9 [AX]


E' SOLO UNA FOTO, CHE MALE C'E'?


Con la coda dell'occhio vidi le palpebre di Perseus abbassarsi lentamente. L'idiota aveva mangiato così tanto che gli era venuto sonno.

Era esattamente quello, il piano di "zia Em". Così feci la cosa che mi sembrò più sensata: avevo ancora la mano sul suo ginocchio e lui aveva bisogno di svegliarsi. Così gli diedi una piccola scossa.

Perseus trasalì d'improvviso, sveglissimo. Potevo quasi sentire il rumore dei suoi denti che battevano l'uno sull'altro. «E' meglio andare» gli dissi, stringendo un po' di più la presa «magari il direttore del circo ci sta aspettando»

Annabeth annuì con fervore. Era visibilmente tesa. Aveva capito. «Sì, Alex ha ragione, Percy»

«Hai dei bellissimi occhi grigi» ripeté zia Em ad Annabeth «numi del cielo, ne è passato di tempo dall'ultima volta che ho visto degli occhi grigi come i tuoi...»

Tese il braccio come per accarezzare la sua guancia, ma lei si alzò in piedi di scatto. «Dovremmo proprio andare» ripetè con più forza.

«Sì!». Grover inghiottì la tovaglietta e si alzò in piedi. «Il direttore ci sta aspettando! Giusto!»

Mi alzai in piedi a mia volta, ma era chiaro che Perseus non voleva andarsene. Così gli misi una mano sulla spalla e gli diedi un'altra scossa. Trasalì di nuovo. «Piantala!» protestò.

Cercò di divincolarsi, ma afferrai un lembo della sua maglietta e lo strinsi nel pugno. Ero disposta a tirarlo su di peso, se dovevo. «Dobbiamo andare, Perseus» ringhiai «alzati. Adesso»

Zia Em parve non dare peso al nostro breve scambio. O forse era consapevole di averlo fregato e aveva intuito che non ce ne saremmo andati senza di lui. «Vi prego, cari» supplicò «mi capita così di rado di passare un po' di tempo con dei bambini. Prima che ve ne andiate, che ne direste almeno di posare per me?»

«Posare?» chiese Annabeth, cauta.

«Per una foto. La userò come modello per una nuova serie di statue. I bambini sono così popolari! Tutti amano i bambini»

«Non possiamo». Diedi uno strattone alla maglietta di Perseus. «Dai, muoviti...»

«Certo che possiamo» mi contraddisse infastidito lui «è solo una foto, Grace. Che male c'è?»

«Sì» ribadì suadente la donna «non c'è niente di male»

Oh, per tutti gli dei...

Io e Annabeth ci scambiammo uno sguardo. Non avevamo scelta, e lo sapevamo benissimo. Non potevamo lasciare Perseus indietro. Così seguimmo zia Em fino al giardino di statue, all'esterno.

Ci invitò a sederci su una panchina, accanto al satiro di cemento. Le mani quasi mi tremavano dalla smania di evocare le Gemelle e trafiggerla lì davanti a tutti, ma Perseus aveva l'aria di uno che mi avrebbe impedito di attaccarla. Di immortales.

«Ora» disse zia Em «lasciate che vi posizioni nel modo giusto. Le signorine nel mezzo... ecco qui... e i due giovanotti ai lati»

«Non c'è molta luce per una foto» osservò Perseus.

«Oh, basterà. Noi riusciamo a vederci, sì?»

«Dov'è la macchina fotografica?» chiese Grover.

"Sulla sua testa!", volevo urlare. Strinsi i pugni. Forse sarei riuscita ad evocare un fulmine abbastanza potente da stordirla...

Zia Em fece un passo indietro, come per ammirare la posa. «Ora, la faccia è la cosa più difficile. Potete farmi un sorriso, tutti quanti? Un bel sorrisone?»

Grover lanciò un'occhiata al satiro di cemento. «Somiglia proprio allo zio Ferdinand» borbottò sovrappensiero.

«Grover» lo rimproverò zia Em «guarda da questa parte, caro. Alexandra, rilassa i muscoli, tesoro, è solo una foto»

«Jackson...» lo chiamai mentre zia Em rimproverava di nuovo Grover.

Lui non mi rispose. Sembrava che non avessi proprio parlato. Digrignai i denti, iniziando ad arrabbiarmi sul serio. Se continuava così gli avrei mollato sicuramente un pugno.

«Ci vorrà solo un momento» continuò zia Em «è solo che non vi vedo molto bene con questo maledetto velo»

«C'è qualcosa che non va!» sbottò Annabeth all'improvviso.

«Qualcosa che non va?» ripeté zia Em, cominciando a togliersi il copricapo «Niente affatto, cara. Ho una così nobile compagnia, stasera. Cosa potrebbe mai guastare le cose?»

«Ma questo è lo zio Ferdinand!» esclamò Grover con il fiato mozzo.

«Non la guardate in faccia!» gridai.

Annabeth infilò il berretto degli Yankees in testa e sparì, tirando via Grover dalla panchina con le sue mani invisibili. Mi buttai su Perseus e finimmo a terra, con i sandali di zia Em davanti agli occhi.

Sentii Grover che si allontanava a carponi da un lato, e Annabeth dall'altro. «Jackson, muoviti!» sibilai, cercando di tirarlo via. Ma era troppo stordito dal cibo che aveva mangiato.

Poi udimmo uno strano suono provenire dall'alto. Alzai gli occhi, posandoli sulle mani di zia Em; erano diventate storte e bitorzolute, con degli affilati artigli di bronzo al posto delle unghie.

Perseus stava per alzare ancora di più lo sguardo, ma gli diedi una scossa che lo fece tremare appena. «La vuoi finire di darmi la scossa?!» brontolò contrariato.

«La smetterò quando comincerai a comportarti da semidio pensante, pezzo di deficiente!»

Di nuovo quel suono stridulo: il suono di minuscoli serpenti, proprio sopra di noi, nel punto in cui avrebbe dovuto trovarsi la testa di zia Em. «Scappate!» belò Grover. Lo sentii correre sulla ghiaia e strillare "Maia!" per mettere in azione le scarpe volanti.

«Muoviti, dai!» lo esortai ancora, ma lo stordimento dato dal cibo era troppo pesante, e per quanto volessi, non riuscivo proprio a lasciarlo lì. Anche se se lo sarebbe ampiamente meritato.

Pensa, Alex, pensa...

«Che peccato rovinare un volto giovane e bello» disse lei in tono suadente «resta con me, Percy. Devi soltanto alzare gli occhi»

«Chiappe di pietra» gli dissi «avrai le chiappe di pietra, Jackson. E tu non vuoi le chiappe di pietra, vero?»

Lo vidi spostare lo sguardo di lato. Stava guardando una di quelle sfere di vetro ornamentali che si mettono nei giardini; il riflesso di quella che ormai era riconoscibilissima come Medusa vi si rifletteva sopra. Il copricapo era svanito, svelando il suo viso come un pallido cerchio scintillante. I suoi capelli si muovevano, contorcendosi come serpenti.

«Non ascoltare la figlia di Zeus, Percy. Suo padre odia il tuo, ti vuole morto anche lei»

«Non è vero!» esclamai con forza «Sta mentendo, io ti voglio vivo. Sto cercando di salvarti la vita, accidenti a te!»

«È stata la dea dagli occhi grigi a farmi questo, Percy» raccontò Medusa «ero una donna bellissima. La madre di Annabeth, la maledetta Atena, mi ha trasformata in questo»

«Non ascoltarla!» gridò la voce di Annabeth, da qualche parte in mezzo alle statue «Scappate!»

«Silenzio!» ringhiò Medusa. Poi la sua voce si modulò di nuovo in un mormorio suadente. «Capisci perché devo distruggere Annabeth, Percy? È figlia della mia nemica. Disintegrerò la sua statua. Ma tu, caro Percy... tu non devi soffrire»

«No» borbottò lui.

«Vuoi davvero aiutare gli dei? Capisci ciò che ti aspetta in questa folle Impresa, Percy? Quello che accadrà se raggiungerai gli Inferi? Non essere una pedina degli dei, mio caro. Staresti molto meglio come statua. Meno dolore. Meno sofferenza»

Alle nostre spalle sentii un forte ronzio, come di un colibrì gigante che piomba giù in picchiata dal cielo. Grover strillò: «Abbassate la testa!».

Ci voltammo ed eccolo là: Grover, nel cielo notturno, che si slanciava giù con le scarpe svolazzanti ai piedi e un ramo grande come una mazza da baseball in mano. Teneva gli occhi chiusi e muoveva la testa a destra e a sinistra, facendosi guidare dal naso e dalle orecchie. «Abbassate la testa!» gridò di nuovo «A quella ci penso io!»

Questo, in un qualche modo, fece muovere Perseus. Si tuffò su di me, a lato.

SBANG!

Medusa ruggì di rabbia. «Tu, miserabile satiro» ringhiò «ti aggiungerò alla mia collezione!»

«Questo era per lo zio Ferdinand!» fece Grover.

Riuscimmo a fuggire carponi e a nasconderci fra le statue, mentre il nostro amico si lanciava in picchiata per un altro colpo.

SBANG!

«Aahhh!» gemette Medusa, la chioma serpentina che sibilava e soffiava.

«Dobbiamo tagliarle la testa» affermai.

«Cosa? Sei impazzita?! Filiamocela!»

«Guardati intorno, imbecille!» sibilai «Queste non sono statue, sono persone! Dovevamo andarcene quando te l'ho detto, ma tu noooo, dovevi mangiare!»

Allungai una mano e gli diedi un pugno sulla spalla. «Ahia!» protestò «Ti sembra il momento di picchiarmi?!»

«Farei anche di peggio se ne avessimo il tempo!» ringhiai «Dobbiamo ucciderla tagliandole la testa!»

«Ha ragione» intervenne la voce di Annabeth. Si sfilò il berretto e apparve accanto a Perseus. «E' malvagia»

«Ma va!» sibilai isterica.

«La ucciderei io, ma...». Annabeth deglutì, come se stesse per fare un'ammissione difficile. In effetti, per lei doveva esserlo sul serio. «Voi avete delle arme migliori. E poi, io non riuscirei mai ad avvicinarla. Mi farebbe a fettine per via di mia madre. Voi avete una possibilità, invece»

Perseus trasalì. «Cosa? Io non posso-»

«Tu puoi» lo interruppi brusca «sei riuscito a sconfiggere la Mucca Incazzosa senza addestramento. Che sarà mai una tizia con un mucchio di serpenti in testa?»

«Non avevo idea di quello che facevo!» protestò lui «Non puoi chiedermi di-»

«E va bene, ho capito! Ci penso io» tagliai corto, a pazienza esaurita. Strappai una palla di vetro verde da un piedistallo vicino e gliela lanciai. «Distraila, e guardala attraverso questo coso. Io farò il giro e le taglierò la testa»

«Può funzionare» disse Annabeth, passandomi il suo berretto «tieni, mettiti questo. E non guardarla»

Annuii e me lo ficcai in testa, superando Percy e facendo il giro largo.

«Ehi, ragazzi!» ci chiamò Grover, da qualche parte sopra di noi «Credo che abbia perso i sensi»

«Roooaarrrr!»

«Forse no» si corresse Grover, preparandosi a un'altra bastonata.

Seguii i sibili e i soffi dei capelli di Medusa, guardando Perseus di tanto in tanto. Fissava la sfera, cercando di intravedere solo il riflesso della Gorgone.

Grover stava piombando giù per un'altra bastonata, ma stavolta scese un po' troppo in basso. Medusa afferrò la mazza e lo scagliò lontano. Lui si rigirò in aria e precipitò fra le braccia del grizzly di pietra, con un "Umfff!" di dolore. Medusa stava per scagliarsi contro di lui quando Perseus la chiamò. «Ehi!» si fece avanti, con la spada in una mano e la sfera nell'altra.

Lei lasciò che si avvicinasse, metro dopo metro. Quando fui alle spalle di Medusa, mi avvicinai silenziosa. Evocai le Gemelle. «Non faresti mai del male a una vecchia signora, Percy» disse con voce suadente «so che non lo faresti»

«Percy, non ascoltarla!» gemette Grover.

Medusa ridacchiò. «Troppo tardi»

Scattai nel momento stesso in cui si avventava su Perseus con gli artigli tesi, fissandole ostinatamente la schiena. Incrociai velocemente le Gemelle e sferrai un colpo deciso.

SZOCK!

Ne seguì un sibilo, e vidi Medusa disintegrarsi. La testa cadde a terra, tra me e lui: una melma tiepida mi inzuppò ulteriormente il calzino, mentre le teste di serpentelli morenti mi tiravano i lacci della scarpa.

Ma a me non importava un accidente. Ero furibonda.

Ritrassi le Gemelle e mi sfilai il berretto da baseball di Annabeth, fulminando Perseus con lo sguardo -solo con quello, per il momento. Annabeth si avvicinò, con gli occhi puntati verso il cielo e il velo di Medusa in mano. «Non vi muovete» ci intimò.

Molto, molto attentamente, senza mai abbassare lo sguardo, si inginocchiò e avvolse la testa del mostro nel drappo nero, quindi la raccolse. Colava ancora una specie di poltiglia verde. «Ora posso?» chiesi ad Annabeth a denti stretti.

«Sì, ora sì. Ma non fare troppo forte»

Strinsi il pugno e lo scagliai verso Perseus, prendendolo dritto sullo zigomo. Indietreggiò di un passo e sibilò di dolore, tenendosi la guancia. Mi guardò scioccato. «Ma perchè?!» strillò.

«Perchè? Perchè?!» tuonai «Ho cercato di dirti in tutti i modi che qualcosa non andava! Ma tu dovevi mangiare!»

«Avevo fame!» si difese lui «E comunque tu mi hai dato le scosse tutta sera! Ma è andato tutto bene, no? L'hai decapitata!»

Ringhiai. Un piccolo arco di fulmini mi guizzò brevemente tra le dita delle mani. Annabeth mi guardò nervosa. «Va bene, Alex, adesso calmati» mi disse «è morta, ce l'abbiamo fatta»

Digrignai i denti, sbuffando rabbiosamente. «Me ne torno di là, sennò altro che Furie e Medusa. Giuro che lo uccido io»

Tornai nell'area ristoro e presi il vassoio con sopra il cibo che non avevo toccato, iniziando a mangiare l'hamburger. Era freddo, ma mi era finalmente tornata la fame e sentivo che mancava poco al collasso totale.

Li sentii rientrare nell'area ristoro cinque minuti più tardi, quando avevo appena finito il panino e stavo spiluccando le patatine fritte. Trafficarono con delle buste di plastica dietro al bancone; poi le mani di Perseus comparvero nel mio campo visivo. Appoggiò la testa di Medusa in mezzo al tavolo e si sedette alla mia sinistra con un sospiro. Annabeth si sistemò alla mia destra, e Grover alla sua.

«E così dobbiamo ringraziare Atena per questo mostro?» fece qualche minuto più tardi.

«Dobbiamo ringraziare tuo padre, a dire il vero. Non ricordi? Medusa era la ragazza di Poseidone. Decisero di incontrarsi nel tempio di mia madre, motivo per cui Atena l'ha trasformata in mostro. Ecco perché voleva fare a fette me e conservare te come una bella statuina. Ha ancora un debole per tuo padre. Probabilmente glielo ricordi»

«Oh, così adesso è colpa mia se abbiamo incontrato Medusa!» fece lui risentito.

Mi irrigidii di colpo. «"È solo una foto, Alex. Che male c'è?"» dissi io in una pessima imitazione della sua voce.

«Lasciamo perdere» replicò «sei impossibile»

«E tu sei un imbecille»

«E tu sei-»

«Ehi!» ci interruppe Grover «Mi state facendo venire il mal di testa, e i satiri non soffrono mai di mal di testa. Cosa ce ne facciamo di questo trofeo?»

Fissammo la testa di Medusa, avvolta nella busta di plastica. Uno dei serpentelli era uscito, e si agitava pigro. «Torno subito» disse Perseus, alzandosi in piedi.

«Percy» gli gridò dietro Annabeth «che cosa stai-»

«Lascialo» dissi piatta io, tirando su la coca cola dalla cannuccia «magari scivola sul sangue di Medusa, sbatte la testa e acquista un po' di buonsenso»

«Non essere così dura con lui, Alex» mi riprese Grover «è la sua prima volta»

«Non è colpa mia se ha l'istinto di sopravvivenza di una pietra» ribattei acida.

«Anche tu hai fatto un sacco di cavolate quando eravamo piccole» mi fece notare Annabeth.

Ignorai la sua velata accusa, lanciandole un'occhiataccia. «Hai ascoltato Percy invece che me» le rinfacciai.

«Anche tu lo avresti ascoltato se sentissi gli odori come una persona normale!» mi rimbeccò lei.

«E' una dote, e dovresti essere contenta che la possiedo. Senza non avrei ascoltato Grover e non sarei stata lucida abbastanza da uccidere Medusa. Jackson era talmente stordito dal cibo che non riusciva nemmeno a muoversi. In questo momento sareste stati un bel mucchio di belle statuine!»

«Avrei pensato a qualcosa» mi contraddisse lei «sono in grado di cavarmela, sai!»

«Va bene, va bene, adesso calmatevi» intervenne Grover prima che riuscissi a risponderle.

Passò qualche minuto di silenzio, poi Annabeth parlò di nuovo. «C'è qualcosa di strano in questa Impresa, comunque. Credo che le cose non stiano come sembrano»

«Che intendi dire?» le chiese Grover.

«Be', le Benevole» spiegò «è come se si fossero trattenute sull'autobus. Continuavano a chiedere "dove l'avete messo?", ma ho avuto l'impressione che si riferissero più ad un oggetto che a Percy»

Strinsi le labbra. «Sì, in effetti...» concordai con riluttanza «insomma... le prime volte che ne ho incontrata una aveva cercato di uccidermi con più determinazione. Erano lì per altro. E se anche loro stessero cercando la Folgore?»

«Ma non l'ha rubata Ade?» domandò Grover confuso.

«Magari no» ipotizzai «o magari l'ha persa»

«O gli è stata rubata» aggiunse Annabeth, le sopracciglia aggrottate.

Perseus tornò nella stanza con una scatola in mano. Impacchettò la testa di Medusa nella scatola e compilò un tagliando di spedizione:

Gli dei

Monte Olimpo

600esimo Piano

Empire State Building

New York, NY

Cordiali saluti, Percy Jackson e Alexandra Grace

Mi sorpresi di vederlo aggiungere anche il mio nome, ma rimasi in silenzio, sopprimendo il mezzo sorriso che voleva spuntarmi sul viso. Ero ancora arrabbiata con lui, ma dovevo ammettere che mi piaceva come ragionava. «Non gli piacerà» lo avvisò Grover «penseranno che siete impertinenti»

Perseus infilò qualche dracma d'oro nel sacchetto. Non appena la chiuse si sentì un suono simile a un registratore di cassa. Il pacco si staccò dal tavolo, fluttuando, e svanì con un pop!. «Noi siamo impertinenti» replicò.

Strinsi le labbra per evitare di sorridere. Ben detto. «Muoviamoci» dissi solamente «ci serve un nuovo piano».

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