A ciascuno la sua (fetta)

Per secoli gli uomini avevano fatto i loro comodi sulla Terra, non porci comodi, perché i maiali avevano sempre avuto più dignità persino nel rotolarsi nel fango.

Avevano pescato, cacciato, coltivato, estratto, distrutto, disboscato, inquinato, affumicato, incendiato, prosciugato.

Avevano fatto in modo che la natura soccombesse al loro passaggio e che un intero pianeta non fosse più sufficiente al loro sostentamento.

Allora hanno varcato i confini del sistema solare e poi quelli della galassia, in cerca di mondi dai quali attingere nuove risorse.

Tutti avremmo dovuto aspettarcelo, ma nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Davano la colpa a tutto fuorché a loro stessi e la soluzione eravamo noi: una missione di dieci uomini per il recupero del licantium, una sostanza che, opportunamente lavorata, poteva essere utilizzata per costruire nuovi macchinari e soprattutto come carburante.

Siamo di nuovo dentro NGC 2418 e Tucker, il nostro navigatore, mi sta fornendo le coordinate per l'atterraggio.

Dal fondo sento provenire i rumori di Quentin e Herb, intenti a prepararsi per la discesa: l'esploratore si accerterà dello stato ambientale, prima che il minatore possa mettersi all'opera con la sua talpa spaziale. Sorrido: quell'aggeggio ha l'aspetto più ridicolo del nome che porta.

Stavolta anche Julius scenderà con loro, visto che l'ultima volta il macchinario si è messo a fare le bizze; se dovesse servire, il suo occhio tecnico saprà dove agire.

Il capitano Moses mi fa cenno con la testa di planare fino a toccare il suolo; spengo i motori e i tre uomini lasciano l'astronave.

***

Sono passate un paio d'ore da quando siamo arrivati e, dopo aver mangiato lo spuntino preparato dal nostro cuoco Wayne, ho deciso di giocare a poker con Ross: sbircio il suo volto da sopra le carte e dopo tutto questo tempo passato assieme non riesco ancora a inquadrarlo, con quel suo piglio sempre imbronciato, sembra ce l'abbia col mondo intero.

Il ricevitore gracchia e ci avvisa che gli uomini stanno rientrando, mentre Layton batte un paio di colpi violenti per farlo smettere di fischiare.

Rido. «Non dovresti aggiustarlo con qualche attrezzo?»

Si indica i pugni «Contro questi non vince nessun cacciavite» ride anche lui alla battuta, finché Julius non varca la soglia; allora si squadrano come cane e gatto e io ho l'impressione di essermi perso qualcosa.

«Dov'è Moses?» chiede il tecnico.

Herb arriva alle sue spalle trafelato: «Che vorresti fare?»

Dietro di lui Quentin ha lo sguardo vacuo e una pessima cera.

Julius prova a sorpassarli in direzione delle cabine, ma la voce del soldato lo blocca: «Che succede?»

«Niente che ti riguardi.» Il suo tono mi stupisce, non è da lui rispondere a questo modo.

Li squadro tutti in realtà e nessuno di loro mi sembra in sé. Pare di assistere a un vecchio western, con lo stallo che può essere sbloccato solo da un colpo di pistola.

La voce di Wayne ci avvisa che la cena è pronta e dalla canna della pistola sale un rivolo di fumo.

***

La cena è silenziosa, fin troppo: l'esploratore è rimasto assente dal suo rientro, il minatore muove freneticamente una gamba come se stesse trivellando il pavimento della navicella; non ho ancora capito gli strani sguardi torvi che continuano a scambiarsi Layton e Julius, mentre Ross... be', lui è Ross.

«Nigel, come procedono i tuoi studi sui farmaci?» Moses si sforza di portare avanti una conversazione che arena a ogni meteora.

Il medico di bordo solleva la testa dal piatto con occhi smarriti, come se l'avesse colto in fallo, e getta un'occhiata veloce (ma io la vedo ugualmente) a Wayne. «Lentamente, capitano.»

«Kole, quanto credi possiamo impiegare per passare dall'altra parte del pianeta, stavolta?» mi chiede.

«Ne discutevo prima con Tucker» mi volto verso il mio navigatore, che sembra scendere da nuvole inesistenti.

«Uhm? Ah, sì, la rotta...» Evasivo. Distante. E Moses incassa un altro stop. Osserva il suo equipaggio, li guarda uno a uno, si sofferma nei miei occhi, quasi a chiedermi che diamine stia succedendo, ma non saprei davvero cosa rispondergli.

***

Un paio di colpi sulla porta metallica e la voce del capitano dall'altra parte piena di allerta: «Kole! Svegliati!»

Sobbalzo e guardo l'orologio, solo per capire che sarebbe notte fonda sulla Terra. Mi precipito fuori e seguo Moses nel corridoio: «Che succede?»

Risponde senza nemmeno voltarsi: «Julius. È morto.»

***

Raggiunta la cabina del tecnico di bordo, lo trovo supino sulla branda, occhi sbarrati e schiuma alla bocca.

Ross è lì accanto. «L'ho trovato così.»

«Perché lo cercavi?» gli chiede.

Ancora la fronte aggrottata, ancora gli angoli della bocca induriti da una rabbia repressa: «L'avevo visto agitato, volevo capire cosa avesse.»

«Ed era necessario sfondare la porta della cabina?» lo rimprovera.

Così mi accorgo del pannello divelto alla mia sinistra. "Come ho fatto a non sentire niente?"

Il soldato si agita e sembra addirittura aumentare la sua stazza mentre urla: «Dovevo parlargli e lui continuava a non rispondere! Prima ho pensato che volesse provocarmi, poi...»

Nigel arriva alle mie spalle e il suo viso diventa rubizzo non appena scorge il cadavere. "Strano per un dottore" mi ritrovo a pensare.

Mi sorpassa ed esamina il corpo, soffermandosi su bocca e pupille: «Non sono in grado di dire come sia successo, al momento.»

Moses si incupisce sempre più, mi chiede di seguirlo mentre Nigel termina l'esame di Julius: «Che ne pensi?»

«Non capisco, sembrano tutti fuori di testa» ammetto. «Potrebbe essere stato avvelenato?»

«Già... Andiamo a parlare con Wayne: è troppo strano che non abbiamo sentito nessun rumore.»

***

Il cuoco è nervoso e continua a lucidare una pentola che non ne ha affatto bisogno.

«La cabina era chiusa dall'interno» gli fa notare Moses.

«E io che dovrei dirle?»

«È possibile» mi azzardo a ipotizzare «che abbia ingerito qualcosa...»

Ma Wayne non mi fa continuare e arriva a un palmo dal mio naso: «Forse, ma non aveva allergie... Che io sappia.»

È sulla difensiva e lo capisco.

***

Quando andiamo a parlare con Herb e Quentin i loro stati d'animo non sono cambiati dal pomeriggio.

«Che è successo là fuori?» Il capitano vuole sapere. Deve sapere.

Quentin persevera nel suo stato semicatatonico, Herb è fin troppo veloce nel rispondere «Niente.»

Poi un sussurro: «L'aveva visto»

Ci voltiamo tutti verso l'esploratore.

«L'aveva visto» ripete «anche lui.»

«Cosa?» sento un pizzicore dietro al collo.

«Niente!» Urla ancora il minatore.

Scambio un'occhiata fugace col capitano, entrambi sappiamo che per il momento non caveremo nulla a questi due.

Ma c'è ancora un'altra persona con cui voglio parlare.

***

Layton è sudato e sembra accanirsi con foga eccessiva su uno dei quadri del motore. La notizia della morte di Julius non sembra averlo scosso.

«Ho assistito alla scena, Layton. Perché ce l'avevi con lui?»

Il capitano gli posa una mano sulla spalla per persuaderlo a dire la verità.

Il meccanico si asciuga il sudore con uno strofinaccio ormai lurido, ci studia, valuta i pro e i contro probabilmente, e poi cede: «Il licantium.»

Lo guardiamo senza capire, così continua.

«Lo trafugavamo per venderlo al mercato nero. Ma quel bastardo ha provato a fottermi.»

Moses indietreggia amareggiato: «E così l'hai ucciso.»

«No!» si difende. «Avrei voluto... oh, se avrei voluto! Ma quel figlio di puttana è schiattato prima che gli potessi mettere le mani addosso.»

***

Siamo di nuovo davanti alla cabina del tecnico: Nigel ha portato via il corpo, Moses ha vietato a tutti gli altri di avvicinarsi e per la prima volta mi chiedo che fine abbia fatto Tucker.

Per la prima volta ho dei dubbi su di lui, sul suo operato.

Diamine, ho dei dubbi su tutti su questa nave, non mi fido più di nessuno.

Tranne di lui, l'uomo che riempie metà dello spazio della stanza con la sua integrità: Moses ispeziona ancora una volta gli oblò, le fessure sulle pareti, annusa l'aria artificiale, scruta il pavimento antiscivolo.

«Nulla, maledizione!»

È frustrante, non capire cosa sia successo, come sia successo.

E poi, inaspettatamente, una specie di fruscio cattura la nostra attenzione: ci voltiamo rapidi sulla destra, in direzione di quel rumore che assomiglia al cioccolato fuso di una fontana.

Liquido, gorgogliante, invasivo, permeante.

Una strana sostanza fuoriesce dal bocchettone dell'areazione, strisciando mollemente nella nostra direzione.

Facciamo un passo indietro, Moses mi pesta un piede e non so nemmeno come me ne accorgo, visto che il mio sguardo atterrito è fisso su quella cosa.

«Che diavolo è?»

"L'aveva visto" mi tornano in mente le parole di Quentin, ma non faccio in tempo a esprimere la mia ipotesi che quella cosa si stacca dal pavimento e salta addosso al capitano, avvolgendogli completamente il volto.

Sento le urla soffocare nella melma e poi il silenzio dell'universo che ci circonda.

La cosa si stacca e scivola verso di me.

Guardo un'ultima volta il viso di Moses: occhi sbarrati e schiuma alla bocca.

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