6 [AX]
PARTIRE TRANQUILLA NON ERA UN'OPZIONE
Perseus tornò dopo venti minuti, pallido in volto. Crollò sulla sedia che occupava prima. Intuii che l'incontro con l'Oracolo non doveva essere stato particolarmente piacevole -e quandomai lo era? Quella vecchia mummia rinsecchita era inquietante, e si portava appresso una puzza incredibile di stantìo. Ogni tanto riuscivo a sentire il suo odore anche stando fuori la Casa Grande.
«Ebbene?» gli chiese Chirone.
Perseus si umettò le labbra. Sembrava nervoso. «Ha detto che recupererò ciò che è stato rubato»
Grover si sporse sul bordo della sedia. «Fantastico!» esclamò eccitato mentre finiva di masticare la lattina di Diet Coke lasciata dal signor D.
«Che cos'ha detto l'Oracolo, esattamente? È importante»
«Ha detto...». Perseus esitò. «Ha detto che devo andare a occidente e che affronterò il dio che ha voltato le spalle. Che recupererò ciò che è stato rubato e che lo vedrò restituito»
«Lo sapevo» commentò Grover.
Chirone, però, non sembrava soddisfatto. Ci scambiammo un'occhiata poco convinta. «Nient'altro?» lo incalzò.
Quello che la Mummia aveva detto a Perseus sembrava averlo sconvolto sul serio. Ammirai lo sforzo nel cercare di darsi un contegno davanti a Chirone, però, anche se sicuramente non sapeva che era tutto inutile. Il Centauro aveva passato secoli ad allenare adolescenti, era un esperto quando si trattava di sgamarli.
«No» rispose infine «è tutto»
«Molto bene, Percy. Ma sappi questo: le parole dell'Oracolo spesso hanno doppi significati. Non rimuginarci troppo. La verità non è sempre chiara finché gli eventi non si sono conclusi»
«Okay» replicò lui «allora... dove vado? Chi è questo dio a ovest?»
«Rifletti, Percy» rispose Chirone «se Zeus e Poseidone si indeboliscono l'un l'altro in una guerra, chi ci guadagnerà?»
Perseus strizzò gli occhi. «Qualcuno che vuole prendere il comando?»
«Sì, esattamente. Qualcuno che cova rancore, qualcuno che è scontento di quello che gli è spettato quando il mondo è stato diviso secoli fa, e il cui regno diventerebbe potente grazie alla morte di milioni di persone. Qualcuno che odia i suoi fratelli per averlo obbligato al giuramento di non generare figli, un giuramento che entrambi hanno infranto, a differenza sua»
«Ade» disse lui in un sussurro.
Chirone annuì. «Il Signore dei Morti è l'unica possibilità»
Un brandello di alluminio scivolò fuori dalla bocca di Grover. «N-no, c-cosa? Alex diceva sul serio?!»
«Sono spesso seria quando dico le cose, sei tu che non mi credi» replicai piatta.
«Ma no, non è che non ti credo... è che...». Deglutì. «S-sai... gli Inferi...»
«Percy è stato braccato da una Furia» gli ricordò Chirone «una Furia che l'ha tenuto d'occhio finché non è stata certa della sua identità, e poi ha cercato di ucciderlo. Le Furie rispondono ad un unico padrone: Ade»
«Sì, ma... Ade odia tutti gli eroi» protestò Grover «Alex è un esempio lampante!»
Alzai gli occhi al cielo. «Non me lo ricordare...»
Perseus mi lanciò un'occhiata. «Anche tu sei stata braccata da una Furia?»
Annuii. «Per anni, e più di una» risposi asciutta «il segugio infernale che ci ha scambiati per bocconcini di carne alla Caccia alla Bandiera non era il primo che ho visto in tutta la mia vita. E comunque, quello che dice Chirone fila perfettamente. I segugi infernali si possono evocare solo dai Campi della Pena»
«E chi l'ha evocato?»
«Qualcuno all'interno del Campo» intervenne Chirone «Ade deve avere una spia, qui. Probabilmente sospetta che Poseidone cercherà di usare Percy per ristabilire il suo buon nome. Ade sarebbe molto, molto contento di uccidere questo giovane mezzosangue prima che possa intraprendere l'Impresa»
«Fantastico» mugugnò Percy «e con questo siamo a due potenti dei che vogliono uccidermi»
«Se fossi in te, non me la prenderei per Zeus. Vuole uccidere tutti, a giorni alterni» commentai.
«Alexandra...»
«Ehi, è vero. L'hai detto anche tu, Chirone»
«Ma un'Impresa negli Inferi...» disse Grover incerto «cioè, la Folgore non potrebbe trovarsi in un posto, che so, tipo il Maine? Il Maine è molto bello in questo periodo dell'anno»
«Ade ha inviato un suo scagnozzo a rubare la Folgore» insistette Chirone «e poi l'ha nascosta negli Inferi, sapendo molto bene che Zeus avrebbe dato la colpa a Poseidone. Non pretendo di comprendere perfettamente i motivi del Signore dei Morti o il perché abbia scelto questo particolare momento per cominciare una guerra, ma una cosa è certa: Percy deve scendere negli Inferi, trovare la Folgore e scoprire la verità»
Grover stava tremando. Aveva cominciato a mangiare le carte del pinnacolo come fossero patatine. Poveraccio. Doveva completare un'Impresa per ottenere la sua licenza di cercatore. L'impazienza che provava dieci minuti fa se ne era completamente andata. I satiri non se la cavavano troppo bene sottoterra... e potevo capirli benissimo. Nemmeno io ero troppo a mio agio: tendevo a stare male se mi separavo troppo dal cielo. Non ero fatta per vivere sottoterra.
«Senta, ma se sappiamo che è stato Ade» disse Perseus «perché non lo diciamo agli altri dei? Zeus o Poseidone potrebbero scendere negli Inferi e far saltare qualche testa»
«Sospettare e sapere non sono la stessa cosa» obbiettò Chirone «e poi, anche se gli altri dei sospettano di Ade, e immagino che Poseidone sia tra questi, non possono recuperare la Folgore di persona. Agli dei non è consentito varcare i rispettivi territori senza un invito. È un'altra regola antica. Gli eroi, d'altro canto, hanno certi privilegi. Possono andare ovunque, sfidare chiunque, purché abbiano il coraggio e la forza di farlo. Nessun dio può essere ritenuto responsabile per le azioni di un eroe. Per quale altro motivo pensi che gli dei operino sempre attraverso gli umani?»
«Sta dicendo che mi stanno usando?»
«Sì» risposi asciutta «benvenuto fra i mezzosangue, Perseus Jackson. Lo fanno tutti gli dei con i propri figli. E continuamente»
Chirone sospirò e mi lanciò un'occhiata ammonitrice. Un tuono risuonò in lontananza. «Sto dicendo che non è un caso che Poseidone ti abbia riconosciuto proprio ora. È un rischio molto azzardato, ma è in una situazione disperata. Ha bisogno di te»
«Ha sempre saputo che ero il figlio di Poseidone, vero?»
«Avevo dei sospetti. Come ti dicevo... anch'io ho parlato con l'Oracolo»
«Perciò mi faccia capire bene: devo scendere negli Inferi e affrontare il Signore dei Morti...»
«Esatto»
«... devo trovare l'arma più potente dell'universo...»
«Esatto»
«... e riportarla sull'Olimpo prima del solstizio d'estate, fra dieci giorni»
«Proprio così»
Grover inghiottì in un boccone l'asso di cuori. «Ho già detto che il Maine è un posto bellissimo in questo periodo dell'anno?» chiese con un filo di voce.
«Non sei costretto a venire» gli disse Perseus «non posso pretendere questo da te»
«Oh... no, è solo che i satiri e i luoghi sotterranei... be'...». Fece un respiro profondo prima di alzarsi. Poi si spazzolò brandelli di carte e pezzetti di alluminio via dalla maglietta. «Tu mi hai salvato la vita, Percy. Se... se dicevi sul serio quando hai detto che mi avresti voluto con te, non ti deluderò»
«Ci puoi scommettere che voglio che vieni con me, amico!» esclamò Percy.
«Andrai benissimo, Grover» gli dissi «chissà, magari ti spunteranno pure le corna!»
Mi rivolse un piccolo sorriso. «Lo pensi davvero?»
«Ma certo, perché non dovrei?»
Grover raddrizzò la schiena. La sua espressione si fece determinata. «Allora verrò con voi e ce la metterò tutta per aiutarvi!»
Perseus gli sorrise. «Questo è parlare, amico! Allora... dove andiamo? L'Oracolo ha detto soltanto di andare a occidente»
«L'ingresso degli Inferi si trova sempre a ovest. Si sposta di epoca in epoca, proprio come l'Olimpo. In questo momento, naturalmente, è in America»
«Dove?»
«Los Angeles» risposi io.
«Oh! Naturalmente. Perciò prendiamo il primo volo»
«No!» gridò Grover «Percy, che ti viene in mente? Sei mai salito su un aereo in vita tua?»
Scosse la testa, imbarazzato. Chirone fece un piccolo sospiro. «Sei il figlio del Dio del Mare, Percy. Tuo padre è l'acerrimo rivale di Zeus. Tua madre sapeva benissimo di non poterti mettere su un aereo, perché ti saresti trovato nel suo regno e non ne saresti uscito vivo»
Un lampo squarciò il cielo, come a confermare le parole di Chirone. Il tuono riecheggiò ovunque. «Okay» sospirò lui «così mi muoverò via terra»
«Giusto. Puoi avere tre compagni di viaggio. Alexandra è la prima, e Grover è il secondo. Per il terzo c'è già una volontaria, se accetterai il suo aiuto»
Qualcosa mi toccò una spalla e io alzai gli occhi al cielo. «Chissà mai chi potrebbe essere» buttai lì, sarcastica.
«Infatti!» esclamò Perseus con lo stesso tono «Chi altro può essere così stupido da offrirsi volontario per un'Impresa come questa?»
Ci fu uno scintillio nell'aria tra me e Chirone. Annabeth diventò visibile, ficcandosi il berretto da baseball nella tasca posteriore. «È da tempo che aspetto un'impresa, Testa d'Alghe. Atena non è un'ammiratrice di Poseidone, ma se hai intenzione di salvare il mondo, io sono la persona giusta per impedirti di rovinare tutto»
Sbuffai. Annabeth e la sua presunzione... sapeva fare tutto lei. «Grazie per la fiducia, eh» brontolai.
La mano che mi aveva posato sulla spalla mi strinse delicatamente. «Qualcuno deve pur impedirti di compiere un omicidio di massa, Alex. Quando ti girano i cinque minuti non vedi e non senti più nulla»
«Be', stanno per girarmi» borbottai a denti stretti.
Chirone mi lanciò un'occhiata. «Alexandra, cara...»
«Sì, sì... "controllare, non lasciarsi controllare"» recitai monocorde.
«Brava. Faresti bene a ricordartelo»
«Come no...»
«Suppongo che tu abbia un piano, vero Sapientona?» domandò Perseus ad Annabeth.
«Vuoi il mio aiuto oppure no?»
«Funzionerà» disse lui con un sospiro.
«Ottimo» disse Chirone «si parte nel pomeriggio. Possiamo accompagnarvi fino alla stazione degli autobus di Manhattan. Dopodiché sarete soli»
Un fulmine lampeggiò nel cielo e la pioggia si riversò a catinelle sui prati. «Mi sa che ci conviene partire un po' prima» commentai.
Chirone annuì, cupo. «Non c'è tempo da perdere. Andate a prepararvi».
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Ci misi sorprendentemente poco a fare i bagagli.
Non avevo mai lasciato il Campo Mezzosangue per più di qualche ora da ormai cinque anni; l'unica eccezione era stata la gita all'Olimpo, che si era rivelata una pessima idea -per poco Era non mi inceneriva. Non mi aveva mai vista di buon occhio, ma in genere tendeva ad ignorare la mia esistenza a meno che non fosse costretta. E se dovevo essere onesta, preferivo così.
Dal mio fondo personale presi un centinaio di dollari e una ventina di dracme. Chirone diede a me, Percy e Annabeth una borraccia di nettare e una busta di tavolette d'ambrosia ciascuno da usare solo per le emergenze. Presi con me anche due piccoli pugnali di bronzo celeste di scorta, che misi nello zaino con il cambio di vestiti. Non si poteva mai sapere.
«Alex, sei lì?»
Mi voltai verso la porta e la raggiunsi. Luke era a qualche passo dai gradini del portico della mia Casa. Non poteva entrare nessuno a parte me; mio padre tollerava, di tanto in tanto, la sola presenza di Annabeth -ma dipendeva dal suo umore del giorno.
«Che c'è, Castellan?» gli domandai, appoggiandomi allo stipite della porta «Sei venuto a raccomandarmi di comportarmi da brava bambina? Ci ha già pensato Chirone»
Luke alzò gli occhi al cielo. «No, non sono venuto per questo»
«Allora sei venuto per ammirare la salma?»
«Alex...» brontolò.
Sospirai. «Sì, scusa. Sono un po' nervosa»
«E' per questo che sono qui». Mi offrì un piccolo sorriso che gli fece increspare appena la cicatrice sul volto. «Immaginavo che fossi agitata, e volevo provare a tranquillizzarti un po'»
«Ci vuole un miracolo per quello»
«Lo so, ma speravo che la mia parola bastasse. Sono il tuo istruttore alla fine, no? E se ti dico io che andrai alla grande...»
«Il problema non sono le mie capacità. So benissimo di potermela cavare alla grande. Il fatto è che ho davanti a me chissà quanti giorni di viaggio con un tipo che sopporto a malapena e con il mio divino padre che, non prendiamoci in giro, tenterà sicuramente di accopparmi ad un certo punto»
«Andrai alla grande» insistette «so che sei capace di controllarti, quando vuoi»
«E se non volessi?»
Luke si strinse nelle spalle. «C'è Annabeth con te. Sono sicuro che non ti lascerà fare stupidaggini»
«Insistere perché io parta per questa cosa è già una stupidaggine, Luke»
«E' la cosa giusta, invece. Sai che Chirone e Annabeth hanno ragione. Ci sono in ballo cose molto più grandi di noi, Alex. La tua presenza è fondamentale per la riuscita di questa cosa»
Lo osservai in silenzio per una manciata di secondi. In me si fece lentamente largo un'inquietudine insolita: c'era qualcosa di strano nel modo in cui aveva pronunciato quella frase. Sembrava quasi che volesse dire molto più di quello che aveva detto. «E' successo qualcosa?» gli domandai d'istinto.
Mi fissò, le sopracciglia che scattavano verso l'alto. Mi sembrò sorpreso, ma durò una frazione di secondo, tanto che pensai di essermelo immaginato. «No, no, stai tranquilla» mi rassicurò «sono solo un po' preoccupato per te, tutto qui. E' la prima volta che lasci il Campo senza di me... insomma, so che sei preparata e che sei in grado di badare a te stessa, però odio l'idea di non essere lì se avrai bisogno. Avevo promesso a Talia di prendermi cura di te, e mi sembra quasi di tradirla a lasciarti-»
«Luke, no, smettila» lo interruppi «hai onorato e stai continuando ad onorare la promessa che le hai fatto, te lo assicuro. Mi hai insegnato quasi tutto quello che so, e se sono pronta per quest'Impresa è principalmente merito tuo. Non voglio che pensi certe cose»
Luke mi rivolse uno dei suoi migliori sorrisi luminosi, quelli che di solito facevano diventare Annabeth un'ameba incapace di pronunciare una frase di senso compiuto. «Proverò a non farlo, allora». Tese le braccia verso di me. «Vieni qui, adesso. Voglio stritolarti un po' prima che tu te ne vada»
Uscii dalla mia Cabina con una mezza risata e lasciai che mi circondasse con le sue braccia, allacciandogli le mie al collo. Mi strinse forte; il suo respiro mi solleticò l'orecchio. «Ti voglio bene, sorellina. Stai facendo la cosa giusta»
Non riuscii a rispondergli, e la motivazione era una e una soltanto: la mia inquietudine era rimasta lì dov'era. Luke era una delle persone di cui mi fidavo più al mondo... ma la sua risposta non era riuscita a convincermi fino in fondo.
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Annabeth aveva con sé il suo berretto magico degli Yankees: un regalo della madre per il suo dodicesimo compleanno. Si portò anche un libro sui capolavori dell'architettura classica da leggere nei momenti di noia, e il lungo coltello di bronzo che le aveva donato Luke, che teneva nascosto nella manica della camicia.
Grover indossava i piedi finti e i pantaloni per passare da essere umano. Portava anche un berretto verde, perché quando pioveva gli si appiattivano i capelli e in mezzo ai ricci spuntavano un po' le corna. Il suo zainetto arancione era pieno di rottami di ferro e di mele da sgranocchiare. In tasca aveva il flauto di canne che suo padre aveva costruito apposta per lui, anche se conosceva solo due canzoni: il Concerto per Pianoforte numero 12 di Mozart e "So Yesterday" di Hilary Duff, ed entrambe suonavano piuttosto male suonate con quello strumento.
Dopo aver salutato gli altri e aver lanciato un'ultima occhiata ai campi di fragole, all'oceano e alla Casa Grande, ci incamminammo su per la Collina Mezzosangue, verso il pino di Talia. Cercai di non guardarlo: ogni volta che lo facevo mi sentivo morire un po' dentro ripensando ai miei incubi.
Chirone ci aspettava seduto sulla sua sedia a rotelle. Accanto a lui c'era Argo, il capo della sicurezza, con i suoi mille occhi sparsi per tutto il corpo. Oggi indossava un'uniforme da autista. «Questo è Argo» lo presentò Chirone a Perseus «vi accompagnerà in città e... ehm... terrà gli occhi aperti»
Nel tentativo di trattenere una risata mi uscì un brutto verso nasale. Fortunatamente, l'arrivo di Luke distolse l'attenzione che avevo attirato su me stessa. Stava risalendo di corsa la collina, con un paio di scarpe da basket in mano. «Ehi!» esclamò col fiato grosso «Meno male che vi ho raggiunti!»
L'espressione di Annabeth si illuminò. Le diedi di gomito e le rivolsi un piccolo ghigno eloquente, al quale rispose con un'occhiataccia. «Volevo solo augurarti buona fortuna» disse a Perseus «e pensavo che queste ti potessero tornare utili». Gli passò le scarpe. «Maia!»
Sui calcagni delle scarpe spuntarono delle candide ali d'uccello, cogliendo del tutto alla sprovvista Perseus. Le scarpe gli caddero dalle mani e rimasero a svolazzare a terra per un po', finché le ali si ripiegarono e scomparvero. «Fantastico!» commentò Grover.
Luke sorrise. «Mi furono utili durante la mia Impresa. Un regalo di papà. Naturalmente non le uso molto negli ultimi tempi...»
«Grazie, amico»
«Ascolta, Percy» disse Luke a disagio «le nostre speranze dipendono da te. Perciò ammazza qualche mostro anche da parte mia, okay?»
Si strinsero la mano. Luke diede un colpetto affettuoso a Grover fra le corna, poi abbracciò Annabeth, e alla fine abbracciò anche me -di nuovo. «Bada ad Annabeth per me, d'accordo?» mi sussurrò all'orecchio.
«Te lo prometto» replicai. Ci staccammo e mi rivolse un sorriso prima di andarsene.
«Stai iperventilando» disse Perseus ad Annabeth.
«Non è vero»
Come no. «Sei stata tu a farlo vincere nella Caccia alla Bandiera, vero?» la incalzò lui.
«Oh... ma chi me lo fa fare di andarmene in giro con te, Percy?» disse acida. E poi, a testa alta, scese dall'altra parte della collina, dove un SUV bianco aspettava sul ciglio della strada. Argo la seguì, facendo tintinnare le chiavi della macchina.
«Stava davvero iperventilando» commentai.
«Le piace, eh?»
Mi strinsi nelle spalle. «La domanda giusta è "a chi non piace Luke?"»
«A te piace?» domandò Perseus con noncuranza, raccogliendo le scarpe da terra.
«Per tutti gli dei, che schifo» replicai, rabbrividendo.
«Lo prendo per un no?» fece lui divertito.
«E' più un "assolutamente no". Luke è davvero carino, però l'ho sempre e solo visto come un fratello maggiore. Avevo cinque anni quando l'ho conosciuto»
«Cavolo, davvero?»
«Sì, anno più, anno meno». Osservai le scarpe da basket tra le mani di Perseus. «Lo sai che non potrai usarle, quelle, vero?»
Fissò confuso le scarpe, poi guardò Chirone. Lui scosse la testa. «Le intenzioni di Luke erano buone, Percy. Ma prendere il volo non sarebbe saggio da parte tua»
Annuì. «Ehi, Grover. Lo vuoi un oggetto magico?»
Gli brillarono gli occhi. «Io?» esclamò.
In un attimo Perseus gli allacciò le scarpe ai piedi finti e il primo ragazzo-capra volante del mondo fu pronto per il lancio. «Maia!» gridò il figlio di Poseidone.
Il decollo andò bene, ma poi Grover si sbilanciò su un fianco, trascinando lo zainetto nell'erba. Le scarpe alate continuavano a scalpitare su e giù come cavalli selvatici in miniatura. «Pratica» gli gridò dietro Chirone mentre io e Percy scoppiavamo a ridere «ti serve solo un po' di pratica»
Grover volò giù per la collina urlando, di sghembo, puntando dritto alla macchina. Sospirai. «E' meglio se vado ad aiutarlo» dissi.
Chirone annuì. «Mi raccomando, Alexandra. Andrai benissimo, ne sono certo»
Gli rivolsi un sorriso prima di correre giù per la collina. Le parole di Chirone riuscirono a tranquillizzarmi, ma non del tutto. Mentre cercavo di raggiungere Grover pensai che quell'Impresa era, probabilmente, l'inizio di un'avventura lunga e non troppo piacevole.
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