CAPITOLO 16

Dormi ancora un po', ti prego
Dico a me stavolta
Mentre annego nel paesaggio buio e dietro una finestra sporca

Ma quale amore può finire senza uccidersi?
Che pure i nostri nonni sono morti insieme pur di non dividersi

Ed io? Ti ho cercata in sei pillole, sei pillole
Ma è solo andata, e lo dimostri, sono più forti se piccole

Scusa se guardo dove non ci sei
Ma proprio il vuoto mi ricorda noi
E per colmarlo ora ne ho prese sei
Sei pillole, al dolore ci pensiamo poi

Vorrei spiegarti che nessuna mi appartiene
Nessuno ti appartiene
Vorrei spiegarti che l'amore a noi non fa bene
Duriamo quarantotto ore come falene -Six Pills, Axos.

RAUL'S POV.

Ha avuto tutto inizio quella notte in cui invece di andare a letto rimasi sveglio. Mi dicevo che era ancora presto, a malapena le tre di notte, di certo non era la prima volta che mi capitava di non prendere sonno facilmente. Mi son detto che potevo attendere ancora un po', poi il sonno sarebbe venuto da solo. Ero ancora convinto di questa mia ipotesi finché non si fecero le cinque del mattino. Non mi preoccupai neanche del fatto che sarei dovuto andare a scuola la mattina stessa, poiché le vacanze erano già terminate. Sono scappate con la stessa rapidità con cui la mia anima gemella ha lasciato la mia vita, e proprio come per il tempo, le stagioni e le festività, non potevo fare nulla per riportala indietro.

Involontariamente mi sono ritrovato a fissare la finestra che dava sul paesaggio scuro, poiché il tempo qui a Londra nella maggior parte dei casi è sempre composto da pioggia e nuvole. E' raro lo scorgere del sole. Anche in quel momento era così, perché stava piovendo e seguivo la traiettoria di due gocce che si erano depositate sul vetro della finestra. Avanzavano parallele, senza scontrarsi mai. Avevano la stessa lunghezza d'onda, eppure nessuna delle due fece caso all'altra, quasi come se si stessero ignorando.

Ricordo che mi strattonai violentemente i capelli, poiché anche due misere gocce erano capaci di rimandare i miei pensieri ad Amber. Non ce la facevo più, volevo dormire e dovevo trovare un modo per farlo. Purtroppo già avevo provato numerose volte a chiudere gli occhi e trovare la posizione giusta sul mio grande letto, eppure sapevo che la causa fosse sua. I ricordi di me ed Amber erano padroni del mio cervello stanco, e continuò così finché non decisi di dover porre rimedio.

Una mattina mi recai a scuola prima del previsto, infatti riuscii a stupire anche mia madre per la mia inaspettata rapidità. Mi osservai solo una volta nello specchio, per meno di una trentina di secondi, poiché ormai avevo già fatto abitudine alle occhiaie scavate sotto ai miei occhi rossi, per l'assenza di riposo. Metto sempre un cappuccio sopra la mia testa, in ogni occasione, ma quella mattina mi servì particolarmente. Mi affrettai con passi felpati in un vico stretto e poco abitato, di fianco alla mia scuola, dove sapevo di trovare chi e cosa facesse al mio caso. Anche l'altro ragazzo era ricoperto da una felpa che non mi permetteva di scoprirne il volto, nel caso fossi stato curioso della sua identità. Ma avevo così perso interesse in tutto, che la sua identità non sfiorò minimamente la mia mente. Inoltre ricordo di non averlo sentito neanche una volta pronunciare una parola, si limitava a fare movenze col capo per esprimere un assenso o una negazione. Presi un barattolo intero, lo stesso che sto fissando in questo momento. L'unica differenza è che in una settimana sono quasi riuscito a finirle tutte, ne rimangono solo tre. Per questa volta, solo ed unicamente per questa occasione, rifletto se sia necessario prenderle o meno. Sono a malapena le undici, devo ancora constatare che direzione prenderanno i miei pensieri con lo scadere del tempo. E se li ritroverò sempre nel luogo di tutte le notti passate, allora sarò costretto a svuotare il piccolo barattolino.

Quasi come un orologio svizzero, tre ore più tardi mi ritrovo di nuovo attaccato alla ragnatela che mi tiene in ostaggio. Immagini del suo viso paffuto oscillano dietro le palpebre come in un film, e ancora mi domando se quella notte di Natale sia stata la mia ultima possibilità di vederla. Mi manca come eravamo. Mi manca fare pazzie insieme, mi manca il sesso -ed intendo quello tra me ed Amber, non sono minimamente interessato all'unione con altre-, mi mancano le sue fossette quando la facevo ridere a crepapelle, mi manca il suo amore contagioso per la vita. Non mi importa quanto tempo è passato dalla nostra rottura, io la rivorrò sempre con me, anche se questo potrebbe significare aspettare anni ed anni. Glielo devo, è il minimo che posso fare dopo il casino a cui ho dato inizio con le mie stesse mani. E' stato uno sbaglio lasciarla per Alexa e se potessi ritornare indietro sarebbe l'unica cosa che cambierei.

Trascorre un'altra ora e io sono ancora sveglio. Non ne posso più, così infilo la mano nello zaino in cerca della boccetta. Senza neanche pensarci, svuoto tutto sul mio palmo, e ingoio le ultime tre pillole rimanenti. Come ogni volta riescono a procurarmi lo stesso effetto di stordimento. Sin dalla prima volta in cui le presi incominciai ad avere visioni, a vedere oggetti distorti che sembravano avere anima propria e beffarsi di me. Ballavano nella stanza, e di sottofondo sentivo delle voci, o meglio l'unica voce che saprei riconoscere tra mille: quella di Amber. Mi parve ovvio che l'insonnia mi stava rendendo pazzo. L'unica cosa strana di questi farmaci è che non mi permettono di alzarmi dal letto per il potente effetto soporifero. Ma ora che ho esagerato con la dose giornaliera, le allucinazioni si fanno sempre più realistiche, finquando il buio non mi avvolge con il suo mantello soffocante.

* * *

''Raul? Svegliati, ti prego'' mi sento scuotere energicamente dalle spalle. Faccio per aprire di scatto gli occhi e di alzarmi col il busto, ma per quanto ci provi sembra che io non abbia più controllo sul mio corpo.

''Svegliati'' in lontananza, riesco di nuovo ad udire quella voce calda e rauca che mi ha risvegliato dal mio incubo, poco fa. Sono sveglio sì, poiché riesco a sentire i suoni, anche se ovattati, e percepisco il contatto di questa persona sulle mie spalle. Ma nonostante ciò, mi sento come se fossi entrato in uno stato di coma.

Chi prima stava cercando di riprendermi, adesso sembra essersi arreso, sprofondando con tutto il suo peso sul mio letto, al lato dei miei piedi. Ci metto una manciata di secondi per riconoscere l'appartenenza di questo piagnucolio disperato: è mia madre. Mi sento stupido ad aver impiegato tutto questo tempo per giungere a questa conclusione, a quanto pare le pillole hanno creato un disastro.

Ora è udibile il mio respiro regolare ed il mio battito veloce dalla paura. Non sono andato in overdose. Nel momento in cui questo pensiero raggiunge la mia mente, con uno sforzo disumano, esco dalla mia trance e sollevo le palpebre. Mamma sospira appena se ne accorge e, quando metto a fuoco l'immagine, vedo il suo volto sbigottito e bianco dalla paura.

''Tirati su. Tieni gli occhi aperti'' mi ordina e nel frattempo mi aiuta a stare seduto, seppur scomposto.

''Quante ne hai prese?'' mi chiede e non c'è da stupirsi che lei lo avesse già scoperto dal momento che il barattolino è vuoto sul grande comò.

''Vuoi che chiami l'ambulanza?'' d'improvviso sono cosciente dopo la domanda e l'accenno all'ambulanza, infatti la guardo con gli occhi sgranati, pieni di terrore.

''Raul?'' mi scuote ancora per intimarmi di risponderle. Sarà che sono stato svegliato con la forza, perciò la mia bocca non emette un suono. Mi limito e guardarla e vedo così tante emozioni nei suoi occhi che non so se prevalga l'umiliazione, il rimorso, il dolore, la rabbia o la rassegnazione. Mi accorgo che si stanno riempiendo di lacrime e fatico a non lasciarmi trasportare. Alla fine crolla tra le mie braccia singhiozzando in un pianto incontrollabile che mi squarcia in due. Il suo corpo trema anche una volta che cessa il pianto.

Ma cos'ho fatto?

''Quante ce n'erano nella confezione?'' esito a rispondere.

''Non lo so, le prendo da martedì'' i suoi occhi si riempono nuovamente di lacrime.

''Dio, Raul. Cosa cavolo ti è venuto in mente?'' mormora stringendomi al suo petto.

''Non lo so, c'è qualcosa di sbagliato in me. Scusami!'' mi prende alla sprovvista acciuffando il mio viso tra le sue mani, come quando ero piccolo e doveva trovare un modo per calmarmi.

''Sei sconvolto per la perdita di Amber e non sai come gestire il dolore. Avrei voluto che me ne parlassi'' abbasso gli occhi. Un silenzio angosciante cala tra di noi lasciandomi una strana sensazione. Probabilmente adesso è anche arrabbiata con me perché non ho condiviso con lei i miei pensieri, nonostante il fatto che abbiamo sempre avuto un rapporto stretto e sono sempre riuscito ad aggiornarla su ogni cosa che riguardasse la mia vita.

''E' colpa mia!'' esclamo come risposta ad ogni cosa.

''Non è colpa tua''

''Invece si, è colpa mia! -grido- ci siamo presi un periodo di pausa in cui mi sentivo diverso. Da perfetto vigliacco ho iniziato a ripensare ad Alexa come mio porto sicuro, certo che nutrissi ancora qualcosa nei suoi confronti. E forse era davvero così, o forse nutrivo qualcosa per entrambe. Finché non mi sono reso conto che con Alexa è stato tutto un'illusione, e per rincorrerla, ho perso Amber per sempre'' nascondo il viso tra le mani dalla vergogna.

''Non è stata colpa tua, eri solo confuso ed ora sei solo in un momento di debolezza. Nemmeno le persone più forti sono immuni all'amore. Vedrai che col passare dei giorni ti schiarirai le idee''

Momento di debolezza o meno, ci vorrà tempo purché io riesca a perdonarmi. Non pensavo di essere capace di arrivare a tanto. Forse è proprio la sua comprensione a farmi stare peggio. Anche se ho preso quella roba neanche per una settimana, evidentemente è stato più che sufficiente a farmi imparare la lezione. Non immagino neanche come sarebbe stato se avessi continuato per mesi, anni. Inoltre mi spiace molto per mia madre che ha assistito alla scena e avrà avuto paura di perdere il suo unico figlio.

''Ormai è troppo tardi. Forse io e Amber non dovremmo stare insieme'' mormoro dopo un po'.

''Perché lo dici?''

''Perché, prima o poi, tutti quelli a cui voglio bene mi lasciano''

SPAZIO AUTRICE:

Come avevo detto c'era la possibilità che io aggiornassi più di una volta nella stessa settimana. Quindi veneratemi!

È strano che sia Raul a soffrire vero? I ruoli sono cambiati e finalmente, forse, tramite questi momenti anche lui capirà molte cose.

Siete contente che anche lui adesso soffra? O pensate sia una stupidata ridursi a tanto?

 

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