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POSSIAMO ESSERE SOLI INSIEME, SE TI VA


Mi svegliai con una cannuccia in bocca. Sorseggiavo qualcosa che sapeva di biscotti al cioccolato: nettare.

Aprii gli occhi. Ero in un letto dell'infermeria della Casa Grande, con la mano destra fasciata. Argo faceva la guardia in un angolo. Annabeth mi stava seduta accanto, con il bicchiere del nettare in mano, e mi tamponava la fronte con un panno. «Ci risiamo» borbottai.

«Idiota» replicò lei. Capii che era felicissima di vedermi sveglio. «Eri grigioverde quando ho trovato te e Alex»

«Dov'è lei?» domandai.

«Sono qui» replicò la sua voce in tono basso e piatto.

Proveniva da qualche parte alla mia destra; girai la testa e la trovai appoggiata al muro di fianco alla finestra, nella penombra. Non le vedevo con chiarezza il volto, ma la sua postura era molto rigida e aveva le braccia incrociate. «Stai bene?» le chiesi, sinceramente preoccupato.

«Chiedi a me se sto bene?» ribattè lei con una vena di sarcasmo nella voce «Se non fosse stato per le cure di Chirone saresti morto»

«Non esagerare» intervenne la voce di Chirone «Percy deve ringraziare anche la sua costituzione». Era seduto in forma umana vicino ai piedi del letto, ecco perché non l'avevo notato prima. La sua metà inferiore era magicamente stipata nella sedia a rotelle, mentre quella superiore era in giacca e cravatta. Sorrise, ma aveva il volto tirato e pallido, come se avesse passato la nottata a correggere i compiti di latino. «Come ti senti?»

«Come se mi avessero congelato le budella e poi le avessero passate al microonde»

«Descrizione appropriata, considerato che era il veleno di uno scorpione dell'abisso. Ora dimmi, se puoi, cos'è successo esattamente»

Guardai Alex. Non si era mossa, ma in un qualche modo mi sembrava ancora più tesa. Il fatto che Chirone mi chiedesse che cosa era successo voleva dire che lei non aveva raccontato nulla, o che l'aveva fatto ma non le avevano creduto. Qualcosa mi diceva che era la prima.

Tra un sorso di nettare e l'altro raccontai tutta la storia. La stanza rimase immersa nel silenzio per un bel po'.

«Non posso credere che Luke...». La voce di Annabeth tremò. Poi sul suo viso si dipinse un'espressione triste e arrabbiata insieme. «Sì. Sì che posso crederci. Sia maledetto dagli dei... non è stato più lo stesso, dopo l'impresa»

I suoi occhi grigi saettarono verso Alex, che non si era mossa nemmeno di mezzo centimetro. Sembrava una statua, là ferma con la schiena contro il muro. Mi chiesi a che cosa stesse pensando. Per lei e Annabeth doveva essere molto difficile accettare il tradimento di Luke.

«Bisognerà fare rapporto all'Olimpo» mormorò Chirone «ci vado subito»

«Luke è là fuori in questo momento» dissi «devo inseguirlo»

Chirone scosse la testa. «No, Percy. Gli dei...»

«... non vorranno nemmeno sentir parlare di Crono» sbottai, concludendo la sua frase «Zeus ha dichiarato chiusa la faccenda!»

Chirone guardò verso Alex per un momento. «Percy, lo so che è difficile. Ma non devi precipitarti fuori in cerca di vendetta. Non sei ancora pronto». Fece una pausa. «Non siete ancora pronti» si corresse.

Alex emise un leggero sbuffo. La cosa non le piaceva, e neanche a me, ma una parte del mio cervello iperattivo sospettava che Chirone avesse ragione. Uno sguardo alla mia mano e capii che non avrei maneggiato la spada per un bel po'. «Chirone... la profezia dell'Oracolo... parlava di Crono, vero? C'entro anch'io? E Alex, e anche Annabeth?»

Chirone lanciò un'occhiata nervosa verso il soffitto. «Percy, non sta a me...»

«Le è stato ordinato di non parlarmene»

I suoi occhi erano comprensivi, ma tristi. «Sarai un grande eroe, figliolo. E io farò del mio meglio per prepararti. Ma se ho ragione a proposito della strada che ti aspetta...». Un tuono rimbombò in cielo, facendo tremare le finestre. «Va bene! Ho capito!». Sospirò per la frustrazione. «Gli dei hanno le loro ragioni, Percy. Conoscere troppe cose del proprio futuro non è mai un bene»

«Ma non possiamo starcene così con le mani in mano» protestai.

«Noi non ce ne staremo con le mani in mano» promise Chirone «ma tu devi stare attento. Crono vuole eliminarti. Vuole distruggerti la vita, annebbiarti il pensiero con la paura e la rabbia. Non dargli soddisfazione. Allenati con pazienza. Il tuo momento arriverà»

«Sempre che io viva abbastanza a lungo» borbottai, e lo pensavo davvero. Se Alex non avesse deciso di seguirci sarei probabilmente morto. Lei, Grover e Annabeth mi avevano continuamente salvato la pelle da quando ero arrivato lì.

Chirone mi posò una mano sulla caviglia. «Devi fidarti di me, Percy. Tu vivrai. Ma prima devi decidere che strada prendere il prossimo anno. Non posso dirti io quale sia la scelta giusta...». Ebbi la sensazione che avesse un'opinione ben precisa al riguardo, e che riuscisse a trattenersi solo con un grosso sforzo di volontà. «Ma tu devi decidere se restare al Campo Mezzosangue o tornare nel mondo mortale per frequentare la seconda media, venendo qui solo per l'estate. Pensaci. Quando tornerò dall'Olimpo dovrai comunicarmi la tua decisione»

Volevo protestare. Volevo fargli altre domande. Ma dalla sua espressione capii che la discussione si chiudeva lì perché aveva detto tutto quello che poteva.

«Tornerò il prima possibile» promise «Argo ti proteggerà». Guardò Annabeth. «Oh, e mia cara... quando sei pronta, loro sono qui»

«Di chi parla?» chiesi.

Nessuno mi rispose. Alex si staccò dal muro e attraversò la stanza, raggiungendo la porta. La vidi finalmente in viso in modo chiaro e, cavolo, si vedeva lontano un miglio che non stava bene. Aveva delle occhiaie molto scure intorno agli occhi blu, e sembrava sul punto o di fulminare qualcosa da un momento all'altro, o di piangere.

Uscì dalla stanza senza dire niente, anche se avrei voluto trattenerla. Chirone sospirò e la seguì. Annabeth fissò il ghiaccio nel bicchiere. «Qualcosa non va?» le chiesi.

«No, niente. Io ho... ho solo seguito il tuo consiglio su una certa faccenda. E Alex... be', non l'ha presa bene. Non ha preso bene nemmeno quanto è successo con Luke»

«Sì, lo so». Ripensai al modo in cui aveva lo aveva guardato, a quello che gli aveva detto e alle sue lacrime rabbiose mentre lo faceva. «Come sta?»

«Non lo so, Percy» ammise. Posò il bicchiere sul comodino. «Scoprire che me ne vado per l'estate non ha migliorato le cose... voglio dire, non l'avrebbe presa benissimo anche senza quello che è successo, ma almeno mi avrebbe urlato un po' in faccia. Si sarebbe arrabbiata, ma poi avrebbe capito, e avrebbe pensato che visto che c'era Luke...». Sospirò. «Odio quando fa così. Si chiude in sé stessa e si fa scudo della sua stessa rabbia per non dover affrontare il dolore»

«E' una cosa che fa spesso?»

«L'ultima volta è stato appena dopo arrivati al Campo. Dopo Talia. Le prime settimane stava sempre sulle sue, ma poi si è un po' ripresa. Aveva me, aveva Luke... stavolta, invece...». Si fissò le mani con un piccolo sospiro afflitto. Era preoccupata per Alex, e sinceramente lo ero anche io. Era sola. «Hai bisogno di niente, Percy?»

«Sì. Aiutami ad alzarmi. Voglio uscire»

«Questa non è una buona idea...»

Feci scivolare le gambe fuori dal letto. Annabeth mi afferrò prima che crollassi a terra. Un'ondata di nausea mi assalì.

«Te l'avevo detto...»

«Sto bene» insistetti.

Non volevo starmene a letto come un invalido mentre Luke era là fuori a tramare la distruzione del mondo occidentale. E poi volevo parlare con Alex.

Riuscii a fare un passo. Poi un altro, appoggiandomi ancora pesantemente ad Annabeth. Argo ci seguì fuori, ma a distanza. Arrivati nel portico avevo la faccia imperlata di sudore e un nodo allo stomaco, ma ero riuscito ad arrivare fino al parapetto.

Era il crepuscolo. Il Campo sembrava completamente deserto. Le capanne erano buie e il campetto di pallavolo era avvolto nel silenzio. Non c'erano canoe a tagliare la superficie del lago. Oltre il bosco e i campi di fragole, lo stretto di Long Island scintillava agli ultimi raggi di sole.

«Che farai?» mi chiese Annabeth.

«Non lo so» risposi «ho la sensazione che Chirone preferisca che me ne stia qui a dedicarmi all'allenamento, ma non so se... ecco...»

«Non sai se è quello che vuoi»

Annuii. «Già. Tornare a casa mia sarebbe bello, però... be', mi sento un po' in colpa a lasciare qui Alex da sola. Tu torni da tuo padre, vero?»

Annabeth annuì. Indicò la cima della Collina Mezzosangue. Accanto al pino di Talia, sul margine estremo del confine magico del campo, si stagliavano le sagome di una famiglia: due bambini, una donna e un uomo alto, con i capelli biondi. Sembravano in attesa. L'uomo reggeva uno zaino che somigliava a quello che Annabeth aveva preso al parco acquatico di Denver. «Gli ho scritto una lettera quando siamo tornati, come mi avevi suggerito tu. Gli ho detto... be', che mi dispiaceva. E che sarei tornata a casa per l'anno scolastico, se ancora mi voleva. Lui mi ha riscritto subito. Abbiamo deciso di fare un altro tentativo»

«C'è voluto fegato»

Lei alzò le spalle. «Ho avuto un pessimo tempismo, però» borbottò «avrei dovuto farlo prima. Non me ne vado tranquilla sapendo che Alex è qui che-»

«Sto bene» la interruppe stancamente la sua voce alle nostre spalle.

Io e Annabeth trasalimmo. Ci girammo. Alex era seduta sulla sedia dietro la porta, nascosta da essa. Aveva lo sguardo fisso sul pino di Talia. La sua espressione malinconica mi strinse un po' il cuore.

Annabeth la osservò con la fronte aggrottata prima di scuotere la testa. «Non cercherai di fare niente di stupido durante l'anno, vero? Almeno, non senza mandarmi un messaggio con l'iPhone?» mi chiese.

Mi sforzai di sorridere. «Non andrò in cerca di guai. Di solito non ce n'è bisogno»

«Quando tornerò l'estate prossima scoveremo Luke. Chiederemo un'Impresa, ma se non ce la concederanno, scapperemo e la compiremo lo stesso. D'accordo?»

«Mi sembra un piano degno di Atena» commentai.

Tese la mano e io la strinsi. «Stammi bene, Testa d'Alghe. Tieni gli occhi aperti»

«Anche tu, Sapientona»

Annabeth esitò, guardando Alex. Per un lungo momento le due si fissarono, come impegnate in una conversazione silenziosa. Poi la figlia di Zeus fece un semplice cenno con la testa, e la figlia di Atena si fece avanti: si chinò su di lei e l'abbracciò stretta. «Non isolarti» le raccomandò severa «e non ti rintanare in arena a fare a pezzi i manichini tutto il giorno. Devi anche mangiare, lavarti e dormire, ogni tanto». Si raddrizzò. «Ti manderò un Messaggio Iride non appena avrò cinque minuti liberi. Voglio che tu faccia lo stesso. Se non ho tue notizie per più di due giorni filati, piomberò qui e ti prenderò a calci»

Alex scosse leggermente la testa, emettendo un piccolo sospiro. «Va bene, mamma» mugugnò.

Annabeth allungò una mano e strinse la sua. «Ti voglio bene, Alex. E tornerò. Lo sai, vero?» mormorò.

Alex la fissò per un lungo momento. L'espressione nei suoi occhi si addolcì un poco. «Sì, Beth, lo so. Adesso vai, ti aspettano»

Annabeth le rivolse un piccolo sorriso prima di andarsene. La guardai risalire la collina e ricongiungersi alla sua famiglia. Abbracciò goffamente suo padre e si voltò a guardare la valle per un'ultima volta. Accarezzò il pino di Talia e si lasciò condurre oltre la cima, entrando nel mondo mortale.

Il profumo dolce delle pesche mature mi arrivò alle narici. Lo riconobbi come quello di Alex. Guardai alla mia sinistra e scoprii che mi aveva affiancato; si appoggiò alla staccionata in legno, gli occhi blu puntati sul pino. «Non avresti dovuto alzarti» mi disse.

«Non ce la faccio a stare sdraiato» replicai «non se penso che Luke...»

Chiusi la bocca di scatto, osservandola preoccupato con la coda dell'occhio.

Lei, però, non si era mossa. Non disse niente per svariati minuti, ma i peli delle braccia mi si rizzarono a causa dell'energia crepitante, tipica del fulmine, che stava emettendo. Si stava agitando. Poi, d'improvviso, emise un sospiro profondo e smise. «Dovresti tornare a casa per l'anno scolastico, Percy» disse piano «sai, andare a scuola, stare con tua madre... fare cose normali»

«Non mi piace l'idea di lasciarti qui da sola» ammisi, ed era vero. Nessuno dei due sopportava bene la solitudine. E con quello che era successo con Luke non stavo tranquillo all'idea che stesse sola per mesi. Alex era impulsiva, chissà che cavolo avrebbe combinato. E se avesse deciso di scappare e andare a cercare Luke per conto suo?

«Non sarò da sola» replicò lei «insomma, c'è Chirone, no? E Beck, anche se va via per qualche settimana. E credo anche-»

«Vieni con me»

Alex girò la testa di scatto verso di me, gli occhi spalancati per la sorpresa. Non appena mi resi conto di che cavolo mi era uscito dalla bocca, imitai la sua espressione. «Scusa?» mi chiese con un filo di voce «Puoi ripetere? Mi sa che non ho capito bene...»

«Ah... be'...» farfugliai. Mi grattai la testa, sentendo le guance che andavano a fuoco. Ero arrossito per l'imbarazzo. Splendido, davvero splendido. «Insomma... s-se per te va bene, ecco»

L'intensità dello sguardo di Alex mi stava davvero tanto mettendo a disagio. Il mezzo sorriso che le era spuntato sul volto non mi aiutava per niente.

«Puoi stare con me e la mamma, sono sicuro che lei sarebbe d'accordo se le dicessi... ecco... puoi provare anche tu a fare cose normali con... con m-me... sai, andare a scuola... e... boh, cose normali, e... cavolo, perchè accidenti mi stai guardando così?»

Alex sbattè piano le palpebre, senza rispondere. Poi rise, e mi ricordò il cielo che si rasserenava appena dopo una tempesta. Per un attimo mi sentii come se qualcuno mi avesse infilato uno stormo di farfalle nello stomaco. «Di immortales, Percy» disse tra le risa, raddrizzandosi «quando ti agiti sei buffissimo»

Mi accigliai. «Ti diverte così tanto mettermi a disagio, eh?»

«Hai fatto tutto da solo» mi fece notare lei. La sua risata si era trasformata in un sorriso. «Non so se sarebbe una buona idea, comunque. Come lo spieghi a tua mamma?»

Mi strinsi nelle spalle. Nella mia testa quello era l'ultimo dei problemi. Ero certo che la mamma l'avrebbe accolta a braccia aperte, perchè le sarebbe bastato guardarla per capire che Alex aveva disperato bisogno di sentirsi normale anche solo per qualche mese. Cavolo, l'avevo capito persino io. «Non ti devi preoccupare di lei» la rassicurai «vedrai, sarà d'accordo. Magari le scrivo e glielo dico. Che ne dici?»

Alex strinse le labbra, osservando il pino che un tempo era sua sorella maggiore. Poi mi guardò con un piccolo sorriso. «Sai una cosa, Percy?» disse «Ci sto».

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