1. L'ultimo giorno
[01.06.2020 ~ capitolo revisionato ✔]
«Come ti senti oggi, mia cara?» mi domandò Sally Jackson mentre mi metteva davanti un piatto colmo di cialde e uova.
Sorrisi nel vedere il cibo di quella sfumatura di blu. Sally aveva l'abitudine di prepararlo durante le occasioni speciali; quella mattina era l'ultimo giorno di scuola, che per Percy era una vittoria colossale visto che tendeva a venire espulso molto prima. Lei sosteneva che il fatto che avesse tenuto duro così tanto a lungo fosse in parte dipeso dal fatto che avesse scoperto e imparato a gestire la sua vera natura, e in parte dipeso dal fatto che avesse me al suo fianco.
Proprio così: Sally, oltre ad avermi accolta in casa sua a braccia aperte, mi aveva pure iscritta a scuola con Percy fingendosi mia zia.
Non c'ero mai stata in vita mia e dovevo dire che, dopo un paio di mesi di frequentazione, avrei decisamente preferito continuare a non andarci. Le lezioni di Chirone, in confronto a quelle tenute in quel posto, erano una passeggiata nel parco. La mia mente iperattiva e la dislessia mi rendevano la vita infernale. Se non fosse stato per Percy e Sally avrei mollato tranquillamente tutto per tornare al Campo Mezzosangue.
Meno male che la tortura era quasi finita.
Ripensai all'ultimo sogno che avevo fatto, quello di Talia e del fienile. Mi ero svegliata piangendo, ma rivederla dopo tanto mi aveva fatto bene. Mi mancava come mi poteva mancare l'aria sott'acqua, ma sapevo che il suo spirito era con me... e dovevo essere forte. "Devi essere l'eroina che sei nata per diventare", mi aveva detto. Era stata l'ultima frase che mi aveva detto prima di lanciarsi in battaglia e andare incontro alla sua morte. «Sto bene. Grazie, Sally» risposi infine, ficcandomi in bocca un grosso pezzo di cialda. Era deliziosa, come tutto quello che cucinava. Dei, non capivo perchè non facesse la cuoca. Se avesse aperto un ristorante di sicuro avrebbe sbancato il lunario.
«Percy è sveglio?» mi chiese.
Scossi la testa. Mi svegliavo sempre prima di lui e lo lasciavo dormire, visto che tendeva a svegliarsi sudato e tremante nel bel mezzo della notte. Dormivamo nella stessa stanza, e cercava di fare meno rumore possibile per non farmi sapere che aveva gli incubi e non farmi preoccupare. Purtroppo per lui -e per me- avevo il sonno leggero, quindi ero consapevole che li aveva e anche piuttosto frequenti. Rimaneva sveglio per almeno due ore prima di riaddormentarsi, ogni singola volta. Non volevo pressarlo, quindi stavo aspettando che me ne parlasse spontaneamente, ma chiaramente il mio piano non stava funzionando. Più andavamo avanti, più la situazione peggiorava. «Vado a svegliarlo, allora» disse Sally, posando il mestolo nel lavandino «non vorrei che arrivaste tardi proprio l'ultimo giorno di scuola»
Sally sparì nel corridoio. La sentii chiamare Percy mentre finivo la mia colazione. La osservai rientrare in cucina per preparargli la colazione, e pensai che una volta tornata al Campo questa routine mi sarebbe un po' mancata.
Sospirai, guardando fuori dalla finestra. I mesi che avevo passato lì erano stati i più normali della mia vita: nessun mostro sbucato fuori all'improvviso, nessun allenamento... niente di niente. Dovevo ammettere che dopo gli anni passati ad allenarsi, nascondersi e scappare, quella strana tranquillità non era affatto male.
Sally aveva acconsentito subito ad ospitarmi. Io e Percy avevamo fatto le valigie alcuni giorni dopo aver ricevuto la sua risposta, e l'avevamo raggiunta. Qualche ora dopo essere arrivati abbiamo trovato un pacco e una lettera sulla soglia di casa: avevo capito subito che era da parte di mio padre, Zeus. Aveva mandato due cose: un malloppo considerevole di dollari, che non ero ancora riuscita a consegnare a Sally per via della sua determinazione a non accettarli, e un sottile anello d'oro con un tre piccole pietre -opali. Zeus aveva scritto nella lettera che si trattava di un pugnale "per le emergenze": una metà era bronzo celeste, l'altra era acciaio temprato. Si chiamava Bélos, ovvero Freccia, e si evocava nello stesso modo delle Gemelle. Rabbrividii quando me la ritrovai in mano. Era dello stesso materiale della spada di Luke, e capii che mio padre me l'aveva fatta avere proprio per causa sua.
Mi ero rifiutata di provarlo -e non solo perchè Sally, dopo che Percy aveva quasi distrutto il salotto con un giavellotto, aveva messo il divieto assoluto di usare armi in casa. Il pensiero di avere in mano un'arma come quella di Luke un po' mi dava i brividi... e non volevo assolutamente rischiare di ferire i Jackson per sbaglio. Mi ero infilata l'anello al dito medio e la questione era finita lì.
Io e Percy avevamo parlato a lungo della situazione con il nostro ex amico. Ormai sapeva che avevo qualche difficoltà ad accettare quello che Luke aveva fatto: una parte di me non riusciva a farsene una ragione. Tuttavia aveva smesso di cercare di convincermi che Luke non era la persona che credevo che fosse. Probabilmente aveva visto che ci stavo un po' male. Oppure aspettava che fossero i fatti a dargli ragione –non che non sapessi perfettamente che ce l'aveva, chiaro. E' solo che... be', eravamo stati amici per anni, ne avevamo passate di ogni insieme... in ogni caso concordavamo su una cosa: dovevamo trovarlo.
«Alex, potresti andare a vedere se Percy è pronto? Ho paura che si sia riaddormentato» mi disse Sally alcuni minuti dopo mentre girava le cialde per il figlio, interrompendo il filo dei miei pensieri.
«Certo» risposi.
Mi alzai e percorsi il corridoio verso la stanza che condividevamo, pregando di non beccarlo di nuovo in mutande. Era già successo una volta, e per entrambi era stata una volta di troppo. Mi affacciai nella stanza e lo vidi vestito -grazie agli dei- in jeans e maglietta. Si stava portando tre dita ad artiglio sul petto, per poi spingerle verso l'esterno. Un gesto di scongiuro che Grover era solito fare.
Inarcai un sopracciglio, appoggiandomi allo stipite della porta. «Questa storia sta diventando un po' ridicola» gli dissi tranquilla.
Lui sobbalzò e girò la testa di scatto a guardarmi, gli occhi verde mare spalancati per la sorpresa. Dovevo averlo preso in contropiede. «Invece di quell'anello tuo padre doveva considerare l'idea di regalarti un collare con un campanellino, tipo quello dei gatti» mi disse contrariato «non ho ancora capito come cavolo fai ad essere così silenziosa, e vivi con me da quanto? Dieci mesi?»
Alzai gli occhi al cielo. «Percy, che succede?»
Lui inarcò entrambe le sopracciglia in un tentativo di dissimulazione che, quasi un anno prima, mi sarebbe risultato credibile. Ma ormai lo conoscevo bene: nei mesi passati insieme avevamo legato parecchio. Vedevo attraverso le sue bugie. E in ogni caso non era mai stato un eccellente bugiardo. «Niente, perchè?» rispose in tono casuale, recuperando lo zaino da sotto la scrivania.
«Il gesto di scongiuro» risposi «ti ho visto. Che incubo hai fatto, stavolta?»
«Eh? Quale... ehm... cosa?» farfugliò in un pessimo tentativo di farmi credere di non sapere di che cavolo parlassi.
«Credi che non mi sia accorta di nulla?» domandai piatta «Fai incubi, in continuazione. Ti svegli nel bel mezzo della notte e non dormi per ore. Speravo che me ne parlassi da solo, e quindi ti ho lasciato stare. Ma adesso ti becco a fare lo scongiuro... allora, mi vuoi dire che succede o mi tocca tirare a indovinare?»
Percy mi fissò, sbattendo perplesso le palpebre. Poi, alla fine, sospirò rassegnato. «D'accordo» disse cupo «te lo dirò. Ma dopo aver fatto colazione»
Annuii, lasciandolo passare. Poi lo seguii in cucina.
Osservandolo mentre mangiava mi resi conto che non avevo bisogno di beccarlo a fare lo scongiuro: si capiva che aveva qualcosa che non andava, perchè non si stava ingozzando come suo solito. Sally mi lanciò uno sguardo preoccupato. Mi strinsi nelle spalle e scossi appena la testa. Lei aggrottò la fronte e si rivolse al figlio. «Percy, tutto bene?»
«Sì... sto bene» rispose distrattamente lui.
Be', non ero l'unica che si accorgeva quando mentiva. Sally si asciugò le mani e si sedette di fronte a Percy, la fronte corrugata. «È la scuola o...?»
Percy mi guardò di sottecchi. Poi sospirò. «Penso che Grover sia nei guai» annunciò, e ci raccontò del sogno che aveva fatto.
Apparentemente, Grover stava fuggendo da qualcosa -o meglio, da un mostro- e aveva detto che doveva avvertire qualcuno. Si trovava senz'altro in pericolo.
Sally storse le labbra. «Non mi preoccuperei troppo, caro» disse «Grover è un satiro grande, ormai. Se ci fosse un problema sono sicura che avremmo avuto notizie da... dal Campo...». Irrigidì le spalle quando pronunciò l'ultima parola.
«Che c'è?» chiese Percy, all'erta.
«Niente» rispose lei un po' troppo in fretta «sentite che facciamo. Oggi pomeriggio festeggiamo la fine della scuola. Porterò voi due e Tyson al Rockefeller Center, in quel negozio di skateboard che vi piace tanto...»
Ma qualcosa nella sua voce non mi convinse, e non convinse nemmeno Percy. «Aspetta un minuto» disse lui «pensavo che stasera ci avresti aiutato a fare i bagagli per il Campo»
Lei strizzò lo strofinaccio dei piatti. «A proposito di quello... ho ricevuto un messaggio di Chirone, l'altra sera»
Io e Percy ci scambiammo un'occhiata preoccupata. Chirone non mandava mai messaggi, a meno che non fosse successo qualcosa di grave. «Che ti ha detto?» domandai.
«Lui pensa che il vostro ritorno al Campo non sia ancora sicuro. Forse è il caso di rimandarlo»
«Rimandarlo?» esclamò Percy «Mamma, come potrebbe non essere sicuro? Siamo mezzosangue! Il Campo è l'unico posto sicuro sulla faccia della terra per quelli come noi!»
«Di solito sì, ma con i problemi che stanno avendo...»
«Quali problemi?» domandai tesa, raddrizzando la schiena d'improvviso.
«Ragazzi... mi dispiace davvero tanto. Speravo di parlarvene questo pomeriggio. Non posso spiegarvi ogni cosa ora. Non sono nemmeno sicura che possa farlo Chirone. È successo tutto così all'improvviso...»
La preoccupazione mi strinse il petto in una morsa dolorosa. Avevo un milione di domande da farle, e dall'espressione di Percy doveva averne anche lui, ma proprio in quell'istante l'orologio della cucina battè la mezz'ora. Sally sembrò quasi sollevata. «Le sette e mezzo. Dovete andare. Tyson vi starà aspettando»
«Ma-»
«Ne parleremo nel pomeriggio» lo interruppe lei «andate a scuola»
Sinceramente era l'ultima cosa che avevo intenzione di fare, ma quell'espressione fragile negli occhi di Sally mi diceva che era meglio fare come voleva lei. E poi aveva ragione su Tyson. Dovevamo incontrarlo alla stazione della metro in orario o sarebbe entrato in agitazione. Aveva paura di viaggiare sottoterra da solo.
Mi alzai e tirai delicatamente Percy per un braccio. Lui si alzò e insieme raggiungemmo la porta, seguiti da Sally. Prendemmo la nostra roba, ma lui si fermò sulla soglia. «Mamma, questo problema al campo... ha... potrebbe avere qualcosa a che fare con il mio sogno su Grover?»
Lei non lo guardò negli occhi. «Ne parleremo nel pomeriggio. Vi spiegherò quello che posso, ve lo prometto»
La salutammo controvoglia. Scendemmo le scale e ci incamminammo verso la metro per prendere il treno numero due. «Cosa credi che sia successo?» mi domandò Percy.
«Non ne ho idea» replicai pensierosa «ma Chirone non manda mai messaggi se non è successo qualcosa di grave. Qualunque cosa sia... mi sa che non deve essere una cosa bella».
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