Cenerentola


C'era una volta in una casa in mezzo al bosco una ragazza che aveva, ovviamente, una vita molto brutta. La madre era morta, il padre pure e viveva con la matrigna e le sue figlie, Anastasia e Genoveffa, che le rendevano la vita impossibile.

Il nome di questa sfortunata ragazza era Maria Margherita Anselma Carolina ridotto poi a Cenerentola dalla matrigna che, altrimenti, ci avrebbe messo ore solo per pronunciarlo completo.

Cenerentola passava il giorno a cantare e a pulire i panni. Alcuni dicevano pure che parlasse con dei topi e degli uccellini, ma forse erano soltanto dicerie. O almeno così sperava la fata madrina a cui era stata affidata.

La fata, seduta su un comodo cuscino di pizzo rosso in una carrozza guidata da un cavallo parlante di nome Omer, sospirò ancora, guardando irritata il fascicolo che teneva tra le mani.

E così non bastava aver dovuto badare a quella sciocca di Biancaneve e anche a quell'altra... com'era che l'avevano chiamata? Ah già, la Bella Addormentata. Sì, nome azzeccatissimo.

Non bastava tutto ciò che aveva già affrontato e ora avrebbe pure dovuto realizzare i sogni di Cenerentola invece che, per esempio, i propri.

Sembrava che la direttrice dell'istituto Fate Madrine Doc si divertisse a rifilarle quei casi che nessuna voleva. Le sue compagne infatti non facevano altro che deriderla per la sua sfortuna, tutte tranne...

Un sorriso impercettibile comparve sul suo viso tirato prima che scuotesse la testa. Rossella Mainagioia, così si chiamava la fata, si tirò una ciocca viola all'indietro nel vano tentativo di farsi una crocchia. La carrozza però si fermò di colpo facendola piombare in avanti.

La fata si rialzò inferocita. "Mannaggia a te" gridò contro il conducente che nitrì dispiaciuto indicandole con uno zoccolo la casa a due piani. Erano arrivati e così terminavano i suoi attimi di pace.

Rossella uscì dalla carrozza facendo un breve cenno a Omer e si incamminò fuori sistemando la giacchetta di cuoio nero sulle spalle. Iniziò a percorrere una via acciottolata che la faceva inciampare ogni tre secondi.

"Mannaggia sta' vita. Ma perché mai ho deciso di iscrivermi alla scuola di fate?" pensava nel frattempo lanciando occhiatacce a ogni animale che provava ad avvicinarsi. "Facevo prima a continuare a sentirmi una nullità"

Di colpo una voce ruppe il silenzio della natura intorno a lei risvegliandola dai suoi pensieri. Qualcuno stava cantando intonata come un trapano in funzione e la fata aveva voglia di spedire un maleficio, altro che un bell'incantesimo, contro quella maledetta ragazza.

Si intrufolò tra gli alberi seguendo la voce non esattamente melodiosa e arrivò a uno spiazzo verde dove, seduta su un vecchio tronco e circondata da uccellini e topi, come narravano le leggende, c'era una fanciulla. Aveva i capelli lunghi biondi aggrovigliati con foglie e piccole ghiande messe dagli scoiattoli, ma non sembrava preoccuparsene.

Indossava al contempo un vestito grigio a toppe che rendeva ancora di più l'aria misera che la circondava. La fata la fissò in silenzio a lungo mentre lei cantava con la voce sempre più rotta finché gli occhi non si riempirono di lacrime e la poverina crollò in un pianto disperato, le spalle scosse dai singhiozzi.

Rossella abbassò lo sguardo ben conscia di non poter intervenire. Non ancora almeno.

Scosse la testa, allontanandosi. Ma che stava facendo? Perché di punto in bianco sembrava importarle di quella ragazzina? Tanto quella sarebbe stata la sua ultima missione per l'istituto, finalmente. Poi avrebbe potuto tornare a casa dai suoi anziani genitori che ora avrebbero avuto davvero la dimostrazione che era una nullafacente come avevano sempre creduto.

A nulla era servito entrare nell'istituto più in vista del regno, a nulla aver superato brillantemente gli esami. Nulla sarebbe servito né per accontentare quei due, né per realizzare il suo sogno, ormai mera illusione.

Soffocò un singhiozzo mentre una donna con una grossa gonna blu cobalto usciva di casa urlando il nome della ragazza.

"Cenerentola, Cenerentola, dove sei? Vai a cucinare invece di perdere tempo qui!" La fata vide la matrigna, così era scritto nel fascicolo, afferrare la ragazza per un braccio tirandola su con forza. "Su, che Anastasia e Genoveffa hanno fame"

Cenerentola annuì docile, liberandosi della stretta e avviandosi verso casa, le spalle ingobbite.

"E datti una lavata! Fai proprio pena" le urlò dietro la matrigna.

La fata e l'altra donna stavano proprio per seguirla quando il trotto di un cavallo le fece fermare.

Un ometto basso e con un vestito azzurro lucido annunciò: "Tutte le ragazze del regno in età da marito sono invitate stasera al ballo col principe, in cui cercherà moglie"

Sul viso della matrigna comparve un sorriso che alla fata non piacque affatto mentre quella spariva dentro casa, urlando alle figlie la buona notizia.

Rossella si catapultò dentro, ormai sapeva come concludere quella storia. Se Cenerentola avesse sposato il principe la sua missione sarebbe stata finita e sarebbe stata libera da quell'incarico.

Trovò Cenerentola in cucina immobilizzata nell'atto di mettere la pentola sul fuoco, gli occhi azzurri sgranati, segno che aveva sentito le parole della matrigna. La ragazza si voltò verso il topolino al suo fianco. "Gas gas devo andare alla festa. È la mia unica possibilità di andarmene da qui."

Cenerentola terminò di cucinare e chiamò le altre componenti della casa. Doveva chiedere alla matrigna di portare al ballo anche lei, ma al solo pensiero di affrontarla, di essere così... sfacciata, tremava tutta.

"M-madre" iniziò con un balbettio. "Madre, io... vorrei anch'io andare alla festa del principe"
Le tre donne la guardarono per un attimo sedute al tavolo da pranzo, prima di scoppiare in una grossa risata.


"Tu? Tu vorresti andarci? E come? Vestita di stracci?" replicò la matrigna senza smettere di ridere, le lacrime agli occhi.
"Posso... posso trovare un vestito. Per favore... farò tutto quello che vuoi" Cenerentola si mise in ginocchio, la testa bassa.


Rossella a qualche passo da lei osservava invisibile la scena, il cuore che batteva forte.
Un sorrisetto comparve sul viso della matrigna e con un gesto eliminò sul nascere le lamentele delle figlie.


"D'accordo allora. Verrai al ballo con noi, ma solo se riuscirai entro stasera a finire tutte le faccende che ti dirò e a trovare un vestito"
Cenerentola subito annuì felice. "Grazie, grazie!"


La matrigna le diede le spalle facendo una smorfia che non sfuggì alla fata. Quella storia non sarebbe finita bene.
Cenerentola passò il resto del pomeriggio a spazzare, lavare, sistemare ogni singola cosa nella casa, i pensieri riversi solo a quel ballo che avrebbe potuto determinare un cambiamento.
La fata invece girò per la casa con i topolini indirizzandoli silenziosamente per trovare gli oggetti giusti per sistemare il vestito della ragazza. Non sapeva il perché, ma Rossella voleva che fosse la più bella di tutti.


La sera era ormai arrivata e Cenerentola aveva terminato le faccende grazie a qualche incantesimo della fata e ora era nella sua cameretta con addosso il vestito rosa di sua madre defunta, abbellito per l'occasione dai suoi piccoli amici. Non stava più nella pelle.

Si guardò allo specchio e per un attimo le si mozzò il respiro.

Era totalmente identica.

Gli stessi occhi azzurrini, gli stessi folti capelli biondi, lo stesso viso a cuore che Cenerentola aveva ammirato tante volte nell'unico ritratto di sua madre che ancora aveva. Faceva però male averla lì davanti a se, ma sapere che non c'era davvero.

"Forza" sussurrò tra se, iniziando a scendere le scale col cuore in gola. Ci stava andando, ci stava davvero andando... Quasi non riusciva a crederci.

La fata dietro di lei sorrideva appena. Mancava poco e si sarebbe liberata del suo ultimo incarico.

La ragazza arrivò all'ingresso dove c'erano Genoveffa e Anastasia con i loro abiti nuovi e variopinti. Osservarono a lungo la sorellastra a bocca aperta, prima che una faccia irata prendesse posto sui loro volti.

"Mamma!" urlarono.

La matrigna si avvicinò criptica, avvolta nel suo abito violaceo, prima di sussurrare: "Ma no, bambine. Io mantengo sempre le promesse, non è così?"

Sollevò la collana verde smeraldo, che Cenerentola teneva al collo, con la punta delle dita. "Ma questa non è mica tua, Genoveffa?"

"Sì" esclamò una delle due ragazze. "Quella sguattera ci ha rubato le cose"

Cenerentola impallidì, indietreggiando e mettendo le mani avanti. "No... io"

Le sorellastre iniziarono a strapparle ogni parte del suo abito, faticosamente recuperato dai topolini e dalla fata che osservava sgomenta la scena.

Cenerentola crollò a terra, il vestito ormai rovinato mentre le tre uscivano, pronte per il loro ballo che non sarebbe mai stato anche il suo. Sarebbe rimasta sempre e solo la sguattera, inesistente e invisibile, ecco il suo destino.

Scoppiò a piangere, i topolini attorno a lei, impotenti. Solo allora la fata che aveva sempre preferito lavorare in incognito senza mostrarsi mai diventò visibile. Si inginocchiò al suo fianco, tremante quanto lei perché non era mai stata brava a consolare.

"Chi... sei?" sussurrò la ragazza.

"Sono una fata, la tua fata madrina" replicò la donna stringendo la giovane a se che in quel momento pareva una piuma. "Sono qui per te, per aiutarti"

Non sapeva da dove le uscissero parole tanto cordiali quando non rispondeva per bene nemmeno alle sue superiori. Forse perché invece loro non facevano altro che ricordarle quanto fosse inferiore rispetto a loro.

Quello era il prezzo da pagare da chi si iscriveva all'istituto Fate Madrine Doc senza essere raccomandato da qualcuno. Essere sempre guardato dall'alto in basso e il fatto che, come aveva da poco scoperto, arrivare ai posti più ambiti era impossibile.

Quindi tanto valeva arrendersi, tornare dai suoi genitori e lasciare quel maledetto lavoro che le aveva dato solo delusioni.

"Per davvero? O mi vuoi imbrogliare pure te?" domandò Cenerentola con tristezza non togliendosi però dalla sua stretta. Non ricordava nemmeno l'ultima volta che qualcuno l'aveva abbracciata.

"È il mio unico compito aiutarti" replicò la fata.

"Perché dovrei crederti?"

"Non vuoi andare al ballo?"

Cenerentola abbassò lo sguardo, stringendo i pugni. Certo che ci voleva andare, ma... come poteva fidarsi di una perfetta sconosciuta che era apparsa dietro di lei e si dichiarava una fata?

Comprendendo il suo dilemma Rossella aggiunse: "Sai, ho dei poteri magici. Possono fornirti di un bellissimo vestito e di una carrozza, non male, no?"

La ragazza la guardò incerta prima di annuire: "Resterai con me?"

"Certo, ma ora muoviamoci" Rossella l'aiutò ad alzarsi. "Non vorrai mica arrivare in ritardo al tuo sogno?"

Perché quella ragazza doveva essere... doveva essere così simile a lei?

Scosse la testa, volendo solo allontanarsi il più possibile. Tirò fuori la bacchetta argentata e facendola volteggiare un meraviglioso vestito bianco comparve addosso alla giovane. Cenerentola si rimirò a bocca aperta. Sorrise alla fata. "Ma è stupendo"

"E non hai ancora visto tutto" replicò lei conducendola in giardino. Tra lo stupore della giovane una delle zucche crebbe di colpo trasformandosi in una carrozza. Un altro tocco di bacchetta e uno dei topolini diventò il conducente.

"Non... non può essere possibile. È un sogno?"

Rossella si ritrovò a sorriderle. "Vai, presto, ma ricorda. Torna prima della mezzanotte altrimenti i miei incantesimi si spezzeranno"

La giovane annuì prima di abbracciare la fata e salire sulla carrozza. Rossella la salutò mentre Cenerentola si allontanava, speranzosa di realizzare il suo desiderio.

La fata con un sospiro si sedette su una delle zucche, guardando il sole sparire all'orizzonte sostituito dalla luna. Era sicura che Cenerentola se la sarebbe cavata.

Lanciò un'occhiata al medaglione che portava al collo aprendolo piano come se fosse una cosa estremamente preziosa. Dentro c'era il ritratto di una ragazza, la sua ragazza. Chissà se un giorno anche lei avrebbe potuto realizzare i suoi sogni.

Nel frattempo Cenerentola era ormai giunta al palazzo gigantesco del re. Uscì dalla carrozza guardandosi attorno sperduta. Forse non era adatta a quel posto. Alla fine era solo una sguattera, che ci faceva in mezzo a tutta quella bellezza?

"Signorina, vuole rimanere lì a rimirare il panorama o intende concedermi un ballo?"

La ragazza sobbalzò quando un bel giovane con un elegante completo blu comparve di fronte a lei. Lui ridacchiò di fronte alla sua aria stupita.

"Allora?"

"Io... certo, ma non so ballare"

"Non si preoccupi" Le fece l'occhiolino. "Nemmeno io. Vorrà dire che potremo andare male insieme, che dice?"

"Va bene allora" sussurrò Cenerentola imbarazzata di fronte al sorriso del ragazzo che la condusse in mezzo alla sala. La musica stava già suonando e quando loro iniziarono a danzare alla giovane sembrò di sognare. Non capiva perché tanti li fissassero mormorando la parola "principe", a meno che...

"Lei è il principe?"

"Ai suoi ordini, mia cara"

La ragazza tremò, ma si lasciò cullare dalle sue braccia calde.

"Perché sta ballando proprio con me?"

"Veda, ho incontrato ogni singola signorina in questa sala e sono state tutte a esprimere... ". Fece una smorfia. "La loro contentezza nel vedermi, come se non sapessi che gli importa solo del mio denaro. Lei invece aveva un'aria diversa che non ha potuto fare a meno di attirarmi"

Continuarono a ballare a lungo e Cenerentola si sentiva in un altro universo, ma bastarono i rintocchi dell'orologio per riportarla alla realtà.

-Hai tempo solo fino a mezzanotte-

"Devo andare" esclamò con foga liberandosi della presa del principe e iniziando a correre. Sentì vagamente che lui la chiamava, ma non aveva tempo da perdere. Non si accorse nemmeno della scarpetta di cristallo che perse sulle scale.

Quando raggiunse casa era ormai tornata la solita sguattera, ma appena vide Rossella le gettò le braccia al collo, felice come non mai.

"Grazie per ciò che hai fatto per me" mormorò. "Come potrò mai sdebitarmi?"

La mattina dopo Cenerentola era euforica, ma cercò di contenersi. Quando però seppe che il principe stava cercando tramite una scarpetta la sua futura moglie, non poté contenere un gridolino di gioia che però non sfuggì alle orecchie della matrigna.

"Cenerentola, vai di sopra a prendere i panni" le ordinò.

La ragazza obbedì, ma appena giunta lì, qualcuno le chiuse dietro la porta a chiave. Nel frattempo al piano di sotto era arrivato l'ambasciatore del re.

La fata era soddisfatta. Se ne stava in un angolo della stanza, di nuovo invisibile, ammirando come le sorellastre non riuscissero a infilarsi la scarpetta. Di lì a poco sarebbe entrata Cenerentola e finalmente ci sarebbe stato un lieto fine per quella povera fanciulla.

Ma, a proposito... che fine aveva fatto? Rossella iniziò a guardarsi in giro, fremente. Non poteva sparire adesso, non proprio in quel momento.

Corse fuori dalla cucina chiamandola, la giacca con le borchie scure che sbatteva sul petto.

"Cenerentola! Dove sei?"

"Sono qui! In soffitta" le rispose, per fortuna, una voce.

La fata la raggiunse subito con il fiatone. "Che... che ci fai lì? Di sotto c'è l'ambasciatore, fa provare la tua scarpetta"

"La matrigna mi ha chiuso dentro" esclamò disperata la ragazza.

Rossella aprì la porta con un colpo di bacchetta. "Vai, corri, devi fare in tempo"

Cenerentola scese le scale di corsa arrivando nel momento in cui l'uomo inviato dal re stava per mettere piede fuori di casa.

"Aspettate" Si interruppe un secondo per prendere un respiro profondo. "Anch'io devo provare la scarpetta"

"Non l'ascolti, è solo la serva" iniziò la matrigna, ma l'ambasciatore la fece tacere con un gesto.

Le si avvicinò e stava proprio per porgerle la scarpetta quando inciampò sul piede della matrigna. La fata trattenne il respiro quando vide la scarpa andare in frantumi davanti ai suoi occhi.

Cenerentola però sorrise, sicura di se come Rossella non l'aveva mai vista. "Non si preoccupi, ho io l'altra scarpetta" Gliela porse e l'uomo annuì.

"È lei, è proprio lei" esclamò. "Il principe sarà felicissimo di rivederla"

"Anch'io di vedere lui" replicò la giovane.

Rossella ridacchiò davanti a quella sfrontatezza, mentre dietro le sorellastre e la matrigna la guardavano in cagnesco.

"Possiamo andare allora" disse l'ambasciatore e lei annuì.

"Prima però devo fare una cosa"

Cenerentola uscì dalla sala sentendo già la matrigna iniziare a urlare. Si girò verso la fata che l'aveva seguita ed era diventata di nuovo visibile.

"Ti volevo ringraziare per tutto ciò che hai fatto per me. Sei davvero la migliore fata che esista" La ragazza la strinse a se con le lacrime agli occhi.

Rossella rimase immobile mentre decine di emozioni diverse si muovevano dentro di lei.

Cenerentola corse via, pronta alla sua nuova vita e la fata sorrise.

Era ormai ora di tornare a casa.

Si ritrovò di nuovo all'interno dell'istituto. La segretaria era già lì, pronta con i fogli per le dimissioni.

Ma era davvero quello che voleva? Tornare a casa? Lasciare tutto? Arrendersi così?

Se c'era una cosa che aveva imparato da quella ragazza gentile era che tutto poteva cambiare quando meno uno se lo aspettava, che i sogni, anche i più improbabili, erano possibili.

"Non li voglio più" disse decisa respingendo i fogli. "Resto qui. Fata Turchina è già tornata dal suo incarico?"

E forse avrebbe potuto smettere di fuggire e ricominciare la sua vita proprio da lì. Dall'amore. Lo stesso che aveva guidato Cenerentola tra le braccia del suo principe.

L'amore di una vita diversa, di un sogno. L'amore, alla fine, alla base di tutto.

Anche delle persone. Anche e soprattutto di lei.

E vissero tutti felici e contenti, o almeno così speriamo, ma chissà. Dopotutto, ogni cosa è possibile nel regno delle fiabe.



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