava era la Folgore che la statua brandiva. «Chiedo perdono» dissi, ma mi accorsi di non suonare troppo convinta.
«Mmh» mugugnò lui, guardandomi severo «non c'è una traccia di pentimento nella tua voce. Ma ammetto di non essermi aspettato niente di meno da te»
Inarcai entrambe le sopracciglia. «In che senso?»
«Sapevo che ti saresti imbarcata lo stesso in questa Impresa, anche se te lo avevo proibito. Mi sembra di averti già detto una volta che sei troppo simile a me per il tuo stesso bene»
«Mi dispiace, papà, ma avevo e ho una possibilità di salvare Talia, e non me la sarei mai lasciata scappare»
«So anche questo». Mi scrutò per un lungo momento, pensieroso. «Sono secoli che il Vello d'Oro è perduto. E tu sei riuscita a scoprire dov'è»
«Non sono stata io»
«Importa poco. Stai andando a prenderlo, questo è ciò che conta» replicò «la strada che hai davanti è lunga e pericolosa, spero che tu lo sappia»
«Sì, ne sono consapevole» mi mordicchiai il labbro «grazie per avermi aiutata con la scialuppa. La mia Aerocinesi è debole»
«Ti sottovaluti troppo, Alexandra»
Be', non è che la sua risposta volesse dire molto, ma decisi di non farglielo notare. «Posso farti una domanda?»
«Non ti garantisco che risponda»
Strinsi le labbra. Come al solito. «Perchè non riesco a sognare niente riguardo al Campo?» domandai «insomma, c'erano dei problemi, Percy e Annabeth-»
«Tu non sei né Percy Jackson né Annabeth Chase» mi interruppe «tu sei Alexandra Grace, figlia del Padre di tutti gli Dei, e hai chi ti protegge»
Lo guardai confusa. «Intendi dire che qualcuno mi impedisce di avere sogni di quel tipo?»
Zeus mi guardò. Poi fece una cosa totalmente inaspettata: sorrise. Fu una visione talmente strana che lo fissai a bocca aperta come un idiota. «Talia non è morta, figlia mia» disse «sei stata tu a dirmelo. Ricordalo sempre. E ora è tempo che tu vada».
Mi svegliai di soprassalto. Mi strofinai gli occhi e mi guardai in giro. C'erano pescherecci ovunque, una nave della guardia costiera e, non troppo lontano, una spiaggia. Per quanto avevo dormito?
«Quella è Virginia Beach!» esclamò Annabeth «Oh miei dei, come ha fatto la Principessa Andromeda ad arrivare così lontano in una sola notte? Saranno almeno-»
«Cinquecentotrenta miglia marine» concluse Percy.
Lei lo fissò sgranando gli occhi. «Come fai a saperlo?»
«Non... non ne sono sicuro»
Dei, che domanda e che risposta cretina. Era il figlio del dio del mare. E meno male che era consapevole di giocare in casa... «Percy, qual è la nostra posizione?» gli domandò Annabeth.
«36 gradi e 44 primi di latitudine nord, 76 gradi e 2 primi di longitudine ovest» rispose subito. Poi scosse la testa. «Cavolo. Come facevo a saperlo?»
«Davvero non lo sai?» gracchiai io. Annabeth e Percy si girarono a guardarmi. Mi raddrizzai, stiracchiandomi, e mi schiarii la gola. «Sei un Figlio del Mare, Percy. Quando ti trovi in acqua sai sempre dove sei, perchè è la tua casa»
Prima che potesse pronunciarsi su quella nuova scoperta, però, Tyson parlò. «Arriva un'altra barca»
Mi voltai a guardare. La pattuglia della guardia costiera era sulla nostra scia. Aveva i lampeggianti accesi e stava guadagnando velocità. «Non possiamo farci beccare» disse Percy «ci farebbero troppe domande»
«Continuiamo a entrare nella Chesapeake Bay» propose Annabeth «conosco un posto per nasconderci»
Percy svitò il coperchio del thermos ancora un po', e una raffica di vento ci spedì a razzo nella Chesapeake Bay, facendoci girare attorno alla punta settentrionale di Virginia Beach. La barca della guardia costiera si fece sempre più piccola alle nostre spalle. Non rallentammo finché le coste della baia non si restrinsero su entrambi i lati, facendoci entrare nella foce di un fiume. Percy sembrò all'improvviso sfinito. «Ehi, stai bene?» gli chiesi.
Lui annuì. «Sono solo stanco. Credo sia il cambiamento tra l'acqua salata e quella dolce»
«Laggiù» ordinò Annabeth «dopo quella secca»
«Annabeth, dove stiamo andando?» chiesi.
«Non te lo ricordi?»
Mi guardai in giro, confusa. Non riconobbi nulla dell'ambiente circostante. Virammo in un'area paludosa soffocata dalle erbacce. Attraccammo e Percy legò la scialuppa ai piedi di un grande cipresso che finalmente riconobbi. «Oh!» commentai, spalancando gli occhi.
Annabeth mi rivolse un mezzo sorriso. «Adesso te lo ricordi?»
«Sì, adesso sì» risposi.
«Di cosa parlate?» domandò Percy confuso.
Alberi rivestiti di rampicanti ci sovrastavano. Insetti ronzavano nella boscaglia. L'aria era umida e afosa, e dal fiume salivano sottili volute di vapore. «Vedrai. Coraggio» ci incitò Annabeth «è proprio in fondo alla banchina»
«Che cosa?» chiese Percy.
«Seguitemi e basta» disse Annabeth. Afferrò una sacca. «E sarà meglio coprire la barca. Non vogliamo attirare l'attenzione»
Dopo aver camuffato la nostra scialuppa con dei rami, Percy e Tyson ci seguirono lungo la riva, i piedi che affondavano nel fango rosso. «Brutto posto» commentò Tyson, schiacciando le zanzare che stavano banchettando sul suo braccio.
Dopo qualche altro minuto, Annabeth disse: «Qui». Spostò un cerchio intrecciato di rami, rivelando il rifugio mimetizzato che costruimmo anni e anni fa. L'interno era adatto a ospitare quattro persone, anche se una di esse era Tyson. Le pareti erano intrecciate con del materiale vegetale impermeabile. Impilato in un angolo c'era tutto quello che si potesse desiderare per il campeggio: sacchi a pelo, coperte, un frigo portatile e una lampada a cherosene. C'era ancora la roba che avevamo lasciato lì: punte per giavellotti di bronzo, una faretra piena di frecce, una spada di scorta e una scatola di ambrosia. C'era odore di umidità nell'aria, come se il posto fosse disabitato da parecchio tempo. Buon segno. «Un nascondiglio per mezzosangue» disse Percy sbigottito «avete costruito voi questo posto?»
«L'abbiamo costruito io e Talia» rispose lei piano «Luke...». Mi guardò incerta. «Be', era impegnato a badare ad Alex»
Annuii piano, ignorando la fitta dolorosa al petto. «Che cosa ti era successo?» mi chiese Percy.
«Avevo un'orribile febbre» ricordai «non ho idea di come l'abbia presa. In effetti non ricordo molto di quel periodo. Svenivo e rinvenivo di continuo»
«Sono ancora convinta che fosse una maledizione» disse Annabeth «anche se non abbiamo mai scoperto di chi»
Scossi la testa. «Secondo me qualcosa mi aveva punta» ipotizzai «insomma, eravamo e siamo in una palude...»
«Luke e Talia erano fuori di testa per la preoccupazione» ricordò Annabeth «specialmente Luke. Eri con lui quando sei svenuta per la prima volta»
«Non ricordarmelo» brontolai cupa, alzando gli occhi al cielo.
Percy si accigliò visibilmente. «Forse era proprio stato lui» disse brusco «in ogni caso, non credete che Luke verrà a cercarci qui?»
Annabeth scosse la testa. «Abbiamo costruito una dozzina di rifugi come questo. Dubito che Luke si ricordi dove si trovano. E che gliene importi qualcosa». Si lasciò cadere su una coperta e si mise a frugare nella sua sacca. Il suo linguaggio corporeo era piuttosto chiaro: non aveva voglia di parlare. E, sinceramente, potevo capirla perfettamente.
«Ehm, Tyson?» disse Percy «Ti dispiacerebbe andare un po' in esplorazione fuori? Per cercare, che so... un negozietto in mezzo al bosco o roba del genere?»
«Un negozietto?»
«Sì, per mangiare un boccone. Ciambelle, roba del genere. Basta che non ti allontani troppo. Perchè non porti Alex con te?»
«No, Alex sta qui al sicuro. E' stanca. Tyson fa da solo. Ciambelle...Tyson cerca le ciambelle nel bosco!». Si diresse alla porta e cominciò a chiamare: «Ciambelle! Qui, ciambelle!»
Quando se ne fu andato, rivolsi a Percy un'occhiataccia. «Sul serio?» dissi seccata.
Lui si strinse nelle spalle e si sedette davanti ad Annabeth. Mi lanciò un'occhiata e poi si sporse verso di lei. «Ehi, mi dispiace, ehm... per Luke» disse a voce bassa.
Capii che aveva spedito Tyson in quell'assurda ricerca di ciambelle selvatiche e aveva cercato di mandarci anche me perchè voleva parlare da solo con Annabeth, e la cosa mi diede un fastidio immane. Mi resi conto d'improvviso di essere inequivocabilmente gelosa, e questa rivelazione mi fece imbestialire ancora di più.
Mi sedetti in un angolo del rifugio, il punto più lontano da quei due, che ironicamente era il letto in cui Luke dormiva... be', meglio non pensarci. Ero già inviperita così.
Strattonai il mio zaino e mi misi a frugarci dentro per vedere che cosa Ermes ci aveva infilato, sperando di dare l'impressione a Percy e Annabeth che non me ne fregasse un tubo della loro conversazione privata. Purtroppo ci sentivo benissimo: il rifugio non era poi così grosso. «Non è colpa tua» disse lei.
«Ci ha lasciati andare troppo facilmente» commentò Percy.
Annabeth annuì. «Stavo pensando la stessa cosa. Ciò che gli abbiamo sentito dire riguardo a un trucco, e quando ha detto "abboccheranno"... penso che stesse parlando di noi»
«Credi che l'esca sia il Vello? Oppure Grover?»
Lei studiò la punta del suo coltello. «Non lo so, Percy. Forse vuole il Vello per sé. Forse spera che noi ci occuperemo della parte difficile e che poi gli permetteremo di rubarlo... ma io proprio non riesco a credere che abbia avvelenato l'albero»
«Perché ha detto che Talia sarebbe stata dalla sua parte?» chiese Percy.
«Si sbaglia»
«Non ne sembri sicura»
Mi irrigidii visibilmente e rimasi immobile, con il naso dentro lo zaino e lo sguardo fisso su una felpa che non avevo mai visto prima (dove cavolo l'aveva presa Ermes? Non era mia). Sentivo lo sguardo di Annabeth addosso, quindi mi sforzai di continuare a fare quello che stavo facendo, apparendo noncurante, come se non stessi origliando. Dovette funzionare, perchè Annabeth si rivolse a Percy. «Sai chi mi ricordi più di tutti, Percy? Talia. Vi somigliate da paura. Sareste stati grandi amici o vi sareste strozzati a vicenda, una delle due»
Dovevo ammettere che un po' di ragione l'aveva. Ma solo in parte, però. Le differenze tra i due erano tante, a cominciare dal temperamento: quello Percy in confronto a quello di mia sorella era decisamente pacifista. E poi non sarei mai riuscita a vederlo come un fratello... no. Decisamente no. «Vada per "grandi amici"» borbottò lui.
«Talia si arrabbiava con suo padre, qualche volta. Come te. Tu volteresti le spalle all'Olimpo per questo?»
«No» rispose Percy.
Annabeth mi lanciò un'occhiata veloce. Poi si sporse verso di lui e bisbigliò qualcosa che non riuscii a capire, ma che mi fece bruciare fastidiosamente il petto. «No» ripetè Percy, un po' più deciso «non lo farei mai»
Annabeth infilzò il coltello a terra. «Okay, allora. Non lo farebbe nemmeno lei. Luke si sbaglia»
«Allora, che voleva dire Luke a proposito dei ciclopi?» chiese Percy qualche momento dopo «Ha detto "proprio tu"...»
«Lo so quello che ha detto. Stava... stava parlando della vera ragione per cui Talia è morta»
Stavolta non potei proprio fare finta di niente. Alzai la testa e la guardai. «Di che cavolo stai parlando?» esordì «Non avevo mai incontrato un ciclope prima di Tyson. E sono sicura che Talia non ne abbia mai nemmeno visto uno»
Annabeth sospirò e scosse la testa appena prima di guardarmi. «Non puoi ricordartelo» disse «eri svenuta per la febbre da due giorni, quando è successo. Ti sei svegliata qualche ora prima di arrivare al Campo, ed eri guarita»
Aggrottai la fronte, confusa. «Per quanto sono rimasta svenuta?»
«Tre giorni» rispose lei. Fece una pausa, mordicchiandosi il labbro inferiore. «Ho chiesto a Luke di non raccontarti che cosa è successo» ammise.
«Perchè?»
Annabeth fece un respiro tremante. «Non vi potete mai fidare di un ciclope. Sei anni fa, la notte in cui Grover ci stava accompagnando sulla Collina Mezzosangue-»
La porta del rifugio si aprì con un cigolio e Annabeth si interruppe. Tyson si infilò dentro. «Ciambelle!» esclamò orgoglioso, mostrandoci una scatola di paste.
Annabeth lo guardò sgranando gli occhi. «Dove le hai prese? Siamo in mezzo al nulla. Non c'è niente qua attorno per almeno-»
«Cento metri» concluse Tyson «c'è un Monster Donut proprio dietro la collina».
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