La cena dei ballerini
«No, no e no! Stefano, quante volte devo dirti che, se balli con una donna, è lei che devi guardare e non la "bambolina" tra il pubblico!»
Renato, maestro di ballo da sala da più di vent'anni ormai, si era ritrovato, ancora una volta, ad alzare la voce con quello che era, sì, il suo miglior allievo quell'anno, ma anche il più indisciplinato.
Il ragazzo aveva eseguito una presa perfetta, sostenendo la schiena della sua compagna di ballo, ma continuava a puntare lo sguardo verso la schiera di ballerine appoggiate alla parete, in attesa del loro turno, fissandolo sulla signorina Nora.
Quella di rimando gli lanciava occhiate che, se avessero potuto trafiggere la schiena del ballerino, l'avrebbero attraversata, portandosi via brandelli di pelle: un'espressione scura e accigliata le colorava il viso, le braccia incrociate al petto e un piede che continuava a battere sul parquet, infastidendo ancor di più l'insegnante.
Stefano regalò un sorriso sghembo, prima all'uomo, che nel frattempo era diventato paonazzo in viso, e poi alla suddetta bambolina, sprezzante di qualsiasi tipo di rimprovero quella potesse inviargli.
«Ok, adesso basta» tuonò il maestro. «Nora, vieni qui.» Poi si rivolse a Stefano: «È lei che vuoi, no? Allora balla con lei!»
Nora spalancò la bocca, incredula e accigliata nei confronti dell'insegnante che la stava mandando tra le fauci del lupo; ma sapeva che non poteva ribattere un ordine così diretto.
Renato si diresse verso lo stereo facendo partire una delle tracce per il quickstep.
Stefano fissò gli occhi furbi in quelli inaciditi della ragazza, avanzò di un passo e le cinse la vita, mettendosi in posizione; Nora si lasciò abbracciare, anche se controvoglia, e incurvò elegantemente la schiena, pronta a farsi portare dal suo compagno obbligato.
«Non ho ancora capito perché ce l'hai così tanto con me» le sussurrò a pochi centimetri dal viso.
«Mento alto!» li rimproverò Renato.
«In fondo ti ho solo chiesto di uscire insieme.»
«Perché ho capito che tipo sei e non ho intenzione di entrare a far parte della tua collezione» brontolò tra i denti lei.
«Il gomito, Nora!» Renato faceva notare loro ogni minimo errore, mentre saltellavano attraverso la stanza.
«Una cena» insisté ancora il ragazzo, «non ti chiedo altro.»
«Preferirei spezzarmi una gamba, piuttosto che venire a cena con te!»
«Siete peggio di due comari! Se non smettete di parlare, non potrete mai concentrarvi!»
Renato spense la musica e fece scorrere lo sguardo sugli altri allievi ai bordi della sala per riflettere.
Due settimane prima Nora aveva perso il suo compagno a causa di un infortunio, mentre Stefano, benché relativamente novello alla disciplina, si era rivelato un vero portento, anche se nessuna partner che aveva avuto era riusciva a tenere il passo. Nessuna tranne Nora.
«Voi due, alla Coppa Golden» annunciò dopo un po', ignorando il mormorio alle sue spalle.
«Ma...» provò a ribattere immediatamente Nora.
«Non voglio sentire nessun "ma". Non lo sopporti? Non mi interessa. Anche Fred e Ginger si odiavano, eppure facevano scintille, proprio come voi due.» Lanciò nell'aria quelle parole, così come un gesto stizzito della mano, e abbandonò la sala. Per quel giorno ne aveva avuto abbastanza di quei mocciosi.
Cinque giorni dopo la situazione tra i due ballerini non era cambiata molto: lui sempre sfrontato e irriverente; lei sempre composta e controllata.
Renato li aveva costretti a continuare a provare per la gara, anche oltre l'orario delle normali lezioni, per "rafforzare il feeling" aveva detto. Feeling che sembrava arrancare tra l'astio che Nora non fingeva di nascondere nei confronti del suo partner e l'attrazione che Stefano non tentava nemmeno di dissimulare nei confronti della sua compagna.
Di nuovo insieme, di nuovo da soli, di nuovo sudati, di nuovo in sala. Il valzer che proveniva dalle casse li avvolgeva, accarezzando corpi e pelle accaldata.
Stefano teneva il mento alto, ma continuava a guardare le loro figure riflesse nell'enorme specchio che ricopriva una delle pareti della stanza: a ogni giravolta, lasciava correre lo sguardo sulle gambe magre e toniche della ballerina; la sentiva trattenere il respiro, quasi non volesse sfiorargli il torace più del necessario.
Una ciocca nera sfuggì dall'acconciatura improvvisata della ragazza, sfiorandole le guance arrossate. Subito un pensiero si insinuò nella sua mente, e lui lasciò che gli riempisse gli occhi di immagini e sensazioni decisamente più eccitanti.
La strinse più vicina, rinsaldando la presa sotto la scapola, riuscendo finalmente a sentire i suoi piccoli seni sfiorargli il petto, e il fianco aderire al suo.
La gamba destra era praticamente attaccata a quella di Nora, che, da parte sua, non poté far altro che lasciarsi guidare nei volteggi.
Un passo, un altro ancora; un giro e poi un altro. La schiena arcuata all'indietro, il sorriso tirato. La ragazza sentì la vicinanza dell'anca muscolosa, sentì spingere sul bacino, mentre il dubbio che Stefano avesse la testa altrove le passò per la mente.
Lanciò uno sguardo allo specchio e lo sorprese a guardarla: occhi neri che la puntavano, senza mai perderla, come se lei fosse il centro dell'universo; vi lesse desiderio, una bramosia che percepì nello stesso momento in cui lui la strinse ancora di più.
Avvampò in viso, sentì il battito del suo cuore accelerare, percepì l'odore della sua pelle e lo riconobbe come qualcosa di famigliare; si sorprese di quel pensiero e si detestò per averlo concepito.
Alzò la testa per guardarlo direttamente negli occhi, rimanendo sorpresa di incrociarli e, soprattutto, di vedervi riflesso qualcosa di totalmente inaspettato.
La mano di Stefano lasciò lentamente la schiena della ragazza e scese lungo il fianco, permettendo ai polpastrelli di memorizzare quella curva perfettamente delineata, fino a raggiungere la morbidezza della coscia.
Nora si fermò all'improvviso, spezzando un passo a metà, poggiando persino il piede sinistro in malo modo. Aveva percepito sotto pelle quel tocco, audace, eppure leggero, centimetro dopo centimetro. Il suo cuore era balzato nel petto, aveva smesso di respirare e per un momento, uno solo, aveva pensato che forse non sarebbe stato così male provare a baciarlo. Ma poi guardò le sue labbra, lisce e volitive e, ancora una volta, piegate all'insù in un sorriso trionfante.
Il suono dello schiaffo che gli lasciò sulla guancia fu l'unica cosa che riuscì a svegliarla da quella specie di incantesimo.
Lo guardò in cagnesco, mentre la musica finiva, serrando le labbra in una linea stretta e esangue. Il fiatone le spezzava il respiro, ma non disse nulla, non cedette di un centimetro. La vita le aveva insegnato che a volte i desideri non sono necessariamente quello di cui si ha bisogno, e lei non aveva intenzione di mandare a rotoli la sua carriera di ballerina, per cui aveva sputato lacrime e sangue, per colpa del primo bell'imbusto con gli ormoni impazziti che incontrava.
Gli voltò le spalle e lo lasciò lì; sudato, confuso, e con l'alone delle sue dita marchiate sulla pelle.
Dopo quell'episodio, Nora aveva cercato di evitare Stefano in tutti i modi possibili, limitando le loro interazioni alle prove per la gara.
Il problema era che le prove corrispondevano a due terzi delle loro giornate, perciò fingere che non fosse successo niente, fingere di dimenticare le mani del ragazzo scorrere sul suo corpo, fingere di non immaginare cosa sarebbe potuto accadere, se solo si fosse lasciata andare, stava diventando estenuante. Era quindi sempre più faticoso fare l'evasiva, sfuggire da lui quando la musica terminava, rispondere "no" a qualsiasi invito le potesse rivolgere.
Una sera però Stefano, stanco di assistere a quel teatrino, le afferrò un braccio, prima che potesse abbandonare la sala un'altra volta.
Lei si voltò con uno scatto, provando a fulminarlo con lo sguardo, intimandogli di lasciarla andare con un solo, piccolo, strattone del gomito; ma lui non demorse, mantenne salde le dita, senza però affondare nella carne per non rischiare di farle male.
«Aspetta» sembrava implorarla. «Dammi una possibilità.»
Nora continuava a guardarlo negli occhi, desiderando che la lasciasse andare: «Cosa vuoi da me?» gli chiese esasperata.
La speranza raddrizzò la schiena di Stefano in un attimo: «Una cena. Poi prometto che ti lascerò in pace.»
La ragazza cercò sul suo volto un segno qualsiasi di presa in giro o persino la solita strafottenza, ma non ne vide traccia.
«Dove?» chiese restia.
Il sorriso gioioso riempì il volto del ballerino a quella domanda: «A casa mia, cucinerò per te!» annunciò soddisfatto.
«Credi davvero che verrei a casa tua? Non sono così ingenua» lo ammonì, non nascondendo un sorriso sarcastico, come se avesse davanti un cucciolo adorabile ma tremendamente stupido.
Stefano diventò nuovamente serio, ma insisté.
«A casa mia. Domani sera. E poi ti lascerò in pace.»
Le lasciò il gomito e andò via, senza più curarsi di quel corpo, minuto e sensuale, in piedi al centro della sala vuota.
Nora varcò la soglia del grande loft senza nascondere meraviglia per quell'appartamento così elegantemente arredato. Si guardò intorno fino a stupirsi di trovare una tavola apparecchiata di tutto punto, proprio al centro di un enorme salone col pavimento in legno e i mobili relegati lungo il perimetro.
Stefano allargò un braccio, in un gesto che voleva accogliere tutto ciò che era suo: «E questa è la mia personale sala da ballo» le illustrò sorridente.
Nora si avvicinò al tavolo lentamente, guardò le pietanze servite, annusò il profumo di carne arrosto, riconobbe il pizzicore del peperoncino; patate al cartoccio erano cullate dal luccicore della carta argentata.
Il ballerino prese il decanter e versò del vino rosso in due calici, per poi porgergliene uno; lei lo prese tra le dita affusolate, lo avvicinò alle narici e si lasciò pervadere da quella fragranza dolce, quasi di ciliegia.
Ma, poco prima di assaggiarlo, notò di nuovo quel sorriso sul volto di Stefano e la ribellione ebbe la meglio; posò il bicchiere sulla stoffa bianca: «Ho detto che sarei venuta, non che avrei cenato con te.»
Il ragazzo rimase inizialmente stupito da quelle parole, ma poi rise, sinceramente divertito.
«Certo,» riuscì a dire, tra un singhiozzo e l'altro, «preferiresti spezzarti una gamba!»
Nora avvampò in viso. Lo vide lasciare il calice e muovere qualche passo verso di lei; trattenne il fiato, ma lui la sorpassò per andare ad accendere lo stereo: un tango, prorompente e sensuale, pervase la stanza.
Stefano si posizionò alle spalle della ragazza, che per l'occasione aveva indossato uno stretto abito porpora, un vestito che le lasciava gli omeri scoperti; sollevò un dito per accarezzarli, per sfiorare quella pelle candida; pose la mano sul suo collo e ne sentì il battito accelerato.
Sotto quel tocco, caldo e leggero come una fiamma, Nora cedette. Sentì la tensione di quelle settimane scivolarle sulla pelle, abbandonandola, rendendole la testa più leggera.
"Al diavolo!", si disse, e lasciò che il ragazzo le carezzasse le braccia con i palmi prima di girarsi.
Un passo, un altro ancora; un giro e poi un altro. Stefano la trascinò in una danza scomposta e rapida, e per un attimo ebbe paura di inciampare nonostante ballasse sui tacchi da una vita. Sentiva il respiro del ragazzo sul viso, mani grandi saggiare la consistenza del suo corpo da sotto le pieghe del vestito a ogni passo finché, esasperata, non lo strattonò per il colletto della camicia, costringendolo a chinarsi per poterlo baciare.
La foga li portò a incespicare all'indietro per mantenere l'equilibrio, e Nora ingoiò un'imprecazione sentendo i denti dell'altro battere dolorosamente contro i suoi, nemmeno avessero quindici anni e quella fosse la loro prima vera limonata.
Le mani di Stefano scesero, accarezzandole le cosce con inaspettata lentezza, mentre chinava la testa di lato per succhiarle un labbro; lei si aggrappò al suo collo tirandogli leggermente i capelli, sospirando nel bacio, senza più fiato.
Si diede della stupida per essersi trattenuta fino a quel momento. Stefano prese a baciarla con più malizia, scivolando con le labbra sulla sua gola, costringendola a reclinare la testa.
E l'unico pensiero lucido che le passò per la testa in quel momento fu che voleva sentirselo addosso più di ogni altra cosa.
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Il prompt era questo:
https://www.wattpad.com/761950305-i-cinque-sensi-senza-un-senso-2-il-sapore-della
Storia scritta a quattro mani con AchilleSelba per la prova "2. Il sapore della seduzione" del contest "I cinque sensi senza un senso" di magicartist2018 ... Il titolo è un omaggio a "La cena dei cretini", visti i caratteri e i comportamenti dei protagonisti. XD
Questo racconto ha vinto il 1° posto per questa prova del contest.
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