Un viaggio tra le stelle
Io, che li odio con tutto me stesso, adesso mi ritrovo qui, a vivere in mezzo al loro.
Io, che quando ero a casa, non volevo nemmeno alzare gli occhi al cielo, per il timore di scorgere questo posto maledetto, nuovo parco giochi di una razza puerile e irresponsabile.
Casa... Terra... Quanto mi manca...
Sono passati vent'anni, per me come per altri, ma non per loro. Loro che hanno solo dormito, di un sonno di ghiaccio che li ha conservati come bistecche di manzo in un congelatore. Loro che hanno preferito abbandonare la loro casa per andare a insozzare un altro pianeta.
È stato tutto facile, per loro.
I posti sui razzi erano stati assegnati con diligenza: famiglie con reddito al di sotto di una soglia irraggiungibile ai più, infermi, orfani, detenuti, reietti della società, tutti noi non avevamo diritto ad avere un biglietto di sola andata per un altro posto, per "la speranza di un futuro", come piaceva chiamarla alle istituzioni.
E, attenzione, non di un futuro migliore, ma semplicemente un futuro, uno qualunque, perché ― si sa ― l'uomo non impara mai dai propri errori.
E ne ho la conferma anche qui.
Hanno abbandonato la Terra dopo averla distrutta, inquinata, devastata, disboscata, ricoperta di ogni sorta di lordura che impedisse alla natura di fare il suo corso; cemento e acciaio erano ovunque; hanno estratto qualsiasi tipo di risorsa che potesse portar loro profitto, a beneficio di quel Dio Danaro che tanti adorano come il vello d'oro delle Sacre Scritture: invano.
E prima ancora che tutto fosse perduto, hanno deciso di seguire le previsioni statistiche fatte dai cervelloni, che si sono spremuti non per eliminare il problema alla radice, ma semplicemente per voltare le spalle, far finta di niente, nascondere la polvere ― ancora sporcizia ― sotto il tappeto, perché nessuno la potesse guardare.
Sono partiti: una generazione di trentenni, adesso miei coetanei in un modo matematicamente e fisicamente possibile, che ora ci accoglie, controvoglia, quasi disgustata, perché noi siamo quelli che sono rimasti, e quindi ne portiamo i segni, perenne ricordo di quello che loro avrebbero potuto essere, facendoli sentire comunque sollevati per quello che non sono diventati.
L'odore arriva ai loro nasi prima ancora che il nostro aspetto degradato arrivi ai loro occhi.
Ma quando l'acqua scarseggia e diventa più importante berla che buttarsela addosso, all'odore ci si abitua.
È grazie a quello che so riconoscere chi era con me e chi si è beato di un sonno ristoratore. A quello e agli occhi.
Perché per quanto un uomo possa essersi nutrito, rifocillato dei frutti che hanno coltivato su questo avamposto, per quanto possa aver cambiato i propri abiti lerci e per quanto possa aver sopperito al problema olfattivo, sono gli occhi che fanno la differenza tra noi e loro.
Noi siamo rimasti per loro scelta. Noi abbiamo dovuto combattere ogni giorno con la scarsità di cibo, animale e vegetale. Noi abbiamo visto morire i nostri figli. Noi abbiamo deciso di non procreare ancora. Noi abbiamo visto spegnersi il cielo. Noi abbiamo visto prosciugarsi il mare.
Loro sono arrivati qui, risvegliandosi come la bella addormentata, come per incanto. Loro hanno ricominciato a coltivare, costruire, allevare. Loro hanno ripreso a invadere una terra che non gli appartiene, ripetendo gli stessi errori, senza scegliere un criterio che permettesse a loro di vivere come al pianete di sopravvivere.
Queste sono le differenze tra noi e loro.
Questo viaggio non ha insegnato loro nulla, è per questo che chiamo il nuovo pianeta "avamposto", perché so che la storia si ripeterà, ancora, e ancora... Finché la razza umana non si estinguerà e a ragione.
Perché è un virus, una malattia per il pianeta che la ospita, un parassita che succhia tutte le sue risorse e poi, quando le ha esaurite, si sposta da un'altra parte, ricominciando il ciclo distruttivo.
Non era qui che volevo essere... Non era qui che volevo morire... Ma ci hanno costretto a salire su quei razzi, ad abbandonare casa nostra, a raggiungere i nostri fratelli.
Giuro: vorrei essere figlio unico.
*L'immagine nel capitolo potrebbe sembrare ironica, irriverente, ma trovo questa vignetta terribilmente amara.
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