𝘊𝘈𝘗𝘐𝘛𝘖𝘓𝘖/ parte 1: Guerra aperta
ᏗᎷᎧᏒᏋ ᎥᏁᎦᎥᏁᎥᏖᎧ
"Endless Love"
1 libro
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"Vorrei che tuo zio si rendesse conto molto prima di aver sbagliato relegandoti nella linea di fondo." dichiarò Louis Hynes guardando la castana con lampante ammirazione per tutto il tempo.
"Non è mai stata fatta una scelta." Si girò verso di me, rivolgendomi un sorriso e i suoi occhi sfavillarono. "Lucas è la punta di diamante della nostra azienda ed è anche il mio mentore. La sua forza di volontà ci guiderà attraverso il futuro."
"Anche tu sei la mia fortuna." Le sorrisi di rimando, notando il castano confabulare con il cognato alle sue spalle. Poi feci vagare lo sguardo, guardando Amybeth in compagnia di un'altra ragazza, ma lei preferì distoglierlo. "Hai fame?" chiesi per cambiare discorso.
"Tranquillo, ci penso io."
Le feci un cenno d'assenso e prima di allontanarsi fece scorrere la mano sul mio braccio.
"L'ammiro molto" riprese quando fummo da soli. Alzai un sopracciglio. "Ha trovato la scorciatoia più breve per raggiungere la vetta dell'Alacan Holding."
"Non sei stanco di guardare le persone e vedere te stesso? Rompi questi specchi. Forse non sono tanto temibile come credi." Mi fissò con un ghigno diabolico stampato sulle labbra e mi congedai da loro, andando verso il gazebo dov'era stato allestito il buffet.
La castana si fermò accanto al buffet per prendere qualche tartina e ne approfittai per avvicinarla con la scusa di porgerle un drink. Mi ringraziò gentilmente, cominciando a berlo, e diventò più incalzante il bisogno di soddisfare la mia curiosità.
"Anche lei vive negli Stati Uniti?"
"Sono stata a Londra fino a cinque anni fa. Ho finito gli studi e poi sono tornata nella mia città. Non c'era più nulla da fare lì..."
"Mi domando perché tu non sia voluta rimanere in una città culturale e bellissima come Londra... Insomma è il sogno di ogni ragazza."
Si guardò le spalle, soffermandosi sul riccio, che intanto discuteva con mio padre con aria disinvolta. Anche i miei occhi finirono per scrutarlo, per poi riportarli in quella della ragazza di fronte a me.
"Devi avere una buona ragione per voler restare!"
"Assolutamente sì!"
Cercai di accumulare il coraggio e, dopo qualche secondo di silenzio, puntualizzai. "Pensavo foste solo amici."
"Beh... lui è la mia metà, il mio migliore amico, un compagno meraviglioso... Il mio tutto." sottolineò spostando il ciuffo dal viso e scambiando un altro sguardo complice con lui. "Mi sentirei un'estranea senza di lui... anche se bisogna conoscere Lucas a fondo per capirlo realmente."
Capirlo realmente? Stargli vicino? Dargli il mio appoggio... le uniche cose che avrei voluto fare per anni, se solo la mia fiaba perfetta non si fosse tramutata in un orribile incubo che non mi aveva dato scampo, se non accettarlo.
Mi aveva spinto in un'altra direzione come un uccello che non sapeva battere le ali per opporsi al vento.
Abbassai gli occhi, toccandomi i capelli. In quel momento uno del catering fece il suo ingresso trasportando un'enorme tela dal contenuto ignoto ai presenti.
Forse era un quadro?
"Mi sono permesso di portarvi un regalo per ringraziarvi dell'invito."
"Grazie mille." replicò mia madre affianco a mio padre giungendo le mani, mentre gli ospiti si misero in cerchio per scoprire quale fosse la misteriosa sorpresa nascosta lì.
"Margaret, portalo dentro." ordinò.
"Lasci pure. Voglio vedere il mio regalo."
Louis avrebbe voluto rimuovere la carta lui stesso, ma Lucas lo fermò voltandosi e incatenando i nostri occhi. "Questo è per la signora della casa... La signora Amybeth."
"Ora sono più curioso. Hai idea di cosa sia, amore?" chiese Louis appoggiando la mano sulla mia schiena. Quando posai il mio bicchiere sul tavolino dietro di noi la feci scivolare via.
"Grazie. Sei molto gentile."
Il riccio scosse la testa a mo' di risposta e m'invitò ad avvicinarmi. Gli invitati tacquero aspettando che scartassi la carta. La tirai delicatamente per non danneggiare il contenuto e quando il dipinto si mostrò in tutta la sua maniacale bellezza... il terreno mi mancò sotto i piedi.
Mi girò la testa per un momento, sentivo la tachicardia e la sensazione di panico arrampicarsi dalle viscere. Osservai quel disegno e mi parve di tornare indietro nel tempo. Una donna che stava ormai annegando e l'ombra di un ragazzo che si tuffò per salvarla.
Completai la nuova opera apponendo la firma con un gessetto bianco e battei le mani, alzandomi in piedi.
«Com'è venuto?»
«Sei una vera artista. Non ho parole.» Dichiarò Lucas, prendendomi le mani per avvicinarmi al suo petto.
«Ma guarda... sei proprio sicuro? Oppure la corte del mio cuore potrebbe condannarti per alto tradimento.»
Gettammo entrambi uno sguardo al dipinto. Era davvero tratteggiato nei minimi particolari... era reale.
«L'hai dipinto così bene che...» tornai con gli occhi al suo volto a pochi millimetri dal mio. «Vedrai che sarò il primo a mettermi in fila per comprarlo!»
«No.»
«No? Scommettiamo?» disse con fare determinato, mostrandomi la mano, che afferrai per portarla sui miei fianchi e allacciai le mie attorno al suo collo.
«Non c'è denaro che possa comprare questo quadro!» mi spinsi verso il suo orecchio, bisbigliando. «Inoltre, un vero proprietario ce l'ha già...»
«Uhm...» Riflettè avvicinando le labbra e sfiorandomi il collo con il naso. «Chi è? Lo conosco?»
«Tu, sciocco!»
Alzò un sopracciglio, accarezzandomi le guance con i pollici. «Dici sul serio?»
Annuii sorridente e posai la testa sul petto, lasciandomi cullare dalle sue braccia.
«Lo terrai tu per ora fino a che non lo potremo appendere nella nostra casa.»
Spostò la testa dalla mia e mi indirizzò un sorriso smagliante, capace di illuminare l'intero posto.
«La nostra casa?»
«Prenditi cura di noi, ok?»
«Fino al mio ultimo respiro...» Affermò continuando a tenermi attaccata a sé.
Quando riemersi da quella visione, il mio sguardo turbato puntò quello di Lucas.
Non riuscivo a capire se si stesse divertendo a farmi soffrire, scatenando un qualche tipo di reazione da parte mia che avrebbe insospettito mio marito, inducendolo ad indagare.
Voleva rovinarmi la vita, uccidermi lentamente e... ci stava riuscendo.
"Questo è uno dei tuoi primi dipinti."
"Mi chiedevo se ti saresti resa conto che..." s'interruppe nel parlare con Louis e si rivolse a me. "È stato uno dei tuoi primi dipinti, vero?"
"Certo..." sorrisi appena.
"Non l'avevo mai visto prima."
"Beh... Amybeth l'aveva donato ad una fondazione un paio d'anni fa." intervenne mia madre con un sorriso tirato, volendo evitare altre domande da parte di Louis sulla questione.
"Certo, io l'ho comprato un paio d'anni fa. D'altronde... sono sempre stato amante dei quadri della signora Amybeth."
"Quindi l'hai tenuto... per quanto tempo? Due anni?" indagò mio marito, incuriosito.
"Penso che le prime volte non si dimentichino. Piuttosto che tenerlo stipato in una soffitta a prendere polvere, ho preferito regalarlo a te."
"Che pensiero elegante! Non me lo sarei mai aspettato da te."
Il riccio lo guardò. "I suoi pregiudizi infastidiscono, signor Louis."
"Con il tempo... vedremo chi ha torto e chi no."
"Mi scusi!" tagliò corto e sussurrò nell'orecchio della castana qualcosa, prima di sorpassarmi.
"Lascia che ti accompagni!" si offrì Miranda, correndogli dietro, ma la bloccai per il braccio impedendole di seguirlo come un cagnolino.
"Può trovare da solo la strada per il bagno."
"Sei sicura di non essere interessata a quest'uomo?" insistè e alzai gli occhi al cielo, cercando di mantenere la calma.
"Basta con queste stronzate!"
"Sei solo gelosa! Te lo leggo in faccia!" borbottò tallonandomi. Il limite di sopportazione stava scadendo.
"Miranda..." mi fermai di colpo. "Hai detto che avevi del lavoro da svolgere oggi. Per favore, non rimandarlo."
"Questo è il tuo modo gentile per cacciarmi?"
"No, ti sto solo dicendo che non c'è bisogno che tu resti. Posso farcela da sola."
"Come vuoi." rispose rabbuiandosi per poi girare i tacchi e andarsene.
Un problema in meno...
Osservai un po' tutti gli invitati impegnati a parlare e Louis era troppo preso dalla conversazione con la castana per fare caso a una mia furtiva fuga. Ne approfittai e mi recai dentro, controllando se qualcuno mi stesse seguendo. Proseguii la mia ricerca su per le scalinate fino al piano di sopra.
Ad un certo punto, la porta del bagno si aprì e mi voltai di scatto trasalendo.
Mi trovai di fronte Lucas e dalla sua espressione gelida non era affatto felice di vedermi.
"Perché, eh? Perché hai montato quello spettacolo? A che gioco stai giocando?"
Puntellò le mani sui fianchi restando in quella posizione. "Sono trascorsi anni da quando abbiamo cancellato il passato. Questo è il mio regalo di nozze... un po' in ritardo."
Avanzai leggermente, disponendomi a pochi passi da lui. Volevo che i nostri occhi si infrangessero gli uni negli altri.
"Cosa vuoi da me, Lucas?"
"Non c'è bisogno di aggredire per un semplice regalo. Ogni artista vorrebbe avere indietro la sua prima opera, no?"
"Ora lo so. Sei tornato qui per farmi del male... per farmela pagare."
"Sono tornato perché ti ho estirpato dalla mia vita!" ribatté privo di emozione con la solita durezza, come se al posto del cuore avesse una pietra. I suoi occhi non erano più brillanti.
"Ora che mi hai estirpato dalla tua vita, vai Lucas! La strada è lì davanti a te!" Alzai il braccio indicandogli palesemente le scale mentre mi spostavo di lato per fargli spazio. "Vattene e non tornare più. Stai lontano da me!"
"Sei tu che continui ad inseguirmi. Per te non si chiuderà mai quel capitolo."
Mi avvicinai, diminuendo i puerili centimetri fra i nostri visi, ma non abbastanza per toccare le sue labbra. "Stai solo combattendo per starmi vicino! Non riesci neanche tu a lasciarmi andare come credi di aver fatto... Lo capisco quando ti guardo, Lucas. Inoltre... quella ragazza non è la tua fidanzata. L'hai portata qui solo per farmi ingelosire!"
Dal suo canto curvò la bocca in un sorriso carico di sarcasmo e cercò di varcare la soglia, ma la mia mano s'intrecciò alla sua, trattenendolo. Fortificai la presa, ma lui la spezzò.
"Tu mi ami ancora. Lo so."
Ruotò il viso e, con un gesto repentino, mi spinse contro il muro. M'imprigionò ponendo le mani ai lati della testa e avvicinò il suo viso. Osservai le sue labbra carnose, i suoi lineamenti perfetti e per finire la sua mascella, prima di ritornare ai suoi occhi verdi che mi scrutavano.
"Sì!" bisbigliò e il cuore cominciò a battere all'impazzata nel petto. "Sto andando alla deriva senza di te, Amybeth..." Sbattei ripetutamente le ciglia per rendermi conto che non fosse un sogno partorito dal mio cervello... ma mentre razionalizzavo, la sua espressione mutò e sogghignò con disprezzo. "Era questo che volevi sentire?" Arretrò allontanandosi da me, mentre una morsa di dolore mi stringeva le viscere. "Che cosa c'è? Sei delusa? Quel Lucas che vuoi vedere è morto... cinque anni fa. Dimenticalo, non tornerà più." Chinai lo sguardo. "E non c'è molto di cui parlare..."
"Amybeth!" una voce si levò dalle scale e mi staccai dal muro, uscendo in corridoio. Vidi Louis salire in fretta le scale e raggiungerci. "Cosa fai qui, tesoro? Ti stavo cercando dappertutto."
"Sono salita per prendere il mio cellulare, l'avevo lasciato in camera. E ho incontrato il signor Lucas. L'ho ringraziato ancora una volta per quel generoso regalo." parlai assicurandomi che Lucas assecondasse il mio racconto.
Louis spostò lo sguardo prima su me e poi sul suo socio, avvertendo una strana tensione nell'aria.
"Di nulla, signora Hynes." Salutò mio marito con un cenno della sala e si accinse a scendere giù.
"Su, non facciamo aspettare le persone." dissi dopo un po' dirigendomi verso le scale, ma l'uomo mi bloccò.
"Comprerei tutti i tuoi dipinti se questo servisse ad impressionarti tanto..."
"Tranquillo, l'hai già fatto. Hai comprato il loro artista, in ogni caso!" gli feci notare prima di piantarlo lì e scendere le scale per tornare in giardino.
"Da questa parte, per favore!" annunciò Casey ai presenti indicando la tavola apparecchiata per l'occasione in grande stile. Louis si cimentò a interpretare un marito affettuoso, trascinando la sedia ad Amybeth per farla accomodare. Dopo poco, la cameriera si avvicinò ad Aymeric e gli portò un vassoio.
Era così insolito che un ragazzo giovane dovesse fare utilizzo di così tanti farmaci.
"Riprenditi presto. Sei malato, ragazzo?" domandai sporgendomi verso di lui, che teneva il bicchiere in mano.
"Sì, ho preso un po' di freddo."
Sul tavolo calò un silenzio imbarazzante fra i commensali e quando abbassai lo sguardo notai una serie diversa di forchette d'argento accanto ad ogni piatto.
Mi stava mettendo alla prova?
"Si andrà dall'interno verso l'esterno."
Sorrisi e afferrai la prima forchetta, alzando gli occhi su Hynes, seduto di fronte. "Vecchio trucco... Mi aspettavo qualcosa di meglio da te." Lui sghignazzò. "Credo che sia la tua. Hanno fatto confusione." gliela appoggiai dalla sua parte.
"Grazie."
"Andiamo via dopo il pranzo, che ne dici?" Proposi e lei annuì, versandosi un po' d'acqua.
"Non è troppo presto? O abbiamo fatto qualcosa che ti ha messo a disagio?"
"Al contrario, tutto è stato organizzato con molta astuzia."
"Stai sottovalutando il mio cervello."
"Al contrario... Ti sto osservando attentamente." obiettai senza staccare gli occhi dal suo volto.
"Dovrei fidarmi di te?"
"Non farlo." risposi dopo qualche attimo, facendo congelare tutti, come se fossero preda del terrore. "Perché nel mondo degli affari la fiducia è inutile, gli accordi è l'unica cosa in cui ho sempre creduto. Ho ragione? Tu sai meglio di me che il denaro e il potere rendono le persone dei giocattoli."
"Solo se si coglie il momento giusto e le condizioni adeguate!"
"Salterai alla gola della tua preda proprio nell'istante in cui non avrà alcuna possibilità..." intervenne Casey, scambiandosi un'occhiata con suo genero.
"Hanno iniziato a parlare in una lingua incomprensibile..." scherzò Giselle tentando di riportare un po' di leggerezza nella conversazione.
"Loro si capiscono." rispose la castana.
All'improvviso, Amybeth si alzò in piedi. Non aveva proferito una sola parola, rimanendo in disparte.
"Perdonatemi, vi dispiacerebbe proseguire senza di me?"
"Che succede?" chiese Aymeric preoccupato.
"Perché, vita mia?" si associò Louis.
"Non mi sento molto bene. Mi fa male lo stomaco." rispose portando intanto anche la mano sull'addome.
"Ristabilisciti al più presto."
"Vuoi che ti accompagni, girasole?"
"Non ti preoccupare, papà." Dopo averlo rassicurato andò via.
"Stamattina ha avuto anche le vertigini!" informò Giselle su di giri. "Credo che molto presto avrete bisogno di una culla e di un fasciatoio, caro Louis." Ovviamente alle insinuazioni della donna, Hynes rise di gusto. Iniziai a immaginare Amybeth in veste di madre... madre del bambino di quel tizio e quel pensiero era una sferzata d'ortiche sul mio umore.
Quella probabilità non solo mi lasciò l'amaro in bocca... ma non si degnò di abbandonare la mia testa, neppure quando ci dirigemmo verso l'auto. Salutai l'uomo che ci aveva condotto lì e prima di salire, intravidi la figura di Amybeth semi nascosta dietro al muro.
Sentivo il suo sguardo di furia mista a gelosia bruciarmi addosso mentre incrociava le braccia al petto. Mi concessi un ultimo sguardo prima di lasciarmi alle spalle quella casa.
"Conoscevi già prima quella famiglia?" chiese Shannon durante il tragitto.
"In che senso?"
"Così... Mi è venuto il dubbio."
"Perché? Quale dubbio?"
"Ho sentito della tensione... tutto qui."
"Dev'essere a causa del fattore Louis Hynes!" risposi mentre la mia espressione si faceva più seria.
Fin dall'inizio... quell'uomo ha rappresentato l'inizio di tutti i problemi. Chiamarlo "mostro" era solamente un complimento.
Presi cappotto e borsa, uscendo alla svelta dalla mia camera. Mentre stavo passando per l'atrio mia madre mi chiamò. "Amybeth?"
I quattro dopo quel pranzo stavano prendendo il caffè nel salotto, seduti sul divano.
Mi avvicinai all'uscio, poggiando la mano sullo stipite e li guardai uno per uno. "Vado al laboratorio... o farò tardi."
"Vengo con te." Disse mio fratello balzando in piedi e seguendomi.
"Ho del lavoro da sbrigare." aggiunsi salendo le scale.
"Va tutto bene, sorellina?"
"Certamente! Non preoccuparti." gli urlai in risposta e mi chiusi la porta d'ingresso alle spalle. Finalmente ero libera almeno per qualche ora... potevo respirare liberamente senza sentire quel peso gravarmi nel petto.
Non c'era niente di meglio di prendere una boccata d'aria fresca e lasciare che il mare curasse le tue ferite...
"Fammi sapere se ti serve qualcosa." Dissi alla castana quando l'auto accostò di fronte al palazzo.
"D'accordo... ti chiamerò." Si sporse e mi lasciò un bacio sulla guancia prima di scendere. L'osservai dal finestrino sparire dietro l'angolo e l'autista sbatté la portiera rientrando.
"La porto a casa, signore?" chiese voltandosi verso i sedili posteriori e diedi un'occhiata all'orologio sul polso.
"Andiamo al molo, Ivan. Se perdo il traghetto, Mary mi farà a pezzi."
L'uomo annuì ripartendo e, parlando del diavolo, il cellulare squillò.
"Pronto?" Mi dava l'impressione che fosse in preda ad una crisi isterica. "Vieni al molo, vero?" s'informò.
Le risposi che sarei stato lì tra circa otto minuti e non mi sarei permesso di darle buca per quel viaggio di totale relax. Si tranquillizzò e riagganciò, salutandomi con un "ci vediamo, caro".
Spostai gli occhi dalla strada e notai che Ivan mi osservava dallo specchietto con l'intenzione di aprire bocca.
"Dimmi, Ivan... chiedi pure."
"È stata una giornata dura per lei."
"Non ce n'è stata una semplice per cinque anni..."
Quando arrivai alla meta scesi e affrettai il passo, sgomitando attraverso la calca di persone. Convalidai il biglietto e superai il tornello.
Un fiume di persone si stava riversando nel traghetto, ma non avevo tempo, così cercai di farmi spazio.
Una volta dentro, afferrai il cellulare per chiamare Mary e farmi dire la posizione, salendo un'altra rampa di scale che mi condusse nella parte superiore. La donna non rispose e continuai a squadrare ogni singolo volto seduto nei banchi.
Quando uscii nella cabina esterna m'immobilizzai. Doveva trattarsi di un'assurda coincidenza, quando tra tutte quelle persone, vidi lei nel fondo seduta comodamente su di una panchina in ferro. Cosa faceva qui? Perché era venuta su questo traghetto?
Quando se ne accorse si rimise in piedi aggiustando la borsa sulla spalla e i suoi luminosi occhi azzurri si riempirono di lacrime. La squadrai ancora prima di muovere un passo dopo l'altro, vedendola sussultare.
Mi fermai quando fummo l'uno di fronte all'altra, mentre l'imbarcazione cominciava a scivolare dolcemente sull'acqua. In silenzio, ci fissammo profondamente come se quegli sguardi potessero significare qualcosa... oppure un bel niente, consapevoli che nessuno dei due poteva sfuggire ai propri sbagli.
La guerra si inasprirà molto presto... perché sembra che Hynes abbia capito che qualcosa bolle in pentola, infatti lui non si farà alcuno scrupolo contro il suo avversario.
Intanto Mary tende una trappola ai due ragazzi, facendoli incontrare sul traghetto... Ora bisogna capire se riusciranno a parlare e chiarirsi, magari togliendo di mezzo la ruggine da entrambi i loro cuori?
Voi cosa dite? Riusciranno a mettere una pietra sopra al passato?
Beh... ovviamente la storia continua ogni domenica - ho deciso di eliminare l'orario... - ma il giorno resta tale. Se volete, fatemi sapere che ne pensate e noi ci vediamo al prossimo aggiornamento di AMORE INFINITO. E non mancate con "Heartbeat".
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