1 [AX]
CLARISSE FA I GARGARISMI CON L'ACQUA DEL CESSO
«Hai sentito del nuovo arrivato?»
Ce la misi tutta per non sbuffare, cercando di rimanere concentrata sul centro del bersaglio -quello che stavo cercando ostinatamente di colpire con la mia freccia da almeno dieci minuti, ma che non ne voleva sapere di essere trafitto.
Che razza di domanda era, quella? Come si faceva a non sapere che, lì al Campo, era arrivato un nuovo semidio? Di immortales, non si parlava d'altro!
Non avevo assistito personalmente alla sua entrata trionfale, ma era come se lo avessi fatto. Avevo sentito il racconto almeno cinque volte (quattro delle quali da Silena): questo ragazzo misterioso si era trascinato fino al pino di Talia con Grover issato sulle spalle e un corno saldamente stretto in mano. E non un corno qualsiasi: quello di quella grossa mucca incazzosa che era il Minotauro.
Le reazioni dei Semidei presenti al Campo erano state molteplici, e tutte più o meno uguali: un misto tra ammirazione (insomma, sconfiggere il Minotauro senza addestramento non era affatto cosa da poco) e malcelata invidia (c'era chi aspettava da anni un'occasione per mostrare il proprio valore, ma l'oracolo era corto di braccine e non dispensava Imprese molto spesso). C'era un nutrito gruppetto che sembrava già odiarlo senza averci nemmeno parlato mezza volta, come Clarisse e i suoi fratelli, ma c'era anche una controparte che sembrava apprezzarlo.
Dove stavo io? Non lo sapevo.
Normalmente non me ne sarebbe importato un accidente di niente, se non fosse stato per Annabeth e per quella cavolo di Grande Profezia.
Non capivo perché si fosse agitata in quel modo, sinceramente. Sembrava convinta che questo nuovo semidio (che mi pareva si chiamasse Perseus o una roba del genere) fosse il segno che stava aspettando da tanto, parte del suo biglietto per avere un'Impresa, esplorare il mondo e lasciare il Campo per un po'. E tutto perché era arrivato con un corno in mano.
Non aveva senso, ma guai a farglielo notare. Annabeth tendeva ad avere scatti d'ira peggiori dei miei quando la si accusava di essere priva di logica.
«La scocchi quella freccia, o no?»
Stavolta lo sbuffo mi uscì dalle labbra, proprio nello stesso momento in cui rilasciavo la corda dell'arco. La freccia schizzò via e si infilzò a pochi centimetri dal centro rosso, ma non ci feci troppo caso. Voltai la testa verso il mio compagno di allenamento, accigliata. «Lasciarmi concentrare no, eh, Luke?»
Luke mi rivolse uno di quei sorrisi che di solito facevano arrossire le figlie di Afrodite. La cicatrice che gli solcava il volto s'increspò appena. «Devi imparare a tagliare fuori ogni cosa, quando armeggi l'arco» mi disse «le distrazioni sono tante e non c'è mai silenzio assoluto, quando devi tirare»
«Sì, ma adesso siamo nell'arena e non ci sono mostri che stanno cercando di uccidermi» obbiettai a denti stretti «posso, per l'amor degli dei, provare a centrare quel maledetto cerchio rosso senza che tu mi faccia domande cretine?»
Luke scosse la testa, continuando a sorridere. Era fin troppo abituato alle mie risposte piccate e al mio cattivo temperamento: lo conoscevo fin da quando ero piccola, e in parte dovevo anche a lui la mia bravura in combattimento visto che era stato il mio insegnante e mi aveva addestrata lui. Ripeteva spesso di essere fortunato, perché almeno avevo smesso di dargli la scossa quando m'imbronciavo perché non riuscivo a fare qualcosa.
«Non era una domanda cretina» disse paziente «ti ho chiesto se avevi sentito dell'ultimo arrivato perché sei l'unica che non ha espresso un'opinione su di lui»
«Che vuoi che ti dica?» dissi piatta, stringendomi nelle spalle «Non è che ci ho parlato, o che»
«E non hai intenzione di farlo? Per dargli il benvenuto, magari?»
«Perché? Mi sembra che voialtri ci siate riusciti benissimo. Drew non fa che sbavagli dietro». Alzai gli occhi al cielo. «E poi, Chirone l'ha affidato a te. E tu sei bravo, con i nuovi arrivati»
«Più o meno, sì. Spero solo che venga riconosciuto in fretta: siamo spaventosamente sovraffollati»
Un rombo di tuono scosse l'intera vallata. Scrutai il cielo con un leggero sbuffo. Succedeva spesso da quando mio padre, Zeus, si era reso conto che qualcuno aveva messo le mani sulla sua preziosissima Folgore.
Sembrava una barzelletta, davvero: come si faceva a farla sotto il naso al padre di tutti gli Dei, che tutto vede e tutto sente? Qualcuno, inaspettatamente, ci era riuscito, e il fatto che Zeus non conoscesse l'identità del ladro lo faceva infuriare terribilmente. Aveva iniziato ad accusare chiunque gli capitasse a tiro... me compresa.
La cosa era totalmente assurda. Forse il mio retaggio mi avrebbe resa in grado di maneggiare un oggetto divino come la Folgore per un po', ma poi mi avrebbe sicuramente uccisa. Perché sì, ero per metà dea... ma ero per metà mortale.
E poi, be'... sì, ce l'avevo con Zeus per via di Talia e il tempo passato dal giorno in cui l'aveva ficcata in un pino non aveva minimamente contribuito a farmela passare, ma non avrei mai fatto una cosa così cretina come rubare il simbolo del suo potere.
Sarò una testa calda, ma non sono scema.
«Quale figlio avrà accusato della sparizione della Folgore, stavolta?» borbottai.
«Credo che sia passato agli dei minori. I suoi figli li ha accusati tutti» replicò Luke «ci manca poco che dia la colpa pure al pino...»
Il mio sguardo, che ancora vagava verso l'orizzonte, si posò su due figure che passeggiavano per il Campo. Erano un ragazzo e una ragazza: i capelli di lui erano tanto neri quanto erano biondi quelli di lei, e creavano un contrasto che era impossibile non notare. Lei era tutta presa ad indicare gli edifici del Campo. «L'hai scaricato ad Annabeth, eh?» domandai a Luke, indicandoglieli.
Luke si strinse nelle spalle. «Preferisco allenarmi che fare da guida turistica ai nuovi arrivati, lo sai»
Notai Clarisse e alcune sue sorelle avvicinarsi al nuovo arrivato. Assottigliai lo sguardo e osservai attentamente la scena, perché conoscevo benissimo le loro intenzioni. Avevo visto fin troppi novellini finire con la testa nella tazza del cesso, e nonostante le mie proteste, la figlia di Ares insisteva nel continuare questa "tradizione", come la chiamava lei.
Stavolta, però, avevo il sentore che le cose non sarebbero andate per nulla come Clarisse voleva. Quel Perseus (o come cavolo si chiamava) aveva sicuramente qualcosa di insolito, e non solo per la storia del Minotauro. Quando l'avevo visto in infermeria per la prima volta mi ero accorta che irradiava potere, e non come un normale semidio: era come quello che irradiavo io. Era quel genere di aura che ti faceva venir voglia di chinare il capo.
Avevo escluso immediatamente che potesse essere un mio fratello, anche perché Talia mi aveva detto, tempo addietro, che l'unico che avevamo era morto da un bel pezzo. Aveva un odore completamente diverso dal mio e da quello di mia sorella: mi ricordava molto l'aria di mare, ricca di salsedine. Quella dolce brezza che ti fa sentire in pace con il mondo quando non lo sei per niente.
«Mi sa che sarebbe stato meglio se te ne fossi occupato, invece». Gli indicai Clarisse e le sue sorelle, intente a parlare con Annabeth e quello nuovo. «Guarda là»
«A quanto pare è ora del battesimo di Clarisse»
«Già. Non credi che dovresti intervenire?»
«No» mi rispose, mentre Clarisse afferrava il ragazzo per la collottola e lo trascinava in bagno.
Mi accigliai. «E perché no? Ti ho sentito dire un mucchio di volte che quella tradizione è stupida e che andrebbe fermata»
«E lo penso. Però così avrà un'occasione per dimostrare di che pasta è fatto, no?»
«E arrivare con il dannato corno del Minotauro in mano cos'era, allora?»
«Forse era un colpo di fortuna». Luke mi sorrise. «Perché non vai a dare un'occhiata? Magari ti fai un'idea su quello nuovo. O puoi fermare Clarisse... ma ti consiglio di portare le Gemelle»
Alzai le braccia e gli mostrai i polsi. Zeus, al mio arrivo al Campo, mi aveva fatto dono di due katane di bronzo celeste che si chiamavano le Gemelle; occultate erano due semplici braccialetti d'oro con un pendaglio ciascuno a forma di saetta. Ormai li indossavo da anni, uno per polso, e se li perdevo tornavano sempre al loro posto. «Sono sempre con me» gli assicurai.
Posai l'arco e sfruttai la mia naturale velocità per raggiungere i bagni il prima possibile. Una delle mie doti consisteva nel correre un po' più veloce rispetto agli altri semidei, non sapevo bene perché. Comunque non me ne lamentavo per niente: mi aveva avvantaggiata un sacco di volte, durante le gare del Campo.
La puzza che c'era lì dentro mi fece storcere subito il naso. Le Arpie avevano battuto la fiacca, a quanto pareva.
Le sorelle di Clarisse osservavano la scena, avide. Annabeth se ne stava in un angolo, con le mani sulla faccia.
«Come se potesse essere roba dei Tre Pezzi Grossi» stava dicendo Clarisse quando entrai nel bagno. Stava spingendo Perseus in uno degli stalli. «Sì, come no. Il Minotauro probabilmente è morto dalle risate, a vedersi davanti un allocco del genere...»
Le sorelle di Clarisse sghignazzarono. Chiusero immediatamente la bocca quando, finalmente, mi notarono. «Più o meno come tua madre quando ti ha visto per la prima volta» commentai sarcastica «lascialo in pace, Clarisse»
Clarisse girò la testa di scatto, fulminandomi con lo sguardo. «Che vuoi, Parafulmini? Perché non vai a farti un giretto?»
Spostai lo sguardo da lei al ragazzo nuovo. Non mi piacque per niente l'espressione sul suo viso: era come se il mio intervento non gli facesse affatto piacere. Come se lo stessi disturbando mentre cercava di fare qualcosa di estremamente importante. Tornai a guardare Clarisse. «Questa cosa deve finire» le dissi «non puoi ficcare la testa di tutti i nuovi arrivati nel cesso. Va a finire che-»
«Non mi serve il tuo aiuto» m'interruppe il nuovo arrivato a denti stretti mentre cercava di resistere alla forza di Clarisse.
Inarcai entrambe le sopracciglia. «Come, prego?»
«Ho detto-»
«Prissy ha detto che ti devi fare gli affaracci tuoi, Grace!» disse Clarisse con una mezza risata spavalda.
Gli occhi del nuovo arrivato, del colore limpido del mare, erano fissati su di me. Non c'era niente di gentile, in essi. Incrociai le braccia e mi appoggiai al muro, accigliata, ricambiando l'occhiataccia. «Ah, è così, eh?» dissi con un piccolo sbuffo «Allora procedi, Clarisse»
«Evvai!»
Clarisse costrinse Perseus a mettersi in ginocchio, e cominciò a spingergli la testa verso la tazza. Con la coda dell'occhio vidi Annabeth venirmi vicino. «Alex, forse avresti dovuto insistere un po' di più» mormorò.
«No, Beth» replicai secca «perché dovrei aiutare uno che non vuole farsi aiutare? Volevo solo evitargli di fare i gargarismi con l'acqua del...»
Smisi di parlare. L'impianto idraulico iniziò a brontolare; i tubi sopra il gabinetto dove Perseus stava, con la faccia a pochi centimetri dalla tazza, iniziarono a vibrare. «Che succede?» fece Annabeth, tesa.
Prima che potessi rispondere, l'acqua schizzò fuori dal gabinetto all'improvviso. Disegnò un arco sopra la testa di Perseus e colpì Clarisse dritta in faccia, che strillò e volò all'indietro.
«Di immortales!» esclamai, osservando allibita la scena.
Perseus si girò e l'acqua esplose di nuovo dal gabinetto, colpendo Clarisse in faccia così forte da farla piombare chiappe a terra. L'acqua continuò a innaffiarla come il getto di un idrante dei pompieri, spingendola fin dentro una doccia. Lei si divincolò, boccheggiando, e le sue amiche accorsero ad aiutarla.
Ma a quel punto anche gli altri gabinetti esplosero, e sei ulteriori fiotti d'acqua del water si abbatterono su di loro. Poi si azionarono anche le docce e tutti gli impianti del bagno in contemporanea, e gli schizzi raggiunsero anche me e Annabeth.
Nessuna delle due, però, ci fece troppo caso. Eravamo troppo prese a guardare, allibite, i getti d'acqua che cacciavano Clarisse e le sue sorelle fuori dall'edificio, facendole roteare come detriti in uno scarico.
D'improvviso, così come era iniziato, tutto si interruppe.
Il bagno era completamente allagato. Scambiai un'occhiata con Annabeth e mi resi conto solo in quel momento che era fradicia; mi toccai i vestiti e i capelli. Lo ero anche io.
Perseus, a differenza nostra, se ne stava seduto nell'unico posto asciutto di tutta la stanza. Attorno a lui c'era un cerchio di pavimento intatto, e sui suoi vestiti non c'era neanche una goccia d'acqua. Si alzò, con le gambe tremanti.
«Ma come hai fatto?» domandò Annabeth, basita.
«Non lo so» rispose lui, sincero.
Mi venne un conato di vomito. L'acqua puzzava davvero, e io ero zuppa dalla testa ai piedi. Inevitabilmente, mi innervosii. «Sarebbe stato bello ricevere un avvertimento» brontolai «sai com'è... la doccia l'ho già fatta stamattina»
Lui mi guardò e si strinse nelle spalle. «Non sapevo nemmeno di poterlo fare» si giustificò.
Non c'era la minima traccia di pentimento nella sua voce. Da una parte lo capivo: aveva appena battuto Clarisse e le sue sorelle, che erano finite fuori in un lago di fango. Ma io e Annabeth non c'entravamo nulla.
E a proposito di Clarisse: lanciai un'occhiata verso l'esterno. Un capannello di ragazzi del Campo si era radunato per curiosare. Lei aveva i capelli appiccicati alla faccia, il suo giubbotto mimetico era zuppo e emanava un forte odore di fogna. «Tu sei morto, pivello. Morto stecchito»
«Vuoi fare un altro po' di gargarismi con l'acqua del water, Clarisse?» gli rispose Perseus «Chiudi il becco»
Le amiche dovettero trattenerla. La trascinarono verso la casa Numero Cinque, mentre gli altri ragazzi si scostavano per evitare i suoi piedi scalcianti.
Lo fissai. Avrei anche ammirato l'arroganza con cui si era rivolta a Clarisse, ma in quel momento avevo solo voglia di dargli un pugno. Stavo iniziando a trovarlo insopportabile.
Lui si girò e fece saettare lo sguardo da me a lei. «Che c'è?» domandò «A che pensate?»
«Sto pensando che ti voglio nella mia squadra per la Caccia alla Bandiera» annunciò Annabeth «Che ne pensi, Alex?»
Allungai una mano e la posai sul collo di Perseus. Prima che Annabeth potesse fermarmi, gli diedi la scossa.
Lui tremò da capo a piedi e trasalì, allontanandosi di un passo. Mi guardò, sorpreso. «Ma che... come-»
«La prossima volta che ti viene in mente di innaffiarmi con l'acqua del cesso, la scossa sarà molto più forte di così» lo avvisai con un mezzo ringhio prima di avviarmi all'uscita, pestando pesantemente i piedi.
Ignorai gli altri semidei, avviandomi verso la mia Casa (la Numero Uno). Avrei preferito continuare a non avere un'opinione precisa su Perseus, se i risultati erano quelli. Era arrogante e vagamente insopportabile... ma era potente, e molto. Sarei riuscita tranquillamente ad avvertire il suo potere anche se fossi rimasta all'Arena con Luke. Di nuovo, mi era sembrato troppo simile al mio.
Questo poteva voler dire una cosa soltanto: mio padre non era stato l'unico a violare il patto con i suoi fratelli, e ci aspettavano una montagna di guai alta quanto il Pugno di Zeus.
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