16. Principessa Andromeda (P)
[12.07.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
Ero in una caverna, sull'orlo di un'enorme voragine. Conoscevo quel posto fin troppo bene. L'ingresso del Tartaro. Riconobbi la risata gelida che riecheggiava dalle tenebre sottostanti. "Guarda un po' chi si rivede... il piccolo eroe". La voce era come la lama di un coltello su una pietra. "Avviato verso un'altra grande vittoria".
Volevo gridare a Crono di lasciarmi in pace. Volevo sguainare Vortice e ammazzarlo. Ma non riuscivo a muovermi. E anche se ci fossi riuscito, come avrei potuto uccidere qualcuno che era già stato distrutto, fatto a pezzi e gettato nelle tenebre eterne?
"Non lasciarti fermare da me" continuò il Titano "forse stavolta, quando fallirai, ti chiederai se vale la pena uccidere per gli dei. Quando lei morirà per colpa del tuo egoismo, ti chiederai se ne valeva la pena davvero. Cos'ha fatto tuo padre, ultimamente, per dimostrarti la sua stima?"
La sua risata riempì la caverna e a un tratto la scena cambiò.
Era un'altra caverna: la prigione-letto di Grover nel covo del ciclope. «Tesoruccio!» gridò il mostro da dietro il masso.
Grover guaì e si rimise a intrecciare i fili. La stanza tremò mentre il masso si spostava. Sulla soglia si stagliava un ciclope così grosso che al confronto Tyson era un nano. Aveva i denti storti e ingialliti, mani nodose e grandi quanto me. Indossava una maglietta scolorita con su scritto "FIERA MONDIALE DELLA PECORA 2001". Sarà stato alto almeno quattro metri e mezzo, ma la cosa più spaventosa era il suo gigantesco occhio lattiginoso, scorticato e annebbiato dalla cataratta. Se non era del tutto cieco ci andava parecchio, ma parecchio vicino. «Che cosa stai facendo?» domandò il mostro.
«Niente!» rispose Grover in falsetto «Stavo solo intrecciando il mio strascico da sposa, come puoi vedere»
Il ciclope infilò una mano nella stanza e frugò attorno, finché non trovò il telaio. Lo tastò con la grossa zampa. «Non si è allungato per niente!»
«Oh, ehm... ma sì, mio caro. Vedi? Ho aggiunto almeno un paio di centimetri...»
«Troppi ritardi!» mugghiò il mostro. Poi annusò l'aria. «Hai un buon odore! Come quello delle capre!»
«Oh».Grover si sforzò di ridacchiare debolmente. «Ti piace? È Eau de Chévre. Lo indosso soltanto per te»
«Mmmh!». Il ciclope scoprì i denti appuntiti. «Buono! Da mangiare»
«Oh, birichino!»
«Basta ritardi!»
«Ma caro, non ho finito!»
«Domani!»
«No, no. Altri dieci giorni»
«Cinque!»
«Oh, be'. Sette, allora. Se proprio insisti»
«Sette! È meno di cinque, giusto?»
«Certo. Oh, sí»
Il mostro brontolò, ancora scontento della trattativa, ma lasciò Grover al suo telaio e fece di nuovo rotolare il masso al suo posto. Grover chiuse gli occhi e fece un respiro tremante, cercando di calmarsi i nervi. «Sbrigati, Percy» mormorò «ti prego, ti prego, ti prego!».
Mi svegliai al fischio di una nave e al suono di una voce dall'altoparlante: un tizio con un accento australiano che sembrava fin troppo felice. "Buongiorno, passeggeri! Oggi staremo in mare per tutto il giorno. Il tempo è perfetto per il mambo party in piscina! E non dimenticate il bingo da un milione di dollari nella Kraken Lounge all'una. E per i nostri ospiti speciali, pratica di sbudellamento sulla Promenade!".
Mi drizzai a sedere sul letto. «Che ha detto?»
Tyson emise un gemito, ancora mezzo addormentato. Era disteso a faccia in giù sul divano, i piedi così lontani dal bordo che arrivavano nel bagno. «Il signore felice ha detto... pratica di sbudinamento?»
Per un attimo sperai che si trattasse davvero di budini o roba del genere, ma poi sentii bussare forte sulla porta interna della suite e Annabeth infilò la testa dentro, i capelli biondi tutti scompigliati. «Pratica di sbudellamento?!»
Una volta vestiti, ci avventurammo all'interno della nave e fummo sorpresi di vedere altra gente. Una dozzina di anziani stava andando a fare colazione. Un papà stava portando i figli in piscina per una nuotata mattutina. Membri dell'equipaggio in uniforme immacolata passeggiavano sul ponte, inclinando il cappello per salutare i passeggeri. Nessuno ci chiese chi fossimo. Nessuno badò molto a noi. Ma c'era qualcosa che non tornava: quando la famigliola di nuotatori ci superò, il papà disse ai suoi ragazzi: «Siamo in crociera. Ci stiamo divertendo»
«Sì» risposero i tre ragazzi all'unisono mentre si allontanavano, con un'espressione vuota sul volto «ce la spassiamo. Adesso andiamo a nuotare in piscina»
«Credibili» commentò Alex sarcastica.
«Buongiorno» ci salutò un membro dell'equipaggio, con gli occhi vitrei «ci divertiamo tutti un mondo a bordo della Principessa Andromeda. Vi auguro una buona giornata» e si allontanò anche lui.
Poi passammo davanti a un bar e vedemmo il primo mostro. Era un segugio infernale: un mastino nero con le zampe anteriori sul bancone del buffet e il muso sepolto nelle uova strapazzate. Doveva essere un cucciolo, perché era piccolo in confronto alla maggior parte dei suoi simili... più o meno quanto un grizzly. Eppure mi si gelò il sangue lo stesso. Mi ero quasi fatto ammazzare da un cagnone del genere, una volta. La cosa assurda però era questa: una coppia di mezza età era in fila al bancone del buffet proprio dietro il cane diabolico, aspettando con pazienza il proprio turno. Pareva che non avessero notato nulla di straordinario. «Tyson non ha più fame» mormorò Tyson.
Una voce serpentesca ci raggiunse dal corridoio: «Ne ssssono arrivati altri ssssei, ieri». Annabeth gesticolò come una pazza verso il primo nascondiglio disponibile –il bagno delle signore– e ci infilammo dentro tutti e quattro. Ero così spaventato che non mi sentii nemmeno in imbarazzo. Qualcosa –o meglio, due qualcosa– strisciarono davanti alla porta del bagno, producendo un rumore come di carta vetrata sulla moquette. «Ssssí» rispose una seconda voce di rettile «li attira lui. Pressssto ssssaremo forti»
Le cose strisciarono verso il bar con un sibilo gelido, forse la risata di un serpente. «Dobbiamo andarcene di qui» disse Annabeth.
«Pensi che a me faccia piacere stare nel bagno delle femmine?»
«Hai mancato il punto di circa mille miglia» brontolò Alex.
«Puzza» concordò Tyson «e i cani mangiano tutte le uova. Annabeth ha ragione. Andiamo via. Dal bagno e dalla nave»
Rabbrividii. Se Annabeth e Tyson erano davvero d'accordo su qualcosa, forse era il caso di ascoltarli. Poi udii un'altra voce all'esterno, una che mi raggelò più di quella di qualsiasi mostro. «... solo una questione di tempo. Non spingermi, Agrio!»
Mi girai di scatto verso Alex, che era impallidita d'improvviso. Era Luke, senza ombra di dubbio. Non avrei mai potuto dimenticare la sua voce. «Non ti sto spingendo!» ringhiò un altro tizio. La sua voce era più profonda e perfino più rabbiosa di quella di Luke. «Sto soltanto dicendo che se il trucco non funziona-»
«Funzionerà» lo fulminò Luke «abboccheranno. Ora muoviamoci, dobbiamo andare nella suite ammiraglia e controllare la bara»
Le voci si allontanarono nel corridoio. Tyson piagnucolò. «Andiamo via, adesso?»
Io e Annabeth ci scambiammo uno sguardo e ci trovammo d'accordo senza parlare. Mi girai verso Alex, ma lei guardava nel vuoto con espressione assente. Le diedi un colpetto di gomito. «Ehi» cercai di richiamarla.
Lei trasalì. «Sì» disse debolmente «scusa. Non possiamo andarcene»
«Infatti. Dobbiamo scoprire i piani di Luke» concordò Annabeth «e, se possibile, gliele suoniamo, lo incateniamo e lo trasciniamo sull'Olimpo».
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