𝘊𝘈𝘗𝘐𝘛𝘖𝘓𝘖 4: "Un esordio rovinato."
ᏗᎷᎧᏒᏋ ᎥᏁᎦᎥᏁᎥᏖᎧ
"Endless Love"
∞ ❤️ ∞
Mi propose di preparare qualcosa sulla barca a cui doveva fare manutenzione e scelsi del Colcannon e involtini di verza. L'atmosfera era intima e il cibo veramente ottimo, ma c'era qualcosa, percepivo un certo distacco da parte sua, come se faticasse a lasciarsi andare.
"Ti è piaciuto?"
"Non hai visto? L'ho mangiato tutto. Questo piatto mi ha decisamente rimesso in forze." rispose battendo le mani.
"Se vuoi, posso cucinartelo ancora."
Mi fissò per qualche secondo.
"Lo faresti?"
"Se vuoi... lo farò."
"Lo voglio." Sottolineò senza interrompere il nostro contatto visivo.
"Certo, così sembra... Ma da come mi stai parlando, ho come l'impressione che da domani non ci vedremo più. Ti stai comportando come se ti stessi nascondendo dietro a un muro, Lucas. Come posso dire? Come una barriera..." gli feci notare schietta e senza infiniti giri di parole, mentre lui alzò lentamente gli occhi dal piatto. "Ho ragione?"
"È vero... Perché ho paura."
"E di cosa avresti paura? Di me?" continuai e lui in risposta curvò le labbra in un sorriso e reclinò la testa. "Io non ho paura di te. Come puoi aver paura di me? Vuol dire che non può funzionare?" La sua espressione diventò seria dopo la mia battuta allegra. "Pensi che non potremmo avere una storia... noi due?"
"Certo che possiamo averla... Ma potrebbe diventare un po'... un cliché. Insomma è bello nella fantasia, ma nella realtà... sarebbe..."
"Cosa? Tra la ragazza ricca e il ragazzo povero non può funzionare?" citai riducendo gli occhi in due fessure. "Probabilmente Shakespeare la pensava esattamente come te quando condannò l'amore di Romeo e Giulietta."
"... Funzionerebbe?" chiese con voce roca.
Mi sporsi verso di lui. "Perché no? Quando due cuori viaggiano sulla stessa lunghezza d'onda... perché non dovrebbe funzionare, Lucas? Queste cose non iniziano con un programma." Mi portai le mani unite sul petto. "È il cuore umano che ti fa spiccare il volo!"
Il suo sorriso si affievolì.
"Voglio molto più di... volare. Sì, possiamo spiccare il volo. Ma poi il vento potrebbe soffiare da un posto all'altro e tu potresti seguire un'altra direzione. Ed io preferisco rimanere in un luogo dove sono sempre stato al sicuro, fin da bambino."
"Non ti fidi di me."
Più che una domanda... era una constatazione.
"Non ti conosco, Amybeth!"
"Bene... Allora cerchiamo di conoscerci l'un l'altra, così che tu possa fidarti di me... come io di te."
Il suo sguardo divenne più intenso.
"Ti fidi davvero di me?"
Non sapevo il motivo, ma pensare a lui o ai momenti trascorsi insieme riportava dentro di me la calma e mi aiutava ad affrontare i problemi con una marcia in più.
"Il perché non lo so, ma mi fido. Forse perché mi hai salvata e hai legato la mia vita alla tua."
Lo vidi tornare sereno e distendere la fronte, mentre l'angoscia scivolava via.
Mi sorrideva senza dire niente con quelle adorabili fossette, mentre per l'imbarazzo lo spiavo di sottecchi.
I nostri occhi parlavano più delle parole, trasudavano sentimenti innegabili. Avrei voluto congelare quel momento e rimanere cosí, incurante di ciò che ci circondava.
"Sei acqua o... fuoco?" mi chiese a bruciapelo nel bel mezzo di una passeggiata sul lungomare, dopo che avevamo lasciato la barca.
Riflettei. "Un po' acqua e un po' fuoco, direi. Ma più acqua credo... non lo so." Mi voltai leggermente. "Qual è la risposta esatta, professore?"
"Non c'è una risposta esatta." dichiarò confondendomi ancora di più. "Sei sale o ghiaccio?"
"Ma che vuol dire questo?"
"Forza, rispondimi." M'incalzò.
Mi grattai leggermente la tempia mentre rispondevo o meglio tentavo di farlo. "Suppongo sale, oppure..." Sbuffai. "Va bene, ora tocca a me. Sei la pioggia o il sole?" Mi girai completamente verso di lui fermandomi e per farlo impietosire misi il broncio. "Lucas, ma è così che ci conosceremo l'un l'altra?"
"Cosa vuoi farmi conoscere? Oltre a quello ch'è già evidente di te? Sei più cristallina dell'acqua."
Sembrava leggermi dentro mentre mi osservava con le mani affondate nelle tasche, l'ennesima prova che non era un ragazzo come gli altri, ma aveva in sé qualcosa di speciale.
Riprendemmo poi a camminare l'uno dietro l'altra sul muretto e, dopo averci pensato, cominciai a raccontargli delle cose estremamente personali.
"Sono figlia di mio padre e non di mia madre. Certo, biologicamente sono figlia di entrambi, ma i miei geni sono unicamente presi da papà. Sono estremamente affezionata ad Aymeric. Moltissimo... forse troppo." Continuò ad ascoltarmi e a seguirmi. "Per me non ci sono i cliché... anche se nella mia vita ce ne sono a tonnellate. Ma io proprio per questo cerco di tenerli lontani." Presi un attimo fiato, parlare troppo era un mio grande difetto. "Se non voglio fare qualcosa, nessuno mi può costringere.... cascasse il mondo. E se voglio davvero qualcosa la inseguo fino alla fine. Basta che l'ami... Che ci creda. Che mi fidi..." Frenai il passo e mi rivolsi a lui, che mi osservava come catturato dalle mie parole. Quel momento di silenzio, disturbato solo dall'infrangersi delle onde contro gli scogli, mentre mi spostavo leggermente le ciocche dal viso. Visto che non si era ancora pronunciato granché, proposi. "Bene... Obbligo o verità?" Gli puntai l'indice contro il petto. "Ricordati che in questo gioco è severamente vietato tirarsi indietro."
"Non vale! È sleale." ridacchiò.
"Le regole sono queste. Avanti... scegli." Insistei.
"Verità."
"Bene... Cosa significo per te? Ding..." dissi mostrandogli il polso, come se avessi realmente un orologio. "È partito il tempo da adesso."
Fece un respiro profondo, guardò per un secondo l'orizzonte... e poi puntò nuovamente gli occhi nei miei.
"Mi piaci..." sussurrò massaggiandosi la nuca con fare impacciato mentre lo fissavo intenerita. "Voglio dire... dalla prima volta che ti ho vista, in me è scattato qualcosa... Da quando hai trasformato la tristezza in gioia nei tuoi ritratti." Alzò leggermente il braccio. "Da quando hai disegnato quel cuore sul finestrino del bus. E da quando quella sera..." Abbassai gli occhi quando mi prese la mano, rivolgendo il palmo verso l'alto. "...hai lasciato quel segno sulla mia mano come una promessa. Da quel momento, il mio cervello si è assuefatto..." Con il dito ripeté quel gesto e mi sentii stordita.
Restò in silenzio e mi strinse la mano, le nostre pelli entrarono in contatto e mi sentii vibrare il corpo, non soltanto a causa dalla brezza marina che soffiava più forte, ma anche di brividi intensi lungo la spina dorsale.
Sorrisi, traendo un sospiro. "D'accordo... Tocca a te."
"Obbligo o verità?"
"... Obbligo." risposi senza smettere di fissarlo con aria sognante per ciò che avevo ascoltato poco prima.
Parole tanto dolci e romantiche da farmi vibrare come le corde di un violino durante un'esibizione.
Non aspettai che si decidesse a impartirmi l'obbligo che dovevo fare. Mi avvicinai, poggiando la mano sul suo viso e glielo accarezzai. Poi passai il dito sulle sue labbra carnose, mentre mi portava una ciocca dietro l'orecchio con estrema delicatezza. Le sue iridi verdi si concentrarono sulla mia bocca, anche lui probabilmente stava pensando la stessa cosa... e cedetti al desiderio del proibito. Non si mosse di un centimetro quando le sigillai in un bacio lento e profondo, capace di farmi tremare le viscere; il tempo parve rallentare, diventò quasi un'inerzia, mentre il cuore mi martellava nel petto, al punto che temevo schizzasse fuori andandosene chissà dove.
Ero completamente pazza di lui.
Non c'erano dubbi, tutto era accaduto come un fulmine che squarciava le nuvole durante l'acquazzone.
Quel bacio non fu l'ultimo, ce ne furono altri, mentre eravamo seduti sulla barca ad ammirare il cielo stellato.
Non potevo più rinunciare a quel sapore, al fatto che stessi assaporando un pezzo di felicità. Mi fece alzare tendendomi una mano e mi strinse al suo petto, facendo unire le fronti.
"Ehi... Ivan, questo joystick è rotto. Cambialo!" brontolò Dalmar per giustificare la sua totale incapacità nel gioco della Fifa. Ma non l'avrebbe mai ammesso, visto il suo orgoglio.
"Aspetta un secondo! Sono impegnato. Ivan... sto inviando il documento allo scanner. Puoi occupartene tu?" chiesi al castano mentre avevo gli occhi puntati sui miei appunti della scorsa lezione.
"Ok, ci penso io."
"Ivan, dai, dai!" imprecò l'uomo agitandosi sul divanetto.
Aprii la posta elettronica - anche se tutte le volte si era rivelato un continuo buco nell'acqua. Nessuna azienda a cui avevo inviato le mie referenze mi aveva dato una risposta...
Cliccai sull'ultima email, lessi brevemente quelle righe e battei il pugno sulla scrivania. "Preso!"
"Che succede?"
"Ho avuto il lavoro." risposi con un sorriso che mi andava da un orecchio all'altro.
"Cosa?" Balzò in piedi sorpreso e si catapultò nelle mie braccia assestandomi delle pacche amichevoli sulla spalla, condividendo la mia gioia per quel tanto agognato traguardo.
Non potevo credere di esserci riuscito. Finalmente i miei sacrifici erano serviti, non mi sarei più dovuto preoccupare dei soldi e né vergognarmi. Tutti i presenti si congratularono. "Per l'eccitazione, non sono riuscito a leggere. Fammi controllare." Volevo esserne davvero certo che non fosse frutto della mia fantasia e lo rilessi in silenzio per filo e per segno, senza tralasciare una frase. Mi voltai verso il mio amico, che aveva poggiato la sua mano sulla mia spalla. "È la miniera più grande in America."
"America?"
L'entusiasmo svaní e drizzò prontamente la schiena, cercando di nascondermi la tristezza riguardo alla possibilità di andare fuori città.
"Insomma... ci vedremo. Non vado al Polo Nord o in Antartide!" Avevo riunito la mia famiglia nel soggiorno per parlare della faccenda. Era comunque un'opportunità, certo non avremmo navigato nell'oro, ma ci saremmo potuti permettere di pagare comodamente tutte le bollette a fine mese.
"Hai ragione, ma è comunque lontano. Inoltre è la prima volta che esci fuori da casa. Potresti imbatterti in molti pericoli." obiettò papà.
"Pensavo che sareste stati felici. E invece sembra che sia morto qualcuno." tentai di smorzare la tensione quando mia madre si palesò nella stanza, con il dorso premuto sulle bocca e i capelli raccolti in uno chignon disordinato. "Mamma, stai ancora piangendo?" Mi alzai e le presi il viso fissandola preoccupato. "Dove sei stata per un'ora?"
"Stavo pregando. Ho fatto un voto."
L'accolsi sul mio petto e le massaggiai le spalle prima di schioccarle un bacio sulla testa. Il cellulare cominciò a squillare - era lei - e, ignorando la discussione dei miei "su quale cosa" dover dare in cambio per quel voto, entrai nella mia camera, dove nessuno mi avrebbe disturbato e risposi.
"Amybeth, stavo per chiamarti."
"Dimmi..."
"No, vai prima tu."
"Oggi vorrei presentarti mio fratello, ti va bene?" Ricordai che il fratello fosse la persona più importante e la sua opinione fondamentale. Speravo di essergli simpatico, così avrei avuto buone speranze di piacere anche al resto della sua famiglia.
"Davvero? Certo, mi piacerebbe."
"Bene. Grandioso! Cosa stavi per dirmi tu?" domandò curiosa mentre il mio sguardo vagò fuori dalla finestra. Improvvisamente mi ritrovai a corto di parole e di coraggio. Forse sarebbe stato meglio parlarne dal vivo, che anziché dietro una cornetta.
"Te lo dirò quando ci vedremo."
"D'accordo... Allora all'una al club." Propose lei eccitata e abbassai la testa.
Non mi sentivo a mio agio in posti affollati, dove c'era così tanta confusione da non poter scambiare quattro chiacchiere senza alzare la voce ai massimi decibel. "Non potremmo fare da qualche altra parte? Non mi sentirei a mio agio lì..."
"Ma perché? Aymeric lo adora. L'ha scelto appositivamente. Non è un posto rumoroso." Ribatté ostinata.
"Va bene, d'accordo."
"Fantastico, sono così felice!" dichiarò con quell'aria spensierata. "Allora ti mando un bacio... e ci vediamo."
Sorrisi tanto da sentire tirare la mascella. "Anch'io." Dopo avermi inviato quel bacio fugace riagganciò e mi sdraiai sul mio letto, con gli occhi rivolti al soffitto e la mente proiettata in sogni rosei, che ormai comprendevano lei ogni singola volta. Ormai avevo smarrito del tutto il mio buon senso e non volevo pensare a quanto avrebbe potuto distruggermi quella storia.
Quel momento tanto atteso era arrivato. Avevo pianificato tutto e non stavo nella pelle che i due uomini più importanti della mia vita s'incontrassero.
Il cameriere ci serví il caffè, mentre continuavo la trafila di raccomandazioni a mio fratello, che si limitava a guardarmi.
"Ti avverto, fratellino. Non osare per nessun motivo raccontare aneddoti stupidi di quando eravamo piccoli, ok?"
"Del tipo? Quando ti sei arrampicata sull'albero perché volevi imitare Tarzan? O quando hai messo nel piatto di zia Gertrude un rospo, facendole quasi venire un infarto?" Alzò la mano con espressione innocente e gli diedi una gomitata nelle costole.
"L'erba cattiva non muore mai." affermai mettendo il broncio, mentre controllavo il cellulare per l'ennesima volta e poi l'entrata del ristorante.
"Amybeth." Sistemai i capelli districandoli ciocca per ciocca fra le dita ossute, cercando disperatamente di farli stare in ordine. "Per l'amor di Dio, ora grazie a te sono nervoso anch'io. Tranquillizzati." mi rimproverò accennando una risatina, mentre mi poggiava la mano sul braccio.
"Sì, hai ragione... insomma, perché sono così nervosa?" Strofinai energicamente le mani un po' sudate e guardai speranzosa la porta, da cui poco dopo un uomo fece il suo ingresso. Ma non era chi mi aspettassi.
Lo guardai frastornata mentre con passo forbito si faceva spazio fino al nostro tavolo con espressione strafottente, da predatore.
Che cosa ci faceva qui?
"Ma non era a Londra?" sussurrai a denti stretti ad Aymeric, che sembrava essere all'oscuro.
"Non so quand'è tornato." I miei piani erano naufragati, tutto era stato gettato alle ortiche per colpa del biondino... ma cercai di mantenere la compostezza, quando il castano si alzò e lo accolse a braccia aperte. "Benvenuto. Come stai?" Si scambiarono un'amichevole stretta di mano e gli baciò le guance.
"Bene, e tu?"
Davvero gli interessava come stesse mio fratello, dati i suoi problemi di salute?
"Bene... come al solito."
Mentre i due confabulavano, ne approfittai per chiamare il cameriere e gli chiesi di cancellare la sua prenotazione a malincuore, dovevo assolutamente impedire quell'incontro altrimenti sarebbe esplosa una bomba di proporzione epiche e dovevo proteggerlo.
Quando si accomodarono lo sguardo da lince del biondino mi trafisse, mi bruciò addosso e il mio stomaco iniziò già ad accartocciarsi.
"Sorpresa..."
Ricevetti la sua chiamata, voleva spiegazioni, ma quando alzai gli occhi e incrociai quelli spregevoli di Louis Hynes, senza tentennamenti staccai. Ero triste e arrabbiata. Avevo immaginato qualcosa di diverso, mio fratello avrebbe dovuto darmi la sua benedizione e conoscere il ragazzo di cui mi ero innamorata. E invece tutto era andato storto.
"State aspettando qualcuno?" disse Louis mentre puntavo lo sguardo altrove.
"No, siamo venuti perché era da molto tempo che non lo facevamo." rispose mio fratello accampando una scusa credibile.
Girai il cellulare sentendolo vibrare nelle mie mani e lasciai che partisse automaticamente la segreteria.
Gli avrei spiegato tutto.
L'avrei messo al corrente della situazione, a tempo debito.
"Quindi cosa prendiamo?"
"Niente. Mi è passata la fame." dissi ai due prendendo la borsetta. Avevo bisogno di uscire da lì, non avrei sopportato per un minuto di più la presenza asfissiante del biondino. "Potete pure ordinare, se volete."
Me ne stavo andando, quando mi sentii agguantare il braccio e mi voltai seccata, scontrandomi con i suoi occhi incandescenti, carichi di lussuria e desiderio, come se io fossi un bottino prelibato.
"Non andartene... Mi sei mancata molto."
"Ma tu non sei mancato a me."
Mi divincolai da quella presa e lo piantai in quella sala, uscendo fuori. Scesi le scale e mi fermai, guardandomi attorno, prima di dare un'occhiata al cellulare e sbuffare.
"Tesoro?" urlò Louis raggiungendomi alle spalle.
"Che cosa vuoi? Cosa, eh?"
Non gli era bastato rovinarmi il pomeriggio... - Pensai e si fece così vicino che sentii il suo respiro agghiacciante scorrere sulla mia pelle.
"Ti è caduto questo..." disse mentre sistemava il foulard attorno al mio collo e mi sentii mancare l'aria.
"Che cosa fai Louis!? Non essere ridicolo..."
"Ti amo."
Non gli risposi.
Non credevo al suo amore o alle sue belle parole sdolcinate, per me sarebbe rimasto una bestia orribile. Me lo sfilai dal collo guardandolo con disprezzo e, in quel momento, l'addetto mi riportò l'auto. Vi salii e misi in moto.
Mentre stavo guidando decisi di chiamarlo per spiegargli tutto, ma fu lui stavolta a rifiutare senza mezzi termini di parlarmi. Era comprensibile, il mio atteggiamento doveva averlo ferito molto. Ma non mi arresi neanche dopo la terza chiamata, dovevo assolutamente avere un confronto e raggiunsi il molo, trovandolo impegnato a raschiare la barca.
"D'accordo, sei molto arrabbiato con me, e ti capisco..." Non mi guardava, continuava a stare in silenzio e a passare la carta vetrata. "Hai ragione. Ma è successo qualcosa di molto assurdo, Lucas. Qualcosa che non voglio che tu debba affrontare."
Smise di raschiare e mi fulminò.
"Di cosa stai parlando, Amybeth? Non mi hai chiesto tu di venire a conoscere tuo fratello?" Scossi la testa, in effetti avrebbe dovuto andare tutto a gonfie vele. "Era così difficile rispondere al telefono? Sono rimasto là fuori ad aspettare come un cretino. Mi hanno cacciato fuori perché tu avevi cancellato la prenotazione."
Mi inginocchiai. "Ho cancellato la prenotazione solo perché non volevo turbarti. Ma come potevo immaginare che così te la saresti presa di più?" Mi guardò senza battere ciglio e continuai con il cuore in mano. "Ti chiedo scusa mille volte. Non volevo farti soffrire."
"Non ho alcun bisogno che tu mi protegga! Sono abbastanza grande, non credi?" sbottò inferocito e balzai in piedi.
"Non lo sai! È tutta colpa di Louis!"
"Chi è Louis eh?" Saltò sul muretto e si posizionò di fronte a me, con la fronte aggrottata e un sopracciglio alzato. La rabbia gli trasudava da ogni poro. "Chi diavolo è quel tizio di prima?" Mi puntò l'indice addosso e sbraitò. "Te l'avevo chiesto: 'hai un ragazzo?' e tu hai risposto 'no, non ce l'ho'! Posso gestirlo, non hai detto così?" Lo guardai dritto negli occhi e sussurrò. "Mi hai mentito. Lo sapevo."
"Non ti ho mentito." ribattei prendendolo per le spalle per impedirgli di andarsene.
"Vi ho visti! Ho visto come ti guarda... e come ti ha toccato." Esclamò.
"Cos'hai visto?"
"Stavo aspettando all'entrata... e vi ho visti uscire insieme."
"Non è mai successo niente tra me e Louis, Lucas. Non succederà mai!" Lo implorai di credermi, ogni fibra del mio corpo non anelava quel contatto... non l'avrebbe mai bramato neanche se fosse stato l'unico nell'universo. I suoi occhi evitavano continuamente il mio viso e il solo pensiero di perderlo mi faceva andare in tilt. "Lucas, io sono innamorata di te!" A quel punto riportò di scatto lo sguardo su di me. "Come una pazza!"
"Amybeth?" La voce di mia madre giunse a rompere il nostro contatto visivo, mentre con quei trampoli cercava di salire sulla passerella. Appena mi vide in compagnia del riccio, accelerò il passo. "Che succede, Amybeth? Cosa fai qui in questo posto? Di nuovo con le tue assurde abitudini a quanto vedo." Poi si rivolse al riccio, rimasto immobile alle mie spalle.
"Tu chi sei?"
Intrecciai le nostre mani e guardai mia madre con aria seria.
"È Lucas, il mio ragazzo..."
Bene... eccoci giunti al tanto atteso aggiornamento, come tutte le domeniche. Ovviamente Lucas inizia a capire che la ragazza ha un problema abnorme "chiamato Hynes"... e abbiamo avuto anche il primo indimenticabile bacio tra i nostri due ragazzi! Com'è stato? Ve lo sareste aspettato così presto? Uhm, di solito queste cose vanno molto per lunghe...
Intanto sono impaziente di scoprire i vostri pareri riguardo al proseguo!
Fatemi sapere cosa ne pensate...
A domenica prossima!
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